CONNECTION
Non
era mai stata una circostanza facile da gestire.
Capitava
sempre in maniera diversa e all'inizio non era possibile prevedere
quanto sarebbe durata.
Cominciava
con uno strappo allo stomaco, doloroso per certi versi, ma
sopportabile e ormai abitudinario da non farci quasi più
caso. Poi
arrivava la vertigine e gli occhi si offuscavano, si sentiva spinta a
chiuderli come reazione istintiva all'ignoto e quando li riapriva
aveva giusto il tempo di concedere al cuore un po' di sana
tachicardia che subito se lo ritrovava davanti.
Felice,
triste, all'aperto, al chiuso, non faceva differenza. Lui compariva
sempre.
La
prima volta era accaduto nei due anni di separazione forzata imposti
dal capitano. Era sera, lei si trovava a Weatheria e scriveva seduta
alla scrivania alla luce di una candela. Da cinque mesi non aveva
notizie dei suoi compagni e più di una volta si era
ritrovata a
pregare un Dio in cui non credeva solo per non cadere preda della
disperazione. Resistere e andare avanti era l'unico modo, se lo
ricordava bene. Nami lo ricordava come fosse ieri.
Il
foglio bianco, la penna, la sua stessa mano che sparivano, il dolore
lancinante che si faceva strada all'altezza dello stomaco, seguito da
un altrettanto intenso senso di vertigine che la faceva cadere in
avanti. Sensazioni così strane e fugaci da lasciarla di
stucco,
incapace di capire cosa fosse successo, senza possibilità di
immaginare che presto sarebbero diventate un abitudine oltre che il
preludio di ben altro.
Si era
rimessa dritta sulla sedia, ancora stordita, cercando di fare dei
respiri profondi ed era stato in quel momento che tutti i suoi sensi
erano tornati vigili, in allarme.
Non
era più sola nella stanza.
Malgrado
lo stupore iniziale il suo cervello sapeva perfettamente di non
correre rischi su quell'isola e ormai riconosceva a pelle le movenze
di ciascuno dei cari vecchietti che vi soggiornavano per rendersi
conto immediatamente che la presenza in attesa che sentiva dietro di
sé, immobile quanto lei, non era nessuno di loro.
Aveva
capito in un secondo di chi si trattava, troppo il tempo passato in
sua compagnia per non riconoscere quel respiro leggero e quel rumore
di pendagli che si muovevano l'uno contro l'altro -tre, di
tre
pendagli- ma il suo cervello si rifiutava di elaborarlo. Si
era
convinta fosse uno scherzo della sua mente. Era impossibile, non
poteva essere. Zoro non era davvero lì, dietro le sue
spalle, fermo
in attesa che si girasse a guardarlo. No, non era semplicemente
possibile! E probabilmente proprio quella fermezza, la
necessità di
confermare quello che il cervello credeva, la convinse a voltarsi.
Un
occhio. Un occhio dal taglio orientale, nero e brillante che la
scrutava sconvolto di rimando, era stato tutto quello che aveva
catturato il suo campo visivo per un secondo, prima di allargarlo e
scoprire con orrore crescente di trovarsi davvero davanti allo
spettro evanescente del suo compagno di ciurma dal cranio verde.
Zoro
era lì nella sua stanza, seduto in evidente posa meditativa
e la
fissava incredulo.
L'attimo
che le ci volle per metabolizzare la cosa fu semplicemente troppo.
Ricordò solo di aver urlato e di essersi risvegliata sul
pavimento
sola, intontita e sconvolta con l'immagine dell'amico ancora stampata
a fuoco nella mente ma di lui nessuna traccia.
Il
panico si era impadronito di lei, insieme alla certezza di non aver
sognato. Zoro era morto? Era il suo fantasma che aveva visto? Che
cos'era quello?
Aveva
dovuto convivere con quelle domande per i giorni a venire,
impossibilitata a fare altro, terrorizzata solo di aprire un giornale
e scoprire della effettiva dipartita del suo più vecchio
compagno.
Zoro
non poteva essere morto, si rifiutava di pensarlo. Ma che cos'era
quello che aveva visto?
Non
era durata a lungo la sua attesa, in capo a quattro giorni aveva
sentito di nuovo quello strano dolore allo stomaco ed aveva retto
alle vertigini solo perché già sdraiata. In piena
notte lo spettro
luminoso di Zoro le era comparso nuovamente davanti agli occhi, ma
quella volta aveva avuto la prontezza di non urlare e mantenere saldi
i nervi.
Appurato
che non fosse un sogno, si era alzata a sedere, spostando malamente le
coperte del letto nello stesso momento in cui lui apriva gli occhi
-l'occhio! Cos'è quella cicatrice?-
e realizzava dove si trovava.
Come
la volta precedente era seduto in meditazione e la fissava sconvolto
senza spiccicare parola.
La
mente di Nami era invasa dalle domande e una trovò risposta
facile
non appena incrociò lo sguardo con il suo. Non veniva con
intenzioni
ostili.
A
pensarci era ovvio, quando mai Zoro le avrebbe fatto del male
intenzionalmente? Mai, se non fosse che non era certa quello fosse
davvero Zoro. Nami ne aveva visti di fantasmi a Thriller Bark, quasi
tutti innocui all'apparenza, eppure nessuno di loro era così
reale e
concreto come sembrava essere lo spettro che sedeva a gambe conserte
al centro della sua stanza. Questo andava al di là di ogni
umana
comprensione. Era assurdo, se ne rendeva conto, ma doveva chiederlo,
doveva sapere se il suo compagno era morto, doveva.
“Zoro...?
Sei... sei davvero tu?”
Con
un coraggio che non credeva di possedere si alzò dal letto e
gli si
avvicinò con passo incerto.
“Ti
prego, dimmi che non sei un fantasma, ho bisogno di sapere che non mi
sto immaginando tutto...”
Lo
spettro di Zoro non parlava, se ne restava fermo a fissarla e
sembrava soppesare le sue parole.
Nami
gli si sedette di fronte senza smettere di guardarlo nemmeno per un
attimo in fervente attesa, terrorizzata da quello che avrebbe potuto
sentire ma bisognosa di risposte come mai prima.
“Zoro,
santo cielo, rispondi!”
Lo
sentì respirare profondamente e chiudere l'unico occhio che
aveva
aperto.
“Non
sono morto.”
Fu
l'unica risposta che le concesse e Nami sentì il proprio
cuore
impazzire nella cassa toracica.
La
sua voce, era da cinque mesi che non sentiva la sua voce. Cinque
lunghissimi mesi ed aveva rischiato di dimenticarla. Era sempre la
stessa, calma, rassicurante, innegabilmente sua. Non era cambiata e
con lei erano tornati prepotenti a scuoterla anche tutti i ricordi
che le rievocava e aveva messo a tacere per necessità. Lui
che la
salvava da un'orda di uomini, lui che le chiedeva se stava bene, lui
che dormiva sul ponte, lui che la chiamava strega, lui che le
rimboccava le coperte e le misurava la febbre, lui che la aiutava tra
le dune del deserto e su spiagge paradisiache.
Esitante,
provò ad allungare il braccio ma la mano che avrebbe dovuto
posarsi
sulla guancia trapassò il suo viso e si ritrovò a
sfiorare il
vuoto. Lo aveva già inconsciamente intuito ma scoprire che
non
poteva toccarlo l'aveva sconvolta.
“Se
non sei morto, allora che cosa sei?” gli chiese tremando,
ritraendo
la mano come scottata, la pelle d'oca aumentata. Pretendeva di sapere
la verità, glielo doveva almeno per lo spavento che le aveva
fatto
prendere giorni prima.
Lui
l'aveva studiata per un attimo, grattandosi la testa in evidente
difficoltà. Nami lo aveva fissato in aspettativa, bramosa,
con il
nervosismo che andava via via aumentando ad ogni secondo di attesa
che si aggiungeva agli altri.
“Sono
Zoro.” dichiarò alla fine con un'alzata di spalle.
Una
risposta molto da Zoro, in effetti, e Nami ci rimase così di
sasso
che non riuscì a trovare nessun valido motivo per ricoprirlo
di
insulti.
Frenò
l'esasperazione cercando di mantenere la calma.
“D'accordo.
Abbiamo appurato che tu sei Zoro e io Nami...”
Il
tono volutamente ironico venne colto perché lui
alzò un
sopracciglio, incitandola a continuare.
“...quello
che voglio sapere è perché dopo cinque mesi tu,
o... o quello che
sei, ti trovi nella mia stanza su
Weatheria!”
Lui
batté gli occhi confuso guardandosi attorno e rendendosi
conto forse
solo in quel momento di trovarsi seduto per terra in una camera da
letto sconosciuta in piena notte. Tornò a focalizzarsi su di
lei che
pendeva dalle sue labbra e sospirò.
“Non
lo so.” ammise senza remore con un'espressione affranta che
Nami
giudicò fin dall'inizio assolutamente falsa.
“Non
mentire, non sei capace!”
“Non
sto mentendo!”
Nami
si passò una mano tra i capelli, cercando di non alzare gli
occhi al
cielo.
“Se
pensi davvero che me la beva sei fuori strada!”
Lo
guardò truce ricevendo in risposta la stessa occhiata e
capì che
continuando così non sarebbero andati da nessuna parte. La
situazione era assurda, quello era Zoro! Incredibilmente era davvero
Zoro, ma allo stesso tempo non era lui.
Anche
in una situazione surreale come quella il suo cervello lavorava
febbrilmente e si ricordò di non averlo trovato al suo
risveglio la
prima volta in cui si era manifestata quella... quella... cosa
diavolo era?
Era
stato lui a reciderla, qualsiasi cosa fosse, oppure il tempo che
avevano era limitato? Doveva chiederlo.
Prese
fiato ma lo sguardo le cadde inesorabilmente sul particolare che per
primo aveva destato il suo stupore e le si strinse il cuore. L'ultima
volta che l'aveva visto si stava ancora riprendendo dalle ferite di
Thriller Bark.
“Cos'è
quella cicatrice?”
“Stai
facendo crescere i capelli?”
Nami
batté gli occhi perplessa e lui si ritrovò a fare
altrettanto.
Avevano parlato nello stesso momento e se nella sua voce c'era
sincera preoccupazione, in quella di lui aveva sentito una
curiosità
strana che suonava più come una sorta di approvazione
camuffata.
Nami
annuì distrattamente, ancora concentrata sulla cicatrice,
stabilendo
di dare un peso alla sua domanda in un secondo momento.
Dal
canto suo, lui si rabbuiò appena.
“La
conseguenza di una negligenza.” aveva risposto lapidario e
Nami
capì di non poter pretendere di più, ma le
domande bloccate in gola
non erano di certo finite, se possibile si erano triplicate.
“Sei
davvero tu?”
“Si.”
“Ma
quello che vedo non è... il tuo corpo...”
“Vero.”
“Dove
ti trovi?”
“Molto
lontano da qui.”
Aveva
la replica pronta ma lei non era da meno.
“Come
facciamo a parlarci e vederci se ti trovi molto lontano da
qui?”
Zoro
la guardò corrucciato e Nami sostenne il suo sguardo
fieramente.
“Credo...”
azzardò e lei gli si fece più vicina.
“...sia colpa mia...”
Il
tentennamento e lo sguardo colpevole che le aveva rivolto erano solo
l'ulteriore conferma. Zoro sapeva perfettamente di cosa stavano
parlando ma continuava a cercare delle scuse per non doverlo
ammettere chiaramente. Chissà perché poi, non si
stupiva più
dell'orgoglio sconfinato di quello spadaccino burbero.
Animata
dal tentativo di aprirsi dimostrato da lui aveva provato a chiedere
di più ma ne aveva ricavato poco. Zoro si era mostrato
incredibilmente irremovibile su quel punto. Doveva bastarle sapere
che grazie alla meditazione era riuscito a sviluppare in maniera
differente l'Haki dell'Osservazione. Non aveva approfondito solo la
possibilità di prevedere le mosse dell'avversario o uno
scorcio di
futuro, si era spinto molto più in là. In poco
meno di cinque
straordinari mesi di intensivo allenamento aveva raggiunto uno stato
di pace interiore tale da riuscire a divenire un tutt'uno con le
forze dell'ambiente circostante. Da questo era passato al divenire
parte del tutto, a suo piacimento poteva annullare ogni cosa, persino
la bestia che da sempre lo guidava in battaglia e che era stata la
causa principale del suo temuto soprannome. Barriere come il tempo e
lo spazio non esistevano più nel limbo che aveva creato ed
era
riuscito a spingersi oltre, nell'impresa che credeva solo un mito,
proiettare un'immagine distorta ma cosciente di sé che
potesse
varcare ogni confine.
“Non
mi trovo qui nel senso letterale del termine. Il
mio corpo si
trova ancora dove Kuma mi ha mandato e questo”
si indicò il
petto evanescente con una mano “...non è reale, ma
mi permette di
entrare in contatto con le persone...”
“Quindi
è per questo che hai deciso di tentare questa strada? Volevi
ritrovarci! Hai incontrato anche gli altri?”
Nami
lo aveva guardato speranzosa e con una punta di invidia. Non sembrava
un discorso tanto folle il suo, sapevano tutti che Zoro cercava nella
meditazione una sorta di pace dei sensi, un equilibrio necessario a
placare quella parte del suo animo che per il resto del mondo lo
aveva reso un assassino. Era incredibile fosse riuscito in un'impresa
simile che lei stessa faticava a credere possibile, ma sapeva anche
della totale dedizione che impiegava nel continuare a migliorarsi,
per sapere che poteva esserci riuscito davvero e in cuor suo poteva
solo essere felice per lui.
Zoro
sembrò preso alla sprovvista da quella domanda.
“Gli
altri...” deglutì prima di sospirare tetro.
“No... io... posso
raggiungere solo te.” ammise abbassando appena lo sguardo,
come si
sentisse responsabile.
Nami
d'altro canto avrebbe dovuto sentirsi dispiaciuta, voleva sapere se i
suoi compagni stavano bene, soprattutto Rufy, ma scoprire di essere
l'unica a venire contattata da lui in quel modo le causò una
curiosa
stretta alla bocca dello stomaco.
Lei
aveva qualcosa di diverso dagli altri. Cosa c'era che Zoro non
diceva? Quella ammissione la fece sentire per un attimo quasi
speciale, sembrava una connessione creata apposta per lei. Una
considerazione lucida in un mare di emozioni che la fece accigliare.
“Zoro,
perché solo con me puoi...”
“Ho
poco tempo ancora.” l'aveva ignorata con una nota di urgenza
nella
voce.
Nami
deglutì. Aveva visto giusto, quel legame non poteva durare
molto.
“Tra
poco il contatto sparirà, non sono ancora in grado di
controllarlo,
si è già mantenuto più a lungo di quel
che credevo. Ti vorrei
chiedere solo un favore, ragazzina.”
Lei
annuì, soprassedendo al 'ragazzina' solo perché
sembrava
mortalmente serio.
“Non
parlare con nessuno di quello che hai visto.”
“Che
cosa?? Perc...”
“Non
ne parlare!”
“Zoro...”
“Nami,
non lo fare e basta!”
Una
vena del collo le si ingrossò in maniera preoccupante e Zoro
di
certo aveva ringraziato di essere una proiezione intangibile lontana
migliaia di leghe da lei.
“Promettimi
che ti terrai questa cosa per te.” le aveva chiesto
più
gentilmente.
Nami
annuì, controvoglia e infastidita, ma annuì.
“Sappi che mi dovrai
un risarcimento per tutto questo...”
Inaspettatamente
Zoro ghignò. “Non avevo alcun dubbio.”
“Tornerai?”
Lui
sembrò vacillare un istante ma lo dissimulò
facilmente allargando
il ghigno. “Se tu vorrai, si.”
Veloce
come era apparso, il fantasma evanescente dello spadaccino
svanì.
Nami
si ritrovò a fissare il muro della sua stanza con troppe
domande in
testa e la certezza di poter aspirare a ben poche risposte.
L'agitazione
le scorreva nelle vene. Era stata una cosa surreale! Non si vedevano
da cinque mesi e in una manciata di minuti si era resa conto di
quanto tempo fosse realmente passato senza i suoi compagni, senza i
suoi punti di riferimento. Come avrebbe potuto resistere altri
diciannove mesi?
Sperò
con tutte le sue forze di rivederlo, si ritrovò a
desiderarlo come
l'aria.
Non aveva alcuna idea di come fosse possibile quella connessione tra
loro, ma la promessa di nuovi incontri fu l'unico motivo che le
impedì di impazzire.
Zoro
mantenne fede al patto e da quella notte gli incontri si fecero
costanti. Avvenivano sempre dopo il tramonto e all'inizio Nami si era
chiesta spesso se ci fosse un
motivo specifico
dietro a tutto, salvo poi smettere di farci caso perché il
solo
vederlo le faceva dimenticare persino di porsi la domanda.
Almeno
una volta a settimana le compariva davanti, sempre fermo in posa
meditativa, sempre nella sua stanza e sempre con la luna alta nel
cielo. Stava diventando bravo, dopo aver stabilito il contatto
riusciva anche ad alzarsi e fare dell'altro senza dover restare
concentrato sul legame.
Parlavano,
spesso discutevano, ogni tanto lui meditava mentre lei leggeva, a
volte se ne stavano in silenzio godendo solo della presenza
dell'altro nella stessa stanza, intimamente felici di essere insieme,
almeno loro, se non potevano avere tutta la ciurma.
Nami
si era abituata presto alla novità e scoprì di
attendere quei
momenti con trepidazione crescente. Spesso era lei a chiamarlo
attraverso quel filo invisibile che li manteneva costantemente
legati, molte altre lui compariva prima che lei sentisse la
necessità
di farlo come due menti che ragionavano all'unisono. Anche se lui
tendeva a parlare poco, riusciva ad apprezzare ugualmente questo suo
lato perché le permetteva di scacciare la nostalgia un po'
di più
ogni volta solo con la sua presenza. Dal canto suo, Zoro pareva
gradire allo stesso modo quella vicinanza, era un modo anche per lui
per sentirsi meno soli e finì inevitabilmente per
avvicinarli più
di quanto avrebbero mai creduto, soprattutto quando lei
mostrò il
desiderio di imparare qualche mossa e gli chiese di farle da
insegnante. Zoro l'aveva ascoltata attentamente mentre si dilungava
in un monologo sulla sua recente volontà di difendersi da
sola, non
voler più essere un peso per nessuno.
L'aveva
lasciata parlare senza interromperla e l'unica cosa che
riuscì a
risponderle senza suonare troppo entusiasta era stata una bugia.
“Non
ho di meglio da fare...”
Lei
la prese come era giusto prenderla, come un'ammissione di gioia.
“Mi
dirai mai perché riesci a contattare solo me?”
Nami
non perdeva occasione per cercare risposte, Zoro preferiva glissare
direttamente la domanda.
“Se
vuoi imparare le regole base del combattimento dovrai legare stretti
quei capelli.”
Ogni
volta il legame durava più a lungo e in capo ad un anno Zoro
aveva
imparato a controllarlo abbastanza da farlo protrarre quanto e come
voleva. Spesso decideva di trascorrere l'intera notte da lei,
dall'altra parte della stanza, guardandola solo dormire con la luna
come unica confidente dei suoi pensieri, immaginando il mare a
cullare il suo sonno.
Il
tempo non era l'unica cosa che stava imparando a controllare. Man
mano che i mesi passavano gli incontri diventavano più
frequenti e
di conseguenza la sua figura si delineava più marcatamente.
Giorno
dopo giorno la proiezione prendeva forza e Zoro smetteva sempre
più
di somigliare ad un fantasma evanescente e tornava ad essere l'uomo
reale che Nami conosceva.
Pur
essendone entrambi felici la cosa si rivelò presto un'arma a
doppio
taglio. Più il corpo di Zoro prendeva forma più
Nami notava sulla
sua pelle segni inequivocabili di lotte e battaglie che le facevano
venire la pelle d'oca. Alle sue richieste di spiegazioni lui
sorvolava con fervore tornando ad essere il solito spadaccino burbero
che aveva imparato a conoscere sulla nave, discutevano e lui spariva
per ore, salvo poi quietarsi e tornare, chiedendole perdono.
Ci
vollero altri due mesi di minacce perché Zoro ammettesse di
trovarsi
in compagnia di niente meno che Drakul Mihawk. Era atterrato sulla
sua isola da quasi due anni, e per Nami la batosta era stata dura da
digerire. Lo stava allenando, diceva, ma lei faticava a crederci,
tanto più che le ferite sembravano sempre più
profonde ogni volta.
“Lo
sapevo, le mie previsioni non sbagliano mai. È per questo
che vieni
spesso di notte... durante il giorno combatti con lui. Nessun altro
sa di questa tua capacità?”
Parlavano
spesso del modo in cui poteva funzionare quella speciale connessione.
Per lo più era Nami a parlare e ad esserne incuriosita, Zoro
ogni
tanto riusciva a farsi strappare delle vaghe risposte.
Lui
aveva annuito con un sospiro. “Devo svuotare la mente in
qualche
modo. Mihawk è un osso duro...”
Sembrava
sempre più affaticato per quegli allenamenti e intimamente
era
felice che lui avesse lei come valvola di sfogo.
Ad
ogni incontro lo salutava con tormento, temeva sempre di non
rivederlo più. Eppure tornava, ogni volta, con il solito
ghigno in
viso e l'aria serena di chi si sentiva a casa e probabilmente lei era
sempre un po' più felice di vederlo per ricordare l'ansia
provata
nei giorni precedenti.
Per
evitare di coglierla in momenti inopportuni, Zoro compariva sempre
alla stessa ora e per lei stava diventando difficile ignorare il
motivo di quel bagno profumato e della ricerca spasmodica dei suoi
vestiti migliori nell'armadio.
Voleva
essere carina, per lui. Pazzesco anche solo da pensare.
Allo
scadere dei due anni non potevano ancora toccarsi. La figura di Zoro
continuava a rimanere intangibile, per quanto reale, e pur non
dicendolo apertamente quella continuava ad essere la cosa che
entrambi agognavano di più e che sembrava destinata a
rimanere un
desiderio, almeno fino a quando non si fossero rivisti di persona.
Nami
si raccontava che fosse solo per una questione di salute, voleva
poterlo curare all'occorrenza e Zoro manteneva alta la bandiera del
raggiungimento del massimo livello di controllo su quella strana
connessione che li univa.
Due
bugiardi, due ragazzini convinti di aver capito tutto.
Ormai
sapevano perfettamente di non riuscire a stare senza quel contatto.
Anche
senza toccarsi quegli incontri facevano bene all'anima di entrambi,
Nami lo vedeva, lo percepiva. La stanchezza svaniva quando lui le
sorrideva orgoglioso per i progressi fatti con il Sansect. Pur di non
farla preoccupare Zoro si impegnava costantemente negli allenamenti
con Mihawk solo per non dover più portare quei segni che a
lei
facevano così paura, solo per non renderla triste.
Le
cose erano cambiate tra loro e Nami non lo capì mai davvero
se non
quando finalmente si rividero a Sabaody.
Le
lacrime sgorgarono a fiumi quella notte, quando poté per la
prima
volta gettargli le braccia al collo e mettere a tacere quel vuoto
allo stomaco durato due anni. Zoro si concesse il lusso
di
affondare il viso in quei capelli rossi che aveva visto crescere
insieme a lei giorno per giorno, incredulo di poterlo fare per
davvero, e Nami pensò scioccamente che l'allenamento con
Mihawk
aveva dato i suoi frutti, li sentiva così bene sotto ai
polpastrelli.
Rivedersi
non cambiò materialmente nulla tra loro ma cambiò
lo stesso ogni
cosa. Troppo impegnati nel conseguimento dei propri obiettivi, si
sentirono ben lieti di non mettere da parte l'altro dello
sconvolgimento emotivo che la connessione aveva portato al loro
rapporto.
Si
tennero il segreto per loro, Rufy aveva dato ordini precisi e averli
infranti, anche se non intenzionalmente, li faceva sentire sleali.
Erano
insieme, sulla Sunny, con la loro famiglia, quello bastava, era la
realtà delle cose o almeno lo pensavano, convinti com'erano
che la
solitudine fosse stata l'unico motivo a spingerli a connettersi
costantemente.
La
connessione e le troppe domande che si portava appresso passarono in
secondo piano durante la battaglia sull'isola degli Uomini Pesce.
A
Punk Hazzard semplicemente Nami pensava che non ne avrebbero
più
avuto bisogno ma si sbagliava.
Dressrosa
arrivò puntuale a vederli di nuovo separati. Rufy ci aveva
preso
gusto a dividerli e se da un lato la distanza quella volta era infima
e la durata ancora più inferiore, dall'altro si erano resi
presto
conto di non riuscire a stare troppo tempo lontani l'uno dall'altro,
nemmeno se si fosse trattato di pochi giorni.
Nami
sapeva come chiamarlo all'occorrenza e la presenza dei compagni era
diventata per entrambi un'ottima scusante per giustificare la
preoccupazione. Zoro aveva riattivato la connessione non appena era
riuscito a ritagliarsi una pausa tra un fendente e l'altro. Non ne
voleva abusare, voleva solo assicurarsi che le cose andassero come
dovevano e, di riflesso, controllare che lei stesse bene.
La
trovò a bordo della Sunny, dove doveva essere ma in procinto
di
affrontare la nave dell'Imperatrice pirata Big Mom senza speranze di
uscirne indenni.
Comparire
alle spalle di qualcuno che stava per lanciare un attacco poteva
essere pericoloso, nonostante ciò lui e la sua
intangibilità non ci
pensarono due volte ad ignorare la cosa.
“E
quello cos'era ragazzina? Non ho sprecato tempo ad insegnarti
tecniche di combattimento per poi non vedertele usare!”
In
cinque secondi Nami aveva perso vent'anni di vita.
“Sono
in grado di combattere da sola, perché non torni da dove sei
venuto??”
Le
consuete vertigini avevano rischiato di farle perdere la presa sulla
sua arma. Il Clima Tact si librava nell'aria lanciando fulmini e
saette abbattendo nemici come mosche. In quel momento avrebbe
volentieri fulminato anche la presenza fastidiosa con ridicoli baffi
finti e occhialoni fuori moda che le stava appresso a distrarla.
“Sono
qui per controllare che il cuocastro non faccia affondare la
nave.”
Occhi
ansiosi scandagliavano il ponte cercando di prevedere nuovi attacchi
diretti a lei, maledendo il suo essere del tutto inutile in quella
forma.
“IO
sono quella che non farà affondare la Sunny!”
Occhi
furiosi si accorgevano di sentirsi troppo esposti se lui le rimaneva
al fianco, distraendola con la sua sola presenza.
“Nami...”
“Zoro,
non è un buon momento!”
Occhi
si fronteggiarono bellicosi, le bocche usate per ferire avrebbero
voluto dire e fare altro ma si piegarono all'orgoglio insormontabile
di entrambi.
“Spero
che Sanji sappia quello che fa...”
“Ce
la caveremo come al solito.”
“Mi
preoccuperò sempre se c'è il damerino che deve
salvare la pelle a
tutti.”
Qualsiasi
cosa gli permettesse di attenuare il nodo che si era formato in gola
era ben accetto. Insulti gratuiti al cuoco inclusi.
“Zoro,
Rufy ha bisogno di te. Vai, ti prego, noi ce la caveremo. Io me la
caverò!”
Le
parole più difficili da digerire, non si sarebbe mai
abituato a
saperla in grado di difendersi.
La
lasciò determinata e con il sorriso sulle labbra circondata
da onde
e caos, sicuro che di Sanji ci si poteva fidare o gliela avrebbe
fatta pagare.
Abbandonarla
era una pena che non pensava di dover provare ancora.
A
Zou era convinto di trovarla.
Doveva
essere lì per forza, Nami non avrebbe disobbedito
volontariamente ad
un ordine di Rufy, nessuno di loro l'avrebbe fatto.
I
cadaveri dei vostri amici.
Sentiva
il sudore alla base del collo e ad ogni passo che le gambe
diventavano di piombo. Non poteva essere stata la loro ultima
conversazione quella sulla nave, non esisteva che fossero tutti stati
sconfitti da un gruppo di volpini morbidosi!
Non
si era accorto di aver smesso di respirare finché non la
vide sana e
salva, tra le braccia di Rufy. Era viva, erano tutti salvi.
No,
invece, non tutti.
Il
cuoco se n'era andato, Nami lo disse in lacrime e Zoro odiò
con
tutto sé stesso quelle lacrime. A causa loro una voragine
gli si era
aperta al centro del petto quando l'aveva rivista e sempre a causa
loro la rabbia, così inopportuna in un momento in cui
avrebbe dovuto
essere in pace, lo aveva colto nel peggiore dei modi portandolo a
dire cose che non pensava.
Non
litigavano in quel modo da mesi, da anni, ed era accaduto di nuovo,
per colpa di Sanji, no, per colpa delle lacrime che lei
aveva
versato per Sanji. Lacrime che aveva già
visto rivolte a
Robin, a Rufy, a Usop, a Chopper, ma non a lui, nemmeno quando vedeva
il risultato degli allenamenti con Mihawk. Tempo speso a lacerarsi
nel dubbio per la sua sorte e lei piangeva per Sanji. Come si sentiva
a riguardo? Egoista ed idiota. Una gelosia irrazionale che bruciava
nella vene. Aveva solo voglia di bere.
Il
capitano sarebbe andato a riprendersi il damerino e tutti loro
sarebbero partiti per Wano, quello era il piano. Per tutto il giorno
avevano continuato offesi ad ignorarsi e l'avrebbero fatto anche
lì,
una situazione di stallo che sarebbe potuta durare per
sempre
se Nami non avesse deciso di seguire Rufy a Whole Cake Island e lui
non si fosse sentito in dovere di dire la sua.
“Non
dovresti andare...”
Occhi
al cielo, nero senza luna con qualche stella, occhi stanchi quelli di
lei, ancora esasperati per il litigio di poche ore prima.
“Sanji
ci ha salvati.”
“Sanji
ci ha lanciato nella gabbia dei leoni!”
“Ce
la caveremo! Le mie previsioni non sbagliano!”
Certo,
quello era uno dei dogmi assoluti sulla nave. Come Rufy non sapeva
resistere a un pezzo di carne, Usop senza far esplodere qualcosa,
Brook a chiedere ad ogni donna il colore delle sue mutandine, le
previsioni di Nami non sbagliavano, mai. Presuntuosa come solo lei
sapeva essere.
“Big
Mom non è un avversario alla vostra portata!”
“C'è
Rufy con noi e poi non la incontreremo nemmeno!”
“Pensi
davvero che Rufy non si metterà in testa di affrontarla se
può
farlo? Non ti facevo così ingenua!”
“Non
sei davvero tu a parlare!”
“La
verità è che non ti piace che qualcuno la pensi
diversamente da te,
Nami!”
Un
piede pestò a terra con fervore, sollevando polvere e nuovi
insulti.
“No!
Questo non sei tu! Lo Zoro che conosco io saprebbe che dal passato
non si può scappare e quando meno te lo aspetti torna
prepotente a
tormentarti!”
Avvolte
dall'oscurità c'erano labbra che tremavano e capelli sciolti
sulle
spalle che ondeggiavano mossi dal vento.
“Lo
Zoro che conosco io sarebbe orgoglioso di sapere che un suo compagno
vuole rischiare tutto per salvarne un altro!”
Pugni
chiusi stretti sul bacino, lacrime mal trattenute.
“Lo
Zoro che conosco io... ha lavorato a lungo su sé stesso per
creare
un modo affinché una sua compagna non impazzisse di dolore e
solitudine!”
Un'accusa
che nascondeva il senso di colpa, un senso di colpa che non aveva
alcun motivo di esistere. Non aveva deciso lei di ritrovarsi un
fantasma ad infestarle la stanza.
“E
lo farei ancora! Sono ancora quel ragazzo che veniva da te su
Weatheria!”
Accuse
incassate e messe da parte perché palesemente fasulle.
L'amor
proprio che tornava prepotente ma solo per rassicurare.
“Sanji
ha bisogno di noi, Zoro. Tu più di tutti dovresti
capirlo.”
Era
il 'non detto' ad incombere ingombrante e
pericoloso tra loro
ma Zoro preferì continuare ad ignorarlo.
“Non
sono tranquillo, Nami.”
“Dovrai
accettarlo lo stesso, proprio come me quando ti chiedevo di smetterla
con gli allenamenti da Mihawk!”
Decisione
gridata con una rabbia che aveva origini ben più lontane di
quella
notte.
Prima
di andarsene gli diede il profilo, perfetto e definitivo. Zoro
sapeva che non lo avrebbe ascoltato, non quella volta.
“Questa
connessione ha portato solo guai...”
Un
sussurro amaro che spaccò due cuori a metà e
furono parole
altrettanto cattive quelle che sentì uscire dalla bocca di
lei senza
riuscire a frenarsi.
“Non
contattarmi più, Zoro.”
Il
rumore di passi che si allontanarono nella notte fece da sfondo a
quello della sua anima che si sgretolava in mille pezzi.
*
Whole
Cake Island.
Capolavoro
di pasticceria e inganni. Regno di terrore mascherato da utopica
felicità. Patria adottiva di ogni specie esistente sul
globo, meno
una. Luogo di nascita di alcuni tra i più feroci combattenti
mai
incontrati. Territorio privato dell'Imperatrice pirata Big Mom.
Zoro
ricorda perfettamente cosa le ha detto. Vale poco che se ne sia
pentito l'attimo successivo, Nami lo ha sentito e la sua risposta non
è stata facile da accettare.
Non
contattarmi più.
Il
ricordo brucia più della bile.
Non
contattarmi più? Deve essere pazza se pensa davvero che
bastino tre
parole a fermarlo.
L'ha
cercata, ancora e ancora. La pace non è prevista, deve
trovarla, ma
Nami è diventata scaltra, sa come non farsi trovare. Chiude
la mente
quando sente la vertigine prendere possesso dei suoi sensi, il dolore
allo stomaco ormai parte di lei. Zoro non ha contatto, non la sente.
Nami è furba, Nami ha capito come funziona, Nami
non lo vuole
vedere e la batosta è ad ogni tentativo più dura
da digerire. Ma
lei sa bene con chi ha a che fare, Zoro Roronoa non si arrende per
così poco.
I
canali a cui fare riferimento sono pochi e li tenta tutti, di
continuo. Prima o poi uno di loro farà breccia, la
troverà
indebolita, con la guardia abbassata e lui vi si si infilerà
e la
sentirà, di nuovo. Rifiuta l'idea che sia
morta. La morte è
sicuro che saprebbe riconoscerla e non è quello il caso.
Il
viaggio verso Wano è lungo, le cose da fare sono poche.
Non
riesce a trovarla e questo influisce sulle sue giornate e sul
rapporto con i compagni. Franky ha smesso di chiedergli aiuti con le
invenzioni, Robin di portargli da mangiare, Usop semplicemente cambia
strada quando lo vede. Law ha intuito qualcosa dai suoi scatti d'ira
e nervosismo, non è stupido e se non l'ha già
fatto è vicino ad
intuirne il motivo.
L'attesa
e il terrore lo rendono di nuovo la bestia che era riuscito a domare.
Anche se aveva detto il contrario, non era stata la meditazione a
placarla, è stata lei. Lei e i due anni
trascorsi con lei.
Non
può permettersi di non sapere. Tenta un'altra volta nel buio
della
sua cabina. Si concentra ad occhi chiusi, sente l'aria attorno a
sé,
percepisce il calore sulle punte delle dita, il respiro si fa
regolare, un luogo senza spazio e tempo, fuori dall'universo ma nel
suo nucleo esatto. La connessione riparte.
Vola
sopra isole sconosciute, accarezza il vento impetuoso e il mare in
burrasca. Vola vicino al sole e non si ferma, prosegue la sua corsa
familiare oltre le montagne fino a che trova quello che cerca, uno
spiraglio, una piccola fiammella accesa. Lo
stomaco si stringe e la capriola è immediata.
Nami
ha abbassato le difese, è vulnerabile. Sta pensando a lui.
La parte del suo cervello
che non è
impegnata a contenere il sollievo e l'entusiasmo lo mette in allarme.
Perché dopo giorni Nami è vulnerabile?
Di
nuovo, non può permettersi di non sapere. Si spinge deciso
in quello
spiraglio e quello che ci trova è capace di mozzargli il
respiro per
un attimo.
È
sulla Sunny, ancora, e sono in piena battaglia. Big Mom è
sopra di
loro.
Zoro
ha appena il tempo di distinguerla in mezzo agli altri che l'enorme
Imperatrice pirata di cui ha tanto sentito parlare sferra il primo
attacco.
Un
brivido di sorpresa gli scorre lungo la schiena. Non è una
donna
normale, è gigantesca e potente, il fendente che scaglia
potrebbe
distruggere la Sunny come burro. L'istinto gli grida di spostarsi che
potrebbe venir colpito, mentre la ragione gli ricorda che nessuno
oltre Nami può vederlo e soprattutto che nessuno
può toccarlo. Ma
l'istinto vince ugualmente. Si sposta di lato, evitando per un soffio
di cadere a terra mentre parte dell'albero maestro viene avvolta
dalle fiamme. Le grida ovattate dei suoi compagni lo distraggono
appena ma ha un obiettivo preciso, ha il fiatone ma non gli importa,
deve solo trovarla e portarla al sicuro. Nemmeno si rende conto di
quanto possa suonare disperato ed egoista quel pensiero.
Big
Mom sovrasta nuovamente la nave, colpirà di nuovo, ma questa
volta è
pronto. In tutto il frastuono Chopper e Brook urlano qualcosa ma
è
troppo impegnato a raggiungerla per stare a sentire. È in
piedi sul
ponte accanto a loro e agita il Clima Tact con movenze esperte. Zoro
la vede quella nuvola nera che si avvicina, lei la sta chiamando, ma
è un adepto di Big Mom, cosa c'entra con loro? Zoro non
capisce ma
sa che non gli piace. L'aria è cambiata, è satura
di elettricità
come durante un temporale. Le previsioni di Nami non sbagliano mai
eppure per la prima volta sa che accadrà.
Non
ci pensa, non valuta il rischio, la pazzia e l'assurdità di
quello
che vuole fare, gli interessa solo una cosa ed è quella che
lo
spinge a fare gli ultimi metri di corsa e a spostarla dalla
traiettoria del fulmine prima che la colpisca.
Nami
si appoggia completamente a quel calore protettivo che sente
all'improvviso cingerle la vita e chiude gli occhi in estasi,
intrappolata da due braccia forti che la stringono e la allontanano
dal pericolo che è stata troppo incauta per notare.
Sente
Chopper urlare il suo nome e attraverso le palpebre distingue la luce
accecante di una saetta da migliaia di volt che cade sul ponte della
Sunny. No, non sul ponte, su Brook, che si è sacrificato al
posto
suo sapendo di non correre rischi ed ora il rischio lo corre qualcun
altro.
Nami
inorridisce quando si rende conto di essere circondata dalle braccia
di qualcuno che non dovrebbe trovarsi lì, qualcuno che ha
volutamente tenuto fuori dalla propria testa per i giorni precedenti,
qualcuno che l'ha toccata e non lo poteva fare.
Zoro
le restituisce la stessa occhiata sconcertata mentre piano scioglie
la presa dai suoi fianchi ma la mantiene con il cuore che pompa
accelerato, all'unisono con quello di lei.
È
sconvolta da quello che vede, lo tocca per accertarlo di nuovo,
ancora e ancora, tocca ogni parte del suo viso, del petto, delle
braccia e lui la lascia fare, troppo sorpreso per osare dirle
qualcosa.
Nami
afferra poco di quello che le sta accadendo attorno, si rende conto
che sono ancora nel pieno della battaglia ma non riesce a non
guardarlo.
Zoro
è lì, completamente lì, e lei non
può fare altro che impallidire
ancor di più.
“Devi
andartene!”
Zoro
batte gli occhi, non è sicuro di aver capito bene.
Nami
riprende colore e determinazione, allontanandosi di un passo.
“Non
dovevi venire!”
“Che
cosa...”
“Sei
fuori di testa??”
Zoro
boccheggia guardandola trattenere le lacrime, tremiti la scuotono nel
profondo ma si mantiene dritta e salda davanti a lui.
“Tu
mi hai toccato!” urla contro di lui, incurante di venir presa
per
pazza. “Sei tangibile, Zoro!”
Nella
foga ancora nessuno si accorge di avere un altro membro della ciurma
a bordo. La loro connessione non è più esclusiva
e a Nami si mozza
il fiato nel realizzarlo.
Lui si
guarda le mani, ancora incredulo per esserci riuscito. “Lo
so...”
Lo
vede quel luccichio orgoglioso nel suo sguardo, Nami sa che
è solo
questione di secondi prima che ricordi di avere tre spade attaccate
al fianco e decida di tentare la sorte sfidando apertamente
l'Imperatrice in quella forma. Ma non demorde, non può
permetterglielo, non è preparata a quello, lui doveva essere
al
sicuro.
“Zoro,
vattene! Non è la tua battaglia, questo
non è un combattimento normale! Va
via!”
Parole
intrise di rabbia che poco combaciano con quello che traspare dal suo
viso. Tutto in lei grida paura folle, di cosa esattamente non sa
spiegarselo ma non servirà a niente. Adotta l'unico sistema
che
conosce per rispondere ad una pretesa furiosa, usare altrettanta ira.
“Starai
scherzando spero! Ora che sono qui e posso darvi una mano vuoi che me
ne vada? Fossi matto!”
Nami
lo raggiunge veloce bloccandogli il polso già scattato verso
la
Wado.
È
un'implorazione quella che sente nella sua voce ora, un'implorazione
impossibile da ignorare.
“Non
rischiare la vita quando non serve! Sei concreto, rischi
troppo!”
“Lo
sai perfettamente che sono capace di difendermi!”
“Si,
ma prima non era un problema per me vederti combattere!”
Il
battito che si ferma per lo stesso motivo in due cuori diversi.
Il
frastuono intorno non si placa come quello nelle loro anime, ma Brook
ha in mano la situazione, lui ha bisogno per un attimo di
concentrarsi su di lei e su ciò che si è lasciata
sfuggire.
“Nami...”
Una
mano che cerca l'altra ma l'altra vuole solo scappare, imbarazzata
per una confessione che avrebbe dovuto portare con sé nella
tomba.
Il
respiro trattenuto per un attimo che lascia passare parole sussurrate
che mai più ripeterà e non ce n'è
bisogno, lei le ha sentite.
“Ho
creato la nostra connessione solo per un motivo...”
Sguardi
che si incrociano terrorizzati ma fin troppo consapevoli.
“Lo
so...”
Ognuno
ha la dichiarazione che si merita.
“Non
dovevo dirti quelle cose.”
Non
era mai stato tanto vulnerabile.
“Ho
sbagliato. So quanto tieni alla nostra famiglia...”
Una
carezza leggera che scivola su una cicatrice e muore su labbra
dischiuse. Da quanto voleva farlo.
“Non
puoi chiedermi di abbandonarti di nuovo!”
“Non
morirò, Zoro. Abbi fede in quella stessa famiglia che
proteggi da
una vita. Siamo forti! Tocca a noi proteggervi, stavolta! Vinceremo
anche Big Mom, tornerò e ci rincontreremo a Wano,
aspettami.”
E
sa che è la verità, quella non è mai
stata la sua battaglia e loro
sono forti. Lei è forte. Ci crede davvero Zoro, quando lei
poggia
lieve la sua bocca sulla sua in un bacio fugace che assicura molto
più di un semplice sfioramento di labbra.
È
una promessa la sua, di tornare da lui senza più nascondersi
e Zoro
le lascia carta bianca, si fida di lei e del suo giudizio.
La
aspetterà, è quello l'ultimo pensiero e il suo
sorriso l'ultimo
regalo che la connessione gli concede prima di tornare dai compagni
che ha lasciato sulla rotta per Wano. Sa che non smetterà
mai di
cercarla e lei non smetterà mai di chiamarlo, questa volta
senza più
bugie.
Zoro
l'ha sempre saputo, i dogmi sono duri da cancellare.
Le
previsioni di Nami non sbagliano mai.
Angolo
-assolutamente non richiesto ma tant'è ormai ci sono- Autore:
Ciao
tesoro mio!!!!
Eh
si... ti tocca... gli anni passano ma le scemenze restano sempre le
stesse, le mie però!
Non
saprò mai dirti quanto ti adoro così ho voluto
provarci in un altro
modo...
Incrocio
le dita perché il compleanno non va rovinato a nessuno e
spero di
non averlo fatto io!!
Sarai
sempre una donna meravigliosa per tutte noi, vivi intensamente ogni
attimo.
Un
bacione megagalattico e ancora tanti auguri tesoro!
Momo
PS:
Dopo questa non ti rompo più con Star Wars!
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