Allora ecco il primo capitolo
effettivo, mi spiace di aver postato dopo tanto tempo ma un debito
non era una prospettiva troppo allettante e quindi mi sono dovuta
mettere sotto con la scuola, in ogni caso un grazie infinite a chi ha
letto e in particolare a hikary che ha commentato, lieta di averti
interessato ^^, e come da lei suggerito il primo “bivio” ha preso
la via del sentimento negativo che però avverto non risulterà così
da subito ma avrà tempo di svilupparsi durante la storia,
bhe in ogni caso le regole del gioco
sono spiegate già nel prologo e non c'è bisogno di ripeterle credo.
Il bivio lo trovate a fine capitolo.
Ora posso solo sperare che commentiate
in tanti così che il gioco possa risultare più interessante e
augurarvi buona lettura
Ricordi? Te lo avrò raccontato un
milione di volte, di quella vecchia pagina di diario che lessi la
mattina del giorno in cui ci incontrammo per la prima volta...
24-novembre-2007
La mia stanza non è
mai stata completamente buia...
la luce non mi è mai
particolarmente piaciuta ma non ho mai saputo farne a meno, quando
ero bambina avevo una lampadina piccola a forma di luna che
illuminava fiocamente l'ambiente e proiettava ombre sinistre sulla
parete. Era inquietante osservare quei disegni danzare, ma allo
stesso tempo estremamente rassicurante.
Ora la mia stanza ha un
grande balcone e le persiane non le chiudo mai del tutto.
Il lampione in strada si
affaccia su di esso e la mia stanza non è mai buia...
Le ombre non scompaiono
ma si sciolgono quasi e sembrano amalgamarsi con i miei pensieri.
Il buio mi ha sempre
spaventato benché, segretamente, vi aneli.
Ma devo tenere la mente
occupata con le mie ombre per non scivolare troppo in fondo, e girare
intorno a paure superficiali come un gatto arrabbiato che soffia e
studia una preda, per non perdermi nella comprensione di me stessa.
Di questo ho davvero il terrore .
Il buio aiuta a
riflettere e a smarrirsi, il buio e il silenzio.
Ma nemmeno la luce é ciò
che voglio, o almeno non la luce forte del giorno che mette
addirittura a nudo ciò che tanto amo tenere nascosto a me stessa,
no. La luce che fa per me é quella elettrica, che a tratti ronza e
si spegne per riaccendersi un attimo dopo, una luce abbastanza
forte per alimentare le ombre ma tanto debole da non poter vedere al
di là di esse..
ma in fondo questi sono
solo i futili pensieri e la patetica autocommiserazione di una
ragazza in una notte senza luna...
La
lettera era stata scritta a novembre e quello era invece un pallido
giorno di fine agosto.
Dopo un
estate passata all'insegna di niente, di torride giornate trascorse a
fissare il cielo, finalmente quel maledetto sole si era affievolito e
l'aria, benchè pesante, aveva acquistavo un po' di frescura. Era in
serate come quella, appena prima del tramonto, che mi piaceva
passeggiare sulla spiaggia ormai vuota.
Se c'era
una cosa che amassi davvero del posto in cui sono nata, quella era il
mare.
Osservarlo
dal bagnasciuga era uno dei miei divertimenti preferiti. Potevo
passare delle ore seduta a guardare le onde andare avanti e indietro,
avanti e indietro, in un circolo continuo.
E il
cielo quella sera si tingeva di un rosa così pallido da farmi quasi
tenerezza e pensavo a quante volte l'avevo visto in tempesta, quel
mare...
Non mi
aveva mai spaventato.
Non
ricordo di averti mai raccontato di quando rischiai di annegare.
Forse l'ho fatto ma che importa? Comunque le cose andarono più o
meno così...
Stavo
facendo il bagno in un pomeriggio di settembre, l'ultima bagno della
stagione, e avevo all'incirca nove, forse dieci, anni. Ad un tratto
il cielo cominciò a farsi e scuro e prese a piovere, corsi a
ripararmi sotto l'ombrellone.
Sentivo
l'odore salmastro della salsedine mischiato all'umido della pioggia,
e quando mi accorsi di quanto questa fosse sottile e impalpabile mi
affacciai titubante fuori dal mio riparo.
Cominciai
a vagare per la spiaggia con la testa in su e la bocca aperta per
raccogliere le goccioline che cadevano, poi guardando il mare scosso
da violenti cavalloni un brivido mi percorse la schiena e la malsana
idea di tuffarmi balenò nella mia mente.
Fu un
attimo e mi ritrovai sballottata tra e onde, riemergendo di tanto in
tanto a fatica, per catturare un po' di ossigeno, prima di essere
nuovamente trascinata sott'acqua.
Sembrerà
strano ma non ebbi paura, quell'affannarsi alla ricerca dell'aria,
quel distendere i muscoli stanchi per contrarli poi nel disperato
tentativo di tornare a galla, quel cercare con gli occhi irritati dal
sale la via per la riva, mi eccitava e mi faceva sentire viva come
mai prima di allora...
Annaspando
ancora colsi un breve momento di stallo per raggiungere il fondo con
le mani e poi con i piedi, mi trascinai fin sulla spiaggia respirando
pesantemente, con il cuore che mi batteva a mille, e mi distesi sulla
sabbia umida sorridendo, con gli occhi chiusi rivolti al cielo e la
bocca aperta dove le goccioline di pioggia entravano prepotenti
insieme all'aria, facendomi tossire....
Già, il mare non mi ha mai
spaventato.
Così, ancora un giorno mi
trovai a fissarlo seduta sulla spiaggia pensando ai fatti miei fino a
che non mi accorsi della tua presenza accanto a me.
Dapprima mi soffermai sulla
tua ombra proiettata sulla sabbia che si allungava fin sulle mie
gambe raccolte, poi alzando gli occhi ti rivolsi uno sguardo
indagatore. Non ti avevo mai visto prima ne tu avevi mai visto me.
Ti sedesti e poi, gettando
le braccia piegate all'indietro ti stendesti.
Io continuavo a osservarti
mentre tracciavi solchi col dito nella sabbia umida, non parlai per
prima, non avevo nessun motivo per farlo.
Tu, come se nulla fosse,
toccasti la mia mano e dicesti..
“E' fredda”
“tira vento” risposi
senza alcun interesse.
“siamo ad agosto”
“sarà”
“il tuo nome?”
“ ha una qualche
importanza”
“in realtà no”
sorridesti allora, dio quanto ho odiato quel tuo sorriso!
Sembrava compassionevole e
superiore, non ho mai potuto soffrire questo lato del tuo carattere,
e tu lo avevi capito fin da allora, difatti mi voltai smettendo di
fissarti.
Restammo ancora in silenzio,
così, io con il volto girato e tu con una mano sulla mia.
“è così fredda”
mormorasti di nuovo, ma io non risposi.
Dopo poco fu il mio turno di
sussurrare parole senza senso.
“guarda, le nostre ombre
danzano...”
In effetti il sole
continuava a calare e la luce tremula dei lampioni sulla strada alle
nostre spalle, cominciava a farsi notare. Pareva proprio che
danzassero...
“ti spaventano? Le ombre,
intendo”
Sussultai, avevo trovato
strano già allora quel riferimento alle ombre e alla paura e mi era
sembrato troppo inerente a ciò che avevo letto per non pensare a un
segno del destino, per quanto i sia restia a crederci.
Tu ti accorgesti del mio
disagio e sogghignando dicesti qualcosa del tipo “ho indovinato”
e io mi affrettai a risponderti.
“ no, più che altro mi
distraggono”
“ come il mare?”
“ mhh?” mi sorprendevi
di più a ogni parola, inconsciamente, o almeno credo, stavi toccando
tutti gli argomenti a cui avevo pensato durante la giornata e la cosa
mi inquietava.
Ti guardai con aria
interrogativa e tu scoppiasti improvvisamente a ridere, la cosa un
po' mi offese ma non vi badai più di tanto, ero abbastanza abituata
a ignorare i commenti altrui. Distolsi lo sguardo e tu in risposta ti
sporgesti verso il mio viso per potermi guardare negli occhi e
lasciasti la mia mano.
Mi alzai di scatto, per
evitare il tuo sguardo.
Perchè si, fu esattamente
per quel motivo che lo feci e non fingere di non averlo capito,
adesso come allora. Mi avevi profondamente scosso col tuo
comportamento, e neanche io tutt'oggi so spiegarmi il perchè. Ho
delle mie ipotesi ma, tralasciamole per ora.
Dunque mi alzai,
“ vado si sta facendo
buio” una frase tanto normale quanto scontata, la cosa insolita fu
la tua replica
“ ti fa così paura?
Eppure non è così male, le ombre danzano, il mare culla e il buio
riscalda, è la solitudine che ti fa sentire freddo..”
dicesti tutto così, con un
filo di voce, come se fosse il discorso più naturale del mondo e,
soprattutto, qualcosa di estremamente semplice.
Credo che quella fosse la
frase più lunga che tu abbia detto durante il nostro ben poco
intenso dibattito, e certamente la più insolita, ma allora nemmeno
vi badai più di tanto semplicemente mi volsi per andarmene e
cominciai a camminare in direzione della strada.
Poi senza capirne bene il
motivo mi volsi appena verso di te, come se avessi dimenticato
qualcosa, e feci la cosa più strana che avrei potuto fare, almeno
per i miei standard
“Serena”
ti dissi il mio nome.
“cosa?”
“il mio nome, Serena”
ti vidi allora sorridere e
me ne andai.
Pensavo alla nostra
conversazione e più ci pensavo più mi chiedevo il perchè di quel
mio comportamento inusuale, poi decisi che era meglio non perderci la
testa, perchè tanto non ti avrei più rivisto.
Non avevo capito ancora
quanto quell'esperienza mi avesse segnato.
Fatto sta, però, che quella
sera nell'andare a dormire mi assicurai che le persiane fossero ben
serrate, prima di spegnere la luce.
“bivio numero 2”: il
personaggio che la protagonista incontra in questo capitolo è un
uomo o un donna? ( se volete potete anche aggiungere qualche tipo di
preferenza come non so, un età indicativa e poi come al solito
potete suggerire una frase che vedete adatta e che vi piacerebbe
inserire come inizio di un capitolo)
detto questo a voi le belle
cose e un kiss by katsu XD
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