Goldrake contro Mazinga Z-orro
Fleed & Luna
Luna, anno domini 20xx.
Lo spazio era muto e immutabile come al solito.
La superficie del satellite era un paesaggio monotono di crateri e
rocce grigie.
Solo la visione della sorella Terra poteva offrire uno spettacolo
affascinante, ma anch'esso, dopo tanti anni, era rimasto sempre,
noiosamente uguale.
Era meglio dormire, a quel punto, tanto era la sua prigione ancora per
chissà per quante centinaia di anni.
Si adagiò supina, incrociò le zampe anteriori e vi poggiò il mento,
chiudendo gli occhi.
La criniera svolazzava indipendente, sollevata dall'assenza di gravità.
In quella posizione, immobile, attese che Morfeo la graziasse con uno
stimolo di stanchezza che le appesantisse le palpebre e le membra, e le
annebbiasse i sensi, strappandola finalmente alla desolata e noiosa
realtà.
Almeno nei sogni, sarebbe stata più felice.
Ma, paradossalmente, anche questa opzione le fu negata, quando,
scattando sugli zoccoli, dovette galoppare per una decina di metri in modo
da non venire travolta dall'atterraggio di uno strano disco volante.
Non che questo la spaventasse: nella sua esperienza aveva visto tante
cose solcare il cielo stellato, ed era forse una di quelle
caratteristiche per cui non aveva nulla da invidiare alla tanto odiata
sorella.
Lei stessa poi, era un essere mitologico, una leggenda vivente, con il
dono della parola e poteri magici incredibili.
Era tuttavia la prima volta che i suoi occhi si imbattevano in un
prodotto avanzato della grande rivale della magia: la cosiddetta
tecnologia.
L'UFO, poi, a dispetto di quanto ricordasse tra le sue nozioni sui
famosi oggetti volanti, era provvisto di una faccia umanoide con due
lunghe corna e due grottesche braccia dalle mani prensili, posate sui
bordi del disco.
I severi occhi giudicanti si rivestirono di sorpresa quando dal disco
volante fuoriuscì fuori quello che doveva essere un umano in carne ed
ossa.
Sbalordita, esclamò con voce regale.
- Un umano di ferro abitato da un umano di carne?
Poi capì, ricordandosi delle stramberie che coinvolgevano le abitudini
dei cosiddetti umani.
- Evoluzione antiquata. - Commentò quindi, con una punta di regal
disprezzo.
Chi padroneggiava l'arte della magia come lei poteva far levitare gli
oggetti ovunque e qualunque distanza, senza battere ciglio, senza
bisogno di giganteschi e volgari orpelli metallici.
Decise quindi di spostare l'attenzione sul nuovo venuto.
L'uomo era irriconoscibile, perché bardato dalla testa ai piedi come un
cavaliere medievale, pur con qualche tocco strambo, non ultimo
quell'elmo con visiera color giallo banana, così.... fuori moda?
Non seppe sciogliere il dubbio, dopotutto come poteva parlare lei di
moda, che da quasi mille anni era relegata a solitaria abitante
selenita?
Senza accorgersene, scalciò con lo zoccolo un frammento di roccia
lunare, che andò in direzione dello straniero.
Non appena l'umano si voltò verso di lei, rimase impietrito.
- Oh, beh, - Commentò lei. - Mi ha notato. Tanto vale che vada a
salutarlo.
- I miei omaggi, messere. - Esordì, facendo trasalire il bipede.
Aveva dispiegato le ali per un breve volo, andando ad atterrargli
proprio davanti.
Di fronte al mutismo dell'umano, incalzò.
- Ebbene? Non è più educazione salutare?
La secca domanda ridestò l'umano dallo stupore, per rigettarlo in una
confusione ancora maggiore.
- Tu, tu sei un... e tu parli? ....
- E volo anche, e respiro in un ambiente senza ossigeno. - Continuò
lei, ironicamente. - Ma sono anche una principessa, per cui esigo il
rispetto che mi è dovuto.
- Oh, - Fece l'umano, preso di sorpresa. - Chiedo scusa. Pur essendo
anche io un principe ho mancato l'etichetta. Salute a voi.
Accompagnò il saluto con un inchino.
Bella giornata. - Proseguì, pentendosi della sciocchezza appena detta.
Che senso aveva parlare di "giorno" e "notte" nei viaggi interstellari?
- Bella notte, semmai. - Precisò lei. - Io amo la notte, anche se dopo
centinaia di anni comincia a stancarmi un po'. Ma vedo che il mio
aspetto l'ha presa di sorpresa. Non ha mai visto nessuno come me?
- Beh, a dire la verità. - Precisò il principe. - Lei è perfettamente
uguale a uno degli animali che amavo cavalcare quand'ero sulla Terra,
quel pianeta laggiù. - E indicò la sfera variopinta più grande del
paesaggio. - La seconda patria che proprio oggi devo raggiungere.
- E cosa la porta a fare tappa su questo desolato satellite?
- Ricordi, immagino. - Rispose l'umano. - Quasi cinquant'anni fa,
almeno nel tempo reale, qui fu combattuta una guerra.
- Strano che io non ne sia al corrente. - Commentò lei. - Ma a volte è
vero che ho il sonno pesante. Sa, per far passare il tempo...ormai sono
mille anni.
- Non sarà per caso la famosa Regina dei Mille Anni? - Chiese l'umano.
- No, messere. Non ricordo di aver mai goduto di tale, curioso
appellativo. - Precisò lei. - E poi, come già detto, sono
principessa... e neppure reggente.
- Ma stare qua per mille anni...- Obiettò il principe, evitando, per
educazione, di palesare la deduzione sull'effettiva età della signora.
- Com'é possibile?
- Una vecchia storia. - Disse tristemente lei. - Sporchi affari di
famiglia. Ma mi piacerebbe tornare un giorno.
- Potrei offrirle un passaggio sul Goldrake. - Si offrì il gentiluomo.
- Sarebbe questione di pochi minuti.
- Così questo è il nome di quell'umano di ferro? - Commentò
la principessa, fissando curiosa quel gigantesco golem evidentemente
pilotabile. - Bizzarro. Grazie, ma, cortesemente, declino. Il mio
ritorno è legato a circostanze personali, e preferirei fare da sola.
- Come preferisce. - Concluse l'uomo. - Ma se può interessarle, ho
sentito che da queste parti, ogni cento anni, un pianto lunare unisce
la Terra e la Luna. Può usufruirne.
- Ogni cento anni, ha detto?
- Sì... è troppo, in effetti. - Si giustificò imbarazzato il principe.
- Affatto, ho aspettato dieci volte di più. Sarà come aspettare
l'autobus. - Scherzò lei, anche se un autobus non l'aveva mai visto dal
vero. - E anzi, mi dirigo subito alla "fermata".
- D'accordo, è tempo anche per me di andare. Ma che imperdonabile, che
sono! Non mi sono ancora presentato! Sono il principe Duke Fleed, del
pianeta Fleed. Buona.... notte!
- Buona notte anche a voi, messere, e a tal proposito, io sono la
principessa...
Ma non poté finire la frase, perché con un gesto atletico l'umano era
già balzato dentro l'abitacolo.
Il rombo dei motori coprì la voce di lei che inutilmente tentava di
urlare il suo nome, mentre lo Spacer si alzava e in tutta fretta
partiva per la Terra.
E anche se in realtà nello spazio non si trasmettono i rumori, la
principessa non ci fece caso, mentre quello strano principe con il
gigantesco destriero era partito al galoppo verso la
Madre Terra.
Quel pianeta dove l'umano Fleed era rimasto assente per quarant'anni, e
anche lei, un giorno, sapeva che sarebbe tornata.
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