PARTE I
Ianto Jones
si svegliò di soprassalto, soffocando un grido.
L'oscurità lo accolse, lasciandolo per un istante smarrito e
boccheggiante, impietrito dal terrore, che gli impediva ogni gesto, ogni suono. C'era qualcosa, nel buio, qualcosa che non avrebbe
dovuto essere, frammenti di un sogno strano e terribile
rimasti impigliati tra le sue ciglia, come ragnatele.
Poi l'interruttore della lampada posta sul comodino scattò,
e una calda luce ambrata si diffuse, dissolvendo, almeno in parte, le ombre.
"Va tutto bene, Ianto?"
La voce premurosa di Jack fece al silenzio ciò che la luce
aveva fatto al buio, e la sua mano sulla pelle, il suo braccio intorno alle
spalle, sciolse la tensione, scacciò la paralizzante sensazione di impotenza.
"Un incubo... un incubo
terribile..." mormorò Ianto,
socchiudendo gli occhi, infinitamente confortato da quell'abbraccio,
dal profumo di lui che lo avvolgeva, penetrante, persistente, dannatamente
eccitante...
"Me ne vuoi parlare, Ianto?"
sussurrò Jack tra i suoi capelli, facendolo aderire
maggiormente a sè.
Ianto fece un cenno di diniego col
capo, con la convinzione di un bambino che crede di
poter rendere inoffensivi i mostri notturni semplicemente negandone
l'esistenza.
"No... magari domani... adesso non voglio più
pensarci..." mormorò, appoggiandosi a Jack,
lasciandosi cullare dalle sue braccia, con un sospiro.
Jack non rispose. Ianto chiuse gli occhi.
Ma subito li riaprì.
Perchè c'era qualcosa che non andava, una sensazione
sgradevole, un'inquietudine che di nuovo lo attanagliava, rubandogli il
respiro.
Forse aveva a che fare con l'incubo, forse con la stanza
ancora troppo buia, come se la luce della lampada faticasse a rimanere accesa,
affievolendosi sempre di più.
Forse aveva a che fare con lo strano odore che andava sovrapponendosi
al profumo di Jack, un odore dolciastro, vagamente
nauseante, che faceva pensare a fiori schiacciati, marciscenti,
al decadimento, alla putrefazione...
"Che cos'è quest'odore?"
chiese a Jack, cercando di alzare il volto per guardarlo.
Ma il braccio di Jack lo stringeva troppo forte,
impedendogli ogni movimento, e le dita della mano posata sulla sua spalla
premevano con forza inusuale, penetrando nella carne,
facendogli male. Ianto cercò di nuovo di muoversi,
sempre più soffocato dall'odore, vagamente consapevole che il tocco di quelle
dita, solitamente caldo e vellutato, gli trasmetteva una sensazione ostile,
viscida, disgustosa.
"Jack?..." mormorò, cercando il volto dell'altro, appena distinguibile
nell'oscurità sempre più fitta, la luce della lampada inghiottita, soffocata.
E infine lo vide, vide gli occhi stranamente luminosi che lo
fissavano, obliqui, allungati, e vide il ghigno terrificante, che deformava i
lineamenti, che li snaturava. E i
denti, Dio del cielo, quei denti lunghi e affilati come lame, che sfuggivano
dalle labbra, incapaci di contenerli, che si aprivano e si chiudevano con un
suono quasi metallico, terribile...
La realtà s'infranse come una vetrata colpita da un sasso,
esplodendo contro di lui in una tempesta di schegge taglienti.
Gridò, mentre spingeva via la creatura, solo per scopire di non poterla muovere, solo per accorgersi che
quella mano viscida era già suo collo, le dita premute sulla trachea che
tagliavano la carne con artigli che prima non c'erano.
E mentre il mondo si confondeva
nell'oscurità bluastra dell'asfissia, Ianto gridò
ancora, un grido disperato, che gli graffiò la gola come cristallo infranto.
"Ianto, va tutto bene?"
Le sue mani artigliarono l'aria, mentre boccheggiava per
respirare, e quando incontrarono il corpo accanto al suo scattarono a colpire,
disperatamente.
"Ianto, calmati, sono io, Jack!"
Ben lungi dal tranquillizzarlo, quella dichiarazione lo
gettò nel panico. Iniziò a scalciare, a colpire alla cieca, gemendo, gridando
frasi incoerenti.
"Hai fatto un brutto sogno, Ianto,
solo un sogno!"
Jack era più forte di lui. Lo era
da sempre. Lottare era inutile, ma Ianto
aveva tanta di quella disperazione in corpo, tanta di quella paura, che ci
volle uno sforzo non indifferente perchè l'altro riuscisse a immobilizzarlo.
"Buono, Ianto, buono..."
lo cullò, serrandolo tra le braccia, avvertendo che il
suo corpo cedeva, sciogliendosi in bassi singhiozzi disperati.
Lo tenne stretto, incurante delle ferite che gli aveva inferto, del sangue che gli colava da un taglio sullo
zigomo, macchiando le lenzuola bianche. Lo tenne stretto come se non volesse
lasciarlo mai più e, lentamente, lo sentì rilassarsi, cedere, sciogliersi tra
le sue braccia, in una disperata resa.
"E'stato un sogno...solo un
sogno..."
Gli baciò i capelli, gli baciò la
fronte, gli sfiorò le labbra e posando la fronte sulla sua rimase a guardarlo
nel silenzio che seguì, respirando il suo caldo respiro. Sentiva battere con
forza il cuore di Ianto, batteva contro il suo petto
e, Dio, quanto gli piaceva quel suono!...
Ogni timore era fugato, restava solo quel momento prezioso a
cui si aggrappavano entrambi: lo stesso respiro, la stessa
pelle, lo stesso cuore. L´illusione, per quel momento
rubato, di non essere più soli.
Fu Jack il primo ad allontanarsi.
Scostò il capo per vedere meglio il compagno che ancora teneva gli occhi
chiusi. Negli gli occhi chiusi e nell´espressione
tirata si leggevano ancora aggrappati a lui i segni dell´incubo. Nel sentirlo muoversi però Ianto
aprì gli occhi lentamente, quasi con timore.
Non vi furono domande. Solo uno sguardo
interrogativo e un cenno del capo, incoraggiante, mentre con la mano
destra Jack gli stringeva la nuca per rassicurarlo.
Ianto era un groviglio di emozioni, un nodo irrisolto e dolente che non sapeva
trovare il proprio bandolo. Essere colpito in quel modo, mentre era così
esposto, lo aveva lasciato completamente alla deriva, e la consapevolezza, via via più solida, che si fosse trattato solo di un sogno, non
bastava a liberarlo da quel senso di disperazione e perdita.
Sollevò lo sguardo su Jack, riempiendosi gli occhi di lui, nel tentativo di colmare quel vuoto. Vide le
proprie dita salire, quasi timorose, a seguire il contorni
di quel bel viso, disegnando la linea volitiva della mascella, cui faceva da contraltare la morbida curva delle labbra piene. Sospirò,
esausto, appoggiandosi a lui.
"Preferirei morire piuttosto che perderti" udì la
propria voce giungere da un luogo molto remoto.
Risollevò lo sguardo, cercando quello di Jack,
come colto da un'improvvisa consapevolezza. Quando parlò ancora la sau voce risuonò ferma, quasi
dura.
"Preferirei ucciderti, piuttosto che vederti
cambiare" affermò, afferrandogli il mento tra le dita e costringendolo a
guardarlo.
Jack aggrottò la fronte, cercò di
sorridere, ma l'espressione di Ianto era tale da
rendere dfficile perfino per lui sdrammatizare.
"Bene, Ianto, ti autorizzo a
farlo" sussurrò, con gravità. E protendendosi a
baciargli la fronte aggiunse:
"Anzi, conto che tu lo faccia
davvero, se mai capitasse".
"Cristo, Jones, fai più
schifo del solito!!!"
Owen gratificò Ianto
di un'occhiata disgustata, mentre sedeva al proprio posto.
Lui non gli rispose, se non con un piccolo gesto di insofferenza.
"Hai l'aria stanca" osservò Gwen,
con un tono decisamente più dolce.
"Vedi che ti fa male lavorare fino a tardi?" lo
canzonò Owen, impietoso, "Ah, questo dannato
attaccamento al dovere!..ahia!!"
Lo scappellotto di Jack lo colpì in
pieno sulla nuca, producendo uno schiocco sonoro e costringendolo ad incassare
la testa nel collo.
"Buongiorno a tutti, tranne a
te, Owen" li salutò il Capitano.
"Stavo solo scherzando! l´avesse detto Gwen non si
sarebbe presa uno scappellotto!!" protestò il dottore.
"No, hai ragione. Lei l´avrebbe
sculacciata." scherzò Julian comparendo dalla cucina con un vassoio di the
fumante sorretto sopra la testa come un equilibrista. Aveva preso il ruolo di
tuttofare quasi seriamente, in attesa di riuscire ad
essere effettivamente d´aiuto. Si fece accosto a Ianto e s´inchinò
portando il vassoio alla sua portata.
"Vedrai che questo ti fa resuscitare, è una miscela
indiana arricchita da un tocco personale."
Gwen guardò male Owen ed era chiaro che si chedeva
se il tocco personale non glielo avesse fornito lui.
Quei due erano diventati ottimi compagni di bevute, sembravano
degli adolescenti a caccia della bravata peggiore. Se era comprensibile in Julian per cui tutto era nuovo..
beh. Gwen incrociò le braccia al petto e sollevò il
naso verso il soffitto.
Ianto si sforzò di sorridere ai
tentativi dei suoi colleghi di rasserenarlo.
In realtà, in quel momento, mentre l'attività frenetica
della base li teneva tutti impegnati, e le luci al neon rischiaravano a giorno
ogni più remoto anfratto, i fantasmi e i mostri della notte sembravano più
distanti e flebili che mai. Lo sguardo di Jack lo avvolgeva premuroso, e quando
gli sorrise si senti completamente rassicurato.
"In realtà credo di aver solo bisogno di dormire"
disse a Julian, prendendo la tazza di thè e inalandone la fragranza.
"Accidenti, questo potrebbe davvero far resuscitare i
morti" sorrise.
Toshiko entrò in quel mentre con
una cartelletta rossa stretta al petto. Quel giorno si era messa i tacchi e un bell´abito verde che faceva pensare alla primavera, ma il
vero tocco di classe era il sottile filo di perle al collo.
Gwen provò tenerezza nei suoi confronti quando la vide rallentare e cercare di camminare
sulle punte per risultare più discreta. Buttò l´occhio
per vedere se gli altri se ne erano accorti: il senso
di cameratismo che si respirava alla base era splendido, ma poteva avere come
aspetto negativo una non comune inclemenza.
Ma Toshiko
li raggiunse accolta da sorrisi. Quando arrivava la mattina, non importava cosa
fosse accaduto la notte precedente, mostri o ricerche estenuanti, lei aveva
sempre un aspetto solare ed ottimista che portava un po´ di buon umore. In un lavoro in cui spesso dovevi
fare i conti con la morte e rischiavi di sentirti inutile
quella era una gran cosa.
"Buongiorno a tutti" esordì posando il plico sul
tavolo. Julian le posò accanto una
tazza fumante meritandosi uno strano sguardo da Ianto.
Forse era proprio quello che voleva perché lo vide e sorrise storto.
"Scommetto che hai lavorato tutta la notte." la stuzzicò Owen.
"Oh no, non ho lavorato... " sorrise lei cordiale
"ero a letto e leggevo il giornale..."
Owen si passò una
mano sugli occhi sconsolato.
"E non fare quella faccia! Non
ci credo che tu non sessa mai a leggo... legga mai a
sesso... a letto." tossicchiò e si voltò
fiduciosa verso Jack.
"Insomma, leggevo il giornale - beh, la sua versione
digitale, ero sul database della polizia - ..."
Owen sorrise soddisfatto e gli si
leggeva in volto un "l´avevo detto".
".. e c´era
una denuncia della protezione animali. Beh, io mi commuovo subito se si
maltrattano gli animali e ho letto di questo." buttò una copia del giornale di Cardiff
fresca fresca di stampa sul tavolo, impugnò la tazza
come un'arma e diede un bel sorso.
Fu Jack a raccogliere il giornale e
ad aprirlo, mentre gli altri si apprestavano all'ascolto.
Gli ci volle poco per trovare la pagina che aveva colpito
l'interesse di Tosh. Mentre scorrevano le righe i
suoi occhi blu s'incupirono, mentre una piccola ruga
gli segnava la fronte.
"Colonia di gatti rischia lo sterminio. Una colonia di
gatti che viveva presso il Cathays Cemetery di Cardiff
ha rischiato di venire spazzata via dalla crudeltà di una coppia di anziane
sorelle residenti nella zona. Le due insospettabili vecchiette hanno infatti cosparso di liquido combustibile il piccolo
magazzino che da anni veniva utilizzato dai felini come riparo e hanno
appiccato il fuoco. Solo il pronto intervento del personale cimiteriale ha
evitato che gli animali, intrappolati tra le fiamme, incontrassero una fine
terribile. Le due donne sono state arrestate."
"La gente è sempre più fuori di testa"
bofonchiò Owen. "Ai miei tempi le vecchiette
andavano a portare da mangiare ai gatti randagi, non davano loro fuoco..."
"Ma anche queste lo facevano" intervenne Toshiko, e vedendo l'espressione perplessa di Owen continuò.
"Queste due signore andavano ogni giorno a portare da
mangiare ai gatti, e si prendeavno
cura di loro da anni... Gli addetti del cimitero sono rimasti molto sorpresi da
questo gesto"
"Non ci posso credere, tutti quei poveri mici." Commentò Gwen con lo
sguardo già perso nel suo rogo immaginario.
Jack le passò il giornale per
leggere i dettagli, poi si appoggiò allo schienale della sedia e li guardò con
un mezzo ghigno:
"A noi non piacciono le vecchine
che bruciano i gatti vero?"
Gwen si mosse a disagio
mentre leggeva. "Dici che c'è qualcosa
sotto?"
"Questo me lo dovrete dire voi, vi voglio sul posto
entro venti minuti." ed
intrecciò con diletto le mani di fronte a sè.
"Venti minuti? E perché mai?
Il fuoco è già sedato, dobbiamo solo indagare" protestò Owen, ma non trovò alcun appoggio, solo un ìsopracciglio di Jack che s´incurvava
con un'angolazione pericolosa.
"Toshiko resta qui, Vengono Ianto e Julian."
fu la sua sola risposta.
Gwen tossì per sdrammatizzare,
tirò indietro la sedia e si alzò in fretta distribuendo ordini e raccogliendo
gli strumenti. I due nominati rimasero interdetti ognuno per un proprio motivo,
ma entrambi con piacere. Per Ianto ogni possibilità
di dimostrare il proprio valore oltre il ruolo del maggiordomo era la ben
venuta, non fosse per il brivido del pericolo che lo
inebriava come - ci meditò - come i ferormoni del
cinquantunesimo secolo, concluse soddisfatto. Cercò con la coda dell´occhio Julian che con un
gran sorriso sul volto attendeva già nei pressi dell´uscita.
Era così diverso dalla persona che avevano incontrato
la prima volta, assetato come un bambino di conoscenza, ma con la forza e la
determinazione di un adulto. Chissà se si rendeva conto che
era la prima occasione in cui Jack lo lasciava andare in missione senza di lui.
Era ufficialmente parte del Torchwood, già era
trascorso più di un mese dal suo arrivo, e certo era stato un acquisto che
aveva arricchito il gruppo. Ma solo un ingenuo non
avrebbe notato come Jack lo controllasse sempre a distanza o avrebbe
dimenticato che c´erano molte cose non dette nel suo
passato. o comunque molte cose non dette a loro...
Quando Ianto prese l´uscita Julian
gli si accostò, passo svelto e sorriso confidente. Raggiunsero il SUV e partirono a caccia di vecchiette piromani. L´autoradio si accese con il motore e nella cabina si
diffuse a tutto volume la voce profonda e vellutata di Jim
Morrison:
I found
an island in your arms
Country in your eyes
Arms that chain us
Eyes that lie
Break on through to the
other side
Break on through to the
other side
Gwen si sporse all´orecchio
di Julian per farsi sentire "Guarda che non
dovresti fermarti a quarant´anni fa...."
Julian, per contro, sorrise
soltanto.
Break on through to the
other side
Break on through to the
other side
Fecero in tempo a giungere sul posto, prima che Tosh li contatasse.
Il viaggio in macchina era trascorso piacevolmente,
allietato dalla musica e dai soliti battibecchi. Gwen
si era goduta come sempre il ruolo di unica donna
della squadra, miscelando con una sapienza tutta femminile i suoi doveri di
eroina con i suoi diritti di rappresentante del sesso debole. Non che questi ultimi avessero molto spazio...
"Credevo che nell'Ottocento ci fossero dei
gentiluomini" aveva rimproverato scherzosamente Julian,
qualche giorno prima, "Come quelli dei romanzi di
Jane Austen, o delle sorelle
Bronte...e invece a noi sei capitato tu!! Non c'è
giustizia!"
La verità era che a Julian risultava assolutamente naturale trattarla con lo stesso
cameratismo che le riservavano gli altri, così come gli risultava naturale
essere più cortese, perfino galante, con Toshiko.
"Il problema non sono gli uomini dell'Ottocento, o
quelli del Tremila" aveva osservato Owen,
sardonico come sempre, "Il problema sei solo tu, Gwen
Cooper"
Ne era seguito l'ennesimo scambio
di battute al fulmicotone tra i due focosi colleghi, che era seguitato anche
quando gli altri avevano perso ogni interesse per loro.
Anche quel giorno non erano mancate
battute e scherzi, anzi, l'assenza di Jack li rendeva tutti ancora più audaci e
spensierati, come studenti in libera uscita.
Perfino Ianto, a dispetto della
notte trascorsa, si divertiva a fomentare i bisticci e a schierarsi ora con Owen, ora con Gwen, dando man
forte a Julian.
Avevano superato l'arcata d'accesso al Cathays
Cemetary e avevano percorso poche decine di metri
attraverso i prati ben curati, disseminati di lapidi e statue di angeli, quando la voce di Toshiko
li raggiunse.
"Ragazzi, c'è stato uno sviluppo nella vicenda delle
due anziane signore..."
"Che c'è?" la interruppe Owen, "Hanno gettato i pesci rossi nel water e hanno
tirato lo sciacquone?"
"No..." la voce di Toshiko esitò, per un attimo, "Sono morte. Si sono
uccise lanciandosi contro uno specchio insieme..."