Gli ostacoli
del cuore.
La
cucina del castello era affollata di elfi, creature dalle lunghe
orecchie a punta e caratteristici capelli blu.
Arla,
un' elfa di mezz'età lanciava sguardi truci da sopra le
pentole impartendo ordini secchi alla decina di elfi che saettavano
da un bancone all'altro.
D'un
tratto il suo sguardo si fermò sulla più giovane, una
graziosa elfa arrivata
al
castello solo da qualche giorno.
“Ehi
tu, vedi di muoverti a portare la zuppa al padrone!” la
rimbeccò mettendole la zuppiera tra le mani e spingendola con
malagrazia verso la sala pranzo.
La
giovinetta timorosa prese un grosso respiro e spinse con il fianco la
porta cercando di non mollare la presa sulla pesante zuppiera
fumante.
“Ok
Xia, un passo alla volta, non cadere, non cadere non cadere...”
mormorava tra sé, concentrandosi al massimo nel tentativo di
mettere un piede davanti all'altro senza inciampare.
Era
quasi arrivata al lungo tavolo quando pestò l'orlo della gonna
e cadde rovinosamente a terra.
Il
rumore di cocci rotti fece sussultare l'uomo seduto a tavola
distogliendolo dai propri pensieri.
“Maledizione!”
borbottò irritato alzandosi di scatto dalla sedia.
“Accidenti!”
si rimproverò nella testa Xia cercando di alzarsi.
Si
mise in gattoni cercando di tenere la testa bassa come le aveva
insegnato Arla, i servi non possono mai guardare in faccia il proprio
padrone.
Guardò
con una smorfia i propri abiti, ora zuppi, scacciò quello che
poteva essere un pomodoro dalla gonna con una manata.
Dalla
cucina arrivò come una saetta Arla profondendosi in sentite
scuse prima di inginocchiarsi ai piedi del padrone con fare umile.
“Mi
scusi padrone, non permetterò mai più a questa
pasticciona di servirvi i pasti, la rinchiuderò in cucina a
lavare piatti fino alla fine dei suoi giorni!”
A
quelle parole Xia chinò ancor più il capo sentendosi un
disastro.
“Alzati
immediatamente! Odio i leccapiedi.” ringhiò il padrone
scansando la donna e avvicinandosi di qualche passo a Xia. “In
quanto a te vedi di ripulire il casino che hai combinato!”
ordinò minaccioso.
“S-si
subito padrone.” balbettò la giovane alzandosi per
armarsi di scopa e paletta.
Arla
si mise in piedi a sua volta e con aria remissiva si offrì di
pulire lei stessa impedendo così a Xia di combinare altri
guai.
“Non
ti immischiare elfa. Ho detto che sarà lei a pulire. Tornatene
pure in cucina, mi hai già dato troppa noia per oggi.”
borbottò infastidito l'uomo.
Xia
tornò di corsa dalla cucina con l'occorrente e si mise subito
all'opera mentre Arla le passava vicino rossa in viso di collera
fulminandola con una sola occhiata.
Si
prospettava una severa lavata di capo una volta che avesse terminato
di pulire.
Si
mise di buona lena per cercare di farsi perdonare, spazzò
accuratamente ogni singolo coccio di ceramica e successivamente lavò
il pavimento sotto lo sguardo severo del padrone che, nel frattempo,
era stato servito da un altro elfo e senza altri intoppi.
“Pensi
di metterci ancora molto? Vorrei poter pranzare in santa pace!”
la rimbeccò notando il lungo tempo che stava impiegando la
ragazza per pulire.
“S-si
ho finito...m-mi scusi.” balbettò Xia affrettandosi ad
afferrare tutto e scappare letteralmente in cucina.
Ma
prima che potesse anche solo appoggiare la mano alla maniglia della
porta la voce dell'uomo la richiamò indietro.
“Elfa!
Qual'è il tuo nome?”
Xia
si girò lentamente, lo sguardo sulle proprio scarpe. “Xia
padrone.”
Lei
non poté vederlo ma l'uomo la squadrò con interesse
lasciandosi scappare un sorrisetto. “Xia, lo terrò
presente...”
il
suono della voce del padrone che pronunciava il suo nome le diede una
strana e piacevole sensazione ma non seppe dirne il motivo.
Arla
era davvero furiosa e sconcertata, sbatteva ciotole sui ripiani come
se volesse spaccarle una ad una.
“Com'è
possibile che abbia scelto proprio lei?!” borbottò
livida in viso senza aspettarsi una vera e propria risposta dall'elfa
che la stava aiutando.
“Xia
è una pasticciona, non ho mai visto una serva peggiore di lei.
È qui solo da una settimana ed ha già rotto una
zuppiera, scheggiato due piatti del servizio più prezioso che
il padrone possiede, allagato quasi la cucina dimenticando il
rubinetto aperto...no, non posso permettere che sia lei a servire i
pasti d'ora in poi, sarebbe la fine per tutti noi!” brontolò
sfregandosi la fronte con le mani.
“Arla,
non puoi farci nulla, il padrone ha fatto espressamente il suo nome,
non vuole altri se non lei a servirgli i pasti.” le ricordò
paziente l'elfa servendo la macedonia nelle scodelle.
“Ma
perché mia proprio Xia?!” chiese sconsolata la cuoca
accasciandosi sul ripiano del bancone.
La
serva non rispose stringendosi semplicemente nelle spalle.
Sarebbe
stato un completo disastro, ne era certa!
Xia
non sapeva molto del padrone se non quello che le avevano raccontato
i servi.
Nessuno
conosceva il suo nome, ma si diceva che fosse un potente stregone,
poco socievole e alquanto severo con la servitù.
Prima
che Xia giungesse al castello vi era stata una serva, punita con
dieci frustate solo per aver rotto un vaso decorativo mentre
spolverava, un altro servo invece era stato venduto, non prima di
essere malmenato, per aver offeso il padrone guardandolo direttamente
in faccia.
Con
questi presupposti Xia non poteva certo sentirsi lusingata dal fatto
che il padrone volesse lei sola a servirgli i pasti.
Prima
o poi avrebbe commesso un errore e sarebbe stata punita, magari
addirittura con la morte.
Nonostante
la paura l'elfa non poteva fare a meno di domandarsi quale fosse
l'aspetto dell'uomo.
Di
lui poteva vedere solo le scarpe, le lunghe gambe affusolate, la vita
stretta, e le mani grandi e curate, ma moriva dalla curiosità
di dare un'occhiata al suo viso.
Chissà
di che colore erano i suoi occhi, se aveva le labbra carnose o
sottili, se aveva la barba oppure no?
Ogni
volta che le rivolgeva la parola si sentiva imbarazzata ed
emozionata, negli ultimi tempi poi avvertiva una nota più
morbida nella sua voce quando la chiamava o le parlava.
“Ma
che vai a pensare? Sei proprio una sciocca Xia!” si disse
scuotendo la testa e riprendendo a sparecchiare.
In
corridoio una figura scura scrutava la ragazza con interesse
sogghignando fra sé e sé.
“Padrone,
le serve qualcosa?” la voce di Arla fece sobbalzare l'uomo che,
preso alla sprovvista, finse di scrutare con interesse il dipinto
appeso alla parete.
“Mmmh...no,
stavo solo pensando che questo quadro è orribile. Rimuovetelo
dalla parete immediatamente!” borbottò stizzito prima di
allontanarsi con le mani nelle tasche dei calzoni e le sopracciglia
aggrottate.
Arla
si sporse e vide Xia che canticchiava sorridendo mentre sparecchiava,
non poté fare a meno di ammirarne la giovane bellezza e
ripensare al padrone che sembrava proprio intento ad osservarla con
interesse...troppo interesse per i suoi gusti.
Era
già un mese che Xia lavorava al castello e cominciava ad
ambientarsi, svolgeva i mestieri con più attenzione, e
facilità ed Arla la sgridava decisamente meno rispetto ai
primi tempi.
Poteva
ritenersi soddisfatta.
Prese
il vassoio con l'arrosto e si diresse a passo svelto verso la sala da
pranzo, giunta accanto al tavolo posò il vassoio e, con le
pinze afferrò un paio di fette servendole allo stregone che
attendeva impaziente.
Una
volta svolto il proprio compito si ritirò accanto alla parete
in attesa di nuovi ordini che non tardarono molto ad arrivare.
“Vieni
a servirmi altro arrosto!”
Xia
si mosse velocemente inforcando nuovamente le pinze ma, proprio nel
momento in cui stava per posare le fette nel piatto, l'attrezzo le
scappò di mano e l'arrosto cadde rovinosamente a terra non
prima di aver sporcato i calzoni dello stregone.
“Acc...ma
sei proprio un disastro!”urlò irritato.
“M-mi
dispiace molto i-io...” balbettò l'elfa afferrando il
tovagliolo e gettandosi in ginocchio per sfregare la macchia.
Lo
stregone sussultò sorpreso e stizzito “Ma che diavolo
fai?!” borbottò schiaffeggiandole via la mano.
Xia
rimase impietrita, ma che cosa le era saltato in mente? Aveva osato
toccare il padrone! Sicuramente l'avrebbe uccisa per un tale
affronto.
Mentre
il cuore le batteva all'impazzata e i muscoli le si trasformavano in
pietra udì l'uomo mormorare qualcosa di incomprensibile e, un
attimo dopo la macchia scomparve sotto i suoi occhi.
Qualcosa
le sfiorò il fianco facendola sobbalzare.
“Pare
che sarà qualcun altro a pulire il tuo pasticcio.” disse
lo stregone lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso alla vista del
nuovo arrivato.
Davanti
agli occhi di Xia comparve un sinuoso gatto grigio con due
meravigliosi occhi turchesi.
Nel
giro di un paio di secondi spazzolò l'arrosto caduto a terra,
quindi si sedette a contemplarla curioso.
Dopo
quello che a Xia parve un tempo lunghissimo, il gatto si alzò
e le si strusciò contro il braccio prima di lasciare la
stanza.
“Sei
molto fortunata, Tibbie difficilmente mostra simpatia per
qualcuno...devi essere davvero speciale.” la voce dell'uomo
aveva assunto una nota calda che la fece rabbrividire.
Fu
in quel momento che lo stregone si sporse verso di lei, le mise due
dita sotto il mento e la obbligò a sollevare il viso verso il
suo.
Xia
confusa si affrettò a distogliere lo sguardo concentrandosi
sul pizzo della tovaglia.
Sentì
lo sguardo del padrone percorrerle i lineamenti del viso e ciò
la fece arrossire violentemente.
“Guardami
Xia.” le ordinò lui con dolcezza.
In
preda al tremore dell'emozione mista alla paura Xia sollevò lo
sguardo e si ritrovò a perdersi nello sguardo grigio/verde di
lui.
Il
cuore prese a batterle furiosamente mentre lo stregone spostava il
pollice percorrendole il labbro carnoso “Sei davvero bella Xia.
Non ho mai visto un elfa tanto sensuale.” poi, quasi sorpreso
dalle sue stesse parole si scostò un poco.
Xia
confusa non poté far altro che restare immobile mentre lui si
riavvicinava e annullava la distanza tra loro.
Chiuse
gli occhi e lasciò che la baciasse.
Rigon,
così si chiamava lo stregone, provò a soffocare il
proprio desiderio nei confronti di Xia ma più cercava di
allontanarsi, più veniva attratto dalla sua bellezza pura,
incontaminata, ingenua e dolce.
Mai
nessun'altra gli era entrata nel cuore e nella mente come aveva fatto
Xia così, arrendendosi decise di farla sua contro ogni logica.
Presero
a vedersi di nascosto dalla servitù, amandosi nei brevi
momenti che riuscivano a rubare tra una faccenda e l'altra, dormendo
assieme la notte, unico momento in cui potevano davvero godere della
reciproca compagnia senza preoccuparsi di essere visti.
Purtroppo
la società non avrebbe mai approvato l'unione tra uno stregone
e una serva e ciò non poteva cambiare, gli elfi da sempre
erano considerati feccia, umili servi la quale vita non valeva più
di quella di uno scarafaggio.
Un
giorno però un servo li vide e spifferò tutto, una
volta uscito dal castello per fare rifornimento di cibo, in cambio di
qualche moneta.
Rigon
fu messo dinanzi ad una scelta: uccidere Xia oppure venire esiliato
per sempre come peccatore.
Xia
si svegliò di soprassalto, il corpo madido di sudore.
Si
strinse nelle braccia cercando di fermare il tremore che i residui
dell'incubo le avevano causato.
Sebbene
Rigon non avesse fatto parola sulla terribile decisione che si
apprestava a prendere, Xia era venuta a conoscenza della cosa.
Si
voltò e si perse ad osservare l'uomo che amava contro ogni
regola.
Risalì
con lo sguardo gli addominali scolpiti, il torace ampio dove passava
le notti cullata dal battito forte del suo cuore, le braccia
muscolose con cui la stringeva a sé, le spalle larghe, il
collo che amava mordere nei momenti giocosi, la mascella ricoperta da
un velo leggero di barba scura, le labbra carnose con le quali la
baciava con tanta passione da farla ardere.
Si
sentì il cuore stringere al pensiero di doverlo lasciare per
sempre.
Non
avrebbe mai permesso che fosse esiliato perché non era capace
di ucciderla, la amava come lei amava lui e questo lo rendeva
vulnerabile.
No,
si disse, non poteva rimanere.
Si
alzò facendo attenzione a non svegliarlo, ma prima di uscire
dalla stanza lo guardò un'ultima volta come a volersi
imprimere il suo volto nella mente in modo da non poterlo mai
dimenticare, poi abbandonò il castello.
Tre
anni dopo...
L'uomo
si guardò attorno assorbendo il caos intorno a lui.
La
città non gli era mai piaciuta ed i luoghi affollati lo
avevano sempre reso nervoso, ma avrebbe fatto di tutto per
ritrovarla.
In
molti gli avevano consigliato di chiudere quel capitolo ed andare
avanti con la propria vita, e ci aveva anche provato, solo che non ne
era stato capace, non senza di lei.
Chiuse
gli occhi e, come sempre, il viso di lei gli attraversò la
mente, i capelli morbidi e lunghi di quella sfumatura di blu così
raro da essere unico, gli occhi limpidi come pozze d'acqua, i
lineamenti delicati del viso, la sua bellezza quasi mistica.
L'ennesima
fitta al cuore gli mozzò il respiro come succedeva ogni volta
che ne sentiva la mancanza.
Erano
ormai anni che vagava per il mondo in cerca di lei, l'unica donna che
avrebbe mai potuto amare, ormai aveva quasi perso le speranze di
ritrovarla eppure non si era ancora arreso, incapace di lasciar
perdere tutto.
Sentiva
dentro di sé che non era ancora finita per loro, una forza
misteriosa lo incitava a proseguire.
Si
prese la testa tra le mani calciando irritato un sasso che volò
ai piedi di una figura incappucciata.
“Ehi,
va tutto bene?”
quella
voce dolce gli fece balzare il cuore in gola.
Non
poteva essere...e se invece fosse stata...
la
figura incappucciata si avvicinò lentamente e allora lui prese
a correrle incontro come un bambino.
Fermi
l'uno davanti all'altra i due si ritrovarono ad allacciare gli
sguardi.
Gli
occhi verdi di lui in quelli azzurri e limpidi di lei.
“X-xia?”
riuscì a balbettare mentre un sorriso gli si allargava sul
viso.
Gli
occhi di lei si inondarono di lacrime.
“Ti
ho cercata così tanto...” la prese tra le braccia
baciandola con disperazione, quasi avesse paura di svegliarsi da un
sogno.
Lei
gli carezzò il viso e lo strinse a sua volta con tutta la
forza che aveva in corpo.
“Non
ti lascerò mai più lo giuro.” singhiozzò
Xia con il cuore colmo di gioia.
E
fu così che Xia e Rigon si ritrovarono, scapparono in una
terra lontana dove nessuno li conosceva e dove furono finalmente
liberi di amarsi.
FINE
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