Il principe sulla fetta di bacon

di greyscale
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Una dozzina di camicie viaggiano come pendolari tra l'armadio e la lavanderia dell'isolato. Stipate in sacchetti, strapazzate dal luna park della centrifuga, stirate, portate a spalla come bandiere, nell'armadio e di nuovo in giro. Le giacche fanno i turni mezze storte sugli attaccapanni. Beige da topo di biblioteca che si è perso in un morlacco di storie. Blu notte per le giornate eleganti. Carta da zucchero per il miele di corbezzolo di un'estate ormai quasi fuggita.

Nelle giornate di brezza e di sole Olivio avvolge un fazzoletto al collo e inforca i suoi vecchi Ray-Ban. La suola bianca dei suoi mocassini blu sembra calcare la passerella di una barca senza porticciolo né meta. Il mare è da qualche parte, a due ore di autostrada.

Olivio infila la chiave nella serratura rumorosa come quella di una torre. Alle 18.00 in punto rimette il naso tra i muri bianchi del suo bilocale in affitto. Colonia di contenitori e lattine è il suo frigorifero, il comparto del ghiaccio stipato di piatti pronti. Di una donna non un fiato, ma il sospiro. Discreto, ma pertinace, come il battito del cuore, o della goccia di Chopin.

L'amplificatore in sala e le eleganti casse color ciliegio sono più di un polveroso status symbol. I suoi transistor caldi e generosi danno carne a serie tv di dubbia qualità e a qualche B-movie. Ma ogni tanto hanno l’onore di suonare della grande musica.

Clic. Gold und Silber di Franz Lehár. Musica per un ballo, di quelli con pulzelle di seta in bianco e uomini-pinguino. Il timpano baldanzoso batte rotondo nel subwoofer. Gonne di schiuma del mare volteggiano sulla conchiglie di Citera. Tintinna, sussurra suadente l’alta frequenza e infrange la banalità del suono.

Delizioso languore. O forse è solo la mantecatura del risotto ai porcini. Un-due-tre, il cucchiaio di silicone danza come un principe tra i chicchi del Carnaroli. Olivio si fa spazio sul tavolo tra libri e carte alla rinfusa, mette le posate in scena sulla tovaglietta americana nera e si improvvisa esigente gourmet.

L'appetito pareggia con l'autocritica, il cuoco con Cenerentola. A fine partita la casseruola rotondetta galleggia tra le bollicine del detersivo. La musica riempie la stanza, ma nessun amplificatore ha saputo trasformarla in una rimessa per la zucca a quattro ruote.

Una delle cose belle di lavorare in una biblioteca è stare in mezzo ai libri. Sai che scoperta. Ma se per spoilerare una storia basta internet, alcune sorprese sono squisitamente analogiche. Il biglietto del bus del lontano 1994 appena timbrato e ibernato nelle pagine ingiallite di un bestseller di Belva Plain. Mille lire con l'effigie policroma di Maria Montessori dimenticate in una pagina a caso. Labbra stampate nel lipgloss rosa pallidissimo sulla quarta di copertina de La guerra dei cioccolatini. Chissà, poi, se le era piaciuto.

Argomento degno di nota, poi, è la vita sociale. Altro che Formentera e Lovoo: la nuova frontiera sibila tra i tavoli e fa capolino silente tra gli scaffali. Il neo-Casanova conosce la Classificazione Dewey e gioca la sua battaglia navale sulle classi migliori:

000 Generalità – vecchie enciclopedie
100 Filosofia – studentesse e aspiranti psicologhe
200 Religione – posti liberi
300 Scienze sociali – universitarie, alternative
400 Linguistica – studentesse che traducono le versioni
500-600 Scienze pure e applicate – posti liberi, qualche nerd
700 Arte – tante ragazze (libroni belli!)
800 Letteratura – studentesse che copiano le versioni dai classici tradotti
900 Geografia e Storia – c’è di tutto ed è sempre pieno
NARRATIVA – potterhead, lettrici forti
GIORNALI – vecchietti
CAFFETTERIA – cazzeggio e volantini delle feste

Olivio, maggiordomo e navigatore, si aggira sornione col carrello del bibliotecario tra i tavoli schivando i fili tesi dei laptop in carica. Lui la sa lunga e per cenni invita a più miti bisbigli.





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