Sterili assoli

di Spark in a Firework
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Otto in punto e le imposte
battono come ali di farfalla
spedite verso quel sole felino
mosso da uno spasmo di voluttuosa
viltà. Scappa come quella foglia – pardon, voglia
di vivere cinque minuti di più, ancora cinque
dietro le inferriate e sotto un citrus sinensis
è già estate nel burrone mediterraneo
in burrasca, miete vittime da aprile a sera, tanti
biglietti staccati in tronco per affollare il palco
dall’est secondo l’ovest come uno stormo
di kanji sinonimici in un’arena di ottovolanti,
quatti quatti strisciano e persino si sfidano
come teneri amanti si se-viziano e nello scompiglio
di questa enneade di sbronzi, è il caos
e tu pensa
a com’è scortese il liquore a non scorrere
nelle mie vene mentre assisto da sotto
terra, una tonnellata di sabbia e argento nada.
 
In mezzo:
boati.
 
Le risonanze geomagnetiche
con epicentro la mia iniziale
scartano il moto perpetuo
di un boomerang sia vivo che morto,
«
  , è ininfluente»
la scatola col piccolo plebeo
dimora su un bonsai di cartapesta
di una taglia troppo grande.
Nota: questo bonsai perde sogni – pardon, fogli,
un manto innevato (sì, tutti bianchi)
«Fanne un tappeto, Daphne, rivendilo
ai Navajos o a quegli immigrati,
il costo della vita è miserevole
e sterile assolo tuttora in corso»
e in questo meraviglioso concetto svanisco
e bene mi tiro indietro finché posso.




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