Città
della Torre di Ferro 29 settembre
Diario
di viaggio di Battista
Sono
ormai passati alcuni mesi da quando sono andato in pensione, da
quando ho incontrato Redenta, da quando mi è stata salvata
la vita.
Il
mio sogno da piccolo era quello di girare il mondo, ma il destino mi
aveva condotto a restare ad Abbacrasta e a lavorare all' anagrafe, a
registrare gli strani casi di suicidio che avvenivano nel mio paese.
Avevo
approfittato del tempo libero che mi regalava la pensione per poter
scrivere un libro dove raccontato dei casi di suicidio avvenuti al
mio paese, naturalmente cambiando i nomi delle persone coinvolte.
Decisi
di acquistare un pacchetto di volo più hotel last minut per
la Città
della Torre di Ferro, era costato abbastanza poco e comprendeva
andata e ritorno e una settimana in hotel.
Ero
arrivato in città da circa due ore, il tempo di scaricare
valige e
trolley e di farmi una veloce doccia, quando squillò il
telefono,
non sapevo chi potesse chiamarmi, qui non conoscevo nessuno, per cui
pensai fosse uno scherzo telefonico.
Risposi
comunque e dall' altro capo del telefono mi rispose una voce
maschile, sembrava quella di un uomo di mezza età, l' uomo
si
presentò cordialmente, dicendo di essere il sig. Jean-Pierre
Delmas,
preside della scuola Kadic, Battista si presentò a sua
volta,
altrettanto cordialmente.
Dopodiché
Battista chiese al preside come avesse ottenuto il suo numero,
Jean-Pierre
rispose:
-
Ho letto il suo libro, glielo dico, ne sono rimasto stregato, mi
piacerebbe conoscerlo di persona e vorrei che fosse lei a presentare
il suo libro ai miei studenti… Per quel che riguarda il suo
numero di telefono, non è stato difficile, mi sono messo in
contatto
con il suo comune e lì mi hanno dato il suo numero.
-
Capisco
Rispose
Battista
-
Quando posso venire?
Chiese
Battista
-
Quando vuole
Rispose
il preside
-
Che ne dice del primo ottobre?
Chiese
Battista
-
Va benissimo
Rispose
Jean-Pierre
-
A presto
Disse
Battista
-
A rivederla
Rispose
il preside.
Detto
questo Battista attaccò.
Era
molto contento del fatto che il suo libro fosse conosciuto anche
oltralpe e soprattutto del fatto che avrebbe dovuto parlarne a dei
ragazzi.
Non
vedevo l' ora che arrivasse quel giorno, ciò faceva si che
la
giornata si allungasse a dismisura.
Si
erano fatte le 20:30
Era
ora di cena, salì al quarto piano e cenai, mi sembrava
così strana
la cucina francese, rispetto a quella sarda…
Scesi
in camera e accesi la TV, era una smart TV e riuscì a sapere
cosa
stava succedendo nella mia amata terra, la Sardegna, per fortuna non
era successo niente di grave, per fortuna.
Mi
guardai qualche streaming delle TV italiane e, verso le 23:30 mi
coricai.
30
settembre
Domani
è il grande giorno, domani dovrò presentare il
mio libro,
preferirei non pensarci, pensarci mi mette in ansia, preferirei
distrarmi, visiterò la città.
Prima
di uscire guardai su Google Maps dove si trovava esattamente il
Kadic, per non sbagliarmi, poi uscì.
Tornai
che era ora di cena, pranzai in un fast food, mai fatto un pranzo
peggiore, cenai e mi coricai presto.
1
Ottobre
È
il grande giorno, sono arrivato al Kadic, ero vestito di tutto punto,
indossavo ancora quel cinto con cui mi stavo per suicidare
“ora
è acqua passata”
Pensai.
Erano
le 9:20, mi ero seduto accanto al preside e al sig. Jim, l'
insegnante di educazione fisica.
Passarono
pochi minuti e l' aula magna si riempì di studenti, essi
erano
scortati da vari insegnanti, Jim me li presentò, erano la
prof
Hertz, una signora, sulla sessantina, con dei capelli ricci e grigi,
insegnante di scienze e fisica, la signorina Mater, professoressa di
matematica, il prof hurch, insegnante di storia e la prof Butter,
insegnante di inglese.
Una
volta fatti sedere tutti gli alunni, il preside chiese silenzio,
esordì in un discorso:
-
Oggi abbiamo qui l' onore di avere qui con noi il signor Battista,
colui che ha scritto il libro “Cronache di
Abbacrasta”, ve ne
sarà donata una copia a tutti, autografata e dedicata da
Battista. Ma non vorrei rubare altro tempo al vero
protagonista di oggi, il signor Battista
Battista
era un uomo non molto alto e di corporatura media, aveva i capelli e
barba grigi e gli occhi scuri, e aveva l' aria di uno che nella vita
ne aveva passate tante in vita sua.
Prese
il microfono e iniziò a parlare.
-
Salve a tutti ragazzi, io sono Battista, vengo da
un piccolo paese del centro della Sardegna chiamato Abbacrasta, ad
Abbacrasta abitano poco più di milleottocento persone,
milleottocentotrentasette, per essere precisi, nel circondario era
conosciuto come “il paese delle cinghie, perché la
gente, arrivata a un certo punto della vita, decideva di farla finita,
prendendo il cinto, legandoselo al collo e impiccandosi, tutto
ciò a causa di una misteriosa voce.
Questo successe fino al giorno in cui
arrivò Redenta, da quel giorno mai nessuno più
decise di farla finita.
Questa storia è dedicata soprattutto
alla buonanima di mio nonno e di un mio carissimo amico arresisi alla
Voce ormai cinquant'anni fa.
La
prima a fare domande fu Aelita, una ragazzina non molto alta,
piuttosto minuta e dai capelli di un' insolita colorazione rosa.
Timidamente gli chiese:
Che
aspetto ha Redenta?
Lo
chiese poiché si era parecchio incuriosita dopo aver
ascoltato la
presentazione del libro.
Poi
specificò.
– Non
come appare fisicamente, ma com' è averla accanto...
– Averla
accanto è come vedere quanto più di bello ci
possa essere, la Vita.
È come avere tutto l' amore delle persone a te care attorno.
Rispose
Battista.
Jeremy
pensò di fare domande del tipo che è
statisticamente impossibile
che in un paese di milleottocentotrentasette anime, ci siano stati
così tanti casi di suicidio, ma dopo aver scoperto che in
una
fabbrica abbandonata, a pochi passi dalla sua scuola, si trovi un
supercomputer in grado di gestire un mondo virtuale e che al suo
interno nascondeva una spietata intelligenza artificiale, niente gli
sembrava più strano.
Finita
la presentazione del libro, i ragazzi tornarono nelle loro classi.
Si
era fatta già ora di pranzo, per cui il preside mi invito a
restare,
avrei pranzato con lui e gli altri professori, in un tavolo
abbastanza lontano da quelli dei ragazzi.
Jim,
l' insegnante di educazione fisica, fu il primo a parlare, disse che
lui non avrebbe mai e poi mai avuto il coraggio di parlare del suo
passato, dei suoi scheletri nell' armadio… disse anche che
quando
qualcuno cercava di saperne qualcosa lo liquidava con la frase
“preferirei non pararne”.
Io
gli spiegai che se avesse fatto così i suoi scheletri nell'
armadio
si sarebbero rivoltati contro di lui e che avrebbe fatto la fine
degli abbacrastesi descritti nella prima parte del mio libro.
Questa
frase riuscì a intimorirlo abbastanza da fargli cambiare
idea.
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