Quattro parole

di Amarida
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Sam si chiede come ci riesca.
È sporco, tumefatto, sfinito: la grazia ridotta a un sottilissimo filo d’argento pronto a spezzarsi e le labbra - Dio, quelle labbra! - brutalmente cucite per ridurre lui, proprio lui, al silenzio.
Eppure, quando solleva faticosamente lo sguardo su di loro, nella camera del bunker adibita ad infermeria, i suoi occhi, cerchiati di scuro e segnati di rosso, hanno ancora la forza imperiosa e insieme irridente dell’arcangelo che ha osato dare del coglione a Lucifero e si è fatto ammazzare per salvarli.

Con quegli occhi dorati li fissa uno per uno con un’attenzione decisamente inquietante, come se stesse leggendo dentro ognuno di loro cosa hanno fatto e cosa hanno pensato e provato dall’ultima volta che si sono incontrati. Forse, pensa Sam con un brivido, lo sta davvero facendo: ne sarebbe capace anche così, anche ora.
E che lo faccia, allora! Sam, Dean e pure Castiel hanno molto da nascondere: hanno fatto cose e commesso errori di cui non sapranno mai perdonarsi; ma Sam, stranamente, non ha paura del giudizio dell’arcangelo: sa che lui ne ha fatte anche di peggio, sa che lui è uno dei pochi in cielo in terra e in ogni altra dannata dimensione parallela, che può davvero capire il peso di una singola decisione quando sai che da quella potrebbe dipendere la salvezza o la rovina del mondo. Com’era quella storia? “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”…

“Spiderman, Sam, davvero?”
La sente chiara nella sua testa la voce dell’arcangelo, beffarda come la ricordava, e cerca di nuovo il suo sguardo. Gabriel lo ricambia e per un istante persino sorride con quelle labbra orribilmente sconciate dalle torture di Asmodeus, poi sposta la sua attenzione su Castiel, inclinando leggermente la testa e levando un sopracciglio interrogativo, in una perfetta imitazione della migliore espressione perplessa del fratello.
Dean se ne accorge: “Piccolo bastardo piumato! Non sei cambiato nonostante tutto…” Pensa con un sorriso.
Castiel, ovviamente, non coglie l’allusione, ma sente distintamente la richiesta di aiuto e si affretta a rispondere: “Sì, certo, scusami, io non…” e si avvicina, sfiorando con due dita la bocca del fratello.
Luce azzurra, un inquietante schiocco metallico e un lungo sospiro: i cacciatori distolgono lo sguardo.

Dio ha cucinato pancakes nella loro cucina, ma ciò non vuol dire che non provino ancora una sorta di pudore nel mettere il naso nelle faccende degli angeli.
Quando tornano a osservarli, Cas e Gabriel si stanno fissando con un’intensità decisamente sovrumana: blu e oro luccicano nelle loro iridi.
“Mi dispiace, fratello, non posso fare di più” Castiel spiega ad alta voce ciò che, evidentemente, stava già dicendo all’altro con la mente, a puro beneficio dei due umani. Dean gliene è grato.
“La tua grazia è diversa dalla mia e molto più vasta e dovrai aspettare che si rigeneri da sola”.

L’altro annuisce e prova a raddrizzarsi facendo stridere la sedia di metallo sui cui è seduto.
Si guarda le mani sporche e la tunica insanguinata con palese disgusto e prova a schioccare le dita: ciò che ottiene è una mesta scintilla e una chiazza di tessuto immacolato sul petto non più larga di dieci centimetri per dieci. Storce il naso.
“Credo che, per ora, ti toccherà procedere alla maniera umana, amico: possiamo prestarti dei vestiti puliti e Cas può mostrarti la doccia in fondo al corridoio, e darti una mano se occorre” dice Dean, pratico.
Lo sguardo atterrito che gli rivolge Castiel è assolutamente impagabile. Il ghigno malizioso di Gabriel lo è altrettanto.
I due cacciatori ridono. Ed è un suono liberatorio. La grazia di Gabriel vibra alla stessa frequenza e comincia, in quell’istante, a guarire. Cas lo percepisce e lo aiuta ad alzarsi in piedi.

Ora i due uomini e i due angeli si fronteggiano a pochi passi di distanza.
Gabriel non ha ancora detto una sola parola da quando Castiel gli ha tolto i punti.
Si schiarisce la gola, sorride soddisfatto, poi fissa lo sguardo sul più giovane e schiude piano le labbra:
“Oppure potresti accompagnarmi tu…”

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Vi ho già detto quanto ami Gabriel e Chuck? Ah, sì? Beh, pazienza: ve lo dico di nuovo.
;-)




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