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di Karmi
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Tet fece dondolare la pedina del cavallo tra le mani, guardando l’universo sopra la sua testa. Raramente i suoi occhi si perdevano in quella distesa di stelle e pianeti, raramente non preferiva osservare cosa accadeva nel mondo che governava.

Raramente succedeva, ma succedeva. E quando accadeva, non era mai un bel giorno per il Dio dei Giochi.

Sinceramente, Tet non era una persona legata ai ricordi. Il passato non doveva essere disturbato, come il presente non doveva essere programmato e per tanto il futuro anticipato. Il filo rosso del destino avrebbe agito secondo le sue regole. Punto.

Per quello Tet non voleva ricordare i momenti più belli e più brutti della sua vita. Non aveva senso. Serviva solo a illudersi, e lui odiava essere preso in giro.

Ma quando guardava l’universo, lo faceva. Ricordava chi era stato prima di diventare il dio di quel mondo pieno di razze, ricordava con chi era stato prima di isolarsi da tutti gli altri.

Guardava l’universo e ricordava il suo unico amico.

Tet sospirò, lasciando cadere il cavallo sul suo grembo. Odiava essere triste. Ma non poteva evitarlo, non quando pensava a lui.

Aveva voluto bene a Riku. Quell’umano non aveva mai smesso un minuto di pensare a lui, anche quando stava infinocchiando tutte le altre razze con il suo piano a dir poco folle. Non aveva smesso un minuto di invitarlo a giocare una partita di scacchi anche quando viveva nella disperazione.

Non aveva smesso di pensare a lui per tutta la sua vita, facendolo diventare alla fine reale.

Lui, nato dal desiderio genuino di un bambino, era diventato il Dio dei Giochi grazie al suo creatore. Un debito del genere non sarebbe mai riuscito a ripagarlo.

Tet chiuse gli occhi. Non aveva voluto, non voleva bene tutt’ora a Riku perché lo aveva reso un Dio. E nemmeno perché lo aveva creato.

Gli voleva bene perché, nel bene e nel male, aveva sempre giocato con lui, nonostante perdesse sempre. Nonostante fosse solo un semplice umano.

Tet riaprì gli occhi, smettendo di tenere il viso rivolto al cielo. Riprese in mano il suo cavallo, studiando la scacchiera di legno davanti a lui.

Mise la pedina in posizione, per poi alzarsi in piedi.

Il suo cavallo in G8.

La torre di Riku in F10.

Nessuna altra possibile mossa da fare.

Accidenti, come bruciava quel pareggio.

Alla fine, Riku aveva fregato proprio tutti.

Persino il Dio dei Giochi.





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