Draw me

di XShade_Shinra
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- Draw me -

 
 
Era raro, se non miracoloso, che la classe dell’ultimo anno dell’istituto artistico Chryse contasse il 100% delle presenze a una lezione; infatti c’era sempre almeno un assente, chi per malattia, chi per estro creativo, chi per culo pesante.
Quel lunedì mattina della prima ora di lezione, invece, la classe era al completo, già nell’aula d’arte 4B.
Gli studenti avevano un ottimo motivo per essere lì.
“Sono così emozionata!”, trillò Carta, scuotendo le gambe. Era stata la prima a prendere posto quella mattina.
“Lo immagino!”, ridacchiò Ride, avvicinando un po’ la sedia verso quella dell’amica, con fare complice. “Sei una sua grande fan, vero?”.
La ragazza annuì e un tenero rossore sbocciò sulle sue guance. “Ho passato quattro anni a spiare dalla finestra quest’aula, arrampicata sull’albero di fronte, quando sapevo che c’era lui: McGillis!”, disse estasiata, alzando un braccio verso l’alto. “Finalmente è giunto il mio momento! Ahahah!”.
I due studenti erano diventati amici fin da subito, trovando un certo feeling artistico tra di loro.
Quel giorno c’era la tanto agognata lezione di nudo e, da che c’era Orga Itsuka come preside dell’istituto, il modello per la lezione sull’anatomia maschile era sempre stato il suo amico McGillis Fareed, conosciuto per attrarre facilmente ambo i sessi, essendo un uomo di oggettivo bell’aspetto.
Carta vide con la coda dell’occhio truccato di kajal rosso e nero una sagoma venire in direzione della porta e balzò giù dalla sedia.
“In piedi!”, urlò decisa appena il preside Orga mise piede dentro l’aula.
Tutti i suoi compagni, Ride per primo, si alzarono e congiunsero le mani in alto sopra la testa, poggiando poi il piede sinistro all’altezza del ginocchio.
“Saluto!”, disse con fermezza la capoclasse, intanto che un’altra figura entrava subito dopo il preside. Era biondo, ma non si trattava di McGillis.
I ragazzi ormai avevano imparato la sua coreografia a furia di tirate di orecchie e allenamento quotidiano. Ubbidienti, si divisero tra destra e sinistra, posando a terra il piede dopo aver fatto una piroetta, per poi aprire le braccia a sinistra o a destra, a seconda della posizione rispetto alla cattedra, facendo una ola a specchio.
Soddisfatta, Carta sorrise fiera. Anche se non li vedeva, sapeva che avevano fatto tutto giusto, sentiva la grazia e la compostezza nell’aria. “Seduti!”. E dopo un formale inchino, l’intera classe si risedette.
Dopo cinque anni di “saluto all’insegnante”, che veniva cambiato mensilmente, nessuno aveva più vergogna: erano tutti sulla stessa barca, e Carta era un ottimo capitano.
La ragazza si girò appena verso Ride, il quale le fece un cenno d’approvazione. Era andata benone.
Orga li salutò con il suo consueto “Buongiorno, ragazzi”, poi chiese l’attenzione di tutti. “Devo darvi una notizia riguardo la lezione odierna, e ad alcuni probabilmente non piacerà”. Era malizia quella che si poteva intendere tra le righe? “McGillis non potrà essere presente oggi, a cau—”.
“Cosa?!”, lo interruppe d’impeto Carta, alzandosi di scatto. L’intera classe la fissò e qualcuno ridacchiò di sottofondo.
Rossa in faccia, venne rimessa a sedere da Ride, che la prese forzatamente per un braccio.
“Ecco, sapevo che a qualcuno non sarebbe piaciuto”, mormorò Orga, facendo ridacchiare qualche altro. “Dicevo, McGillis non potrà essere presente oggi, a causa di un lieve problema di salute, e al suo posto ho chiamato in extremis un mio amico che ha gentilmente accettato”, spiegò, introducendo agli studenti il ragazza accanto a lui, con un gesto del braccio. “E’ la prima volta per lui, quindi che nessuno si azzardi a metterlo a disagio. Il primo che commenta gli metto zero e salta la gita”. Patti chiari, amicizia lunga. Ecco il motto di Orga.
Gli alunni annuirono. Nessuno aveva interrotto il suo discorso, a parte un costante sussurro da parte di Carta, come fosse un mantra, che portava il nome del modello assente. Ride non poté fare altro che batterle la mano sulla spalla, sperando che si riprendesse.
“Preside? Saprà rimanere immobile per il tempo necessario?”, chiese preoccupata un’alunna.
“Farete solo gli schizzi in questa ora di lezioni, luci e ombre saranno fatti con McGillis appena si rimetterà”.
A sentire quella risposta, Carta si ripigliò. Ci sarebbe stata un’altra occasione per lei.
Gli studenti sistemarono i loro albi sui treppiedi, iniziando a prendere carboncini, matite e gomme, mentre l’amico di Orga si spogliava, coprendosi man mano con un telo a causa della temperatura invernale.
Ride lo spiò da dietro il foglio da disegno. Non aveva mai avuto particolari preferenze di genere, ma un occhio di riguardo per i bei ragazzi non gli mancava mai. Tornò a sistemare l’attrezzatura da disegno, appuntando per il meglio le matite, poi tornò a guardare il modello, il quale nel frattempo si era seduto sullo sgabello messo ad hoc da Orga in mezzo alla classe disposta a semicerchio.
“Io resterò qui, voi iniziate”, disse il preside, prendendo posto dietro la cattedra. Normalmente li avrebbe lasciati da soli, ma non se la sentiva per non mettere l’amico a disagio.
Il modello prese un profondo respiro e si lasciò scivolare la coperta lungo il corpo, finché non toccò terra.
Gli occhi verdi di Ride divennero della stazza di un piattino da caffè nel vedere quel corpo nudo davanti a sé, quel trionfo di armonia tra muscolatura e stazza. Rimase per qualche secondo a fissarlo, poi scrollò il capo e iniziò a mettere giù il primo schizzo.
Anche il modello aveva gli occhi verdi, un po’ più chiari rispetto a Ride, i quali fissavano un punto vuoto, mentre l’arco delle sopracciglia gli donava un’espressione corrucciata. Era un po’ a disagio, ma non voleva darlo troppo a vedere. Gli studenti non immaginavano che Orga l’aveva letteralmente supplicato di fare da sostituto, non potendo certo dire loro che la lezione era annullata perché McGillis trovava più salutare per sé trascorrere tutta la mattina seduto nudo sul comodo e confortevole gabinetto di casa, anziché su uno sgabello. Cosa non si fa per gli amici...
Ride iniziò dapprima a tracciare le figure di supporto con la matita più morbida che aveva, poi passò a dare una forma più umanoide al disegno. Scostò appena il capo, guardando il tonico corpo che gli era stato servito davanti. Osservò gli addominali cesellati sul suo ventre, cominciando a ricrearli sulla carta. Si immaginò lui stesso lì, in piedi davanti a quel giovane, e per creare un disegno che fosse quanto più vivo possibile, soprattutto per un effetto più tridimensionale, fantasticò di poterlo toccare: la lapis diventava una mano, che scorreva dal trapezio al pettorale sentendo la tonicità di quei muscoli. Poi la stessa matita diventò la lingua, che scese piano, lambendo quegli addominali fino ad arrivare tra le fosse iliache; stava per andare ancora più giù con la testa, ma i suoi sogni furono disturbati da una gomma pane che gli arrivò esattamente contro la tempia.
“Ahi!”, si lamentò Ride, massaggiandosi la parte lesa con una mano.
Si girò verso la direzione dalla quale era provenuto il bolide e vide Carta che gli mostrava un foglietto sul quale era disegnata una bandiera sventolante, poi gli indicò il suo cavallo dei pantaloni. Ride abbassò lo sguardo e arrossì di colpo, tentando di mascherare le proprie esternazioni corporee chiudendosi la giacca e calando per bene la parte anteriore della stessa.
Carta sorrise, contenta di averlo avvisato prima che Orga lo sbattesse fuori, Ride invece continuò a disegnare in silenzio, cercando di tarpare la propria mente per non permetterle più di fare sogni tanto lucidi.
 
*
 
“Mi sono preso una sbandata”.
Fu così che Ride iniziò la conversazione al pub, mentre i suoi due amici per poco non si strozzavano con la bibita a sentire quelle parole.
Era uscito con loro per il dopocena, aveva voglia di bere e dimenticare l’abissale figuraccia che stava per fare a lezione la mattina, ma soprattutto voleva togliersi quel modello dalla testa.
“E chi sarebbe?”, domandò Yamagi, tossicchiando a causa della Cola che gli era andata di traverso – non voleva bere alcolici: l’indomani doveva andare a lavorare in officina.
“Un modello che è venuto oggi a lezione…”, rispose Ride, allungando una mano per prendere il proprio bicchiere di birra, ma l’amico glielo allontanò.
“Berrai dopo. Non vorrei che te lo tracannassi d’un fiato”, sbuffò il meccanico.
Ride lo guardò male, facendo ridere Takaki, il quale ebbe più tatto: “Strano avere la prima cotta ora, ma meglio tardi che mai. Dicci di più”, insistette anche lui, curioso di sapere chi avesse destato così tanta attenzione per Ride.
“Non so altro…”, ammise dispiaciuto. Dopo l’ora di lezione aveva tentato di sapere chi fosse, ma nessuno in classe lo conosceva e non voleva di certo chiedere informazioni proprio al preside Orga.
“Cioè, non sai altro? Nemmeno il nome?”, domandò Yamagi. Vedendo l’amico scuotere il capo in segno di diniego, buttò giù un altro sorso di bibita. “Non credo a queste baggianate come l’amore a prima vista”.
Ride non si perse d’animo: “Infatti alla prima mi è sembrato belloccio, ma alla seconda l’ho visto nudo, e quindi…”.
Altra Cola che prendeva il condotto sbagliato nella trachea di Yamagi.
Approfittando che il meccanico fosse impegnato a tossire di nuovo, Takaki si rivolse a Ride, ridandogli il bicchiere di birra bionda. “Modello di nudo, eh?”.
“Ci puoi contare!”, ghignò l’artista, iniziando finalmente a bere.
“Integrale?”.
“Oh, sì…”, rispose con un sorriso malizioso. “Integrale come la sua depilaz—”.
“Basta!”, urlò Yamagi, paonazzo, interrompendo l’amico. “Niente volgarità”, disse a disagio, guardandosi intorno. La musica del locale era abbastanza bassa, ma il brusio delle persone accanto a loro concedeva la giusta privacy.
Takaki si affrettò a scusarsi per aver stuzzicato la linguaccia di Ride, mentre quest’ultimo ridacchiava. “Eppure sei fidanzato, pensavo che certi argomenti non fossero più tabù per te ormai da tempo”.
Yamagi lo fulminò con un’occhiataccia. “Non c’entra nulla…”, disse lapidario, mangiando gli stuzzichini a centro tavola.  “Non mi piace parlare di queste cose, lo sapete”, borbottò.
Ride fece roteare gli occhi, ma non insistette oltre. In fondo, Yamagi era sempre stato così: non amava le cose oscene ed era molto a disagio nelle sfere delle interazioni sociali e in quella sessuale. Conosceva il suo attuale fidanzato da quando erano alle medie, ma non aveva mai voluto presentarsi finché anni dopo aveva cominciato a lavorare all’officina di famiglia nei pomeriggi, e un giorno Shino gli portò la propria moto ad aggiustare. Passò altro tempo, perché Yamagi non voleva mettersi in gioco per non rischiare di rovinare l’amicizia tra loro, ma un giorno Shino fece un brutto incidente e fu proprio lui a dichiararsi, baciando Yamagi appena si risvegliò dall’anestesia, trovandolo accanto a sé come fosse un sogno. Quei due stupidi si amavano da tempo, ma nessuno di loro aveva voluto fare il primo passo.
Poi c’era Takaki, che alle superiori aveva conosciuto un ragazzo che faceva il corriere per uno spacciatore. Lo aveva aiutato a far arrestare quell’uomo, liberando sia lui che i suoi amici dal giogo che li opprimeva, e durante la loro esperienza insieme si erano innamorati. Aston aveva chiuso con il suo brutto passato e da anni conviveva con Takaki, insieme alla sorellina minore di quest’ultimo, che lo considerava un fratello maggiore.
E infine Ride: single incallito. Era sì contento che i suoi amici avessero conosciuto l’amore, ma lui non sentiva il bisogno di legarsi con nessuno.  Almeno, fino al giorno prima.
“E quindi ora cosa conti di fare?”, domandò Takaki, sorseggiando il suo Spritz.
“Nulla...” ammise Ride, piegando il capo. “Non so nemmeno il nome... Ho passato tutto il pomeriggio a disegnarlo...”, aggiunse, tirando fuori dalla borsa a tracolla l’album da disegno – l’ispirazione poteva coglierlo in un qualsiasi momento, quindi era vitale per lui portare gli strumenti artistici appresso.  “La sua immagine, come fosse un bronzo di Irace, mi si è impressa a fuoco nella pupilla... ahw...”.
Porse il plico ai due amici, e fu Takaki a prenderlo in mano. Non erano solo schizzi, erano disegni completi di ombreggiatura che raffiguravano, ovviamente svestito, il modello della mattina precedente in varie pose, soprattutto quelle che potevano mettere meglio in mostra la muscolatura.
A vedere quei disegni, Yamagi perse di colpo colore dal viso. Ride lo stava già per prendere in giro, dicendo che era incredibile si vergognasse anche solo per dei disegni, ma non fece in tempo, perché il meccanico si alzò dalla sedia e urlò: “Ma quello è Eugene!”.
 
*
 
Era arrivato finalmente il weekend e Ride attendeva ansioso all’ingresso del bar, in anticipo di mezzora rispetto all’orario concordato. Era da mercoledì che non attendeva altro!
L’artista aveva scoperto che Yamagi conosceva il modello di nudo del quale si era infatuato e, per tutto il resto della sera, Ride non aveva fatto altro che pregare l’amico di presentarglielo, in qualche modo.
Grazie all’intercessione di Takaki – il quale avrebbe avuto un futuro come politico! –, il meccanico aveva spiegato che quel ragazzo di nome Eugene era un amico di Shino, il suo fidanzato, e che non aveva un rapporto diretto con lui, quindi non poteva presentarglielo, ma Ride era insistente, maledettamente insistente, e l’amico sapeva che lo avrebbe tallonato fino a casa e anche oltre se non gliel’avesse data vinta, quindi propose un’uscita a quattro: lui, Shino, Ride ed Eugene. Aggiunse anche che non si prendeva responsabilità nel caso in cui l’uscita si rivelasse un flop a livello sentimentale per Ride, ma aggiunse anche che Eugene era single da un sacco di tempo, quindi sicuramente il rossino avrebbe potuto per lo meno provarci.
Ed eccolo lì, vestito con jeans bianchi, maglione multicolor, giaccone nero e sciarpa rossa ad attendere gli altri suoi amici. Doveva ammetterlo: fosse stato donna avrebbe messo un vestito corto e scollato per essere quanto più appariscente possibile, ma non era nemmeno così alto e bello per permettersi di rimorchiare con il suo sex-appeal. Essendo patentato, ma non automunito, si era fatto accompagnare in macchina da Carta, alla quale aveva raccontato tutta la storia; la ragazza gli aveva detto di contare su di lei se per caso non fosse andata bene: sarebbe venuta a riprenderlo al volo e a consolarlo con una buona crêpes fragola e cioccolato al negozio dell’angolo. 
Ride guardò l’orologio sul display del telefono, sperando che non tardassero troppo o che, peggio, Eugene non desse buca all’ultimo, magari per una soffiata di Shino, poiché Yamagi aveva voluto assolutamente raccontare la verità al fidanzato, facendogli promettere di tenere la bocca cucita, per una volta.
“Ehy, Ride!”. La voce baritonale e allegra di Shino fece trasalire Ride. Era arrivato il momento.
Si girò verso di lui con mille farfalle nello stomaco, ma quando lo vide accompagnato solo da Yamagi si rabbuiò. Li salutò con un mezzo sorriso, alzando una mano.
Appena lo raggiunsero, Shino insistette per entrare, trascinando Ride al tavolo prenotato nella piccola saletta un po’ appartata
“Il vostro amico non è venuto?”, domandò l’artista, abbattuto.
Yamagi sospirò. Ancora si chiedeva perché avesse accettato tutto quello. “Sei tu che sei troppo in anticipo. Eugene è molto puntuale, arriva per conto suo”. Il meccanico aveva calcolato tutto: non appena Eugene avesse attaccato bottone con Ride, lui e Shino si sarebbero defilati con una scusa, lasciandoli così da soli.
Ride sorrise felice, e iniziò a parlare con i due fidanzati (conosceva bene Shino, e gli stava molto simpatico: lo avrebbe voluto come fratello maggiore!), notando però che Yamagi era silenzioso – più del solito.
“Che succede, Yama?”, gli domandò, non riuscendo a farsi i fatti propri.
Il meccanico lo fissò, decidendo se rispondergli la verità o meno.  “Tutta questa storia... Ancora non comprendo come puoi prenderti una cotta per uno che hai solo visto nudo”, gli disse con poco tatto.
Ride fece spallucce. “Se mi chiedesse di andarci a letto lo farei all’istante, ma non voglio solo quello, Yamagi”, rispose. “Se siamo qui in un luogo pubblico e non imboscati è perché voglio conoscerlo meglio... Voglio parlarci. L’ho fissato per un’ora intera di lezione, senza poterci scambiare mezza parola. Quindi voglio solo recuperare ciò che ho perso”.
Dopo la spiegazione fornita, Yamagi sembrava più tranquillo, ma certe cose stentava a comprenderle.
Shino sorrise. “Che parole sagge, Ride. Vedrai che gli piacerai, anche se sei basso”, lo prese in giro, scatenando una mezza guerra a suon di insulti. 
 
Alle sette meno cinque, la porta del bar si aprì con un tintinnio di sottofondo. Ride rimase immobile, quando Shino alzò una mano, richiamando l’attenzione di Eugene per farlo avvicinare.
“Salve, e io che temevo di essere arrivato troppo presto”. Ride sentì la voce di Eugene alle proprie spalle e deglutì in imbarazzo. Aveva una bella voce...
“Eravamo in giro e fuori faceva freddo! Siediti vicino a Ride”, spiegò Shino e il rossino si disse che non c’era complice migliore di lui al mondo: si era seduto da un lato del tavolo con Yamagi, così da lasciare lui ed Eugene fianco a fianco dall’altra parte.
Il nuovo arrivato prese posto a sedere e Ride inspirò profondamente, inebriandosi della sua buona acqua di colonia.
“Piacere, Eugene Sevenstark”, disse lui, porgendo una mano nella direzione dell’altro.
“Ride Mass”, si presentò, guardandolo negli occhi. Ci fu qualche secondo tra i due in cui si fissarono l’un l’altro, poi le guance di Eugene si imporporarono e lasciò la presa sulla mano del ragazzo.
“Tu... Tu sei...”, boccheggiò agitato.
“Nh?”, fece Ride, fingendo innocenza, per qualunque cosa Eugene avesse da dire.
“Tu eri nell’aula di disegno lunedì?!”. Dal tono non si capì bene se si trattasse di una domanda o un’osservazione.
Ride arrossì. Si era accorto di lui? “Sì...”, ammise, un po’ a disagio.
“Ah...”, fece Eugene, guardando poi Shino in cagnesco.
Era stato invitato a quell’uscita insieme dall’amico e aveva chiesto chi fosse la quarta persona, ma l’unica cosa che gli era stata detta fu “un amico di Yamagi”. Di certo non si aspettava di ritrovarsi davanti proprio quello studente.
Nonostante la vergogna che provava per essere nudo davanti a un’intera classe appena maggiorenne, aveva però notato una testa rossa tra gli studenti, con due enormi occhi verdi e un bel sorriso. Si ricordava bene di lui, anche se aveva sempre esteso lo sguardo al muro per tutta la durata delle pose.
“Avanti, Eugene! Non imbarazzarti!”, lo prese in giro Shino, incrociando le braccia dietro la testa. “La prossima volta andrò io a posare per loro al tuo posto!”. Inutile dire che Yamagi gli ficcò due dita in mezzo alle costole. Che osasse!
Eugene fece per parlare, quando un cameriere arrivò per l’ordine. “Siete pronti?”, chiese, pigiano il tasto virtuale del loro tavolo sul tablet per creare la comanda.
“Io prendo una birra bionda”, sorrise Ride.
“Io una rossa”, disse Eugene.
“Due di Cola”, ordinò Yamagi per entrambi, mentre Shino si lamentava in maniera quanto più discreta possibile. Il meccanico sapeva bene che il fidanzato avrebbe gradito di più una birra, ma doveva ancora pagare per quanto aveva anche solo pensato poco prima.
Il cameriere prese l’ordine e, dopo aver ringraziato, andò via, lasciandoli di nuovo soli.
A quel punto, Ride, capendo il disagio che doveva provare Eugene, decise di giocare a carte scoperte. Voleva essere leale con lui. “Ho chiesto io a Yamagi di organizzare questa uscita con te”, mormorò, aprendo la borsa a tracolla.
“Come?”, chiese Eugene, colto del tutto impreparato.
“Io... volevo parlarti... ma quello che ho da dire probabilmente lo capirai meglio così”, spiegò, porgendogli il proprio album da disegno.
Il modello lo prese in mano e lo aprì, iniziando a guardare i disegni a matita che Ride aveva fatto in quella settimana; c’era un unico soggetto su quei fogli bianchi: Eugene. Non c’erano solo nudi, anzi, molti erano solo disegni del viso, o magari era vestito con abiti strani – c’era addirittura una sua versione cosplay di Mobile Suite Gundam: Iron-Blooded Orphans.
“Questo sono io...”, sospirò Eugene, commosso.
“Sì... io... vedi...”, sussurrò piano l’artista. “Mi piace disegnarti, sei diventato il mio chiodo fisso. Volevo conoscerti...”, ammise a disagio.
Eugene andò più avanti e trovò una pagina che catturò la sua attenzione: c’erano lui e Ride lì, disegnati mente si baciavano sul bordo di una scogliera al tramonto. Rimase a fissare quel foglio, arrossendo appena.
“Immagino non sia bello ricevere delle avances solo per il proprio corpo”, mormorò Ride. “Ecco perché volevo che uscissimo insieme. Sono stanco di disegnare solo la conchiglia, senza poter ricreare la perla che vi è all’interno”.
Eugene chiuse l’album e glielo rese con un sospiro. “Ti piaccio così tanto?”, domandò per esserne certo, come se quei disegni non parlassero da soli per esprimere tutti i sentimenti che Ride celava.
“Sì”, annuì il ragazzo. “Però capirò se te ne volessi andare ora stesso”.
Il modello scosse il capo e, sotto gli occhi stupiti di Yamagi e Shino, gli passò una mano tra i capelli rossi. “Non sarebbe per niente galante se me ne andassi dopo avermi organizzato una serata così no?”.
Ride arrossì appena e gli sorrise grato, così i due iniziarono a conversare tra di loro, lasciando da parte qualsiasi imbarazzo: entrambi volevano conoscersi e non si sarebbero lasciati sfuggire l’occasione.
Yamagi e Shino, intanto, si scambiarono un’occhiata complice e batterono il pugno reciprocamente. Missione compiuta.
 
*
 
L’ora di salutarsi arrivò veloce, troppo veloce, e Eugene si offrì di dare un passaggio a Ride fino a casa.
Quando furono arrivati davanti al condominio, Eugene parcheggiò la macchina sotto un albero lì vicino e, messa in folle, si girò verso Ride. Avevano parlato per tutto il viaggio, ma i brevi momenti di silenzio non erano stati imbarazzanti.
“Allora... hai il mio numero, quindi ci risentiamo quando voi, va bene?”, chiese con un sorriso al ragazzo più giovane, mentre questi si sganciava la cintura.
“Sì, ci sentiamo... sicuramente ho il weekend libero, però magari... non so... anche prima, sempre se vuoi...”, spiegò l’artista. Non voleva esplicitamente dirgli che avrebbe saltato anche le lezioni pur di vederlo, ma il concetto era quello.
“Vorrei davvero”, rispose Eugene.
Ci furono dei secondi tra di loro nei quali la tensione fu palpabile. Non sapevano se fosse la cosa giusta da fare al primo appuntamento, ma decisero di comune e silente accordo che ne valeva la pena.
Eugene avvicinò il viso a quello del ragazzo, il quale lo prese per la cravatta, finendo così di colmare il divario tra le loro bocche.
Finalmente quell’incontro di labbra non era più un sogno ad occhi aperti di Ride; era tangibile e reale, e molto più bello di come lo aveva immaginato.
Durante la serata, Eugene aveva imparato a conoscere quel ragazzo, e quando questi era andato in bagno ne aveva approfittato per chiedere a Shino e Yamagi qualcosina di più.
Per loro era solo l’inizio, ma già mentre le lingue si lambivano con desiderio tra le loro bocche, Eugene sentiva che Ride era già riuscito a farsi un posto speciale nel suo cuore, almeno come premio al suo coraggio.
Quando le mani dei due iniziarono a scorrere tra i vestiti, però, fu proprio l’artista a spezzare quel bacio, allontanandosi un po’.
“Meglio... meglio che vada”, sussurrò, mettendosi meglio la sciarpa. Non voleva fare qualcosa di troppo per la prima sera.
Eugene annuì e si sporse di nuovo, per dargli stavolta un bacio tra i capelli. “Buonanotte, allora”, sorrise.
“Buonanotte”, rispose Ride con un sospiro, tuffandosi fuori dall’autovettura.
Il modello attese che Ride richiudesse il cancello condominiale – no, non gliene fregava nulla che fosse un maschio, si sentiva più tranquillo così – e poi partì, salutandolo con un gesto della mano.
Ride rimase a guardare la macchina finché non vide più le luci in strada, poi si avviò verso il portone d’ingresso. Stava salendo le scale quando gli arrivò un messaggio. Prese in mano il telefono, emozionato, ma rimase un po’ deluso nel vedere che il mittente era Carta.
“Allora, com’è andata?”
Preso com’era dalla serata con Eugene aveva dimenticato di aggiornare l’amica sugli sviluppi.
“Domani ti chiamo e ti racconto. Tutto a meraviglia! *A*”
“Good Job!”, fu il messaggio della ragazza.
L’artista fece per mettere a posto il cellulare, ma questo lo avvertì della ricezione di un nuovo messaggio. Quando controllò gli si asciugò la bocca. Era Eugene. Aprì il messaggio, facendosi forza per leggerlo.
“Sarei importuno se ti chiedessi di fare colazione insieme domattina?”.
“Saresti perfetto”.
“Alle 9?”.
“Sì”.
“Ti vengo a prendere io”.
“Grazie per la serata”.
“Grazie per averla resa possibile”.
Ride arrossì a quell’ultimo messaggio. Eugene era un po’ smielato ma dannatamente dolce.
“Buonanotte”.
“A te”.
Con il sorriso in volto, Ride entrò in casa e, dopo essersi messo comodo, andò alla scrivania. Voleva disegnare, voleva mettere su carta i suoi sogni di lui ed Eugene insieme, sperando che presto potessero trasformarsi in quella realtà di cui aveva tutti i presupposti di diventare.

 

Fine.
XShade-Shinra
 


Spero che questa Eugene/Ride sia stata di vostro gradimento! ** Non potevo non far comparire anche l'OTP Shino e Yamagi, e fare un piccolo riferimento anche alla splendida Aston/Takaki.
Purtroppo la FF non è stata betata perché per motivi legati alla Challenge COW-T 8 (a cui questa storia partecipa con il prompt "Rating SAFE e warning SLASH oppure FEMSLASH") ho dovuto pubblicarla entro oggi senza possibilità di proroga. Spero che la lettura non ne sia stata inficiata. :3
Il titolo si rifà alla canzone "Draw me" Dei Sonata Arctica.
Grazie a chiunque sia giunto fino a qui, e mi raccomando Shippate Eugene/Ride! *A*




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