closer to the edge
Jack/Locke, Episodio “Orientamento, 2x03.
01. Closer to the edge/Do or die
Can
you imagine a time when the truth ran free
A
birth of a song, a death of a dream
Closer
to the edge
This
never ending story, hate four wheel driving fate
We
all fall short of glory, lost
in ourself
No
I'm not saying I'm sorry
One
day, maybe we'll meet again
No
I'm not saying I'm sorry
One
day, maybe we'll meet again
No,
no, no, no
«Non riesco a credere che tu ci abbia trascinati
qui sotto, con un pazzo che parla di salvare il mondo digitando dei
numeri sulla tastiera di un computer soltanto perché qualcun
altro gli ha detto di farlo. Tutto questo è
ridicolo».
Jack camminava avanti e indietro, dando le spalle alla
libreria in cui si nascondeva il filmato citato da Desmond, il tale che
occupava il bunker. Mentre il compagno parlava, John non riusciva a
evitare di lanciare occhiate nervose a un piccolo tomo che spiccava in
mezzo agli altri. Guarda dietro a Giro di vite, aveva detto Desmond con
sguardo febbricitante. E Locke voleva guardare, più di
chiunque altro. Era stato lui a insistere per scendere nella botola e
scoprire cosa contenesse, ma da quando vi si era calato, le domande,
invece che risolversi con delle risposte, erano aumentate di numero,
sovrapponendosi le une alle altre. Un solo briciolo di risposta ora gli
si presentava come una sorta di miraggio nascosto dietro a quel libro
dal titolo accattivante, apparentemente vicino ma in realtà
tenuto lontano dalla cocciutaggine di Jack, che invece si rifiutava di
vedere. In quel momento John si rese conto che per raggiungerlo doveva
prima confrontarsi con il compagno. Distolse quindi lo sguardo dal
libro, nonostante esso richiamasse la sua attenzione con forza
magnetica, e si concentrò sul dottore.
Quest'ultimo intanto si era fermato per fissare con cieca
incredulità l'altro.
«Io non vi ho affatto trascinati. Kate ha seguito
me e tu hai seguito lei, perciò tecnicamente siete venuti
qui di vostra spontanea volontà tutti e due» disse
John con semplicità, indirizzando al dottore uno sguardo
calmo.
Di fronte alla risposta dell'uomo, Jack riprese a camminare,
come se la determinazione del compagno, così profonda e
radicata, lo spaventasse a tal punto da spingerlo a muoversi per
poterla fronteggiare.
«Eravamo rimasti d'accordo che saremmo scesi qui
tutti insieme domani mattina, ma tu hai dovuto fare di testa
tua» riprese il dottore. Aveva la fronte imperlata dal sudore
e gli occhi lievemente arrossati per la mancanza di sonno.
«Scendere qui domani avrebbe reso tutto questo meno
ridicolo ai tuoi occhi, forse?» domandò retorico
l’altro, esibendo un’alzata di spalle sarcastica.
Jack si fermò di nuovo, serrando la mascella con
forza e sbattendo le palpebre ripetutamente.
«Ci sono cose che non possono aspettare,
Jack» aggiunse John in tono serio.
«Come le tue ispezioni clandestine nella giungla
con Boone?».
Jack aveva preparato la frecciatina con cura, scoccandola con
un sopracciglio scettico. Locke aggrottò la fronte,
evidentemente confuso e ferito da quel cambio d’argomento
improvviso.
«Non tirare in mezzo Boone proprio ora, Jack! Non
c’è giorno che passa in cui io non mi senta
responsabile per la morte di quel ragazzo, ma proprio perché
lui è morto nel tentativo di saperne di più non
mi voglio fermare adesso».
Gli occhi di Jack si ridussero a due fessure nere.
«E invece non ti è mai passato per la
testa che proprio la morte di uno di noi potesse essere un campanello
d’allarme, un invito a fare un passo indietro?».
«Tu parli così perché non
conosci l’isola, Jack».
«Ah, certo, dimenticavo. Tu hai visto
l’isola negli occhi, giusto, John?» lo
schernì il dottore, lasciandosi andare a una risatina
nervosa.
«Già, è
così».
«E allora forse sei rimasto accecato,
perché tutto questo non ha senso».
Lo sguardo limpido e intelligente di Locke si richiuse per un attimo su
se stesso, rendendo buio l’intero volto.
«Come fai a dirlo se nemmeno sai di cosa stiamo
parlando? Cosa c’è, hai paura di scoprire che ti
stai sbagliando, che dietro a quello che stiamo vivendo
c’è un motivo che va al di là di tutti
noi? Perché non riesci a fidarti e a credere anche per un
solo istante che un senso ci possa essere?».
Jack si inumidì nervosamente le labbra e prese a
gesticolare.
«Non parleresti così se avessi visto
quello che ho visto io in una sola giornata di lavoro in ospedale. Non
c’è alcun senso nel dolore delle persone malate, o
in quella dei loro cari che li vedono soffrire impotenti.
C’è solo la realtà. E la
realtà non sempre è come vogliamo vederla
noi».
John si passò stancamente una mano sulla testa.
«Se pensi che ci sia solo la realtà,
allora perché sei diventato medico? Perché
infondere nei pazienti delle false speranze se tanto poi siamo
destinati tutti alla stessa fine?» gli chiese, facendo
scivolare la mano sotto al mento con aria pensierosa.
«Nella medicina è diverso»
replicò Jack, ma il tono della sua voce cominciava a
incrinarsi, «io mi sbilancio a infondere speranza solo quando
mi posso basare su possibilità concrete».
Stavolta fu John ad alzare entrambe le sopracciglia con fare stupito.
«Davvero? Allora perché ti sei accanito
su Boone facendogli delle trasfusioni del tuo stesso sangue quando
sapevi che stava morendo?».
La domanda di Locke fece centro, perché Jack
serrò le labbra, evidentemente a disagio.
«Mi sbagliavo. Mi sono illuso di poterlo
salvare».
«No! Tu credevi
di poterlo salvare» mormorò Locke, incendiando il
suo sguardo con un sorriso.
«Ah, ecco che ci risiamo con il tuo discorso sulla
fede. La fede non ha salvato Boone, né tutte le persone che
ho visto sperare per poi morire in ospedale»
sibilò il dottore, liberandosi la fronte dal sudore con un
gesto brusco della mano.
«Magari non era da una malattia che la loro fede
doveva salvarle. Magari erano già state salvate e sono morte
solo perché è così che va la
vita» replicò John con la genuinità di
un bambino. Era questo di lui che più spaventava Jack: la
sua onestà nel formulare i pensieri, a volte anche quelli
più brutali. Niente uscito da quelle labbra sottili suonava
come falso, malizioso o banale. Tutto ciò che diceva John
Locke era vero, anche solo per il semplice fatto che lui ci credeva
senza battere ciglio.
«L’hai detto tu, John: io sono un medico,
curo le persone, e se non ci riesco… beh, me ne faccio ben
poco della fede».
«Allora a te la medicina, a me la fede»
dichiarò Locke, indicando con la mano la libreria alle
spalle del dottore.
Jack ruotò il capo di lato, quasi deciso a
lasciare il campo libero al compagno, ma poi tornò a fissare
gli occhi chiari che lampeggiavano davanti a lui su quel viso pieno di
cicatrici.
«Io ti capisco, John» disse, con tono
calmo che rasentava il professionale, «è umano
voler cercare una logica negli incidenti per razionalizzare il dolore e
renderlo sopportabile. Ma non è rimanendo in questa botola a
vedere filmati su dei pulsanti che troverai il senso che cerchi,
perché non c’è niente qui. Questa
è solo la maledetta isola su cui siamo precipitati a causa
di un incidente aereo. Non c’è nessun grande piano
dietro alla disgrazia che ci è
capitata…».
Di fronte a quelle parole, John indurì di colpo la
propria espressione.
«Gli incidenti non esistono, Jack. Non è
stato un incidente a farmi rimanere paralizzato dal bacino in
giù. È stato mio padre: mi ha buttato
giù da uno degli ultimi piani di un grattacielo,
costringendomi a vivere in eterno su una sedia a rotelle. Ma da quando
siamo precipitati qui con l’aereo, io cammino. È
stata l’isola! E non so tu, Jack, ma io questo lo chiamo un
miracolo, e non ho intenzione di stare a sentire ancora i tuoi discorsi
sulla casualità di quello che ci sta succedendo. Ancora non
te ne rendi conto, ma l’isola ha chiamato tutti noi e se
vuole che ce ne stiamo qui a guardare uno stupido filmato per poter poi
premere dei maledetti tasti, beh voglio concederle il beneficio del
dubbio che sia per delle buone ragioni».
Gli occhi di Jack ora tremavano visibilmente e lui aveva
smesso di sudare.
«D’accordo, John» si arrese,
dopo alcuni istanti di esitazione, «facciamo a modo
tuo».
L’uomo di scienza scartò di lato per lasciare
spazio all’uomo di fede. Quindi Locke si precipitò
sulla libreria, tolse dallo scaffale il libro indicato da Desmond e
finalmente si ritrovò a posare le mani sul nastro.
L’espressione che si dipinse su quel viso in cui
rughe e cicatrici si confondevano sembrava simile a quella di un
archeologo che si ritrova a maneggiare un tesoro inestimabile. Subito
si diresse verso i pezzi che componevano il proiettore e
iniziò a montarlo dopo aver posato il nastro sul tavolo
accanto. Jack gli diede una mano in silenzio.
Mentre finivano di sistemare lo strumento, il medico riprese
di nuovo la parola.
«Almeno abbiamo qualcosa in comune»
commentò, guardando il compagno di sottecchi.
Locke si interruppe giusto il tempo per ricambiare l’occhiata.
«Anche tu eri su una sedia a rotelle?».
«Odiavo mio padre».
«Mi dispiace» replicò John,
tornando serio.
«Sai, sono un chirurgo spinale, avrei potuto
operarti se ci fossimo conosciuti prima dell’incidente
aereo» disse Jack, srotolando il telo bianco sul quale
avrebbero proiettato il filmato.
«Buono a sapersi, ma noi ci siamo conosciuti
qui» sorrise Locke, distendendo serenamente i muscoli della
fronte.
«E come la metti con il fatto che l’isola
ti ha fatto incontrare un chirurgo spinale quando ormai non ne avevi
più bisogno?».
Locke alzò definitivamente lo sguardo dal
compagno, lasciando a mezz’aria la mano che teneva fra le
dita il nastro, pronto per essere inserito nel proiettore finalmente
montato.
Rimase qualche secondo a scrutare gli occhi scuri del medico,
e alla fine fu contento di non leggervi nemmeno l’ombra di
un’insinuazione. La sua sembrava una domanda dettata da
sincera curiosità.
«Confido che le altre sue doti siano buone quanto
il suo senso dell’umorismo» rispose John,
allargando il proprio sorriso. Jack ridacchiò a sua volta
scuotendo la testa, poi tornò serio.
«Mi dispiace per quello che ho detto prima sul tuo
rapporto con gli ospedali. Immagino che ne avrai visti tanti».
«Non devi essere dispiaciuto, Jack. Io non lo sono
più. Prima ero perso perché pensavo di aver
perduto tutto finendo su una sedia a rotelle. Ma la verità
è che non mi sono mai sentito completo, nemmeno quando avevo
la possibilità di camminare. E il dono dell’isola
non si limita soltanto all’avermi restituito le gambe; ha
ravvivato in me qualcosa che prima non riuscivo a sentire bene
perché ero spezzato, qualcosa che invece adesso mi rende un
tutt’uno con me stesso».
Locke aveva parlato con una passione talmente coinvolgente da far
tremare anche la voce di Jack, quando egli parlò.
«Cosa?».
«La fede».
In
the middle of the night
When the angels scream
I don't want to live a lie, that
I believe
Time to do or die
[…]
You and I will never die
It's a dark embrace
In the beginning was a light of a dawning
age
Time to be alive […]
That's how the story goes
Fate is coming ,
that I know
Time is running, got to go
Fate is coming, that I know
Let it go
Here and now
Under the banner of heaven
We dream out loud
|