Note
Vorrei fare qualche chiarimento sul contenuto di questa fanfiction per
tutti colori che dovessero fermarsi a leggerla: lessi il manga di Death
Note anni fa, e nell'estate del 2016 cominciai a guardare l'anime, che
fino ad allora non avevo mai visto. A parte, dunque, manga e anime, non
ho letto né visto nessun'altra opera legata a Death Note,
motivo per cui è possibile che molti lettori decisamente
più appassionati ed attenti della sottoscritta troveranno
delle discrepanze rispetto "all'universo espanso" di Death Note. Una di
queste discrepanze è la stessa protagonista, K, un OC di mia
invenzione, che ho scoperto solo in seguito essere il nome di un
personaggio del film L
change the WorLd, anch'esso femmina. Ho comunque deciso di
mantenere identico il suo soprannome, in quanto lo trovavo
significativo ai fini della trama che avevo ormai già in
gran parte elaborato. Vi chiedo dunque di perdonare questa mia presa di
posizione.
A
parte il cambiamento di alcune sostanziali parti di trama,
tipico di ogni fanfiction, vorrei inoltre segnalare che ho
deciso di modificare l'età di Near, rendendolo molto
più giovane rispetto alla reale età attribuitagli
da Oba. Si tratta, questo, di un cambio voluto per inserirsi meglio
nella mia trama. Ho inoltre ripreso il personaggio di Q, dal romanzo di L change the WorLd, anche
se non ho voluto approfondirlo.
Ho
voluto scrivere questa nota introduttiva perché possiate
comprendere i cambiamenti che ho fatto alla trama, ma anche per
avvertirvi della mia non perfetta conoscenza dell'universo di Death
Note. Se doveste intraprendere la lettura e voleste farmi presenze
incongruenze, errori, o evidenziarmi punti poco chiari, vi prego di
farlo. Il motivo principale per cui ho deciso di pubblicare questa
fanfiction è proprio per potermi confrontare con lettori,
scrittori e appassionati più competenti, che mi possano
aiutare a migliorarmi nella scrittura.
Detto
ciò, auguro a tutti voi una buona lettura, e rimango a
vostra disposizione per dissipare eventuali dubbi o per confrontarmi.
Parte
I
Prologo
Tokyo,
27 dicembre 2003.
In
una stradina passeggiavano due uomini ed una giovane donna caucasici.
Lei indossava un lungo cappotto nero e un paio di pantaloni eleganti,
che terminavano larghi sopra gli stivaletti. Camminava a testa bassa,
togliendo di tanto in tanto una mano guantata dalla tasca per
spostare dalla faccia ciuffi ribelli del suo caschetto nero. Il suo
volto era per metà coperto da grandi occhiali da sole scuri,
nonostante il cielo fosse coperto da una spessa coltre di smog, che
la luce del giorno non era in grado di penetrare. Uno dei due uomini
aveva circa trentacinque anni, i capelli neri tagliati molto corti e
rasati ai lati, l'altro, biondo, li portava lunghi fino al collo, con
la riga di lato. Poteva avere una quarantina d'anni.
Camminavano
vicini e parlavano a bassa voce, senza guardarsi in faccia. I due
uomini portavano abiti casual ed erano entrambi alti e muscolosi. La
loro camminata era veloce, quasi a passo di marcia. La donna si
fermò
un istante perché i due la superassero. Scosse la testa.
-Anche
un idiota capirebbe che siete agenti in borghese.-
I
due si fermarono. -Tenete le spalle più rilassate, guardate
la città
intorno a voi e, per l'amor del cielo, non siamo ad una parata
militare, camminate come persone normali!-
L'agente
sulla quarantina fece una smorfia di disgusto. -Sta' a vedere che ora
dobbiamo prendere ordini da te, Banks.-
-Non
capisco perché abbiano messo voi
a farmi da scorta.- riprese la donna chiamata Banks, ricominciando a
camminare.
-Perché
gli agenti bravi
devono sorvegliare quasi centocinquanta famiglie per trovare la talpa
dell'Interpol.- rispose lui. -Mentre noi siamo costretti fare da
babysitter a una puttana come te.-
La donna non si
scompose.
Allungò un po' il passo per raggiungere più in
fretta l'hotel.
Stare fuori in pieno giorno le metteva sempre agitazione.
Rimanere lì era solo una
perdita di tempo. Sperava che le sarebbe stato concesso di
partecipare a quelle che senza dubbio sarebbero state ricordate come
le indagini del secolo, ma quei cani da guardia le stavano addosso
tutto il tempo, e non c'era modo di avvicinarsi al quartier generale
della polizia giapponese. Non che sperasse di riuscire a raccogliere
informazioni in quel modo, era chiaro, ma quel loro vagare per Tokyo,
in attesa che succedesse qualcosa, la stava facendo uscire di senno.
Si trovavano
lì da poco: la
richiesta di rinforzi per condurre le indagini era arrivata un paio
di settimane prima, e l'FBI si era proposto di inviare sei o sette
agenti al massimo. Troppo pochi, aveva sentenziato il mediatore.
Perciò la sua agenzia si era offerta di mandare alcuni dei
propri
uomini, come già aveva fatto in passato. La Hogson Society
for
Veteran Reintegration, o, meglio, la sezione paramilitare chiamata
Privates for Police Enforcements Program, di cui il bastardo di Hayer
era il capo, aveva alle spalle una lunga collaborazione con le forze
federali, Banks sentiva ripetere spesso dai suoi superiori, ogni
volta che veniva chiamata per un caso. Eppure, di tutti quegli
agenti, addirittura in due erano stati assegnati a lei come
“guardie
del corpo”. A che pro mandarla in Giappone, allora? Quali
erano i
piani di Hayer?
Senza rendersene conto, si
stava arricciando una ciocca di capelli intorno al dito indice.
Rimise la mano in tasca con un gesto brusco, e si morse le labbra
pallide. D'un tratto, sentì uno dei due agenti gemere, e un
momento
dopo il rumore di un corpo che si accasciava a terra. Si
voltò di
scatto. -Johnson, cosa ti succede?- chiese l'agente più
giovane al
proprio collega. Johnson respirava a fatica, e si era portato una
mano tremante sopra al cuore. I due non fecero in tempo ad
avvicinarsi al compagno che anche l'altro agente iniziò a
stringersi
il petto. I suoi occhi erano trasfigurati dal terrore.
“NO!”
pensò Banks.
Il secondo agente
cadde in
ginocchio, mugolando, col viso rivolto verso il cielo e la bocca
spalancata. Quasi nello stesso istante, i due uomini smisero di
respirare, ed entrambi i loro corpi si fermarono in posizioni
innaturali sul marciapiede. Banks non tentò nemmeno il
massaggio
cardiaco. Sapeva che non ci sarebbe stato nulla da fare.
Attese ancora qualche
istante, pietrificata, col pugno chiuso pronto a battersi sul petto,
nel caso l'arresto cardiaco avesse colpito anche lei. Misura inutile,
certo, ma non avrebbe voluto che la morte la cogliesse impreparata.
Nel giro di pochi
secondi,
si erano radunate già diverse persone attorno ai due
cadaveri.
Un lampo
balzò negli occhi
di Banks, che si tolse con un rapido gesto prima gli occhiali dal
volto, e poi la collana, mettendoli nella tasca del cappotto.
-Aiuto! Chiamate
un'ambulanza!- urlo in giapponese ai passanti.
Si tolse il cappotto
e lo
appoggiò al corpo di uno dei due e, guardando di sottecchi i
curiosi
attorno a lei, approfittò di quella posizione per infilare
una mano
nello stivaletto, estraendo, con un gesto da prestigiatore, una
minuscola chiave da dentro la manica della camicetta.
Afferrò la
chiave col pollice e l'indice, mentre con le restanti dita arpionava
il braccialetto elettronico che le cingeva la caviglia.
“Click”,
fece il
braccialetto elettronico. Lo sfilò e lo nascose nella tasca
del
cappotto, assieme agli occhiali e alla collana.
Poi si
alzò e corse in un negozio di fiori lì vicino.
-Presto! Ho bisogno di un telefono! I
miei due amici stanno male!-.
Un signore le
mostrò il
telefono e corse fuori dal negozio a vedere cosa stesse succedendo.
Cinque anni. Aveva atteso
per cinque anni un'occasione come quella, e non avrebbe mai creduto
che si sarebbe presentata... grazie a Kira.
Pregò
soltanto che in tutto
quel tempo il numero d'emergenza per gli ex studenti dell'accademia
non fosse cambiato, che chi avesse risposto al telefono non le
avrebbe attaccato la cornetta in faccia, e che quell'operazione non
venisse scoperta. Digitò il numero e rimase in attesa,
tremante.
-Wammy's House, parla
Harvey- rispose una voce maschile dall'accento britannico. -Prego,
identificatevi col vostro numero di matricola.-
-James?-
Banks
esitò un momento nel
riconoscere la voce dall'altro capo del telefono, ma sapeva di non
avere nemmeno un secondo da perdere.
-Ho un messaggio
urgente per
Watari. La supplico di riferirglielo.- disse, con voce ferma.
-Il numero di
matricola,
prego.- insistette l'uomo. -In quanto ex studenti della Wammy's
House, qualsiasi sia il problema, dovreste sapere che le
procedure...-
-K-768706S- lo
interruppe
Banks. Dall'altro capo del telefono si sentì un mugolio di
sorpresa.
-Se... se questo
è uno
scherzo...- riprese il signor Harvey.
-Senta, James, la
prego di
non fare domande e di fare quello che le chiedo.- riprese Banks con
voce ferma. -È evidente che sono ancora viva, ma non per
molto, se
non mi ascolta. Il messaggio è il seguente: “Sono
la Matricola
K-768706S. Sono attualmente un ostaggio del Privates for Police
Enforcement Program, sezione paramilitare della Hogson Society for
Veteran Reintegration. Ho eluso la sorveglianza perché gli
uomini
della mia scorta sono morti. Se volete aiutarmi, dovete ingaggiare
Nathalie Banks perché vi aiuti col caso Kira. L non deve
saperne
nulla. Consideratevi in pericolo”.-
-K...Ka...Kay...-
balbettò
l'uomo all'altro capo del telefono.
-Signor
Harvey, non ho tempo di spiegarle. Sappia solo che la vita di alcune
persone che Lei conosce dipendono dalla sua riservatezza e dal fatto
che Lei riporti esattamente queste
parole al signor Watari. Siamo intesi?-
Vi fu un attimo di
silenzio.
-Sarà fatto, signorina.-
Nathalie Banks sospirò
mentre riattaccava. Guardò l'orologio: ci aveva messo troppo
tempo.
Si allontanò in fretta dal negozio, lasciando sul bancone un
fascio
di banconote per rimediare ai costi della chiama internazionale. In
strada si erano radunate molte persone intorno ai due cadaveri.
-Lasciatemi passare,
sono
miei colleghi!- urlò in giapponese ai curiosi. Raccolse il
proprio
cappotto mentre si chinava sull'uomo chiamato Johnson; con una mano
riprese occhiali, collana e braccialetto elettronico e rimise ogni
cosa al suo posto, mentre con l'altra sfilò il cellulare
dalla tasca
del cadavere.
-Quartier generale,
sono
Banks. Johnson e Heinemann sono morti. Attacco cardiaco. Nello stesso
momento. Notizie dagli altri agenti?-
Silenzio. Un
interminabile
ed inquietante silenzio, durante il quale Banks non riusciva a
smettere di rigirarsi la sua collana tra le dita.
-Nessuno risponde.-
fece la
voce all'altro capo del telefono. -Dobbiamo dedurne che siano tutti
morti?-
-Così
pare.- disse
Nathalie, guardandosi intorno. La folla iniziava a disperdersi, e in
lontananza si sentiva il suono delle sirene.
-Banks.- si
sentì chiamare
da un'altra voce al telefono. Era Hayer in persona. -Provvederemo al
più presto a mandarti una nuova scorta. Ora dammi la tua
posizione e
l'ora del decesso, ti mandiamo un taxi che ti porterà
all'hotel,
senza deviazioni. Sali in camera e restaci finché non ti
sarà
assegnata una nuova scorta. Il tuo telefono, come sempre,
sarà
attivo solo per le chiamate in entrata. Ora, resterai al telefono
fino a che non sarà arrivato il taxi a scortarti, e potrai
chiudere
la chiamata soltanto quando un nostro agente ti dirà di
farlo. Siamo
intesi?-
A
migliaia di chilometri di distanza, un distinto signore inglese di
mezz'età, con occhiali dalla montatura nera e quadrata, e
con viso e
cranio freschi di rasatura, si dirigeva verso lo schedario
dell'istituto. Non era uno schedario molto grande, dal momento che
c'erano pochissimi studenti che venivano scelti per entrare alla
Wammy's House; talmente pochi che in un cassetto c'erano i fascicoli
di un intero decennio di matricole.
Aprì
il primo cassetto dal basso, la cui etichetta recitava
“1985-1989”.
La maggior parte dei fascicoli erano della tipica tonalità
giallo
ocra, ma tra questi, ne spuntavano alcuni rosso scarlatto.
“Coloro
che macchiano il nostro orgoglio”, diceva spesso il signor
Wammy.
Quattro suicidi e un morto sul lavoro, tra gli immatricolati in quel
decennio.
Harvey
non aveva nemmeno bisogno di accendere la lampada sopra gli schedari
per trovare quello della matricola K-768706S.
Era uno di quelli rossi, e si trovava proprio accanto al più
spesso
tra tutti i fascicoli della Wammy's House. Quello della matricola
L-798721?. Non era nemmeno passato moltissimo tempo dall'ultima volta
che era stato messo sotto verifica.
Harvey
ritornò verso la sua
scrivania, mentre la pioggia insistente batteva sul vetro. Non
riusciva ancora a credere a ciò che era appena successo: il
signor
Wammy, di solito sempre così pacato e composto, gli aveva
urlato
contro per diversi minuti al telefono.
-E non hai pensato di farle
altre domande, per accertarti fosse veramente lei?-
-Ha detto che aveva
poco
tempo...-
-E con quale faccia
tosta si
fa viva dopo cinque anni? Mettendoci tutti in pericolo?-
-Pare che sia tenuta
sotto
strettissima sorveglianza.-
-Quando me la
ritroverò
davanti...- aveva inveito ancora il signor Wammy, prima di fermarsi,
ansimando.
-Harvey, organizza il
prima
possibile una squadra perché indaghi sulla Hogson Society
for
Veteran Reintegration, e sulla sua sezione paramilitare.-
-Ma...-
provò a protestare
Harvey. -Lei ha sempre detto che non voleva che nessuno si
intromettesse in quel caso...-
-E a cosa
è servito?- aveva
domandato aspramente Wammy. -Quell'infame... ha quasi ucciso L! E non
solo lui! E, come se non bastasse, ha finto di essere morta per tutto
questo tempo!-
C'era stato un attimo
di
silenzio, dopo il quale Wammy aveva ripreso a parlare normalmente.
-Voglio che trovi
qualcuno
dei vecchi studenti che se la senta di prendere in mano il caso. Devo
verificare se quello che ha detto questa donna che dice di essere K
è
vero, se lei è effettivamente viva, e quali sono
concretamente i
rischi che corriamo se vogliamo aiutarla. Oltretutto, ci troviamo in
un momento pessimo: ora, con la morte degli agenti dell'FBI,
verrà
sicuramente a galla che L stava indagando sui familiari degli agenti
dell'Interpol.-
Harvey aveva sentito
l'uomo
sospirare, e si era risistemato gli occhiali sul naso dritto.
-Potremmo perdere
l'appoggio
della polizia giapponese e dell'Interpol. Rischiamo di ritrovarci da
soli. Sarebbe enormemente rischioso chiamare la sedicente Nathalie
Banks, o come ha deciso di farsi chiamare ora quella... quell'ingrata
di K. Perché sicuramente le metteranno addosso altri
carcerieri.
Dannazione, quelli che la tengono sotto sequestro collaborano coi
federali! In che situazione si è
cacciata?! In che situazione
ha intenzione di coinvolgerci?-
C'era stata un'altra
pausa.
-Ma non ha
importanza. La
aiuteremo. Però voglio che qualcuno dei nostri indaghi.-.
C'era
stato un sospiro. -Devo conoscere i rischi.-
-Sissignore.-
-Ah, e un'altra
cosa.- aveva
aggiunto Wammy. -Aumenta la sicurezza attorno a Nate River. Non deve
avere alcun contatto con l'esterno, siamo intesi?-
-Sissignore.-
-Dai disposizioni
perché
nessun estraneo possa chiamare o avvicinarsi alla Wammy's House fino
a nuovo ordine. Se le persone che tengono K sotto sequestro dovessero
venire a scoprire che è riuscita ad eludere la sorveglianza
e a
contattarci, non passerà molto tempo prima che tentino di
entrare
alla Wammy's House per prendersi Nate River.-
-Sarà
fatto.-
-Ah, mi auguro tu
abbia già
fatto sparire i tabulati telefonici della chiamata ricevuta da lei.
È
vero che il numero che ha usato corrisponde ad una linea criptata,
ma se dovesse uscire dai tabulati telefonici che c'è stata
una
chiamata ad una linea criptata...-
Mentre
ripensava alla conversazione poco prima conclusasi, Harvey era giunto
alla scrivania, e aveva aperto il fascicolo scarlatto per ricopiare
alcuni dei dati, da faxare agli unici due ex studenti che si erano
offerti di prendere il caso.
Matricola:
K-768706S
Nata
a: Bloemfontein (South Africa) il 3
agosto 1976
Morta a: Seattle
(Washington, U.S.A) il 7 settembre 1998
Studentessa
eccezionale, era
stata K. Quando era giunta alla Wammy's House aveva già
subito gravi
traumi, e nonostante ciò era riuscita a sopravvivere a tutti
i cicli
scolastici con pochissimi incidenti di percorso. Da fuori, sarebbe
potuta quasi sembrare una persona normale, perfettamente inserita
nella società. Quand'era giunta la notizia che si era
gettata da una
finestra, gli era persino un po' dispiaciuto, nonostante Watari
già
non sopportasse che qualcuno pronunciasse il suo nome in presenza
propria.
L'uomo
sottolineò in rosso
la data di morte e vi fece un punto interrogativo di fianco.
Perciò
il suo suicidio era stato simulato da questa Hogson Society
perché
si perdessero le sue tracce? E se lei era tenuta in ostaggio,
significava che pure quel tale, come si chiamava... Bjorn? Harvey non
ricordava, aveva un nome scandinavo. Comunque, lui e i suoi genitori,
anche loro erano in pericolo? Per il solo fatto di essere le persone
più vicine a K? Quindi anche il commissario Roger Burton era
coinvolto? E com'erano andate veramente le cose con Nate River? La
Hogson Society sapeva che si trovava alla Wammy's House?
Nathalie chiuse la porta
della camera alle sue spalle e sospirò nervosamente. Forse
ce
l'aveva fatta. Aveva aspettato per cinque anni un momento simile. Non
aveva preparato un piano, aveva semplicemente agito d'istinto, ma
forse le cose sarebbero andate bene ugualmente. Si fece una doccia e
poi si mise ad ascoltare i notiziari, mentre aspettava che le
portassero la cena. La notizia in prima pagina era sulla morte di
dodici agenti dell'FBI mandati in Giappone per il caso Kira: erano
tutti morti nello stesso momento per attacco cardiaco. A seguito
veniva annunciata da parte del portavoce dei federali la rinuncia da
parte loro a proseguire le indagini a fianco dell'Interpol.
“Merda!”
pensò
Nathalie. Questo complicava le cose. Non era propriamente un agente
dell'FBI, quanto più un collaboratore alle indagini esterno.
Probabilmente, la definizione più appropriata sarebbe stata
“Mercenaria carne da macello”. Dopotutto, i membri
della sezione
Privates for Police Enforcement Program (PPEP) della Hogson Society
erano mercenari spesso ingaggiati dalle varie forze di polizia o
governative, come supporto nelle operazioni ad alto rischio.
“Carne
da macello”, per l'appunto.
Ma se i federali si
ritiravano dalle indagini, come avrebbe fatto Watari a farla
contattare per chiederle di partecipare al caso? E se Hayer l'avesse
scoperta? Afferrò l'anello d'oro bianco che portava al
collo, legato
su di un semplice filo nero, e cominciò a rigirarselo tra le
dita,
come faceva sempre quando si sentiva nervosa. Ogni sua iniziativa
personale sarebbe stata gravemente punita da Hayer, ma nulla le
vietava di partecipare ad indagini per le quali veniva richiesta la
sua consulenza. Aveva già collaborato con L in passato,
all'oscuro
di tutti. Come durante il caso del killer di Los Angeles. Né
L né
Watari avevano minimamente sospettato che la persona dall'altra parte
del telefono o del PC fosse lei, K, l'ex studentessa bannata dalla
Wammy's House. L'ex studentessa morta suicida. Si chiese cosa avrebbe
pensato Watari all'ascoltare il messaggio che aveva lasciato ad
Harvey. Ce l'avrebbe avuta ancora con lei, dopo tutti quegli anni?
L'avrebbe aiutata?
Guardava distrattamente i
nomi dei morti che passavano alla televisione, quando si
sentì venir
meno.
Raye Penber.
Si
abbandonò con un gesto
stanco sul divano, fissando la televisione con uno sguardo vuoto.
Perciò
c'era anche Raye tra
quegli agenti?
Nathalie si
pentì di aver
ironicamente ringraziato Kira per averle concesso l'occasione di
fuggire. Il povero Raye...
Ma la tristezza aveva
già
ceduto il posto alla rabbia, al pensiero di non poter usare il
telefono per chiamare Naomi, che con ogni probabilità si
trovava
come lei a Tokyo, andare da lei, cercare di farle forza. Quanto
sarebbe dovuta ancora durare la sua prigionia? Quanto tempo avrebbe
passato ancora, tagliata fuori da ogni legame col mondo? Ricordava
tutti gli inviti a cena di Naomi e Raye, che aveva dovuto rifiutare,
perché sotto sorveglianza, e per paura di coinvolgerli nella
sua
rete di intrighi.
Si alzò e
tirò un pugno
violento allo schienale del divano, e con un calcio rovesciò
la
poltrona. Poi si buttò nuovamente a sedere a gambe larghe, e
affondò
le mani nei folti capelli.
In quel momento, squillò
il telefono.
La donna si
voltò con
sguardo furente verso il mobile su cui era appoggiato il telefono,
per poi alzarsi controvoglia per andare a rispondere.
-Nathalie Banks.-
-Piccola! Ho sentito
il
telegiornale e ho temuto il peggio!- fece una voce maschile.
-Bjarne!-
esclamò lei
piacevolmente sorpresa. -Non sai quanto sono felice di sentirti!-
Si arrotolava una
ciocca di
capelli attorno al dito indice, mentre parlava.
-Ho chiamato subito i
tuoi... ehm... superiori, per sapere se stavi bene e mi hanno detto
che ti avevano scortata in hotel. Te non hai idea del colpo che mi
sono preso!- continuò lui, la voce ansante.
-Sei sicura di voler
continuare a lavorare su questo caso?- riprese, con tono preoccupato.
-Questo Kira non può essere umano! Insomma, uccide le
persone a
distanza, come potete competere con qualcuno che non sapete come fa
ad uccidere?-
-Ci sto lavorando,
Bjarne,
tranquillo.- rispose lei, appoggiandosi al muro.
-E comunque, per il
momento
pare che l'FBI si sia ritirato dalle indagini.- continuò,
volgendo
lo sguardo verso il soffitto mentre giocherellava col filo della
cornetta. -Quindi non ti devi preoccupare.-
-Bene...- disse
allora
Bjarne, sospirando. Poi vi fu un attimo di silenzio, dopo il quale
l'uomo riprese a parlare, in tono più tranquillo. -Quindi...
tornerai negli Stati Uniti?-
-È
probabile.- rispose lei,
spostando il proprio peso da una gamba all'altra. -Almeno per il
momento.-
-Bene.- disse Bjarne.
-Non
te lo perdonerei mai se ti facessi ammazzare.-
Nathalie si
lasciò scappare
una risatina triste.
-Bjarne. Tra quegli
agenti
c'era Raye. Il fidanzato di Naomi.- disse, spostando lo sguardo fuori
dalla finestra.
-Ah.- fece l'uomo
all'altro
capo del telefono. -Naomi... è la ragazza che aveva
cominciato ad
insegnarti il giapponese? Quella del caso del serial killer di Los
Angeles?-
-Sì.-
rispose K,
sospirando. -Mi avevano chiamato per una consulenza e ci siamo
conosciute lì. Insomma, ci aveva chiamate... lui.-
-Aha.- disse Bjarne.
-Non
vorrei essere indelicato, ma... non è colpa tua se Raye
Penber è
morto. Non cominciare col tuo brutto vizio di sentirti responsabile
delle tragedie che accadono a chi conosci.-
-Bjarne...-
-Ascoltami.- la
interruppe
lui. -Concentra le tue energie per cercare di sopravvivere, va bene?
Dico sul serio. Io me la cavo, i miei se la cavano, stai facendo
anche troppo per cercare di tenerci al sicuro.-
Nathalie fremette. Lui non
poteva sapere che proprio quel pomeriggio aveva fatto qualcosa che
avrebbe potuto metterli seriamente in pericolo. Era stata una
decisione istintiva, ma forse troppo egoista?
-Non parliamo di
questo.-
disse allora. -Piuttosto, dimmi qualcosa di te. Non ci sentiamo da
almeno tre giorni.-
Sentì
ridacchiare
dall'altra parte del telefono.
-Non ti ho
fatto morire i
fiori, se è questo che ti stai chiedendo.-
Perfetto. Era il loro
codice
per avvertirla se gli uomini di Hayer lo pedinavano più del
solito o
lo minacciavano.
-Ma che bravo!-
ridacchiò
anche lei. -Appena torno a casa mi assicurerò che sia tutto
in
ordine. Guai a te se trovo qualcosa fuori posto!-
Cominciò
ad arrotolarsi una
ciocca di capelli attorno al dito.
-A proposito dei
fiori...-
riprese. -Oggi, tornando qui in taxi, sono passata davanti ad uno di
quei grandi parchi pieni di alberi di ciliegio, e
mi spiace
non poter rimanere qui in Giappone fino alla fioritura.
Perciò, ho
pensato di chiamare il fiorista, quando
verrà la stagione, e
prendere qualche ramo da mettere in casa, quando verrò a
trovarti.
Sai, stare da te mi mette sempre allegria, anche perché
sembra tu
viva in un giardino botanico, però pensavo di cambiare un
po' colore
alla mia stanza. Non che il rosa mi sia mai piaciuto, ma mi sono un
po' stancata di tutti quei colori freddi.-
Dall'altro capo della
cornetta, Bjarne tratteneva il respiro. Nathalie si rendeva conto che
il codice basato sui fiori era stupido e scontato, ma quando erano
riusciti ad elaborarlo, lontano da cimici e telecamere, era l'unica
cosa abbastanza semplice da elaborare, con diverse
possibilità di
interpretazione, e che potesse incastrarsi in modo più o
meno
naturale in una normale conversazione.
-Ahaha!-
ridacchiò di nuovo
Bjarne. -Mi piace come idea! Certo, sarebbe meglio se potessi
assistere direttamente alla fioritura lì in Giappone, ma
direi che
ci possiamo accontentare. E, se mi posso permettere di dirtelo, era
proprio ora che ti decidessi a cambiare un po' la tua stanza. Sono
anni che non mi permetti di spostare nulla di un millimetro.-
Rise di nuovo.
-Questa casa
effettivamente sembrerebbe davvero un posto lugubre, senza i nostri
fiori. In questo palazzo vecchissimo, le finestre danno su vicoli
sporchi e stretti, le assi del pavimento scricchiolano. Ma visto che
sei così in vena di cambiamenti, non è che riesco
pure a
convincerti a prenderci un cane?-
Ricevettero in quel momento
l'avviso che la chiamata sarebbe stata interrotta. Il tempo era
scaduto. Bjarne era stato avvertito del suo tentativo di mettersi in
contatto con Watari, e aveva reagito bene. Povero idiota, pensava
Nathalie, non si era ancora reso conto in che razza di casino s'era
messo quando aveva deciso che sarebbe rimasto al suo fianco in ogni
caso? Non pensava alla sua famiglia?
Un paio di ore dopo,
la
donna si infilò una logora maglietta nera e sformata e si
mise a
letto. Ripensava all'esatto svolgimento degli eventi della giornata,
cercando di considerare ogni possibile scenario. Ogni modo in cui
Hayer poteva essersi accorto che si era tolta il braccialetto
elettronico e il cappotto, sicuramente pieno di altre cimici e
localizzatori, e soprattutto l'anello d'oro bianco col rubino, quello
dal quale non si separava mai, quello che le avevano strappato dalle
mani anni prima per profanarlo con un localizzatore proprio sotto la
pietra preziosa; l'anello che ora si stava rigirando tra le mani.
-November
8th,
1997, by the river.- sussurrò,
prima di addormentarsi.
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