La tua mano nella notte

di PerseoeAndromeda
(/viewuser.php?uid=1130)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


La tua mano nella notte

 

 

Prologo

 

Trascinarsi come terra legata alla terra, una creatura deforme che striscia, senza meta e senza identità, un grumo di pieghe mostruose che si afflosciano verso il suolo, senza gambe, braccia come scheletri raggrinziti, denti digrignati e orbite vuote tese verso il cielo che significa libertà.

Libertà da che cosa?

Da tutto questo dolore che lo tiene avvinto alla terra.

Un mostro… solo un mostro orribile fuori e marcio dentro.

Questo… questo…

 

“Sono io…”.

Gli occhi di Aito si schiusero nelle tenebre della sua stanza. Come al solito gli ci volle qualche istante per comprendere dove si trovasse: quel sogno lo portava in un altro luogo, quasi tutte le notti e, nel sottile passaggio tra il sonno e la veglia, per qualche istante, rimaneva vivida la sensazione della terra umida sotto le mani, il solletico degli arbusti, i graffi dei rami contro la pelle… e i richiami ipnotici degli yurei1 che lo invitavano ad unirsi a loro per sempre, nel mare di alberi di Aokigahara.

Si alzò, rassegnato a non riprendere sonno: quando tornava cosciente dopo uno di quegli incubi il sonno svaniva, il cuore batteva troppo forte e la testa girava in preda ad un turbine di pensieri confusi. Erano diventati così contorti, così pressanti, che diventava inutile appigliarsi alla ragione per ritrovare una lucidità mentale d'altronde ormai smarrita da tempo.

Non ricordava quando fosse iniziata la sua caduta nel baratro, non ricordava neanche se ci fosse una reale motivazione: sapeva solo che, ad un certo punto, la sua esistenza era diventata troppo pesante, la vita stessa con le sue tragedie, le sue contraddizioni, troppo difficile da accettare.

Si affacciò alla finestra che dava sulle strade buie e deserte, ma il suo sguardo si posò sulle sagome nere dei rilievi in lontananza: laggiù vi era il luogo che era diventato la sua ossessione, il mare di alberi che lo chiamava nei suoi sogni.

“Aokigahara” mormorò, mentre dagli occhi spenti scivolavano lacrime silenziose.

1Gli Yurei sono i fantasmi della tradizione giapponese.

 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3760036