Per Hatta,
continua a
brillare sempre come un piccolo raggio di sole, anche in questo nuovo anno.
Io sono fatto per la luce: – è quasi l'unica
cosa di cui non posso assolutamente fare a meno e che non posso sostituire: la luminosità
di un cielo sereno.
[Nietzsche]
Die
erhellten Nachte der Sehnsucht
«Da che parte dobbiamo
andare?»
Sakura girò altre tre volte la
cartina, senza riuscire a orientarsi. Sapeva che avevano superato Piazza S.
Marco, con più piccioni che esseri umani, ma trovare la strada giusta per il
Canal Grande sembrava un’impresa al di fuori delle sue capacità.
«Non ne ho idea! – protestò
frustrata – Queste mappe sono così confuse!» accartocciò la cartina con
stizza. Si girò sconsolata verso Hinata e sgranò gli occhi verdi quando la vide
cercare di nascondere il riso dietro la mano. Al suono di quella risata
cristallina, Sakura si acquietò un poco. Le prese la mano, scoprendo il sorriso
luminoso e lo catturò con un bacio. Un moto di soddisfazione la pervase nello
scorgere il rossore sulle gote di Hinata e nel non sentirla scostarsi, come
quando erano a casa, per paura che qualcuno le vedesse.
Organizzare quel viaggio in
Europa per il loro primo anniversario era stata un’ottima idea; avevano
entrambe bisogno di un posto in cui non essere additate, guardate, tenute a
distanza solo perché la loro amicizia era scivolata in amore. Anche tenersi per
mano, nella città in cui abitavano, era diventato difficile. La paura era il
terzo elemento della loro relazione che Sakura cercava continuamente di
scacciare, ma da cui non riusciva a liberarsi. Da quando Hiashi Hyuuga aveva
cacciato Hinata di casa, Sakura era sempre arrabbiata, sempre indignata, feroce
e intenzionata a proteggere la sua donna come una leonessa con i propri
cuccioli e sempre – sempre! – impaurita che potesse succedere qualcosa, che
quell’amore che tanto le dava ogni giorno potesse degenerare, che Hinata una
mattina si alzasse e potesse pensare che no, quello che facevano era sbagliato,
che aveva commesso un errore di valutazione quando aveva scelto lei invece
della sua famiglia. Lei, Sakura Haruno, la studentessa lesbica e scapestrata,
cacciata dalla facoltà di Filosofia per comportamenti indecorosi; lei, che era
finita in prigione durante la rivolta di Stonewall per aver spaccato una sedia
sulla testa di un poliziotto, che osava indossare i pantaloni e tagliare i
lunghi capelli in segno di protesta…
La sua sete di giustizia era
incontenibile; la sua bramosia di poter essere se stessa, di vivere in un mondo
migliore, era più forte di qualsiasi altra cosa… Almeno finché non aveva
conosciuto Hinata in una giornata piovosa.
Era appena stata sbattuta
fuori da Yale, complici i suoi trascorsi con la legge, il suo orientamento
sessuale fin troppo manifesto e i comportamenti inaccettabili per «una
signorina dabbene». Il futuro le era sembrato completamente nero; si era
sentita come se ogni goccia di felicità e d’energia fossero state risucchiate
in un enorme vortice, cupo come le nubi temporalesche che rovesciavano su di
lei carichi e carichi di pioggia. All’improvviso, l’acqua aveva smesso di
grondare sulla sua testa. Sakura aveva alzato lo sguardo e Hinata era lì, con
un ombrello azzurro a proteggere quella sconosciuta dalla pioggia e un sorriso
dolce sul volto, i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle e gli occhi di un
azzurro chiarissimo che la avevano osservata con una gentilezza di cui Sakura
non era stata più oggetto da tanto tempo. In quel momento, nella frase piena di
premura: «Non dovresti stare sotto la pioggia, finirai con l’ammalarti»,
Sakura aveva rivisto la luce del sole.
«Ora capisco cosa intendeva
Platone… - aveva mormorato. Hinata aveva sgranato gli occhi, un po’ perplessa –
Il mito della caverna… Quando l’uomo comincia finalmente a vedere i corpi
celesti e poi scorge il sole e capisce che è “esso a produrre tutte le cose
del mondo visibile e a essere causa di tutto quello che...” – si era
interrotta bruscamente, aveva scosso il capo e, imbarazzata, aveva teso la mano
– Mi chiamo Sakura».
Da quel momento, Hinata era
stata la sua luce, la sua Sehnschut; il suo desiderio… Aveva desiderato
con tutto il cuore proteggerla e preservarla. Tuttavia, Sakura si era presto
trovata, dopo essere andate a convivere, nel vortice di due struggimenti che
l’affliggevano e la tiravano in direzioni opposte senza potersi conciliare a
vicenda: il desiderio di una vita tranquilla con Hinata – la sua fragile, dolce
e femminile Hinata – e le lotte che portava avanti ogni giorno, per sé, per
lei, per tanti altri come loro rinnegati dalle proprie famiglie e dai propri
cari, colpevoli solo di amare una persona del proprio sesso, con l’aggravante
di esser donne, nel loro caso, e non volersi sottomettere a una vita con un
uomo. Persone che volevano solo essere felici e, come sosteneva S. Agostino, non
potevano non voler essere tali.
Nei suoi primi, goffi,
tentativi di proteggerla e tenerla distante da quella realtà, Sakura nascondeva
i lividi delle percosse della polizia; camuffava i continui arresti durante le
manifestazioni come improvvisi impegni familiari, celava agli occhi innocenti
di Hinata la cattiveria del mondo dietro un illusorio velo di Maya che non
desiderava la ragazza varcasse. Quello che Sakura non aveva capito era che,
lungi dall’essere lontana dall’uscita della caverna, gli occhi di Hinata erano
ben aperti. Non aveva pianto quando si era presentata al misero appartamento di
Sakura con una valigia, chiedendole ospitalità perché a casa «non era più la
benvenuta»; non piangeva o si disperava quando la compagna, costretta dalla
convivenza a stracciare la patina di tranquillità dalla loro relazione, si
presentava con i segni delle percosse che medicava gentilmente, né quando le
chiedeva di raggiungerla alla sede di polizia più vicina per pagarle la
cauzione e farla uscire.
Hinata, semplicemente,
sorrideva e l’accoglieva; curava ogni ferita di Sakura, fisica o mentale che
fosse, e combatteva silenziosa la sua stessa battaglia. Riuscire tramite
lavoretti occasionali a portarla finalmente a Venezia, quella città che la
ragazza amava tanto e che aveva visto solo sui libri d’arte, era stato per
Sakura un traguardo enorme; una liberazione, un attimo di quiete da una realtà
fin troppo turbolenta e difficile…
…una pessima idea, visto che non
riusciva a raggiungere quel maledetto Canal Grande. Si rabbuiò di nuovo,
osservando quel disastro cartaceo che era diventata la cartina dopo il suo
sfogo. Irritata, la gettò a terra e le tirò un calcio. Questa finì dritta
nell’acqua e, lentamente, affondò assieme alle speranze di Sakura di condurre
Hinata in una romantica gita lungo il Canale.
«Sakura… - sentì la mano della
ragazza stringere la propria. Le dita di lei erano fresche al tatto e Sakura si
sentì in parte rinfrancata da quel contatto - …Perché non andiamo di nuovo a S.
Marco? – propose – Mi è piaciuta tanto la chiesa, vorrei vederla di nuovo».
Sakura la abbracciò di slancio
e rise. Rise come non faceva quasi mai, spensierata, libera e serena. Riempì il
volto di Hinata di baci, incurante degli altri passanti, e la fece roteare; la
gonna della compagna che si sollevava appena sotto la brezza veneziana. Mise
male il piede, caddero in acqua e Sakura continuò a ridere, mentre un uomo
urlava loro qualcosa di incomprensibile in italiano. Forse le stava insultando,
forse voleva solo invitarle ad avvicinarsi al bordo del canale per aiutarle a
uscire dall’acqua, forse a Sakura, in quel momento, non importava affatto,
perché rideva ancora e nuotava verso Hinata che cercava di tenersi a galla.
Quando le fu abbastanza vicina, le baciò la punta del naso.
«Sei la mia die erhellten
Nachte de Sehnsucht» sussurrò sulle sue labbra.
E fu felice.
N/A:
Auguri in ritardo Hatta! Perdonami l’attesa, ma ci si è messa Cartoomics di
mezzo, più non so quanti impegni di lavoro.
Purtroppo non è venuta un
granché. Non credo di riuscire a muoverle bene, né che siano particolarmente
IC, ma l’ho scritta davvero senza pretese e… Beh, spero che ti piaccia <3.