Epilogo
Epilogo
Pucca osservò il proprio riflesso nello specchio, continuando a
pettinarsi la lunga chioma corvina con la spazzola di legno che
stringeva tra le dita.
Era passato un anno e mezzo da quando era ritornata a Sooga, e
benché fosse passato tutto quel tempo, il ricordo di quei giorni
era ancora vivido nella mente di tutti.
Quando ripensava al volto di Hideo, suo zio, sentiva una morsa
chiuderle la bocca dello stomaco. Faticava ancora a credere che fosse
morto, nonostante il tempo trascorso.
Segretamente era addolorata per quella perdita, anche se si trattava di
un individuo come suo zio; non aveva mai avuto il coraggio di
confidarlo a qualcuno.
Neanche a Garu, che era il suo ragazzo.
Pensava che non avrebbero potuto comprendere appieno le sue ragioni.
Hideo aveva fatto delle atrocità. Azioni indicibili, che avevano distrutto un sacco di persone innocenti.
Hideo aveva fatto delle cose orribili, ma lui stesso era stata vittima prima di essere carnefice.
Conoscendo la sua storia, e le ragioni che l’avevano spinto a
fare ciò che aveva fatto, non poteva provare sollievo dalla sua
morte. Si stava pur sempre parlando della vita di un essere umano, che
era stata completamente distrutta dalla decisione di una
divinità.
Aveva già pagato per le sue azioni, gioire per la sua sorte la riteneva un’azione ignobile.
Appoggiò la spazzola sul comodino vicino al letto, e
lasciò che i lunghi capelli corvini ricadessero lungo la
schiena.
Guardò il vestitino azzurro che aveva deciso di indossare. Non
era molto convinta della sua scelta, ma non aveva abbastanza tempo per
stare sceglierne un altro. Tra poche ore sarebbe uscita con Garu, per
andare a pranzo insieme. Sarebbe stata un’uscita molto informale,
come erano soliti fare, e sarebbero andati nel ristorante di suo padre.
Alla fine, quel vestitino chiaro sarebbe andato più che bene.
Si lisciò rapida la gonna, ed afferrò borsa e cellulare
che giacevano abbandonati sul letto. Fece per metterlo nella borsetta,
quando notò la notifica di un messaggio non letto da parte di
sua sorella.
Due giorni dopo l’arresto di Hideo, sua madre aveva preso il
primo aereo disponibile per il Sud Corea. Minako era arrivata come una
furia, preoccupata com’era per le sue uniche figliole.
Giunta a Sooga, e dopo essere entrata nel Goh-Rong certa di trovarvi le
due ragazze, era corsa ad abbracciarle con le lacrime agli occhi.
- State bene? State bene, vero? Siete tutte intere? -
Era stata la prima cosa che la donna aveva domandato, preoccupatissima,
prendendo per il viso prima una poi l’altra figlia.
- Ma’, non preoccuparti. Stiamo bene - aveva cercato di calmarla Hinata, con pochi risultati.
Dovettero passare svariati minuti prima che la donna riuscisse a calmarsi, quasi completamente.
Ma come darle torto? Suo fratello maggiore, che si era dato interamente
alla malavita, era stato arrestato solo due giorni prima e si trovava
in prigione, mentre le sue figlie si trovavano con lui al momento
dell’arresto, insieme al suo ex-marito. Era stato lo stesso Liang
a chiamarla, poco prima della polizia, e la donna gli aveva urlato
contro di tutto e di più.
Aveva temuto il peggio per le due ragazze, e molti avvenimenti
precedenti all’arresto non le erano ancora chiari, ma non le
interessavano più di tanto alla fine dei conti;
l’importante per lei era che le sue figlie stessero bene, al
momento. Il resto passava in secondo piano.
Un’ora dopo il suo arrivo a Sooga, Liang raggiunse lei e le figlie al ristorante.
Erano anni che non vedeva Minako, e in tutto quel tempo era
notevolmente cambiata da come ricordava. Aveva tagliato i capelli
castani cortissimi, facendoli arrivare poco sopra le orecchie, e aveva
optato per uno stile d’abbigliamento più classico e
curato. Era una persona completamente diversa da quella che aveva amato
è sposato, molto tempo prima.
Liang lo sapeva: era colpa sua quel drastico cambiamento.
Dopo il divorzio erano cambiati entrambi drasticamente, ma solo la
donna era riuscita ad andare avanti. Liang aveva preferito rimanere
ancorato ad una bugia comoda, piuttosto che guardare in faccia la
verità. Una verità che conoscevano solo loro due e il
fratello della donna.
- Partiamo domani, e ce ne torniamo a casa - aveva sentenziato la donna alle figlie, sedute ad uno dei tavoli del ristorante.
- Anche te, Pucca -
La ragazza aveva boccheggiato per la sorpresa.
- Cosa? Ma perché? - aveva domandato - Io... voglio stare qua -
Pucca volse lo sguardo verso Garu, per incontrare il suo preoccupato.
Le sembrava così ingiusto doversene andare, proprio ora che era
così serena. Non voleva farlo, nella maniera più
assoluta.
- Mamma, mi spiace, ma il mio posto è qua - le parlò
calma, stringendo la mano della sorella maggiore al suo fianco - Spero
tu possa capirmi -
Minako si strinse le braccia sotto al seno.
- Ne sei sicura, tesoro? È davvero quello che vuoi? -
La corvina annuì, in silenzio.
La donna si girò verso la primogenita.
- Te, Hinata? -
- Sooga è carina... - iniziò la castana - Ma non è il mio posto, purtroppo -
Pucca lo sapeva. Hinata considerava casa sua Tokyo, e non gliene aveva mai fatto una colpa.
Per quanto le sarebbero mancate sua madre e sua sorella, sapeva che non
sarebbero mai state felici in un posto in cui non si sentivano bene.
La lontananza non avrebbe mutato il bene che provavano l’una per l’altra.
Pucca era ben intenzionato ad andare a trovarle con molta più
frequenza, rispetto a quando era parecchio più piccola.
Sua sorella era partita esattamente due giorni dopo, insieme ad En e
loro madre; ogni giorno le mancavano sempre di più, ma facevano
di tutto per sentirsi il più spesso possibile e minimo una volta
al giorno. Facebook e Skype si rivelarono essere mezzi di grandissimo
aiuto per i loro problemi.
La storia tra Hinata ed En andava a gonfie vele, esattamente come la sua con Garu, e la notizia la riempiva di gioia.
Era felicissima per loro, e sperava che anche la loro felicità
durasse il più allungo possibile; glielo augurava con tutto il
cuore.
Trovò Garu esattamente fuori dal portone del ristorante, intento ad accarezzare uno dei due leoni animati in pietra.
Quando lo video gli corse in contro, saltandogli di slancio al collo.
- Ciao! - trillò lei, allegra, depositandogli un bacio sulle labbra - È da tanto che aspetti? -
Il corvino scosse la testa, e fece scendere le mani sui fianchi della ragazza.
- No, sono appena arrivato -
Con la presa salda sui fianchi di Pucca, e le braccia di lei ancora
intorno al collo, si abbassò nuovamente sul suo viso per
baciarla.
- Sei bellissima - le soffiò a pochi centimetri dalla bocca, una volta staccato.
Pucca arrossì vistosamente sulle gote per il complimento.
- Grazie - abbassò il viso rosso, imbarazzata.
Nonostante fosse già trascorso un anno, Garu riusciva a farla arrossire con pochissimo come il primo giorno.
Faticava a credere che fosse passato già tutto quel tempo. Le
sembrava ieri quando le aveva confessato i propri sentimenti, seduti
sul portico davanti alla casa di lui.
In tutto quel tempo, Garu era quello che aveva dovuto affrontare un sacco di cambiamenti, più di tutti.
Sotto consiglio della corvina, l’ex-ninja aveva iniziato ad
andare da una psicologa. Nella sua breve vita il coreano aveva
collezionato svariati traumi tremendi, dall’abbandono dei
genitori all’incontro con Hideo, e non poteva non fare niente per
metabolizzarli a dovere. Certi problemi si potevano risolvere solo con
l’aiuto di una figura competente; non poteva fare altrimenti.
Da quando aveva iniziato gli incontri, il coreano era cambiato in
meglio e la differenza, per lei che gli era rimasta affianco nonostante
tutto, era lampante.
Era diventato più solare, allegro ed aperto. Aveva anche
iniziato a lavorare nel dojo del padre di Ching, dove aveva iniziato ad
insegnare arti marziali ai bambini.
Lei invece aveva ripreso a lavorare quasi a tempo pieno al ristorante, come ragazza delle consegne e cameriera.
Negli ultimi mesi poi i suoi zii avevano iniziato a darle lezioni di
cucina, in vista di un ipotetico futuro. Era da un po’ che i tre
cuochi stavano valutando l’idea di andare in pensione, e volevano
lasciare la cucina in mani sicure. E quali mani migliori se non quelle
della loro amatissima nipotina?
- Allora... sei pronto per una bella dose super extra di spaghetti jajjang? -
- Certo! - confermò, con un ampio sorriso - Ma prima devo darti una cosa -
Pucca osservò sorpresa il ragazzo portarsi una mano alla tasca
posteriore dei jeans, e tirarvi fuori un piccolo spacchettino regalo
argentato.
- Buon anniversario - sorrise emozionato lui.
- Ma, amore... - cercò di ribattere la giapponesina - Il nostro
anniversario era l’altro ieri - gli fece notare, prendendo tra le
mani il regalo.
Garu l’aveva davvero sorpresa; non si sarebbe mai potuta
aspettare una cosa del genere. Non era da lui farle regali così
improvvisi. Era davvero piacevolmente sorpresa.
- Lo so - rispose Garu, imbarazzato - Ma ho voluto farti lo stesso questo pensierino, e spero davvero che possa piacerti -
Emozionata, e divorata dalla curiosità, Pucca scartò la
piccola bustina e svuotò il suo contenuto sul palmo della mano
destra. Si trattava di una catenina argentata come la carta, con un
piccolo ciondolino a forma di cuore.
- È meraviglioso! - esclamò stupefatta la corvina,
risaltando addosso al ragazzo - Grazie mille! È bellissimo -
- Sono contento che ti piaccia - sorrise - Devo essere sincero: mi sono
fatta consigliare da Ching, prima di prenderlo. Una parte dei
ringraziamenti se li merita anche lei -
- Allora vorrà dire che dovrò ringraziare entrambi a
dovere - ricambiò il sorriso lei, alzandosi sulle punte
per dargli un bacio di ringraziamento.
- Mi dai una mano a metterla? -
- Ovvio - rispose Garu, facendola girare e scostandole delicatamente i capelli dal collo.
Il suo tocco delicato fece vibrare il cuore della ragazza, ed
aspettò con trepidazione che l’ex-ninja chiudesse la
collana. Quando lo fece, si rigirò il pendente tra le dita con
ancora tanta meraviglia negli occhi.
Garu la fece rigirare verso di sè, e si riabbassò per
darle un nuovo bacio sulle labbra, decisamente più lungo dei
precedenti.
- Ti amo tanto, Pucca -
- Anch’io ti amo, Garu -
I due si scambiarono un lungo sguardo d’intesa, seguito da due
ampi e luminosi sorrisi, ed afferrarono l’uno la mano
dell’altra.
E così, mano nella mano, entrano finalmente nel ristorante.
Fine
Angolo della mente malata:
Piango tantissimo.
Ho scritto questo epilogo il 27 dicembre 2017 (in un orario davvero
indecente coff coff), ma sono riuscita a pubblicarlo solo ora.
In cinque anni questa storia è stata capace di farmi provare
sentimenti parecchio contrastanti tra di loro, e mi mancherà un
sacco.
Ci tengo a ringraziare tutti quelli che l'hanno seguita in questi anni. Grazie di cuore!
Se non fosse stato per il vostro supporto, avrei abbandonato tempo addietro. Grazie ancora.
Con questo...
Io vi saluto per l'ultima volta, in questa storia.
vi porgo i miei omaggi
-Harley
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