Da un piccolo germoglio

di DonutGladiator
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Questa storia partecipa al COWT
Missione 6: DistopiaAU // Fahrenheit451AU
La ff contiene spoiler sul libro di Bradbury Fahrenheit 451


Tic tac tic tac
Il rumore dell’orologio è l’unico suono che riesce ad arrivargli alle orecchie in quei precisi istanti. Sbatte le palpebre e alza lo sguardo sullo schermo acceso.
Non sente niente di quello che i due uomini alla tv stanno dicendo. Non sente la risata della moglie, seduta su una poltrona accanto alla propria, ma in realtà così distante.
Solo il rumore dell’orologio è presente nella sua mente, con un incessante ticchettio.
Shiro osserva la donna accanto a lui, quasi non riconoscendola. I tre schermi sui muri sembrano avere vita propria, che viene risucchiata dalla donna dai capelli ondulati che non riconosce più come quella di un tempo.
Aggrotta le sopracciglia mentre cerca di ricordare come fosse Allura al loro primo incontro.
Non ci riesce.
Si alza dalla poltrona e immerso nel silenzio illusorio della sua casa, esce dal soggiorno e da quelle quattro mura, in giardino, respirando l’aria piena di smog della sua città.
Lentamente, si lascia cadere a terra, sul primo gradino del pianerottolo, e si porta le mani al viso, in un atto di disperazione che non credeva essere da lui.
È stanco di continuare così.
Far finta di stare bene in quella casa e durante il lavoro, ma poi avere quei mille pensieri che non fanno altro che accalcarsi nella sua mente, da troppi giorni piena.
L’incontro con quella ragazza di nome Kate, che voleva a tutti i costi essere chiamata Pidge, l’ha scosso più di quanto pensasse e la cosa più grave era che quel germe che la giovane aveva piantato stava germogliando dentro di lui.
Aveva iniziato subito a mettere tutto in discussione.
La sua vita, sua moglie, il suo lavoro… le sue stesse convinzioni.
E quei sentimenti che la ragazza aveva lasciato cadere, lui li aveva raccolti, coltivati e fatti infine sbocciare, quando, poche sere prima, aveva recuperato il suo primo libro e lo aveva nascosto nel condotto di aereazione.
Non sapeva nemmeno lui perché l’avesse fatto.
Era stato come spinto da un qualcosa che non aveva saputo controllare e che gli aveva fatto allungare la mano verso il libro.
Aveva divorato quanto scritto tra quelle fragili pagine di carta in tutti i momenti liberi che aveva avuto a disposizione ed erano iniziati a spuntare pensieri ancora più strani rispetto quelli che Pidge gli aveva trasmesso con poche parole.
Aveva delle… domande.
Era quella l’emozione che Pidge chiamava curiosità? L’interesse verso qualcosa?
Come poteva soddisfarla? Perché non c’era nessuno che poteva guidarlo nella scoperta di quel nuovo mondo che erano i libri?
Alza lo sguardo verso il cielo grigio e carico di nubi poi sospirando si alza in piedi, camminando senza una vera meta, ma avendo ben chiaro dove voleva andare.
-Signor Shirogane.- la voce squillante e familiare della ragazza gli arriva alle orecchie improvvisa, ma quando si gira verso di lei, non c’è il corpicino esile della giovane.
C’è però Sendak, il suo comandante della pattuglia dei vigili del fuoco e quella voce che ha sentito è stata solo immaginata dalla sua mente.
Sa che non la sentirà più.
Travolta sotto una macchina, è questo il tragico destino che ha incontrato Pidge, prima che lui avesse potuto dirle che aveva capito cosa si provava nell’essere veramente incuriositi da qualcosa e avere per la prima volta nella propria vita, delle domande.
-Comandante, cosa ci fa qui?- domanda il giovane uomo, incrociando le braccia al petto.
-Niente, volevo solo essere sicuro che fosse tutto a posto. Stavo venendo a casa vostra per chiederle come stava, dato che sono un paio di giorni che non la si vede a lavoro.-
-Va tutto bene adesso. Sto molto meglio.- cerca di liquidare, sperando che il comandante riesca a capire tra le sue parole che non vuole essere disturbato in quel momento.
 Shiro si scansa da lui e fa per tornare verso casa, quando un braccio dell’altro si serra sul proprio, stringendosi in maniera più dolorosa del previsto.
Con una smorfia di dolore si gira verso l’altro, che lo guarda fisso negli occhi, come a cercare la traccia della sua menzogna. Probabilmente non riesce a trovarla o è solo convinto che non ci sia, perché poco dopo riapre le dita e lo lascia andare, facendo un sorriso quasi stereotipato.
-Allora, ci vediamo questa sera a lavoro.-
Ricambia il sorriso non troppo convinto, per poi correre fino alla sua dimora, richiudendo la porta dietro di lui, mentre alle orecchie gli arriva il ticchettio dell’orologio, che copre ogni altro rumore nella stanza.
Non sarebbe andato a lavoro quella sera, né le sere successive.
 
Poi, tutto sembra scivolargli via dalle mani.
Proprio quando aveva trovato il suo equilibrio, salvare più libri che poteva, nasconderli e far finta di essere ancora una persona come le altre, mette in mezzo sua moglie. Una persona di cui si fidava e che invece lo tradisce a causa di uno stupido capriccio.
Sendak torna a fargli visita a casa, facendogli capire di smettere di fare tutto ciò che stava nascondendo, per poi strappargli la promessa che sarebbe veramente tornato a lavoro quella sera. Ma quando suona l’allarme e Shiro si trova davanti alla propria casa, data alle fiamme dai suoi colleghi, perde la ragione.
O forse la ragione l’ha persa quando ha aperto per la prima volta un libro, rimanendo abbagliato da quelle parole.
Mentre scappa nella notte, dopo aver dato fuoco al suo comandante, non sa più che cosa sta facendo. Il segugio continua a seguirlo, ma a lui non interessa.
Può seguirlo finché vuole, riuscirà a seminarlo e a essere finalmente libero di poter pensare con la propria testa, senza dover tener conto delle limitazioni imposte da un governo in cui ha perso ogni brandello di fiducia.
-Benvenuto.- un giovane dai capelli corvini gli sta tendendo la mano, mentre esausto, si appoggia ai lati del canale, felice di aver fatto perdere le tracce a quel maledetto mastino.
Allunga la mano verso quella dell’altro e gli sorride speranzoso.
-Grazie.- mormora, mentre si rialza in piedi e viene introdotto a un mondo che non sapeva nemmeno esistesse, lontano dagli occhi indiscreti della propria città.




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