capitolo 38
Capitolo 38
Arrivo
Il luogo in cui arrivarono non era affatto come Lyla se lo era immaginato.
A causa di tutti i romanzi fantasy che aveva letto, si era immaginata
una realtà quasi alternativa. Un castello gigantesco, o una
sorta di villaggio uscito da un medioevo fantasy... nulla di tutto
ciò.
Quella era... una normalissima cittadina provinciale, con tante villette e negozietti di ogni tipo.
Girando in macchina, la corvina giurò di aver intravisto un
fioraio e un negozio d’antiquariato, nonostante il buio serale.
Sembrava essere tutto più normale di quello che aveva
immaginato.
Si mosse sul sedile, con fare agitato, stando però attenta a non svegliare la piccola Marie assopita al suo fianco.
Da una parte Lyla non vedeva l’ora di scendere da
quell’abitacolo, dall’altra invece ne era spaventata a
morte.
Stavano attraversando la via principale della cittadina, illuminata
dalle due file di lampioni poste ai lati. Qualche passante, ancora in
giro tra le vie del centro, si fermavano ad osservare incuriositi la
loro macchina passare.
Lyla incassò la testa nelle spalle, come per non farsi vedere.
Aveva la sensazione che lo stessero aspettando, e non sapeva dire se
quello fosse un bene o meno.
Poteva solo sperare che al loro arrivo non ci fosse tanta gente.
Percorsero le strade del centro, fino ad arrivare in una piccola zona
residenziale. C’erano tante villette, una di fianco
all’altra, dalle mura chiare e i giardini ben curati, molto
carine da vedere. Lyla era certa che l’ora non rendesse loro
affatto giustizia, ed era molto curiosa di vederle alla luce del sole.
Dopo altri minuti di viaggio, che parvero alla corvina più
lunghi del normale, si fermarono con la macchina davanti ad una
villetta.
Era leggermente più grande delle precedenti che avevano
adocchiato, illuminata sul davanti da alcuni faretti da esterno e il
tutto abbellito da vasi di fiori colorati, accuratamente posizionati
secondo qualche schema preciso.
Allo sguardo trasmetteva accoglienza, ma secondo la ragazza c’era
qualcosa... in più. E la targhetta in legno appesa, con su
scritto “MagikHat” in un elegante corsivo, glielo
confermò.
Scesi dalla macchina, la prima cosa che colpì Lyla fu il freddo.
Avrebbe dovuto immaginare che lì avrebbe fatto parecchio
più freddo rispetto a casa loro, ma aveva sottovalutato il
termometro.
Si strinse nel giaccone imbottito, che in quel momento le sembrava
imbottito di nulla, ma non si lamentò nemmeno un secondo. Li
vedeva gli occhi attenti di sua madre osservarla, studiarla in ogni
più piccola mossa, e pronta a prenderla in fallo.
Non si sarebbe mai lamentata, nemmeno se le fossero cadute le braccia per il gelo.
Già la poteva sentire la madre, nella sua testa.
“L’hai messa la maglia interna? Ti avevo detto di metterla!
E il giaccone? Ti avevo detto di metterne uno più pesante;
questo non protegge niente”.
No. Non le avrebbe dato quella soddisfazione.
Non prima di aver imitato gli Estranei di Game of Thrones, ed essere diventata la nuova Regina degli zombie polaretto.
Prese le sue cose, ed andò insieme al resto del gruppo dentro la villetta, che si rivelò essere un hotel.
Un piccolo hotel molto carino e confortevole anche all’interno.
Dietro ad un piccolo bancone di legno, vi era una signora molto in
là con l’età. Era molto piccola di statura e,
nonostante fosse seduta china su uno sgabello, Lyla non le avrebbe dato
più un metro e trenta d’altezza. Era impegnata nel
ricamare qualcosa, forse un centrino ad una fugace occhiata, ma
alzò lo stesso lo sguardo per controllare chi fossero i nuovi
arrivati.
Per poco non cadde dallo sgabello, quando vide in faccia Vieri e
Shannon. Balzò giù con un saltello e
un’agilità atipiche per una signora della sua età,
e corse ad abbracciare Shannon.
Gli occhi dell’avvocatessa si fecero sempre più lucidi, ma
non sfociarono mai nel pianto, come invece fecero quelli della vecchia
signora.
La donna, dai lunghi capelli nivei raccolti in uno chignon tiratissimo,
osservò la bruna con gli occhi chiari ancora umidi di lacrime.
- Tesoro mio, ma quanto ti sei sciupata in tutto ‘sto tempo. Non
dirmi che stai a fa’ qualche stupida dieta, ve’? Lo sai che
non ne hai bisogno, cara. Sei una bellissima volpe già
così. A furia di mangiare male ti si rovinerà tutto il
pelo; quante volte te lo dovrò ripetere? -
La donna parlò ad una velocità tale, che solo Shannon
riuscì a seguirla dall’inizio alla fine senza problemi.
- Mi sei mancata anche te, Nicole - ridacchiò la castana, sorridendo felice.
La donna ricambio il sorriso con il medesimo sentimento, e volse lo
sguardo chiaro verso di loro, in particolar modo su Lyla e Marie.
Si portò entrambe le mani davanti alla bocca, e parve trattenere il respiro per l’emozione.
Shannon, che osservava la scena al suo fianco, le appoggiò una
mano sulla schiena e mormorò un - Sì - in risposta alla
sua muta domanda.
- Ragazze - le chiamò con dolcezza la Femmina Alpha, invitandole
ad avvicinarsi - Lei è Nicole, vostra nonna paterna -
Mai Lyla si sarebbe aspettata di conoscere uno dei suoi nonni, materni
o paterni che fossero. Aveva sempre pensato che fossero tutti morti, e
non si era mai posta tanti quesiti.
Il numero dei parenti che pensava fossero morti, scomparsi o mai
esistiti addirittura iniziava a crescere sempre più velocemente.
Non sapeva come reagire alla cosa, però. Non sapeva come reagire, punto.
Si rigirò la chiave elettronica tra le dita, e fissò la
porta ancora chiusa di quella che sarebbe diventata, da quel momento in
avanti, la sua stanza.
Non aveva ancora avuto il coraggio di entrare.
Lei, sua madre e Marie avevano avuto tre stanze diverse al primo piano
della struttura. Quella di Marie e sua madre erano comunicanti tra
loro, per ovvie ragioni, mentre la sua era l’unica ad essere
leggermente “isolata” rispetto alle altre.
Lyla sapeva che non sarebbe potuta rimanere lì ferma all’infinito.
Anche perché da lì a poco sarebbe arrivato suo padre,
forse insieme a qualche altro parente a lei ignoto, e dovevano darsi
una sistemata prima.
Sua madre le aveva detto che avrebbero cenato tutti e insieme nel
ristorante del piccolo albergo, e le aveva consigliato di correre in
camera per sistemarsi se non voleva rischiare di fare tardi.
Lei ovviamente aveva preferito sprecare minuti preziosi, per osservare meglio le venature del legno che aveva davanti.
La corvina scosse la testa per riprendersi. Aveva sprecato tempo
già a sufficienza, e se voleva farsi almeno una sana e
ristoratrice doccia, doveva smetterla di cincischiare.
Passò la tessera elettronica nell’apposita fessura, e
tirò giù la maniglia all’illuminarsi della spia
verde. Entrò e, dopo aver premuto l’interruttore della
luce, si chiuse con calma la porta alle spalle.
La camera sembrava carina, ad una prima rapida occhiata. Non aveva
niente da ridire sul mobilio semplice e minimalista presente, come il
letto a due piazze bianco, l’armadio ad una anta e la scrivania
minuscola in legno chiaro.
Forse un unico minuscolo appunto avrebbe potuto farlo sulla carta da
parati floreale; quella non era proprio il massimo, oggettivamente.
La corvina girò appena la testa verso destra, per notare dietro
all’angolo dell’ingresso, una porta scorrevole chiusa, che
dava sul letto matrimoniale. Era di sicuro il bagno, quello, e non ebbe
nemmeno il bisogno di verificarlo. Non riteneva che ce ne fosse
bisogno.
Aveva appena iniziato a slacciare il giaccone, quando il rumore di una
forte vibrazione proveniente dalla sua borsa la incuriosì.
Era il suo telefonino, e quando lo prese in mano controllare per poco non le prese un colpo.
Ciel la stava chiamando.
Non stava avendo un’allucinazione dovuta alla stanchezza del
viaggio. Ciel la stava chiamando veramente, e “alla
buon’ora” le venne da pensare, con fare piccato.
Accettò subito la chiamata.
Per un milli secondo aveva valutato l’idea di lasciarlo suonare a
vuoto ancora un po’, ma non le era sembrato né un
comportamento maturo né un’azione intelligente, vista la
situazione che stavano vivendo.
- Ciao - fu lei la prima a parlare, con un tono di voce che le uscì più mogio di quello che avrebbe voluto.
- Perdonami, Lyla. Oggi non mi sono fatto sentire, ma è davvero successo di tutto e... -
- Ciel, tranquillo - lo fermò rapida, andando a sedersi
all’angolo del letto - Avrai avuto i tuoi impegni a lavoro,
immagino. Non devi inventarti scuse, non ce n’è bisogno;
va tutto bene -
Enorme, gigantesca, abnorme bugia.
Non andava affatto tutto bene. Lo sapeva lei, e lo sapeva bene anche il lupo dall’altra parte della cornetta.
- Non è vero, Lyla. Lo sento dalla tua voce -
La ragazza perse un battito per essere stata scoperta così velocemente.
Era così palese dalla sua voce che stesse così male? A lei non sembrava...
Lo sentì sospirare dall’altro capo, per la stanchezza.
- Sono dovuto andare a comprare un telefono nuovo, perché quello
che avevo fino a questa mattina ha fatto una brutta fine -
- Come “una brutta fine”? -
- Un mio collega, durante la pausa pranzo, c’ha rovesciato sopra
accidentalmente una tazza di caffè - le raccontò - Ero
appena riuscito a prendere in mano il telefonino per risponderti,
quando me lo sono visto morire tra le mani... insieme anche ai miei
poveri vestiti -
La corvina iniziò ad unire i punti. Era l’ora di pranzo
quando aveva visto che Ciel era entrato sull’app, senza
visualizzare.
Lei aveva pensato d’istinto che fosse successo qualcosa, e aveva avuto ragione.
Le dispiaceva per la disavventura del suo ragazzo, ma non riusciva a
non esserne felice. Questo voleva dire che non l’aveva ignorata
completamente senza motivo, o per qualche altra futile motivazione.
Per lei era qualcosa.
- Mi dispiace per il tuo telefono, Ciel - si sentì in dovere di dirglielo lo stesso - Per il resto tutto bene? -
Ciel sembrò sospirare ancora più pesantemente.
Forse doveva prenderla come una risposta negativa.
- In realtà no, ma facciamo finta di sì - cercò di
ridacchiare, ma quello che gli uscì fu solo una risata stanca -
Te, invece? Sei arrivata? -
- Sì. Siamo arrivati poco fa in albergo, e sono stanca morta.
Adesso dovrei anche prepararmi per andare a cena... con non so quali
parenti, di cui non sapevo nemmeno l’esistenza. L’albero
poi è di mia nonna, immagina un po’ -
Tolse un secondo il telefono dall’orecchio, per controllare che
ora fosse. Con molte probabilità, sarebbe finita per non fare
nessuna doccia prima di cena per mancanza di tempo.
Di sicuro i capelli non li poteva di certo lavare; si sarebbero
asciugati nel mese del forse dell’anno del mai. Però una
doccina veloce veloce forse sarebbe riuscita a farla.
- Cavolo. Ti aspetta una serata impegnativa, allora -
- Già - rispose lei, sdraiandosi sul materasso.
Accidenti. Era davvero più comodo di quello che avrebbe mai potuto immaginare, ma... era così grande.
Lyla si sentiva minuscola, sdraiata su quell’enorme letto a due piazze, e anche incredibilmente sola.
- Mi manchi - le uscì d’istinto.
Lyla non era solita fare uscite particolarmente smielate con Ciel, ma
quella semplice frase le era uscita con incredibile semplicità.
- Anche te, Lyla - rispose - Sto cercando di liberarmi il prima
possibile per raggiungerti, ma è complicato. Anche se sono
l’Alpha del mio branco, e ho chiesto di potermi assentare un paio
di settimane per cause importanti, mi hanno detto che devo aspettare
ancora un po’ prima di poter avere una risposta. Mi hanno anche
detto che forse, quando sarà, mi permetteranno di assentarmi
solo a tempi alterni... tipo una settimana sì e una no.
Però su questo non mi hanno dato nessuna certezza -
Lo sentì sospirare dall’altro lato della cornetta.
Quella situazione non piaceva a nessuno dei due, ma erano consci che la
loro non era una questione semplice. Ciel oltre ad essere a capo di un
branco molto grande, era prima di tutto un medico. Non poteva spostarsi
da una parte all’altra, come una pallina da Ping-pong impazzita;
aveva delle responsabilità, degli impegni... e per quanto
sentisse la sua mancanza, lei doveva essere seconda a tutto quello. Era
giusto così.
- Te non preoccuparti - cercò di rincuorarlo - Qua sono al
sicuro. Ci sono Vieri, mio padre ed anche Alberich a controllare la
situazione. È tutto... sotto controllo -
- Ma non ci sono io - le fece notare - È questo non mi rende tranquillo, Lyla -
La corvina si portò una mano alla guancia. Si sentiva bollente.
Era possibile arrossire così, all’improvviso?
Ciel ci teneva ad essere lì con lei. Aveva il terrore che
potesse succede qualcosa, qualsiasi cosa, da un momento
all’altro, mentre lui era a chilometri di distanza.
Aveva già perso fin troppe persone a lui carissime... Non voleva
aggiungere il nome della ragazza che amava a quella lista di sangue.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per impedirlo.
Davvero qualsiasi.
Angolo della mente malata:
Salve, volpini belli!
Come state?
Come avete già notate, la storia è in revisione e (per
chi ancora non lo sapesse) vi spiegherò un attimo come andranno
le cose da oggi in poi.
Sarò molto breve, tranquilli. Una settimana farò uscire
un capitolo nuovo (come oggi), e quella dopo uno revisionato, cosi da
poter “accontentare” un po’ tutti :3
Inoltre, vi consiglio di cuore di andare a leggere i capitoli
revisionati quando usciranno (per ora c’è solo il primo)
perché... cambierò qualcosina. Niente di grave, o troppo
estremo, non temete. Solo dei piccoli miglioramenti che dovrebbero
rendere più comprensibile la storia e le dinamiche di alcuni
personaggi (e per togliere anche delle brutte cagate sessiste che
scrissi anni fa coff coff)
Ho notato con immensa gioia che abbiamo superato le novanta mila letture :3 fatico ancora a crederci, davvero.
Mi scuso poi per il capitolino un po’ noioso >.< so che a
molti di voi questi capitoli così non garbino parecchio,
però (tenetevi forte) nel prossimo succederà roba
interessante!
Sapete cosa?
Vi dirò solo un nome!
...
Cedric
E con questo, sparisco nella mia nuvoletta di fumo.
Vi porgo i miei omaggi
-Harley
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