PollyAddams
E'
una bambina molto particolare.
Probabilmente era questo che le due ragazzine stavano pensando l'una
dell'altra, con quattro occhi a squadrarsi a vicenda, due con
genuina curiosità, gli altri con sistematica freddezza.
Era iniziato tutto nella Grande Città, dove la solare bambina dai
capelli castani aveva per la prima volta conosciuto la paura.
Aveva già avuto a che fare con la tristezza e lo sconforto, quando
erano morti i suoi
genitori, e aveva anche contemplato il nero fumo della disperazione e
dell'angoscia, quando, dopo essere stata investita da un balordo
automobilista, le avevano paventato un futuro da paralitica.
Eppure, grazie al gioco della felicità e al bene che le volevano tutti
quanti, il buon Dio aveva intercesso un miracolo, quando era venuta
fuori la speranza di un'operazione, e di un conseguente periodo di
riabilitazione.
Per questo lei non aveva mai smesso di sorridere, neppure quando era
aveva lasciato la zia Polly e i suoi amici di Beldingesville per
seguire la terapia.
E neppure quella mattina, quando aveva lasciato la casa di Mrs. Carew,
per cercare il suo piccolo scoiattolo Pon Pon.
Ma la maschera che in quel momento si era impossessata di lei era di
paura: il terrore dell'ignoto, la consapevolezza di essersi persa in un
quartiere sconosciuto, fatto di gente di cui non capiva le parole e
soprattutto, le intenzioni.
Se chi la conosceva l'avesse vista in quel momento, non avrebbe mai
creduto che si trattasse della stessa bambina sempre sorridente che
trovava il lato positivo anche nelle cose più terribili.
Si rimproverò di aver dato retta, nella sua ingenuità, agli iniziali,
ottimistici propositi di
ricerca: non solo non aveva ritrovato il suo animale, ma ella stessa
aveva finito con lo smarrirsi.
Affrettò
il passo zoppicante, aiutandosi col piccolo bastone da riabilitazione,
nella speranza, in mezzo a quelle strade tutte uguali, di ritrovare
magicamente la via di casa.
Si sentiva come un pesce fuor d'acqua, un piccolo pesciolino che si
dibatteva agitato per ritrovare il proprio ruscello.
Capì però di essere passata dalla padella alla brace quando trovò sul
cammino tre ragazzacci.
Bastò il loro atteggiamento da bulletti a spaventarla: il più grande
del gruppo, che non doveva superare i quindici anni, tirò su la visiera
della coppola e si staccò dal muro al
quale era appoggiato.
Venne immediatamente imitato dagli altri due: un soldo di cacio
castano, con indosso una giacchetta ed in testa anch'egli una coppola,
ed uno smilzo
poco più alto, vestito con una maglietta coperta a stento da una
salopette
sgangherata, la cui pettorina era fissata da una sola bretella.
Pollyanna arretrò di qualche passo, tremante.
- Guardate chi abbiamo qui - Commentò il primo, in perfetto italiano. -
Una nuova arrivata.
- Io non capisco se sia una bambina o una ragazzina. - Aggiunse il
secondo, sempre nella stessa lingua.
La bambina, però, americana qual era, non capiva una parola, e questo
non fece che agitarla
ancora di più, balbettando frasi sconnesse che i tre a loro volta non
compresero.
Ma questo non fermò la loro minacciosa avanzata.
- Dimmi il tuo nome: come ti chiami? - Incalzò il primo.
Pollyanna stava continuando ad arretrare quando inciampò e cadde col
bacino a
terra.
Atterrita, indietreggiò ancora, trascinandosi con mani
e piedi.
Doveva sembrare patetica, perché il terzo ragazzo si lasciò sfuggire
una risata.
A quel punto la bambina cedette al panico ed esplose in grida di aiuto,
afferrando il bastone e agitandolo alla cieca.
La mossa sorprese in un primo momento i tre, che si scostarono per
evitare i colpi, ma poi il più grande si limitò ad afferrare l'oggetto
con una mano sola, strappandolo dalle deboli mani della bambina.
Pollyanna non riuscì a capire, dalle parole che questi mormorò subito
dopo, se fosse irritato o divertito.
Intuì però che questi, bastone alla mano, volesse ricambiare il favore.
Disperata, chiese a gran voce l'aiuto all'unico essere a cui potesse
appellarsi.
- Ti prego, Dio, - Urlava. - Aiutami!
Il tipaccio, però, aveva appena alzato lo strumento, pronto a calarlo
inesorabilmente.
Pollyanna chiuse gli occhi, una lacrima a segnarle il volto.
Ma il dolore che attendeva non arrivò mai.
Pollyanna aprì gli occhi e guardò con stupore la mano...provvidenziale
che aveva afferrato il polso del bullo, costringendolo a mollare
l'arma, ma la vera sorpresa arrivò quando gli occhi si posarono sulla
sua salvatrice.
Era una bambina inquietante: aveva il volto pallido di
una bambola di porcellana, e probabilmente a toccarlo avrebbe avvertito
la medesima sensazione di freddo.
L'espressione era impassibile, incurante dei vistosi sforzi del ragazzo
italiano che intantostava cercando di divincolarsi dalla ferrea presa.
Il vestito era completamente nero, di quelli usati in occasione dei
funerali.
-
Esiste un Dio? - Fu la sola, secca e diretta domanda che quella bambina
rivolse a Pollyanna.
E secco fu anche il roteare su sé stessa per
atterrare, con una mossa di Judo, il piantagrane.
Gli altri due sgranarono gli occhi, increduli, e fecero per reagire,
quando si accorsero di un'ombra gigantesca che si era posata su di loro.
Entrambi guardarono verso l'alto, urlarono di terrore e fuggirono a
gambe levate.
Incuriosita, Pollyanna guardò anch'essa nella medesima direzione e non
riuscì neppure lei a trattenere un grido, quando i suoi occhi sbarrati
incrociarono quelli di un gigante, umano solo nelle forme, ma
mostruosamente massiccio e imponente.
Lo sguardo spento, il pallore cadaverico, simile a quello dell'altra
bambina, la bocca semiaperta che emanava solo sinistri lamenti, ed
infine quelle enormi mani in procinto a ghermirla, furono l'ultima
goccia.
Sopraffatta, Pollyanna svenne.
Pollyanna si ridestò di scatto, dopo un agitato sogno di incubi
spaventosi di cui non ricordava tuttavia nulla.
Si guardò attorno: si trovava su di un letto, dentro una camera
arredata con uno squisito gusto aristocratico, dalle condizioni però
piuttosto fatiscenti. Vi erano ragnatele e sporcizia dappertutto.
Si guardò attorno, quando notò una cosa orribile: la bambina pallida di
prima, con un'accetta ben sollevata, pronta a
calarla sul collo di un altro bambino, inginocchiato e con la testa
poggiata su un ceppo.
Ferma! - Gridò Pollyanna, scendendo di scatto dal letto e
infrapponendosi a braccia spalancate tra i due. - Che cosa stai facendo?
- Non è evidente? - Le rispose lei, senza scomporsi - Sto giocando con
mio fratello.
- Ma non puoi farlo! E' pericoloso! Potresti ucciderlo!
- Il divertimento sarebbe quello.
La ragazzina lentigginosa poté osservare per un breve istante il suo
riflesso, atterrito, sulla superficie metallica della scure, lucidata
scrupolosamente per l'occasione.
Non sapeva cosa trovasse più inquietante, se guardare una bambina della
sua età armata e in procinto di compiere una decapitazione,
tanto più fratricida, o la glaciale spontaneità delle sue risposte.
- Ti prego! - La scongiurò. - Posa quell'ascia!
Di fronte alle preghiere della bambina, la pallida
interlocutrice sospirò.
- Molto bene.
Le braccia si abbassarono e abbandonarono la presa
sull'attrezzo, che con un tonfo si incastrò, creando un solco, sul
pavimento di legno.
Poi, con voce atona, si rivolse al fratello.
- Pugsley, continueremo più tardi.
- Uffa! Sempre sul più bello! - Protestò il bambino biondo,
sollevandosi in piedi e lanciando un'occhiataccia risentita verso
Pollyanna. - Vorrà dire che andrò da Zio Fester a giocare con la
dinamite. - Aggiunse, uscendo dalla camera.
- Con la ... dinamite? - Domandò Pollyanna, incerta sull'aver capito
bene.
- Sono sicura che mio fratello non intendesse offenderti, dimenticando
di invitare un'ospite ad aggregarsi. - Ribatté l'altra. - Ma in
questo momento credo che tu abbia bisogno di riposo.Mi sembri confusa.
Delicatamente afferrò Pollyanna per le braccia e la fece sedere sul
vecchio letto, che scricchiolò sonoramente.
- Non so neppure dove sono - Realizzò ad alta voce l'ospite.
- Sei in camera mia, nella magione della mia famiglia. A proposito, io
mi chiamo Wednesday Addams.
- Wednesday?
L'ospite ponderò per un po' il nome.
L'aria smarrita aveva lasciato posto a uno sguardo pensieroso,
incuriosito.
Chiamarsi come il nome di una settimana?
Quella novità la eccitò.
- E' un po' inusuale, ma è davvero un bel nome! Io mi chiamo Pollyanna!
Posso chiamarti Wendy?
- No.
Il gelido muro di ghiaccio nell'atteggiamento di Wednesday affievolì
immediatamente l'entusiasmo iniziale di Pollyanna.
Una secca, impietosa risposta aveva alzato una barriera invisibile tra
loro.
Era tornata ad essere la bambina con la scure che la inquietava tanto.
Persino il fratello, nonostante condividessero le stesse...manie, aveva
un atteggiamento più, come dire, vitale.
Era una bella sfida, giocare al Gioco della Felicità con lei.
Si accorse, comunque, che nonostante tutto non vi era ostilità.
Fece per aprire bocca, quando qualcuno bussò alla porta.
- Entra pure, Lurch.
Accordato il permesso dalla piccola Addams, la porta si aprì con un
cigolio sinistro, e Pollyanna vide con terrore la stessa creatura
abnorme che l'aveva fatta svenire.
Con un urlo, la bimba si nascose dietro Wednesday, tremando come una
foglia.
Dopo essersi ingobbito per poter entrare nella porta per lui minuscola,
il
gigante si estese finalmente in tutta la sua altezza, così imponente
che ne bastò l'ombra per oscurare entrambe le bambine.
Una serie di lugubri gemiti accompagnarono il gigante, che estese le
mani verso entrambe.
Pollyanna cercò di rimpicciolirsi dietro l'altra bambina, quando la
mano gelida, ma dal tocco delicato, di Wednesday non le accarezzò la
testa.
- Non ti preoccupare. Il nostro domestico è solo un po' timido con gli
estranei.
La parola "domestico" resituì un'aria di normalità all'angosciante
figura del mostro di Frankestein.
Ma era soprattutto "timido" a stuzzicare l'incredulità della bambina:
era lei che stava morendo di paura!
Sospettosa, Pollyanna azzardò
un'occhiata da sopra le spalle di Wednesday.
L'imponente figura che sembrava uscita da una novella horror aveva le
braccia tese, ma per porgere un vassoio con una teiera e due tasse
ricolme di un liquido non meglio identificato. Vi erano anche dei
biscotti, ma non avevano per nulla una forma o un odore familiari.
"Merenda" fu la prima parola di senso compiuto che Pollyanna finalmente
comprese dalle labbra dell'uomo.
- Puoi posare il tutto sul tavolo, Lurch, grazie.
La bambina di Beldingesville studiò con
circospezione i lenti movimenti del gigante che, tenendo fede al nome,
ondeggiava.
La faccia, sebbene ad un secondo esame mostrava tratti molto meno
spaventosi di quanto le era parso all'inizio, non destava comunque meno
inquietudine.
Gli occhi erano persino più inespressivi di quelli di Wednesday, mentre
il colorito della pelle ne condivideva il pallore.
Gli abitanti di quella casa non dovevano apprezzare molto il sole.
Quando ebbe finito, Lurch fece per andarsene, quando si fermò.
Biascicando un lento "Dimenticavo",
si avvicinò a Pollyanna, e messa una mano nella giacca, ne tirò fuori...
- Pon Pon! - Esclamò gioiosa la ragazzina, mentre lo scoiattolo saltava
dalla mano tesa di Lurch verso la sua amata padroncina.
- Trovato in casa. - Spiegò il domestico.
Al colmo della gioia, Pollyanna si alzò dal letto per fiondarsi ad
abbracciare quell'uomo. Data l'altezza, riuscì solamente ad aggrapparsi
alle gambe.
- Grazie! - Esclamò, sul punto di piangere dalla felicità.
Wednesday osservò la scena, con aria quasi divertita.
- E dire che cinque minuti fa le facevi paura. Hai fatto colpo, Lurch.
Lurch si limitò a scuotere la testa e a gemere.
- Dovere andare. - Bofonchiò, allontanandosi.
Pollyanna lasciò la presa, quando la sua gamba malandata cedette e
lei perse l'equilibrio.
Lurch fu tempestivo nel prenderla al volo e sorreggerla.
- Grazie ancora! - Esclamò la bambina.
Lurch evitò di proposito di incrociare quegli inquietanti occhi pieni
di gratitudine, e ne approfittò per porgerle un oggetto familiare.
- Il mio bastone!
Finalmente indipendente, grazie al sostegno, Pollyanna ora osservava
Lurch con occhi molti diversi.
- Prima mi facevi paura perché ti avevo visto visto così grande e
grosso, ma mi sbagliavo! Non solo hai ritrovato Pon Pon e il mio
bastone, ma mi hai anche presa al volo! Sei forte e gentile! Un
maggiordomo straordinario e una persona meravigliosa.
Stordito da tanti, angoscianti complimenti, Lurch preferì
svignarsela con la scusa del dovere, bofonchiando un: "Strana bambina".
Pollyanna rimase un po' stupita. - Non capisco, ho detto qualcosa di
male?
- Ma no, sono sicura che gli abbia fatto davvero piacere sapere di
averti fatto paura.
Scambiandolo per sarcasmo, Pollyanna, si allarmò.
- Ma no! Io intendevo che...
- Ma se vuoi ringraziarlo davvero, il mio consiglio è di fare onore
alla sua cucina.
- Buona idea!
Pollyanna si avvicinò con entusiasmo al vassoio, ma venne accolta da
dei miasmi disgustosi.
Gli effluvi erano così irritanti che Ponpon si districò dalle braccia
della bambina e corse ad accucciarsi all'angolo opposto della stanza.
Pollyanna osservò sospettosa quel misterioso liquido.
- Sembra... sembra veleno.
- Cicuta di Ceylon. - Confermò Wednesday, dopo averne deliziosamente
sorseggiato una tazza. - Sopraffina come sempre.
Pollyanna fece un passo indietro, inorridita.
- Qualcosa non va?
- Ecco, beh... - Non sapendo cosa rispondere, Pollyanna fece la cosa
più istintiva che le venne: andò insieme Ponpon a rannicchiarsi
nell'angolo.
- Che ne dici di vedere la mia collezione di bambole? - Propose la
piccola Addams.
- Bambole? - Pollyanna si rialzò, incuriosita, con Ponpon in braccio.
Il suo sguardo era ormai scettico. - E sono bambole normali?
- Certo che sì!
Pollyanna non ebbe neppure più la forza di protestare, quando scoprì
che la fila,sia pur elegantemente assortita, di giocattoli che
Wednesday aveva nell'armadio era accomunata da una evidente, macabra
caratteristica: la mancanza della testa.
- ... E' il divertimento migliore - Continuava intanto Wednesday. - E'
il "battesimo" che dedico ad ogni bambola.
Il battesimo era, intuibilmente, una ghigliottina giocattolo accanto ad
un cestino pieno di teste di bambole decapitate.
Roba che vedendole, Sara Crewe sarebbe fuggita buttandosi dalla
finestra, stretta a Priscilla.
- Vuoi provare? - Propose Wednesday, consegnandole una bambola con
ancora la testa.
Era troppo. Pollyanna lasciò cadere il giocattolo e cominciò a tremare.
Wednesday la incalzò, avanzando di un passo. - Mi sembri spaventata.
Gli occhi della bambina sembravano particolarmente funesti, e la sua
presenza minacciosa fecero scattare la paura in Pollyanna, che si voltò
e si diresse verso la porta.
Prima che potesse attraversarla, un cancello medievale le calò davanti,
sbarrandole la strada.
Pollyanna si voltò, e vide la bambina demoniaca farsi sempre più
vicina.
Wednesday alzò la sua mano cadaverica e... la posò sulla spalla
dell'ospite.
E infine, spiegò.
- Nello stato in cui sei, non è sicuro viaggiare nel resto della casa.
A meno che tu non voglia fare la conoscenza con il giardino delle
piante carnivore, il fossato, la sala delle torture o le prigioni.
Quell'elenco di luoghi pericolosi stordirono la già provata bambina. -
Sono finita per caso all'inferno?
- Per quanto mi lusinghi il complimento, è solo casa nostra. - Liquidò
Wednesday con nonchalance. -
Semplicemente, è solo un po' diversa a ciò a cui siete abituati
voi...forestieri.
- Molto diversa. - Precisò Polly. - Sembra di essere ad Halloween.
Halloween.
Come folgorata, la bambina ripeté quel nome.
Stava cominciando a capire lo sbaglio. Era logico che il gioco della
Felicità non stesse funzionando a dovere.
La festa di Ognissanti spiegava tutto.
Il macabro diventava un gioco, i mostri diventavano fonte di
divertimento
Si trattava semplicemente di ribaltare i concetti. Il positivo col
negativo.
- Tutto questo è semplicemente orribile! - Proclamò, improvvisamente. -
Non ho mai visto una famiglia così spaventosa, né una casa così lugubre.
Si sentiva un po' ridicola a ribaltare le parole, ma forse era un gioco
simile a quello della felicità.
Anzi, era il gioco dell'Infelicità.
- Mi rendi infelice con tutti questi complimenti. - Rispose la piccola
Addams.
Lo disse con qualcosa che però parve un sorriso, che Pollyanna riuscì a
cogliere.
Probabilmente, per quella famiglia, era il mondo esterno ad essere come
Halloween.
Bussarono alla porta.
Era di nuovo il gigante Lurch.
Stavolta, però, portava notizie.
- Trovato casa di piccola ospite.
Pollyanna guardò il passerotto ferito, che si dibatteva pigolando in
mezzo alla strada.
- Poverino, è ferito.
Chinandosi, raccolse il volatile con delicatezza
- Ci penserò io a farti guarire, piccolo.
In lontananza, un rumore di clacson riecheggiò.
La piccola bambina, però, era così assorta nel piccolo paziente
raccolto da non prestarvi attenzione.
Fu una questione di pochi secondi: una macchina, una di quelle
diavolerie meccaniche che il progresso aveva recentemente inventato,
stavasopraggiungendo a velocità sostenuta.
Pollyanna si era appena alzata, sempre concentrata sul passero.
Il suono del motore giunse finalmente alle sue orecchie, attirando la
sua attenzione.
Senza capire, Polly guardò distrattamente in direzione del rumore, e
solo allora realizzò della vettura che si avvicinava a tutta velocità.
Il guidatore si accorse troppo tardi della presenza della bambina, e
invano cercò di frenare.
Un rumore di impatto.
Pollyanna giaceva inerte, in mezzo alla strada, col passerotto che
agitato, si dibatteva.
Era stato lo scontro che le aveva falciato l'uso delle gambe, che
l'aveva condannata alla paraplegia.
Il villano automobilista, non pago, aveva persino avuto l'ardire di
lamentarsi, scaricando sulla bimba la colpa di non aver fatto
attenzione.
Almeno era ciò che ricordava Pollyanna.
Non riusciva a capacitarsi del perché, in quel momento, lei fosse
invece perfettamente illesa, col passerotto tra le mani.
Le orecchie avevano appena percepito il vivido rumore della frenata, ma
dell'impatto lei ricevette solo il suono.
Guardò, stupita, in direzione dell'automezzo, e lo scoprì ridotto ad un
rottame.
Il guidatore, malconcio, uscì dal mezzo, in vena di proteste,
lamentandosi verso l'ostacolo che era improvvisamente apparso sulla
via, infrapponendosi tra lui e la bambina.
Cominciò a inveire, irritato, in direzione di questo, quando si accorse
che questi era in realtà una persona, un uomo molto alto, che
girandosi, lo fissò con occhi vitrei e profondi lamenti.
L'espressione terrorizzata del guidatore, che decise di ammutolirsi per
darsela a gambe, non stupì la bambina: dopotutto, era lo stesso sguardo
che l'aveva fatta svenire in precedenza.
Non si spiegava, però, la sua presenza lì.
- Signor Lurch!
Il maggiordomo si affrettò a porgere un oggetto che nel ritorno
Pollyanna aveva dimenticato.
- Bastone. - Aggiunse, atono.
Pollyanna sorrise, osservando alternativamente la macchina demolita e
lui.
- Grazie a lei, Signor Lurch, credo proprio che non ne avrò bisogno.
- Lurch, gielo hai dato alla pagina sbagliata. - Lo rimproverò
Wednesday.
Il maggiordomo si limitò a scuotere la testa. I doveri di fattorino,
dopotutto, non erano mai stati il suo forte.
- Chi si sarebbe mai immaginato, comunque, - Aggiunse la
bimba, - che la nostra strana ospite venisse da qui?
Con un gesto, chiuse finalmente il libro, la cui copertina aveva inciso
in chiaro il titolo che la piccola Addams rilesse ad alta voce.
- Pollyanna.
Un libro che conteneva sfrenato ottimismo, mielosi buoni sentimenti, e
soprattutto, un agghiacciante lieto fine.
- Lurch, capisco la tua passione per gli horror, ma quando li finisci
di leggere lasciarli mai aperti nella biblioteca di famiglia, lo sai
cosa succede.
Lurch gemette come suo solito, rimembrando di quando Zio Fester aveva
causato un uragano addormentandosi con "Via col Vento" ben spalancato.
Si divertirono un mondo, però.