ricordi d'inverno cap 1
Ricordi d'Inverno
Cap 1
Quella sera
era arrivata presto a casa. L'inverno faceva buio subito. In caserma
aveva finito di mettere a posto i verbali e i dispacci da spedire al
generale. Era stanca e infreddolita. La neve scendeva fitta, danzando
nel cielo scuro. Era un inverno gelido, dalla fine di novembre che
continuava a piovere e a nevicare.
La fontana era completamente
ghiacciata, gli alberi spogli come mani rinsecchite, si stagliavano
verso il cielo plumbeo.
Oscar sentì percorrerle un brivido lungo
la
schiena. Salì le scale lentamente, la governante la
salutò, ma lei
non rispose, era troppo stanca. Percorse il corridoio, la terza
stanza dalla vetrata in fondo era la sua. Entrò nella sua
camera, il
fuoco era già acceso nel camino, la luce mandava riflessi
rossi, la
figura di Oscar davanti al fuoco creava un'ombra lunga e sottile.
Guardò il
fuoco a lungo, il viso serio e triste. Iniziò a spogliarsi
con movimenti lenti, la divisa umida e appiccicaticcia le dava fastidio.
Le
gambe si stavano gonfiando con il calore del fuoco. Si tolse subito
gli
stivali bianchi, la giubba, i calzoni, la camicia.
Rimase nuda davanti al
fuoco, si portò le braccia al petto rabbrividendo, prese
una coperta di
lana calda e morbida e vi si avvolse.
Si sedette sul tappeto vicino al fuoco.
Iniziando a pensare ai cambiamenti nella sua vita. Era stata una
settimana pesante quella che precedeva il Santo Natale.
Non riusciva
ad instaurare un buon rapporto con i soldati. Era nobile, la odiavano
solo per quello? Era un motivo più che valido.
Figli del
popolo, senza futuro o privilegi, sacrificavano e mettevano a
repentaglio la loro vita
per uno stipendio da fame.
Non avevano diritti, solo doveri; non avrebbero
mai potuto far carriera nell'esercito perché solo i nobili,
pur non avendo
mai combattuto, ricevevano le cariche per prestigio nobiliare.
L'odio che
covavano nei confronti dei nobili, Oscar riusciva a capirlo
molto bene.
Quello
che non capiva era se i suoi soldati non si fidassero di lei
perché
era nobile o era
una donna.
Non si era mai sentita così donna come
in quel
momento.
Nella sua vita si era sempre sforzata di essere un
uomo,
anzi da piccola
era addirittura convinta di essere un bambino.
La servitù e anche le altre
persone la chiamavano con titoli maschili, conte, colonnello, comandante.
Ora erano i soldati a farle pesare il suo essere donna. Le battute
pesanti di alcuni, apprezzamenti volgari di altri erano all'ordine
del giorno, a
lei non davano fastidio, non le interessavano, aveva imparato a non
avere paura di niente e di nessuno.
Si era già
scontrata con loro, in duello. L'avevano sfidata e aveva vinto.
Nonostante fosse una donna muscolosa, per l'epoca in cui viveva,
rispetto a un
uomo non si potevano certo fare paragoni. Pensava spesso alle
differenze fisiche tra uomini e donne.
La forza di Andrè quando si
era dichiarato l'aveva stupita, le mani più grandi, le
braccia più
forti, l'avevano bloccata come in una morsa, con facilità.
Non aveva
mai notato la sua forza. Si strinse nella coperta.
Aveva capito che
in quegli anni lui aveva cercato di controllare il suo vigore. Ora
che ci pensava era da tanto che non facevano a pugni come quando
erano ragazzini.
Se ci avessero riprovato ora, in maniera seria,
l'avrebbe di sicuro battuta, spaccandole qualche osso.
Per la scherma
non c'erano problemi, in questa disciplina non serviva certo la forza
bruta; agilità, leggerezza, velocità erano le
doti naturali che
possedeva, nessuno riusciva a batterla.
Era riuscita a sconfiggere un
soldato che era il doppio di lei in stazza senza alcuno sforzo.
Andrè
amava tirare di scherma con lei anche se perdeva sempre, spesso la
prendeva in giro: "Sei troppo agile, mi batti sempre anche
perché pesi meno". Sorrise al ricordo,
"E' una
beffa del destino, io che mi considero un uomo sono trattata
come una donna". Pensò.
Sentì bussare alla porta, rispose di
entrare. Era Andrè, era appena
tornato. Il naso e le guance erano rosse per il freddo, indossava una
camicia
bianca e dei calzoni marroni, si era cambiato, non portava la divisa.
Oscar aveva notato che le sue mani erano arrossate i capelli un po'
umidi. Le aveva portato un vassoio con sopra una tazza e delle
zollette di zucchero, da esso proveniva un buon odore di cioccolata.
Stava
aspettando un suo ordine, per entrare o per andarsene in attesa che
si fosse rivestita. Oscar, si strinse nella coperta per coprirsi un
po' di più, pensava che
fosse la governante, aveva dato una risposta automatica, non pensava
di
trovarselo davanti conciata in quel modo.
La coperta le lasciava scoperte le
spalle e le gambe, cercò di nascondere l'imbarazzo parlando
per prima.
"Entra pure, Andrè. Non stare lì impalato sulla
porta, entra
il freddo."
La sua voce era sicura, priva d'imbarazzo. Ma il viso e il
decolté erano rossi,
il fuoco rendeva meno visibile il suo imbarazzo. Andrè
si avvicinò al
tavolino per appoggiare il vassoio, guardava Oscar seduta accanto
alle fiamme.
La pelle così bianca i capelli avevano
riflessi
ambrati, era la prima volta che la vedeva semivestita, anzi quasi
nuda. Gli era venuto un colpo, ma aveva cercato di mantenersi calmo e
indifferente.
Doveva farlo
per cercare di non creare una frattura ancora più ampia tra
loro.
Oscar notò che i movimenti di Andrè erano sicuri,
ma lenti. Lo vide
avvicinarsi verso la porta per
andarsene. Oscar lo fermò chiedendogli di sedersi vicino a
lei davanti al
fuoco per scaldarsi un po'. Andrè rimase sorpreso della
sua richiesta,
era da tanto che non stavano più insieme, che non facevano
più le stesse cose
insieme. Per pudore, per quello che c'era stato tra loro e a causa
degli impegni di lavoro che li tenevano lontani. Andrè era
consapevole di aver causato questa situazione.
Cercava di
starle lontano il più possibile per non darle fastidio, ma
nello
stesso tempo le era vicino per proteggerla, per lui era inconcepibile
stare lontano da lei. Gli era sembrata molto strana la richiesta di
Oscar, decise di rimanere, richiuse la porta, andò a sedersi
vicino
al fuoco, accanto a lei.
Mise le mani
davanti al fuoco per riscaldarle. Oscar aveva il viso voltato verso
la
finestra "Sta nevicando tanto, se continua così per domani
sarà
un problema
tornare a Parigi", si girò per guardarlo. Andrè
sorrise.
"Ricordi come ci
divertivamo con la neve quando eravamo piccoli?" Oscar sorrise
al ricordo. Le
battaglie di neve erano all'ordine del giorno, stavano ore a tirarsi
palle di neve, a rincorrersi, a fare pupazzi di neve; finché
le
guance e il
naso non diventavano rossi, i vestiti e le scarpe
zuppi di neve e acqua.
Oscar ricordava bene le sgridate che si prendevano
dalla nonna, ogni inverno, perché si buscavano il
raffreddore; ma era troppo
divertente giocare nella neve fresca, sentire il freddo penetrarti
nelle ossa, ma nello stesso tempo avere caldo e sudare per il movimento.
Respirare l'aria più fresca e buona, sentire sotto le scarpe
la neve che
scricchiolava e faceva cric croc. Era troppo bello giocare con Andrè
che
sperava di non farsi trovare nascondendosi dietro ad un albero, ma
lei lo scopriva puntualmente perchè seguiva le impronte
sulla neve.
Era bello ritornare in casa, nella calda cucina, togliersi gli
stivali bagnati riscaldare
il corpo con la cioccolata calda. La mattina dopo puntualmente
la nonna dava
ai due bambini latte caldo e miele perchè si erano presi mal
di gola e
raffreddore.
"Ho
voglia di latte e miele, la nonna ce lo preparava sempre quando
eravamo piccoli"
Oscar voltò la testa verso destra, a bocca aperta, stava
guardando il suo amico
d'infanzia; le aveva letto nel pensiero, come sempre. "Tua nonna
mi ha
preparato la cioccolata, ne vuoi un po'?"Oscar fece per
alzarsi, ma Andrè le
prese il braccio destro e la fece sedere sul tappeto. "No, grazie
Oscar. Sto bene così. sai stavo ripensando a quando eravamo
piccoli
e giocavamo nella neve." Oscar si mise a ridere, una risata
nervosa.
Si strinse
la coperta addosso per coprirsi un po' di più, si vergognava
di essere nuda,
completamente nuda e di avere Andrè così vicino,
anche se la sua
vicinanza non gli dava fastidio, sentiva il suo corpo caldo sulla
sua destra. Mesi
prima aveva avuto paura di lui, ora la sua presenza le era
indispensabile.
"Anche io." Andrè sorrise a sua volta, "Mi piaceva
buttarmi sulla neve
soffice appena caduta, mi ricordo che tu ti divertivi a
scrollare la neve sui
rami e a farmela cadere addosso. Poi dopo aver giocato ritornavamo
stanchi a casa e la nonna ci preparava sempre qualche cosa di caldo
per
ristorarci." Andrè si
stiracchiò, allungando le braccia verso l'alto e le vertebre
della schiena.
Oscar lo guardò, notò che il viso era ancora un
po' arrossato, sulle guance
c'era un leggero velo di barba scura.
Andrè
appoggiò le mani per terra per reggersi, il tepore del fuoco
gli
stava facendo venir sonno, ma i suoi sensi erano allerta per la
vicinanza di Oscar, era da tanto che
non le stava così vicino fisicamente.
Anche in
caserma non aveva occasione di starle accanto, la vedeva sempre per
pochi minuti, ma era distante, fredda.
Lui capiva
la situazione, aveva già cominciato ad avere problemi
con
gli altri soldati, lo consideravano una spia, un cane del
comandante.
Più volte aveva sentito le loro battute "Eccolo qui, il
servo del
comandante." Lo trattavano con disprezzo, non si fidavano. Non
era
ancora
successo nulla, ma sapeva prima o poi che avrebbe dovuto difendersi.
Non gli
piaceva menar le mani, ma se fosse stato costretto si sarebbe difeso.
L'unico con cui riusciva a parlare e a confidarsi era Alain. Solo
lui riusciva
a cavargli qualche parola di bocca, ma poi capiva che certi argomenti,
riguardo ad Oscar non si potevano toccare e lasciava perdere.
"Certo
che diventi un riccio quando si tratta di quella donna in
uniforme, non so che
cosa vi leghi, sono fatti che non mi riguardano, ma stai
attento, Andrè, gli
altri ti considerano una sua spia."
Era così assorto nei suoi pensieri
che
non sentì Oscar alzarsi rivestirsi e risedersi accanto a lui.
"Andrè,
Andrè." vedendo che non rispondeva, si era decisa a
toccargli
una spalla, il gesto lo fece trasalire.
"SI".
Andrè guardò Oscar con stupore. "Eri
così assorto nei tuoi pensieri che
non ti sei accorto di nulla." Si mise a ridere, per mia fortuna
pensò.
Sarebbe morta di vergogna se lui si fosse girato e l'avesse vista
nuda mentre si
rivestiva.
Rimanere nuda, anche solo con una coperta la
faceva sentire
insicura, ma la cosa che la imbarazzava di più era
la sua
vicinanza.
Si era accorta che Andrè era davvero un
bell'uomo. Da un
po' di tempo c'era qualche cosa che non andava in lei, quando gli
stava troppo vicino il suo cuore iniziava a batterle più
forte,
senza volerlo.
Si ripeteva che non poteva innamorarsi
assolutamente
del suo migliore amico, che era un uomo e non aveva tempo di pensare
all'amore; aveva amato una volta e non aveva più voglia di
soffrire.
Se la sua mente diceva questo, il suo corpo reagiva in un altro
modo.
"Scusami, Oscar. Ultimamente sono un po' stanco,
per fortuna che
per Natale avremo una breve licenza, così potrò
dormire di più".
Andrè si mise a ridere mettendo una mano dietro la
testa.
Oscar
guardò il fuoco aggiungendo: "Domani mattina dovremo partire
presto, se continua a nevicare così impiegheremo parecchio a
raggiungere Parigi, ci conviene andare a dormire". Andrè si
alzò, "Allora, Buona Notte, Oscar" Anche Oscar si
alzò lo
guardò negli occhi,
"Buona notte, Andrè". Vide che si
avvicinava alla porta per uscire, si girò un'ultima volta
per
salutarla con un cenno del capo; lei gli sorrise. Prima di andare a
letto, dopo aver bevuto la cioccolata, ripensò a quello che
era
successo nella stanza. Era la prima volta dopo tanto tempo che era
riuscita a rimanere accanto ad Andrè senza
rancore, senza paura, era riuscita ad avere ancora fiducia in
lui, aveva
ritrovato un amico o forse qualche cosa di più.
Ho ritrovato questa storia, scritta veramente un
bel po' di anni fa, forse era il 2001, spero vi piaccia.
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