capitolo 5
Capitolo 5
Aria di guerra
- Tu hai fatto cosa? - domandò sconvolta Koko, lasciando la
padella sul fornello, e voltandosi completamente verso di me, seduta al
tavolo della cucina.
Alzai le spalle, con espressione colpevole - Ho accettato la proposta
di quel vampiro. Dopotutto è solo una festa... che sarà
mai? -
Incurante del filetto di pesce che cucinava nella padella, mia sorella mi si avvicinò sempre più preoccupata.
- Strano. Non hai la febbre - constatò, dopo aver appoggiato una mano sulla mia fronte.
La cacciai via, un poco infastidita ed esasperata.
- Sei sicura di stare bene? - continuò, imperterrita.
- Certo che sto bene, scema - sbuffai, agitandomi sullo sgabello.
Ero io ad essere agitata, o era diventato improvvisamente scomodo quell’aggeggio?
Mi portai una mano alla testa ed iniziai a giocherellare con una ciocca bionda, con aria distratta.
- Ho solo pensato che fosse una buona idea andarci. Sai, per conoscere gente nuova e cose del genere -
Koko mi osservò in silenzio. Si voltò di tre-quarti, spense il fornello e tornò a guardarmi.
Questa volta, nel suo sguardo lessi una punta di malizia.
- Il biondino ti piace -
- Cosa? - squittì - Non è vero! -
Misi troppa enfasi nella risposta, e se ne accorse anche lei.
Inarcò un sopracciglio rosso, e non nascose l’ampio sorriso che le comparì in volto.
- Ti piace - cantilenò, convinta.
Le lanciai un’occhiataccia - Non essere ridicola, Koko. Non lo conosco nemmeno -
- Ma lo vuoi conoscere, perché ti piace - fischiettò
allegra, mentre spostava i filetti su due piatti di ceramica.
Rimasi in silenzio.
- Sei tremenda - bofonchiai, prendendo il mio piatto.
- Lo so -
- Toglilo. Sacrifica troppo le tue tette -
Pigolai, disperata - Ma è già il quarto che mi fai provare! Non posso mettere il tubino nero? -
Una domanda che sapeva tanto di preghiera.
Koko scosse la testa decisa, seduta a gambe incrociate sulla sedia di camera mia.
- Non se ne parla proprio! - sentenziò, con uno sguardo di fuoco
- Devi farlo morire di crepacuore, quel vampirucolo. Il tuo tubino nero
non è abbastanza. Meglio puntare su qualcosa di molto
più... Ho trovato! - balzò in piedi, fulminea.
La vidi correre fuori dalla stanza, per tornare poco dopo con tra le mani tre grucce. Aveva avuto un’illuminazione.
- Con questi - ed alzò appena le braccia - Non solo farai morire
quel biondino, ma darai anche una bella lezione di moda ed eleganza a
tutti quanti - continuò, con aria quasi orgogliosa.
Appoggiò i tre indumenti sul letto ed io li osservai confusa,
mentre iniziavo a sfilarmi il vestito che mi aveva fatto provare in
precedenza.
- E sarebbe? -
Il sorriso diabolico che le si aprì in volto non preannunciava nulla di buono.
Nella maniera più assoluta.
- Che si può essere una bomba anche senza un vestito -
Mia sorella sapeva essere sconsiderata e parecchio impulsiva alle volte, ma quando si parlava di vestiti... era straordinaria.
Aveva un tocco innato, che aveva preso senza ombra di dubbio da nostra
madre Atylia, nota stilista a Waterlia e nel mondo dei mostri.
Non ero mai stata brava quanto lei; mi limitavo a fare i classici abbinamenti basici, come un po’ tutti.
- Dai su, provali! Voglio vedere come ti stanno! - saltellò
allegra Koko come una ragazzina, porgendoti i vestiti da indossare.
Erano tre pezzi: un pantalone liscio nero, una giacca elegante del
medesimo colore ed una camicetta smanicata bianca con uno scolo
leggermente basso. Semplice, non appariscente ed elegante.
Lo adoravo.
- Wow... Sembro un mostro in carriera - ridacchiai, osservando con
interesse il mio riflesso allo specchio, e facendo qualche posa buffa
allo stesso tempo.
Anche Koko ridacchiò lieve davanti alla mia serie di pose goffe.
- Tu sei un mostro in carriera, sorellina -
Alzai lo sguardo verso di lei, confusa.
Io? Un mostro in carriera? Ma da quando?
- Non è vero, Ko’! Non lo sono mai stata -
Lei scosse la testa, avvicinandosi ed appoggiando entrambe le mani sulle mie spalle.
- Non voglio uscirmene con frasi filosofiche o d’effetto; non
sono il tipo, lo sai. Ti chiedo solo di fidarti di me, quando dico
qualcosa è perché è vero - mi diede una pacca
leggera.
Non riuscivo a comprendere le sue parole. Io... non ero così.
Mi faceva male ammetterlo, ma era la verità. Ero
un’eterna studentessa, che nonostante l’età avanzata
non aveva ancora la più che pallida idea di che fare della
propria eternità.
Arrivare a mille anni così era alquanto triste.
- Domani farai un figurone -
- Ma... non sarò troppo formale? - domandai, incerta.
D’altronde era una semplice festa. Non un meeting di lavoro.
- Sarai perfetta, sorellina - sorrise Koko.
Fece per andarsene, ma prima di lasciare la stanza, si fermò sulla porta.
- Per cena ti va qualcosa di particolare? - si voltò.
Scossi la testa.
- Mi va bene tutto -
Koko fece solo un piccolo cenno con la testa, e se ne andò.
Rimasta sola, ritornai ad osservare lo specchio. Continuavo ad avere
paura che quell’abbigliamento fosse... troppo, per la serata. O
inadeguato.
Aggrottai le sopracciglia chiare.
Per quale assurdo motivo mi preoccupavo così tanto?
Era una semplice festa da adolescenti. Quasi per certo ci sarebbe stato
qualcuno di più inadeguato di me, a livello
d’abbigliamento.
Anche se mi fossi presentata un jeans e maglioncino non ci sarebbero stati problemi.
Certo, Koko avrebbe dato di matto se lo avessi fatto, ma niente di più.
Mi stavo facendo davvero troppi problemi, e non ne comprendevo le
ragioni. Forse per il semplice fatto che non volevo essere non adeguata
alla situazione.
O forse... c’era qualcosa di più.
Qualcosa che non mi era ancora completamente chiaro.
Tolti i vestiti e riposti con cura su una gruccia, optai per un
abbigliamento più comodo e da casa. Un caldo ed incredibilmente
confortevole pigiamone.
Non c’era niente di meglio di un pigiama, una volta tornati a casa dopo una lunga giornata.
Trovai mia sorella in cucina, intenta a lavare alcune verdure. Il
rumore dell’acqua che scrosciava era coperto leggermente dal
suono della TV, sintonizzata su un telegiornale.
“... Un altro caso simile si è verificato nella cittadina
di Acton, in California. Un ragazzo, di appena quattordici anni,
è stato brutalmente aggredito di sera, di ritorno da una festa
di amici. Ora il giovane si trova in prognosi riservata, e
fortunatamente non sembrerebbe più in pericolo di vita. Le forze
dell’ordine escludono la possibilità che si tratti di un
attacco da parte di un animale selvatico, e continuano le
ricerche...”
- Santo Pacifico - esclamò Koko, sconvolta.
Chiuse il getto dell’acqua, e si voltò verso la televisione.
Era già il terzo caso simile che veniva annunciato in meno di un mese; e non solo nel paese.
- Pensi che sia stato un mostro? - le domandai, non distogliendo gli occhi dallo schermo.
- Non lo penso - sospirò - Lo so -
Rare volte avevo sentito mia sorella usare un tono tanto lapidario, e questo fece spostare la mia attenzione tutta su di lei.
Koko andò verso il tavolo in salone, e prese qualcosa che non avevo notato prima: una lettera aperta.
- È di Kelpie. L’ha spedita questa stessa mattina -
iniziò a spiegare, rigirandosi il foglio piegato tra le mani.
- Lui e nostro padre sono stati convocati con urgenza a Monscity... e non solo loro -
Le lanciai uno sguardo silenzioso.
Un silenzioso invito a continuare.
- Hanno chiamato alla capitale tutti i maggiori esponenti della
società mostruosa, per discutere della dichiarazione di guerra
che hanno ricevuto da parte dei lycan. -
- Cosa?! - scattai - ma sono impazziti? Ma... Perché? - balbettai, confusa.
Una dichiarazione di guerra da parte dei licantropi? Ma per quale assurdo motivo?
Cosa poteva averli spinti ad una follia simile?
I licantropi erano noti nella nostra società per essere tra i
mostri più instabili e pericolosi, a differenza di tutti gli
altri tipi di mostro-lupo(1). Buona parte di loro viveva nel regno di
Wolmon, la terra dei lupi, ma che io sapessi non aveva dato grandi
problemi... di recente.
Mi rimproverai mentalmente. Non mi ero mai interessata alla politica
mostruosa estera, a differenza di mia sorella e dei miei genitori.
Forse mi sarei dovuta interessare molto di più. Decisamente.
- La situazione è molto complicata a Wolmon, da tempo ormai, ma
da quando ha preso il titolo di Alpha il figlio di Pelo Rosso tutto
è peggiorato - iniziò a spiegarmi - Per quanto possa
sembrare assurdo, il figlio è più squilibrato del padre
ed è determinato a farla pagare ai traditori della sua terra;
così li ha definiti lui -
Rimasi ancora più confusa dalle sue ultime parole.
- I traditori della sua terra? - domandai, cauta - Non sto capendo,
sorella mia. Di chi sta parlando? E... cosa c’entrano Monscity e
noi tutti? -
Koko sospirò pesantemente, passandosi una mano dalla manicure
ben curata in viso. Prima di riprendere a parlare, mi lanciò
un’occhiataccia.
- Mi dimentico sempre che durante le ore di “Storia dei mostri
terreni”, te passavi il tempo a dormire e non studiavi mai -
Incassai la testa tra le spalle. Purtroppo era vero.
Quando andavamo a scuola a Waterlia, non ero una studentessa...
eccellente, ecco. Ogni volta che ritornavo a casa con un brutto voto,
Koko era la prima a farmi una strigliata con i contro fiocchi.
Non pretendeva che eccellessi in tutto, ma che avessi almeno una base
dignitosa in ogni campo. In particolar modo in Storia mostruosa e
umana.
- Aspettami qui un attimo. Vado a prendere una cosa in camera, e ti spiegherò tutto con calma -
NOTE:
(1): Per chi segue anche la mia storia “Diversi”, questa
sarà una cosa che molto probabilmente avranno già
sentito.
ANGOLO DELLA MENTE MALATA:
E da questo capitolo in poi, MLM prenderà una piega
completamente diversa dalla sua vecchia versione. Ci tengo a precisare
che la guerra con i licantropi (MESSAGGIO SUBLIMINALE ANDATE A LEGGERE
DIVERSI LEGGETE) sarà un tema presente, ma solo in sottofondo.
In queste storia l’attenzione sarà quasi unicamente per
Koko e Rosalie, il resto sarà solo contorno (un contorno
importante, ovviamente).
Che posso dire ancora? Spero che il capitolino vi sia piaciuto, e vi invito a farmelo sapere con un commentino se vi va :3
Vi porgo i miei omaggi
-Harley
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