Capitolo 6
Agosto 1995
Lily non si aspettava che quella giornata fosse facile, e di sicuro non
lo era stata. Ma tutto sommato sarebbe potuta andare molto peggio.
Sirius e Remus erano stati comprensivi e di supporto, benché avessero
anche altri pensieri. Per Sirius, poi, essere di nuovo in quella
vecchia e tetra casa doveva essere un tormento. Tra le altre cose,
James era preoccupato per l’amico.
Il problema principale di James però era Severus, rifletté Lily.
“Non mi fido di lui, e l’idea di metterlo nella posizione di
influenzare gli studenti è pericolosa. Il fatto stesso che sia qui è
pericoloso,” le aveva detto poco prima.
“Silente si fida di lui e noi ci fidiamo di Silente,” aveva ribattuto
lei, tagliando corto.
Se il vecchio Preside non aveva convinto James in un’ora, a lei non
sarebbero certo bastati pochi sussurri affrettati. Non era quello il
luogo per discutere: preferiva evitare che Severus percepisse troppo
chiaramente la loro indecisione e i sospetti che li turbavano. Non che
fosse mai stato difficile per Severus capire quando qualcuno era
turbato, in difficoltà o in una situazione di debolezza che si poteva
sfruttare in qualche modo, si disse con un po’ di fastidio.
Severus non aveva più parlato con nessuno. Si era limitato ad osservare
tutti, in attesa.
Mentre Lily lo guardava, un po’ nascosta da Remus e Tonks che
parlavano, Rose lo raggiunse. Lily osservò divertita lo sguardo
affascinato della figlia e l’esitazione con cui Piton le rispondeva.
Possibile che Severus fosse imbarazzato da quell’attenzione? si chiese
Lily con un sorrisetto.
Anche lei si avvicinò al nuovo collega.
Il pomeriggio avanzava.
Molly si stava occupando della cena. Lily si era offerta di aiutarla e
aveva obbligato a unirsi alla brigata di cucina anche Harry, Ron e
Neville.
La McGranitt, dopo aver tenuto una conferenza a Piton sui doveri di un
Direttore delle Case di Hogwarts, era sparita con Silente.
George e Fred ascoltavano affascinati un racconto di Moody che Arthur
non sembrava ritenere molto adatto a loro.
Con incredibile disappunto e preoccupazione di James, sia sua figlia
che sua moglie avevano passato diverso tempo in compagnia di Piton.
“Che cosa diamine vedranno in lui?” chiese. “Perché sembra che si
trovino così bene con Piton?”
Sirius si strinse nelle spalle: “Sai com’è Lily: amichevole, sempre
pronta a dare una possibilità a tutti. Rose probabilmente è stata
mandata in avanscoperta da Hermione per scoprire quali saranno gli
argomenti degli esami di Piton l’anno prossimo!” aggiunse poi con un
ghigno.
“Sono perfettamente in grado di chiederlo al professor Piton da sola,”
intervenne Hermione, arrivandogli alle spalle.
James fece una smorfia: il ‘professor Piton’!
Sirius chiuse brevemente gli occhi: “Non intendevo prenderti in giro,
Hermione.”
Hermione incrociò le braccia al petto: “Chissà perché invece mi sembra
molto plausibile, che mi stessi prendendo in giro.”
“Hai frainteso, io…”
“Per rispondere a lei, signor Potter,” cominciò Hermione, ignorandolo,
“credo che Rose sia curiosa, riguardo all’uomo che farà da spia tra i
Mangiamorte. Lo sono anch’io, e anche Harry e gli altri.”
“Dovreste saperlo?” chiese James con un grugnito.
Sirius rise: “Quando mai siamo riusciti a impedire a questi
mostriciattoli di ficcare il naso?”
“Perché a voi non piace, il professor Piton? Semplice rivalità tra
Case, o…” chiese la ragazzina con noncuranza.
“Rivalità tra Case un po’ estremizzata. Sai, per il fatto che lui è
diventato un Mangiamorte, dopo,” le rispose Sirius.
James non era d’accordo. Lui e Sirius avevano detestato Mocciosus ben
prima che passasse al lato oscuro, e con un’intensità mai più provata.
Sirius era passato oltre crescendo, anche se Piton non gli sarebbe mai
piaciuto. James non ce l’aveva fatta: non poteva, sapendo che Piton era
ossessionato da Lily in quel modo.
“Lui e la professoressa Potter vanno d’accordo,” osservò Hermione.
“Non è vero!” la contraddisse James senza pensare.
Hermione inarcò le sopracciglia: “Dice di no? Di sicuro hanno molto in
comune: hanno battibeccato quasi venti minuti sulle proprietà
addensanti della bava di vermicolo, prima.”
“Appunto, litigano sempre.”
“Non sono certo un’esperta di relazioni, ma non si dice che per
litigare con qualcuno deve importartene?”
Sirius si rabbuiò e gettò un’occhiata a Remus, all’altro capo della
stanza.
“Così male?” chiese Hermione, con tono secco.
“Senti, secondo te mia cugina ci sta provando con Remus?” le domandò
Sirius.
“Oh, sono certa di sì. E sarebbe un gran male? Forse lei lo tratterebbe
con rispetto…”
Sirius si imporporò.
“Hermione, piantala. Non sono questioni che ti riguardino. Per quanto
tu possa essere matura, questi rimangono argomenti da adulti,” la
riprese James.
Rose diceva tutto, a Hermione e Ginny, anche quello che non riguardava
lei in primo luogo.
“È stato lui a chiedermi di impicciarmi,” si difese Hermione, alzando
le mani. “Oh, scusate, approfitterò dell’occasione per fare qualche
domanda al professor Piton…” Si allontanò.
James e Sirius si scambiarono un’occhiata.
“Merlino…se persino Hermione ce l’ha con me, quante possibilità ho che
Remus mi perdoni?” chiese Sirius, piano.
James grugnì. Le uniche donne furiose per cui era preoccupato erano
Lily e Rose.
Piton cominciava a chiedersi dove fosse finito Silente, e se davvero il
vecchio mago doveva ancora parlare con loro, o se era solo una scusa
per non lasciarlo andare via.
Restare in mezzo a quella folla rumorosa era un’ordalia, per Piton. Ma
almeno gli permetteva di sapere qualcosa sui suoi ‘nuovi alleati’.
Quanto tempo sarebbe passato, prima che il Signore Oscuro pensasse che
Silente si fidasse abbastanza di lui da coinvolgerlo nell’Ordine? E a
quel punto, quanto e cosa avrebbe dovuto rivelare, Piton?
Era riuscito a ritagliarsi qualche minuto da solo, alla finestra del
salotto, e rifletteva sulla questione, quando Hermione gli si accostò e
lo trascinò in una discussione accademica abbastanza impressionante,
data la sua giovane età. Lily doveva essere un’ottima insegnante, ma
quella ragazzina era un po’ troppo saccente, per i suoi gusti. Accolse
con sollievo l’interruzione di Rose.
La bambina gli si era avvicinata anche prima, raggiunta quasi subito
dalla madre, cosa che sembrava averla un po’ irritata. Piton aveva
riconosciuto l’espressione di Lily da piccola, quando moriva dalla
voglia di chiedergli qualcosa del mondo magico ma era costretta a
trattenersi a causa della presenza della sorella o di qualche babbano.
Ora che la madre era occupata altrove, Rose era tornata alla carica.
“Anche tu hai qualche domanda che non può aspettare? La signorina
Granger si sta portando decisamente avanti, con la preparazione del
programma di Pozioni Avanzate. Di un paio d’anni, direi,” disse,
scoccando una breve occhiata esasperata alla ragazzina coi capelli
ricci.
Rose arrossì appena: “Be’, sì. Noi siamo preoccupati per Hagrid. Era in
missione al nord, per Silente. A voi hanno detto qualcosa?”
“È vero. Harry, Ron e Neville hanno fatto di tutto per scoprire
qualcosa, ma…” ripose Hermione, guardando interrogativamente Piton.
Anche Rose lo guardò con speranza. Piton sentì una piccola fitta al
cuore. Oh, al diavolo: anche Lily e Molly Weasley dicevano che era
difficile tenere informazioni nascoste ai ragazzi. Una volta che Hagrid
fosse tornato, gli avrebbero comunque estorto tutto, se il
guardiacaccia non era cambiato da quando Piton era giovane.
“Qualcuno ha la cattiva abitudine di impicciarsi, eh? Vi è capitato di
sentire nominare il nord? Dove pare si trovino gli ultimi insediamenti
dei giganti?” suggerì a bassa voce. Sorrise al lampo di comprensione
sul viso di Rose.
“Noi non ci impicciamo!” si difese Hermione. “Insomma…”
“Oh, questi ragazzi si impicciano come cartomanti di Nocturne Alley il
venerdì sera all’ora di chiusura dei pub!” disse Mundugus Fletcher,
avvicinandosi ai tre.
Piton lo fulminò con lo sguardo: non era chiaro a quel ladruncolo che
non aveva intenzione di dargli corda?
“Normalmente io sono un campione di discrezione, ma non si può mai dire
quando un’informazione potrebbe tornare utile, non è vero, signor
Piton?” aggiunse lo strano figuro con fare cospiratorio. “Sirius e io
avevamo certe faccende in sospeso, ma adesso mi sembra di umore un po’
nero, e non è che quel ragazzo sia uno spasso, quando ha la luna
storta. E la luna è parecchio storta ultimamente, vero, Hermione? Si
può sapere cosa gli hai detto?”
Hermione si strinse nelle spalle: “Che sarebbe ora che pagasse le
conseguenze delle sue azioni.”
Piton nascose un ghigno.
“Intendi dire che Remus non dovrebbe perdonarlo?” domandò Rose
allarmata.
Piton fissò incuriosito Hermione.
“Secondo me non se lo merita,” sbuffò lei.
“Tutti gli uomini commettono degli errori…” azzardò Fletcher.
Hermione incrociò le braccia al petto.
“Non ho mai visto Lupin non perdonare a Black una delle sue
stupidaggini,” intervenne Piton. “E Black ne ha fatte di colossali,”
aggiunse, con disgusto.
Rose comunque parve sollevata dalle sue parole.
“Ora, se non vi dispiace, ragazze, noi adulti potremmo forse parlare di
cose importanti…” fece Fletcher, accennando a Piton, che arricciò le
labbra con disgusto.
Doveva chiarire di nuovo le idee a quel tagliaborse.
Rose sbuffò: “Va bene! Ci vediamo a cena. A dopo, signor Piton,”
aggiunse brillante e saltellò via.
Piton seguì la sua chioma rossa sparire nel salotto.
Si accorse che Fletcher lo fissava.
“Pensavo di approfittare di questo momento in cui orecchie inadatte
alla conversazione non sono a portata d’udito…”
“Non ho alcun interesse in alcuna conversazione. Tantomeno quelle che
qualcuno del tuo calibro ritiene inadatta a delle ragazzine,” rispose
Piton con quanto più disgusto riuscì a condensare nelle sue parole.
“Mi riferivo alle orecchie dei nostri ottimi Auror, in realtà,”
corresse Fletcher, senza dar segno di essersi offeso in alcun modo.
“Vedo un’opportunità, nel tuo ruolo che garantisce facile accesso alle
serre e alle scorte dell’Infermeria, e nella mia conoscenza
dell’altissima domanda di particolari sostanze, come dire,
controverse…Un vero uomo d’affari sa riconoscere ogni occasione di
commercio e profitto, dico bene?” concluse, lisciando le numerose
pieghe sulla sua giacca.
“Non farò affari con te, Fletcher, in alcun caso. E se stai proponendo
di derubare Silente sotto il suo naso, sei più stupido e folle di
quanto avrei creduto,” ripose secco Piton.
“Silente mi ha voluto con voi per via delle mie capacità, per via di
quello che so fare bene: vedere opportunità,” replicò l’altro. “E in
ogni caso, qualcuno dovrà in qualche modo finanziare le nostre
attività. Ogni guerra ha un bilancio…”
“Uhm…indubbiamente.”
Non era neanche così fuori dal mondo, l’idea che Silente pensasse di
finanziare l’Ordine con attività illecite. Era parecchio al di sotto
del grado di spregevolezza di impiegare bambini come soldati, in fin
dei conti.
“Credevo che Black e i Potter fossero più che in grado di garantire i
fondi necessari alla lotta,” disse invece. “E si può sapere che ha
fatto Black al povero Lupin? O in quanto campione di discrezione non
puoi parlarne?” chiese sardonico, cambiando argomento.
“Se dovessi esprimermi come la nostra cara Hermione, dovrei ammettere
che Sirius è un porco fedifrago. È sempre stato un dongiovanni, no? Un
rubacuori. Sembra che la maturità e anni di relazione stabile non
abbiano modificato poi di molto la situazione…” spiegò Fletcher con un
brillio negli occhi.
Certamente pensava che quello scambio di informazioni avrebbe aiutato
la sua causa. Povero illuso: Piton aveva alle spalle anni di
esperienza, nell’estorsione di informazioni, e sapeva come non lasciar
credere a qualcuno di poterlo considerare in debito.
“Il professor Lupin è molto ferito e molto umiliato. Ma il Ministero
gli ha tolto la cattedra di Difesa, per via della sua condizione di
Lupo Mannaro, e quindi non ha altro posto dove andare,” continuò il
ladruncolo.
Lupin e Black una coppia? Guarda un po’: allora i pettegolezzi a scuola
erano fondati. Piton non aveva problemi a credere che Black fosse un
traditore, in ogni caso. Non aveva mai frequentato una ragazza alla
volta, ad Hogwarts. Lupin aveva sempre sopportato? Perché no? Gli aveva
perdonato ben di peggio, come lo scherzo della Stamberga Strillante che
aveva giocato a Piton, e che avrebbe trasformato Lupin in un Mannaro
assassino.
“Come ho detto,” rispose a Fletcher, “Lupin ha perdonato cose ben più
immonde.”
Fletcher si strinse nelle spalle, con un sorrisino di circostanza:
“Immagino di sì…Comunque, che noi si faccia affari oppure no, devo
ammettere che è un sollievo avere attorno qualcuno non ammantato di
ideali, che vede questa situazione per quello che è: un gran casino che
potrebbe ucciderci tutti.” La posa disinvolta si sciolse e il
ladruncolo prese di nuovo ad armeggiare con i risvolti della sua
giacca. “Insomma, io tengo parecchio alla mia vita. È ovvio, no? Ma
vengo giudicato, per questo. Insomma, è un sollievo sentire che non
sono solo, che non sono il solo, capisci?”
Piton rabbrividì, mentre l’eco delle parole di Narcissa Malfoy gli
riempiva la mente.
Un altro Auror si unì alla brigata, giusto in tempo per la cena.
Kingsley Shakebolt era un uomo alto dall’aria gioviale.
Silente non era ancora riapparso, e su insistenza di Lily e Molly
Weasley, Piton si risolse a restare anche lui per la cena.
“Non capisco perché Silente vuole farci passare così tanto tempo
assieme,” commentò contrariato quando lasciarono la cucina.
Lily si strinse nelle spalle e ripose: “Una volta le famiglie scozzesi
ospitavano i figli dei fratelli, dei cugini o dei vicini per mesi,
nella speranza che i bambini diventassero amici e non si facessero la
guerra da adulti.”
“E funzionava?” le chiese Piton.
“Hai presente la storia scozzese?” fece lei, nascondendo un ghigno
dietro la mano. Dio, James sarebbe stato decisamente insopportabile, se
l’avesse vista.
“Lo immaginavo,” grugnì lui. “Io di sicuro ho maggiori probabilità di
diventare violento se mi obbligheranno a frequentare tutti questi
mocciosi.”
“Ho brutte notizie per te: sei appena diventato professore.
Frequenterai praticamente solo ragazzini e mocciosi.”
Piton sospirò frustrato, mentre altri membri dell’Ordine Della Fenice
li raggiungevano.
Black provò ad ordinare all’elfo domestico di servire da bere, ma non
ottenne nulla se non di perdere la pazienza e di essere sgridato da
Hermione Granger. Dovette cercare da solo dei bicchieri.
Nel frattempo, Lily, Remus e Shakebolt stavano raccontando un aneddoto,
scossi da risatine isteriche.
Con un vago sorriso, uno dei gemelli Weasley si avvicinò al pianoforte
a muro coperto di polvere a destra della porta e scoprì la tastiera.
Stava per far scorrere le dita sui tasti, quando Piton gli afferrò il
polso e lo strattonò via: “Non lo toccare!”
Tutti si zittirono e li fissarono.
Il ragazzo ritrasse il braccio: “Io…volevo solo…”
Il gemello e gli altri fratelli erano già alle sue spalle.
“Che ti prende, Piton?” lo aggredì Potter. Erano le prime parole che
gli rivolgeva da quando Piton aveva messo piede nella nobile e antica
dimora dei Black.
Piton gli rispose con un mezzo ringhio: “Potrebbe essere maledetto!
Metà dei soprammobili in questa stanza lo era. Dico bene, Black?”
Black si avvicinò in fretta: “Ha ragione. Mia madre non voleva che la
casa fosse più abitata.” Posò i bicchieri che aveva in mano e studiò il
piano.
Lupin e Moody si avvicinarono a loro volta.
“Non toccare niente, senza esserti accertato se sia o meno impregnato
di magia,” disse Piton a Weasley (Fred? George?). “Specie in una casa
sconosciuta, dove non sei sicuro di essere il benvenuto.”
Il ragazzo annuì: “Grazie, professore.”
“Sì, è proprio maledetto,” annunciò Lupin. “Ce ne occupiamo?”
Ginny Weasley si avvicinò al fratello, per accertarsi che stesse bene.
Lui le fece l’occhiolino.
Moody e Lupin pronunciarono una contromaledizione. Il piano si accese
per un attimo di una malsana luce giallo-verde che poi svanì. Piton
lanciò un incantesimo per accertarsi che avesse funzionato.
“Ottima idea, Severus,” fece Lupin, prima di picchiettare un paio di
tasti. “Se vuoi accomodati, Fred. Anche se temo che sia scordato.”
“Non ti facevo un tipo da pianoforte,” gli disse Black.
La tensione nella stanza scemò poco a poco, ma Piton continuava a
sentire su di sé lo sguardo di Potter.
Molly Weasley doveva aver chiesto al figlio di suonare qualcosa in
particolare, perché il ragazzo annuì, riordinò i pensieri e cominciò a
cantare con una splendida voce da tenore. Black lo insultò sottovoce,
dandogli del ‘crooner’. Fred si immobilizzò e gli sibilò ‘Punk!’,
facendolo ridere.
La serata trascorse, lenta e strana. Gli ospiti cominciarono a
congedarsi: Kingsley per primo, poi Tonks, infine Mundugus Fletcher,
che aveva meglio non precisati impegni. Verso mezzanotte Molly Weasley
cominciò a suggerire che i ragazzi si preparassero per la notte.
“Per fortuna la casa è grande…anche se temo che dovrete dividere le
stanze come a scuola. Le ragazze possono usare la camera gialla, e i
ragazzi quella verde.”
“Silente ci chiede di avere ancora un po’ di pazienza,” disse Lupin,
risalendo dalla cucina e accennando al camino, rivolto ai Potter, a
Black e a Piton, che imprecò mentalmente.
“Non ha senso che lo aspettiate tutti alzati,” intervenne Moody,
avvicinandosi accompagnato dal ‘clunk’ sgraziato della sua gamba.
“Resterò io ad aspettarlo. Voi coricatevi, vi avvertirò quando si farà
vedere.”
“Qualcosa in contrario se io aspetto qui?” chiese Piton, accendendosi
ancora una volta una sigaretta. “O preferisci che scenda con te in
cucina per tenermi d’occhio, Moody?”
“Io ti tengo sempre d’occhio, Piton…” replicò il vecchio Auror,
l’occhio magico che roteava e si fissava su di lui.
“Molto lusingato,” bofonchiò Piton.
“Grazie, Alastor,” intervenne Lily. “Non si può proprio dire che non
abbiamo bisogno di riposo, in questi giorni…Buonanotte a tutti,”
concluse, prendendo sottobraccio il marito e lanciando uno sguardo a
Lupin e Black e uno a Piton.
Anche gli altri due maghi si avviarono con un vago saluto. Lupin aveva
l’espressione fredda e Black lo squadrava di sottecchi, molto meno
allegro di quanto non fosse stato nelle ultime due ore. Piton immaginò
che dato l’affollamento della casa fossero costretti a dividere la
camera da letto, anche se avrebbero preferito non farlo, data la
recente incrinatura fra loro.
Quasi sorrise, prima che lo colpisse il pensiero che Lily si era appena
ritirata con suo marito. Che forse era già coricata accanto a Potter,
ora.
Fece una smorfia in risposta all’inquietante buonanotte di Moody, e si
sedette sul divano, pronto a una lunga e noiosa attesa.
Qualcosa gli impediva di scivolare negli strati più profondi del sonno
e dell’incoscienza. A volte erano lampi di immagini che la sua mente
allontanava prima che lui potesse identificarli come ricordi, altre
solo chiazze di colore: arancio, rosso, nero. Ma c’era anche un
malessere fisico, si sentiva costretto, incastrato, non riusciva a
cambiare posizione.
Allungò una mano verso destra, tastando, ma il tessuto non era quello
delle sue lenzuola e le sue dita accarezzarono solo il vuoto. Quello
non era il suo letto.
Aprì gli occhi e si tirò a sedere di scatto, sentendosi osservato.
Dallo stipite della porta, Moody lo osservava.
“Silente è arrivato,” annunciò. “Cercavi qualcosa, Piton?”
Piton lo fulminò con lo sguardo, mentre prendeva a frugarsi nelle
tasche della veste. Estrasse il pacchetto di sigarette e lo mostrò a
Moody.
“Capisco. Be’, non farci aspettare tutta la notte…”
Il vecchio si voltò e prese a salire la scala scricchiolante, l’occhio
magico, Piton ne era certo, rovesciato nel cranio per guardarsi le
spalle. Scese in cucina.
Silente e la McGranitt si voltarono verso di lui: “Severus, vieni
avanti.”
“Siete stati rapidi a sparire. Tornate a notte fonda per evitare altre
crisi isteriche di Paciock?” disse lui.
“Piton,” lo ammonì la McGranitt, “quel povero ragazzo ne ha passate
tante. Poche settimane fa ha visto assassinare un suo compagno di
scuola, ha tutto il diritto di essere sconvolto!”
Piton si trattenne a stento dallo sbuffare: a chi, tra gli occupanti di
quella casa, non era successa la stessa cosa? Loro non avevano visto
morire i loro compagni, da ragazzi, e poi ancora, e ancora, e ancora?
“La mia perplessità è destata piuttosto dal fatto che il Preside non
fosse lì per il prezioso Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto,” rispose,
scoccando un’occhiata obliqua al vecchio mago.
“Ti assicuro, Severus, che il mio comportamento nei confronti di
Neville è diretto solo al suo bene. E al nostro,” replicò Silente,
mentre anche i Potter, Lupin e Black e Moody entravano nella cucina.
“Riesci a concepirlo, Piton? Un comportamento che tenga in
considerazione anche qualcun altro, oltre a te stesso?” lo apostrofò
James Potter.
Piton gli rivolse un sorriso affilato: “Ti stupirà, ma sì. E al
contrario di qualcun altro, io sono anche n grado di prevedere le
conseguenze più lampanti, di un improvviso e immotivato slancio di
generosità. O dovrei dire idiozia?”
Potter si irrigidì: “Allora non si spiega come mai tu sia qui, se la
consideri un’idiozia!”
“Sono qui a causa dei tuoi dannati scrupoli!” ringhiò Piton. “Siamo
tutti qui perché hai impedito a Cappuccetto rosso e al Lupo, qui, di
occuparsi di Minus quando ne hanno avuto l’occasione. Il povero Paciock
ne ha passate tante,” aggiunse, facendo il verso alla McGranitt,
“perché tu non hai avuto il fegato di fare ciò che andava fatto.”
“Tu osi parlare di fegato?” gridò Potter facendosi avanti.
“James, no!” strillò Lily, sbarrandogli la strada, imprigionandolo con
lo sguardo deciso e vibrante che Piton non poteva vedere ora, ma che
ricordava alla perfezione: così acceso e potente da farti barcollare,
da farti desiderare di nasconderti. Distolse a forza lo sguardo da lei.
“Devo rendervene atto, “riprese con voce controllata e secca, rivolto a
Black e Lupin, “il vostro istinto non aveva sbagliato, quando vi ha
suggerito di uccidere il traditore. Non avrebbe aiutato Bellatrix a
fuggire e a raggiungere l’Oscuro Signore…”
Lupin parve rabbrividire alle sue parole. Black lo guardò con
preoccupazione, e ripose per entrambi: “Era la rabbia, a parlare. Non
era giusto che né Neville, né noi cercassimo vendetta. James ce l’ha
fatto capire.”
“E guardate dove ci ha portato, il buon cuore di James Potter…” ribadì
Piton.
“Ora basta!” intervenne Silente. “Se dovesse venire il giorno in cui ci
pentiremo di un atto di pietà, allora Voldemort avrà vinto.” Il vecchio
scrutò tutti i presenti da dietro le sue lenti a mezzaluna con
severità. “È vero,” continuò in tono più dolce, “Minus ha reso
possibile il ritorno del suo Maestro, eppure ha un debito d’onore verso
Neville e James. Non devo ricordare a nessuno di voi quanto può essere
potente la magia prodotta da un atto d’amore.”
Il rimprovero sembrò placare gli animi, ma Piton riuscì solo a pensare
acidamente che Silente e i suoi preziosi Malandrini potevano
permettersi tutti gli atti d’amore e di pietà del mondo, finché il
vecchio si assicurava di avere qualcuno pronto a sporcarsi le mani
quando si fosse reso necessario. Non era quella, in fin dei conti, la
ragione della sua presenza?
“C’è una questione di cui ho bisogno di discutere con voi,” riprese il
Preside, “e riguarda specificatamente la tua precedente affermazione,
Severus. Non posso, anche se lo vorrei, stare accanto a Neville ed
essergli di supporto come meriterebbe.”
“Neville capirà,” rispose Lupin. “Con un po’ di fatica, probabilmente.
Ma sa che lei è impegnato, in questa guerra…”
“La ragione è ancora più oscura,” disse Silente. “Abbiamo più volte
osservato che la cicatrice di Neville reagisce alla presenza di
Voldemort…”
Quasi tutti annuirono, mentre Piton assorbiva allarmato
quell’inquietante rivelazione.
“Altre volte la cicatrice ha permesso a Neville di percepire la rabbia
o il trionfo di Voldemort,” continuò Silente. “Ho ragione di credere
che ora che ha riacquistato un corpo, Voldemort stesso non sia più
completamente ignaro di questo…legame. Non so se sappia interpretarlo
meglio di noi, ma temo che userà a proprio vantaggio. E dato che sono
io quello che teme maggiormente, è ragionevole presumere che lo
userebbe contro di me, cercando di spiarmi attraverso gli occhi di
Neville, se ne avesse l’occasione. Potrebbe anche spingerlo ad
attaccarmi.”
“È spaventoso,” sussurrò Lily. “Povero Neville…”
“Se il Signore Oscuro può spiarci attraverso gli occhi del ragazzo,
perché diavolo gli avete permesso di sapere di me?!” chiese Piton
chiudendo gli occhi e stringendosi la base del naso.
Non era possibile. Era un incubo.
“È solo Silente che deve preoccuparsi,” intervenne la McGranitt. “È lui
l’avversario di Voldemort, e per spiare gli altri ha già qualcuno, non
è vero?”
Piton inspirò a fondo, cercando di calmarsi. Giusto, era Silente che
doveva preoccuparsi. Peccato che loro tutti dipendessero da Silente.
“Ho voluto che ne foste a conoscenza anche voi, che sarete a contatto
con Neville a Hogwarts o durante le vacanze,” concluse il Preside. “Io
e il ragazzo non dobbiamo stare a contatto…”
“Faremo in modo che non sia necessario,” assicurò Lily, stringendo la
mano del marito.
Silente sorrise: “Grazie, Lily. Be’, forse è giunta ora di salutarci.
Ci rivedremo presto a Hogwarts!”
Note:
Finalmente questa scena interminabile è conclusa! L'ho riscritta e
aggiustata talmente tante volte ce non i capisco più niente: se notate
qualcosa di contradditorio o insensato fatemelo sapere, per favore!
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