Prima di essere risucchiato dentro Jumanji, Fridge era un’altra
persona.
Si piaceva – era la punta di diamante della sua squadra, uno figo e
rispettato, soprattutto dopo aver tagliato i ponti con Spencer, che ai
suoi occhi era solo un nerd, utile unicamente per fargli i compiti –, e
questo perché non sapeva che se avesse voluto sarebbe potuto essere
migliore. Crescendo era diventato uguale a tutti gli altri, perché
voleva sentirsi parte del sistema, non un perdente emarginato.
Grazie ai giorni passati nella giungla, aveva scoperto che Spencer
non era il debole sfigato che credeva, ma anzi un amico fedele, senza
il quale non avrebbero mai finito il gioco a cui Fridge stesso aveva
ridato vita. Avevano avuto degli attriti all’inizio, tanto duri da
averlo indotto a spingere giù dal sentiero di montagna Spencer, facendo
così sprecare una vita a quest’ultimo.
Era stato un gesto mosso soprattutto dalla gelosia. All’inizio
avrebbe preferito essere lui il dottor Smolder Bravestone, decisamente
più in linea con la sua prestanza fisica, e solo dopo aveva compreso
che ognuno di loro era finito in un avatar che poteva offrire una
visione del mondo diversa, in maniera da aprire gli occhi a tutti su
ciò che erano e ciò che potevano diventare.
Nelle vesti dello zoologo Franklin “Mouse” Finbar, aveva imparato
che studiare serviva davvero nella vita, non solo essere bravi nello
sport e curati nell’aspetto; senza le sue conoscenze – “Come faccio a
saperlo?!” – il quintetto non sarebbe sopravvissuto che per poche ore a
Jumanji. Inoltre, la legge della giungla gli aveva mostrato, con
quell’elefante che era riuscito a cavalcare, che non sempre erano i più
forti a vincere.
Appena uscì con gli altri da Jumanji, decise che un immaginario se
stesso sarebbe rimasto nel videogioco, disperso per sempre nella
giungla, e avrebbe portato a casa qualcuno di diverso, nato da ciò che
aveva imparato. A modo suo, anche nella vita reale aveva fatto un level
up.
Riallacciò i rapporti con Spencer, che in realtà non lo aveva mai
abbandonato, e mise una pietra sopra alla questione della squadra dalla
quale era stato espulso per il compito copiato, programmando invece
delle ore di ripasso con l’aiuto dell’amico ritrovato, oltre che a
uscire con lui come amici, come se nulla fosse cambiato da quando erano
bambini.
C’era però ancora qualcosa da fare per chiudere i conti con il
passato, e propose di farlo non appena vennero accolti a scuola dal
rumore dei rulli di tamburi. Voleva fare in modo che Finbar e tutti gli
altri non potessero più essere giocati da nessuno, e che la giungla di
Jumanji potesse continuare a vivere in serena prosperità senza che quel
pazzoide di Van Pelt rubasse di nuovo l’occhio del giaguaro.
Gli altri furono ben felici del suo piano, semplice ed efficace, e
per la prima volta in vita loro marinarono la prima ora di lezione,
andando a distruggere il gioco nel cantiere dietro scuola.
Ora la giungla di Jumanji non avrebbe più fatto paura a nessuno.