Finché morte non ci separi.

di Longriffiths
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Salve a tutti!!

Ragazzi non potevo astenermi dal creare questa cosa, io non piangevo così per un film Disney dai tempi di Lilo e Stich. La famiglia purtroppo è un punto debole e questo cartone ne racchiude il significato nel modo più assoluto! Io volevo semplicemente dirvi che le parti scritte in questo modo equivalgono a flashback, che molte cose ad esempio i loro anni di lontananza e le parentele sono frutto dei miei calcoli, e la canzone che ho scelto per esprimere i sentimenti di una delle nuove ship della mia lista arcobaleno è Me Niego di Ozuna. Io spero che apprezziate e che non ho distorto la figura di Imelda da come il film ce la mostra, insomma proviamo a pensare a tutto quello che si è tenuta in corpo e nelle ossa questa santa donna :’D prima o poi tutti scoppiamo davanti all'amore. Spero di strapparvi un sorriso♡

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Le forze mancavano di prestare il loro soccorso, e neanche il bagliore del nuovo giorno donava speranza e nuova gioia, perché più di una persona dietro le tende di quell’enorme struttura conservava un netto dispiacere, malgrado due delle figure strette in quel mucchio d'ossa secolari aveva mai visto prima quell'uomo che ora, stava per essere dimenticato. La spina dorsale doleva in un modo atroce, e la sua costola già spezzata minacciava di staccarsi completamente dal suo margine, pesante come era in quel momento. ‘Strano', aveva pensato, ‘Chich sembrava rilassato’. Lì infatti cadde la sua mente, conscia che di lì a poco avrebbe cessato di formulare qualsivoglia altro tipo di pensiero, sperando di poter almeno rivedere quello che per lungo tempo era stato il suo ritrovo nell'attesa di rivedere la sua sposa, e la sua adorata figlia. Per cui, la mente egoista come mai lo era stata in vita ed in morte sua, tentò di rapire nel più breve tempo possibile le cose più belle celate in essa, vissute nel corso della sua vita, quando ancora un sottile strato d'epidermide copriva quelle ossa malconce, a tratti tenute insieme da un filo di nastro adesivo. Nulla era stata la sua esistenza e permanenza in quel luogo di anime, da quando si era risvegliato da solo. Senza amici. Senza una famiglia. Il tesoro più prezioso che avesse mai avuto la fortuna di guadagnarsi, l'aveva volutamente perso anche se troppo tardi aveva compreso il suo errore. Sapeva bene d'avere troppo nel midollo da pagare e da scontare, ma in quel momento, non gli importava più. La sola cosa che voleva era avvalersi della risorsa più bella a sua disposizione, quella che pochi minuti prima dopo interi anni di sopravvivenza lo aveva deliziato dopo ben cinquantadue anni di vera e propria astinenza, per addolcire la propria scoperta definitiva nella speranza di poter evanescere in quello che in vita aveva chiamato paradiso.

 《Imelda, canteresti per me?》Sentì un eco meccanico somigliante al proprio timbro vocale amplificato risuonare nella cavità in cui decenni addietro erano poste le sue orecchie, ma nessuno in quel momento probabilmente, aveva fatto caso o semplicemente non badava alla telecamera delle quinte di quel teatro ancora puntata su di loro. Nessuno, a parte le centinaia di scheletri sull'orlo della commozione involontariamente intenti a trattenere un fiato che in realtà non avrebbero neanche dovuto possedere. Avevano già compreso da un po' la natura reale e veritiera di quel che stavano osservando, non era certo come una delle pellicole che in vita si divertivano a guardare infinite volte, ed in un certo senso ne avvertivano la delicatezza come se ne fossero parte, colpa del malinconico sguardo della donna che aveva stregato quel pubblico senza preavviso, che dava loro a intendere senza neanche saperlo di volere che non spezzassero quel momento, né tantomeno s'intromettessero nell'atmosfera familiare con le loro reazioni. Non osavano fiatare, ne emettere un tintinnio d’ossa, ma malgrado ciò la tentazione era troppa per lasciare le postazioni.

Impietrita in ginocchio posta verso quel corpo in disgregazione, una donna dai sobri e fini decori facciali batteva le sue lunghe ciglia corvine nella brezza del mattino nascente, tentando di non lasciare i propri occhi. Non aveva ceduto mai, oltre cinquant'anni aveva trattenuto le sue emozioni allagandosi internamente di tutte le sue lacrime, e forse era stata proprio quella la causa della sua morte terrena. Rare e preziose furono le volte in cui da quel fatidico giorno, un suo familiare all’infuori della sua unica figlia l'aveva vista ridere, nessuno mai aveva assistito al crearsi della lucida patina che ora incorniciava le sue iridi nocciola, nelle quali Héctor stava nuotando. Mai nessuno aveva avuto l'onore di condividere con lei i suoi dolori e le pene di cui sempre si era dannata, i malori che gli sguardi malevoli e i cattivi mormorii al suo passaggio degli abitanti di Santa Cecilia le rivolgevano ogni giorno. Nessuno era mai stato la sua spalla su cui accogliere i macigni della sua anima. Ella fu spinta difatti a posare gli occhi sui suoi fratelli, quegli spensierati e ingenui gemelli che avevano accettato quell’uomo in famiglia fin dall'inizio senza farne più parola dal suo abbandono per amore della propria Hermanita, e sulle sue cognate che in tutti quegli anni con vicinanza e comprensione avevano sostenuto i suoi ideali e le sue condizioni, lasciando trasparire le proprie sentite colpe nelle imposizioni che aveva dato loro negli anni, chiedendo perdono per il modo in cui stava dinanzi a loro evidentemente soffrendo per quell'uomo quando per tutta la vita aveva fatto in modo che fosse visto e trattato come un traditore, un indegno. Nel momento in cui tornò a guardare il volto del marito passando oltre quelli affranti dei familiari, capì di aver ottenuto un tacito consenso che forse neanche era necessario, ed allora una lacrima infama cadde veloce tra i corvini capelli del marito troppo tardi da quando se ne era resa conto per rimediare. In fretta asciugò la scia salmastra che aveva lasciato sul suo lucido teschio, gesto che non sfuggì all’oggetto dei suoi mali, che al corrente del suddetto titolo avvertì un secco suono all'interno della vuota cassa toracica, proprio all'altezza in cui prima era stato situato il suo cuore nel vederla caduta in quello che ora era per lei uno stato pietoso, forse maggiore del proprio. Solo a guardare Pepita, era chiaro come il sole in che tipo di persona ci si imbattesse quando si aveva a che fare con Imelda, per cui vederla piangere stonava in maniera eclatante con la sua forte personalità.. e rendeva i colpevoli di quell'immeritato pianto viscidi come vermi di terra. Non voleva andarsene di nuovo con la sua immagine tormentata impressa, voleva che almeno adesso ridesse, che fosse serena, come sarebbe dovuta essere la sua naturale dipartita umana. Così sarebbe dovuta andare, lui non se ne sarebbe mai dovuto andare. Avrebbe dovuto morire accanto a lei, nel loro letto, con la sua melodiosa voce a prepararlo al lungo viaggio nel ricordo dei più bei momenti trascorsi con la loro meravigliosa bambina, non in una buia strada in compagnia di un odierno Giuda abbandonato al freddo della notte. Alzare il braccio fino a sfiorare le ossa del volto della donna costò una immensa fatica ed un male quasi allucinante, e mentre piccole pagliuzze dorate coloravano il suo scheletro ad intermittenza, in una smorfia di dolore sfiorò con le falangi gli alti zigomi della propria sposa, tornando a contemplarla. Lei, non si sottrasse. Lasciò che la sua fredda mano percorresse il suo viso, e contemporaneamente come se stesse maneggiando un prezioso cristallo, sollevò il busto dell'uomo portando il cranio sulle proprie ginocchia piegate.Tentava di emettere un suono, di concedergli quell’ultimo deseo, ma non riusciva a formulare una parola, non voleva dirgli addio. Cantare avrebbe contribuito soltanto a mandare via l'ultimo barlume di lucidità tenuto insieme dalla forzatura di essere sempre e inevitabilmente irremovibile e indistruttibile, ma non poteva, non ora che pur essendosi ritrovati dopo una disagiata e lunga serie di episodi passati a non riuscire mai a raggiungere il loro destino, la stava lasciando per sempre un'altra volta. Senza che lei potesse impedirglielo, come aveva provato a fare tanto tempo fa. Senza che lui potesse scegliere. Spolverò i meandri della propria memoria, tentando di riassumere in poche e semplici strofe quanto la sua assenza avesse lasciato una ferita mai guarita nella sua alma tormentata dal rimpianto, e che anche se aveva abbattuto montagne e separato ogni mare pur di eliminare ogni più piccola traccia di lui nelle vite di ogni persona che gli aveva voluto bene, in realtà, non aveva passato giorno in cui la speranza di rivederlo incamminarsi verso la loro modesta casa non l'aveva tenuta sveglia di notte, anche se non una goccia aveva bagnato le federe dei suoi cuscini. Fargli capire quanto l'amore per lui fosse stato represso e schiacciato sotto la collera di cui si era avvelenata e non scomparso nel corso del tempo, che malgrado tutto non aveva mai amato nessun altro anche se il suo cuore aveva voluto che qualcuno potesse farle dimenticare il suo sciocco sentimento, scegliendo accuratamente i versi della prima ed ultima canzone scritta quando quelle mani erano state ancora in grado di emanare calore, e che avrebbero segnato la fine di un'era, la vera fine del loro matrimonio, e della vita insieme. Lentamente, un lamento strozzato dalle schegge della sua profonda voce ormai rotta scorsero fluide dalle sue inesistenti labbra tinte della stessa tonalità degli ematomi che il suo cuore portava, e con lui, il fiume del collegamento ai canali lacrimogeni. Lo spirito della Llorona in cerca del proprio amore morto a cui prima aveva dedicato una delle più celebri canzoni della propria patria, ora le teneva entrambe le mani sulle spalle piangendo con lei.

《Es difícil abrir mis ojos y ya no verte, tu olor en la cama, aun sigue intacto. Te he buscado en mis sueños, deseando tenerte y no encuentro tu rostro, por más que trato..》(è difficile aprire i miei occhi e non averti vicino, il tuo odore è ancora forte nel mio letto. Ti cerco nei miei sogni ma non riesco mai a vedere il tuo volto, per quanto io ci provi.) Héctor calò le palpebre ascoltando con pacata attenzione ed interesse toccando con mano in senso quasi del tutto letterale il male che aveva portato a quell'anima pura e innocente. Non aveva più il coraggio di incontrare i suoi occhi, anzi, quasi ora sperava che quell'agonia finisse presto pur di non dover affrontare a viso aperto le ultime fatidiche conseguenze che le sue assecondate tentazioni avevano causato. Si sentiva talmente sporco, eppure sapeva di dover dimostrarle qualcosa solo un'ultima volta, glielo doveva. La vigliaccheria non era più tollerata, adesso era arrivato il suo turno di essere forte, ma presto realizzò che quello era un obiettivo che in quel frangente difficilmente avrebbe raggiunto. Le parole di sua moglie, lo stavano logorando come tante termiti a un guscio di noce.

《Aun quedan tus retratos, en cada rincón de la casa, y el silencio me habla de ti, es que solo hay tanto espacio . Desde que no estas, daría todo lo que hoy me queda, por tenerte, por que vuelvas.》(Ci sono ancora i tuoi ritratti in ogni angolo della casa, e il silenzio mi parla di te dicendo che qui c'è troppo spazio. Ora che non ci sei darei tutto quel che ho per averti, per farti tornare.)

 
Con uno scatto secco, i sigilli della custodia della sua preziosa chitarra candida come la prima neve di un freddo inverno a cui mai avevano assistito in quel territorio determinò una decisione già presa, in procinto di essere inaugurata con quella che sarebbe stata una dura partenza. Coco, nei suoi cinque spensierati e meravigliosi anni osservava stretta allo stipite della porta d'ingresso della cucina di casa sull'orlo di un prossimo pianto la propria madre tenere le braccia conserte come usava fare solo nei suoi scatti d'ira più assoluta, e muovere sistematicamente di riflesso il tallone a mezz'aria dal pavimento tanto da far oscillare il morbido tessuto della sua lunga gonna. Se avesse potuto ridurre in polvere la figura dell'uomo dinanzi a sé usando solo la forza dello sguardo, a quell'ora sul pavimento ci sarebbe stato molto da ripulire. Eppure non osava muovere un passo verso di lui, non dopo aver ottenuto l'ennesimo rifiuto. Si erano ripromessi di non alzare mai la voce in casa in presenza di Coco, ma quella volta non ebbero potuto fare altrimenti. 《Ti perderai i momenti più importanti della vita di tua figlia! Andrà a scuola il prossimo anno e tu non potrai accompagnarla ne andare a prenderla!》

《Non sto andando in guerra Imelda, cerca di calmati, le ho promesso di scriverle ogni sera.》

《Oh giusto, i tuoi piccoli pezzi di carta spediti da tutto il mondo scritti storti e piegati male a causa dello stordimento che la musica, l'alcol e le persone ti causeranno la faranno sentire sicuramente serena.》

《Ti stai preoccupando per lei o per te stessa?》

《Non era questo il modo in cui avevamo scelto di condurre la vita familiare Héctor, non sappiamo quando ti rivedremo ancora, cosa ci dimostrerai così?》

《Che non bisogna per niente al mondo rinunciare ai propri sogni, e che tutto è realizzabile se lo vuoi. Anche tenere unite passioni e famiglia. Adesso devo andare, Ernesto mi sta aspettando alla stazione, ed ho tardato. Vado a salutare nostra figlia.. andrà tutto bene, amór.》Ora, mentre il giovane uomo si avvicinava solare e rassicurante al suo tesoro più prezioso, ella provava solo fastidio intriso da una punta di disprezzo e.. delusione. Qualcosa le diceva che superata quella soglia, una parte importante del loro rapporto si sarebbe interrotto. Era qualcosa che senti di sapere fin dentro le viscere, quei famosi presentimenti che ti dannano ogni singolo minuto del día. Il bacio che sulla guancia destra aveva ricevuto non le aveva trasmesso alcun calore, alcuna sincerità. Aveva sempre saputo che prima o poi quell’uomo con cui troppe volte aveva discusso avrebbe trascinato il suo ingenuo amigo in un oblio di fantasie e avventure portandolo lontano dal loro nucleo. Aveva tentato più volte nell'ultimo mese di fargli vedere la luce, sperando che un pizzico di buon senso solleticasse la sua coscienza in casi estremi anche discutendo fin troppo animatamente, ma ora, era stufa. Mentre le accarezzava il capo ornato dalle scure trecce, non cercava più di fermarlo. Se voleva lasciare la città, che lo facesse, conscio di tutto ciò che quel gesto avrebbe comportato. Un'ultima volta rivolse un caloroso adiòs por ahora a quelle che aveva sempre appellato come le donne della sua vida, e senza più voltarsi carico di aspettative e di adrenalina, chiuse la porta d’entrata trascinando la valigia con sé. Dalla finestra lo osservavano allontanarsi fino a che dal piccolo puntino in mezzo all'oro che la sua sagoma era diventata non sparì, subito dopo, il naso della più anziana prese a pizzicare. Ma non era quello l'insegnamento che doveva trasmettere alla sua bambina, e per amor proprio, piangere era l'ultima cosa da fare. Non poteva sprecarsi, non ora che aveva compreso di non aver mai veramente conosciuto quell'uomo, in special modo, nei successivi otto mesi di lontananza quando anche le lettere avevano smesso di riempire la loro buca postale. Non era più la stessa persona di pochi anni addietro, quando dal fresco fiore che era il loro amore volteggiavano esibendosi solo per se stessi e per il loro comune interesse e svago nella plaza del villaggio. Non era l'uomo che saputa la gravidanza di sua moglie, aveva capito di avere delle responsabilità. Ora era solo un fanatico, un sognatore, era di nuovo un ragazzino. E lei invece, donna già da troppo tempo, aveva una famiglia da mantenere da sola, il resto era superfluo. Lei, era Imelda Rivera. 


《Es que me niego a perderte, a más nunca verte, me niego ha aceptar que lo nuestro ya se acabo. Sin ti nada es igual, ¿que tú me hiciste que no te puedo olvidar?》(Mi rifiuto di perderti e di non vederti più, non posso accettare che tutto sia finito. Senza di te niente è uguale, cosa mi hai fatto perché non possa dimenticarti?)


Ascoltare con quanta tenacia e adorazione la propria figlia cantasse ai minimi decibel per non farsi sentire ogni singola sera quella straziante canzone malgrado gli avvertimenti e le regole di casa Rivera le ordinavano di mettere a tacere la voce del canto e della nostalgia le creava malessere e costante magone. Non voleva risultare rigida e esageratamente severa già in quella fascia d’età agli occhi del suo angelo, ma non poteva tollerare tutto quello che stavano passando a causa di quel mariachi, e da una parte, forse la maggiore, voleva che il sangue del suo sangue crescesse in fretta per rendersi conto di testa propria quanto fosse sbagliato rimpiangere uno spudorato uomo senza scrupoli di quella portata. La sua dolce voce intonata quanto la propria la stava mandando alla totale deriva alla follia, tanto da alimentare in sé una furia disumana troppo grande da entrate tutta nel suo corpo. Oltre alle lettere, da due mesi ormai anche finanziariamente il musicista aveva smesso di pensare alle donne che aveva lasciato a casa in Messico, e dopo il cedimento ad un disperato pianto di mancanza della propria figlia, era letteralmente andata in escandescenza.  Avvolse la bambina in un cardigan nel mezzo di quella stessa notte, la caricò in spalla mentre consumava il suo sonno, e bussò alla porta di suo fratello maggiore, lasciandola in custodia a Felipe e Rosita. Senza dare alcuna spiegazione alzò i tacchi, e attese al freddo seduta in terra che il treno notturno arrivasse. Non voleva andare a chiedere soldi, non voleva prenderlo per i capelli e riportare il suo trasero a casa, voleva semplicemente trovarlo, mollargli uno di quei ceffoni da capogiro, e ritornarsene indietro dopo avergli fatto ingoiare la fede che lui stesso le aveva messo al dito. Finché morte non ci separi, aveva detto. Ma li aveva separati la musica, la cosa che più li univa e la rendeva felice. Visitò ben tre paesi differenti in otto giorni, ma nessuno seppe darle notizie su di lui e il suo amigo, così avendo fatto ordine mentale e resasi conto di non poter inseguire una vendetta insulsa, scelse semplicemente di andare avanti, una volta per tutte. Recuperò Coco, e la stessa mattina del suo ritorno dopo averla accompagnata a scuola e strappato via il volto del marito dalla foto che ritraeva tutti e tre, Imelda sedeva in una baracca indossando un pesante grembiule, imparando a lavorare il cuoio. 


Respirare stava diventando faticoso, specialmente ora che sentiva il crescente bisogno di abbandonarsi agli stessi sentimenti che stava esternando la sua sposa. La lasciò fare malgrado si sentisse morire, poiché sapeva quanto sforzo stava facendo nel cercare di non singhiozzare, né urlare. Gli parve che in quel momento stesse prosciugandosi finalmente da tutti i demoni che l'avevano accompagnata per decenni, ed assieme alle parole che gli stava dedicando, la brutta lite spesa dinanzi all'intera famiglia, al suo chamaco ed al marito di sua figlia arrivò veloce a travolgerlo come frecce dalla punta ardente. Un lucente scintillio accese per l'ennesima volta il suo scheletro, molto più intensamente, e lì anche la donna dalle minuscole ciocche argentee smise di cantare, attendendo che la smorfia di dolore sul viso dell'uomo passasse. Implorante, Héctor si aggrappò al suo braccio chiedendone ancora senza parlare, come se sentisse la necessità di un tossico dipendente di drogarsi di quella voce come cura al suo male fisico e psicologico. Ne aveva bisogno.  Aveva sempre creduto  dalla ventesima volta in cui gli era stato negato l'attraversamento del ponte che la sua famiglia, che sua moglie lo odiasse ai massimi livelli. Andarsene ascoltando quei versi era per lui la più bella delle assoluzioni, era dopotutto felice. Felice del fatto che ora sapeva con certezza che anche se la vita le era costata, non aveva mai smesso di amarlo. Come lui, lei lo amava nella morte come lo aveva fatto in vita. Malinconico le rivolse un sorriso sincero, annuendo quasi impercettibilmente. Imelda aveva smesso di piangere, ma molti occhi non distanti da loro, avevano iniziato a farlo, con sentimento. 

《Me esta matando la soledad, duele saber que tu ya no estas, quiero pensar, que todo esto es mentira. Y que al llamarte contestarás, y que al llegar la noche me besaras, no te alejes de mi vida.》(La solitudine mi sta uccidendo, fa male sapere che non sei qui, voglio pensare che tutto sia una bugia. Che chiamandoti risponderai, che al calar della notte mi bacerai, non allontanarti dalla mia vita.)


La Colombia era più che favolosa. Certo, non in tutti i posti di quella zona girava il tipo di svago e compagnia a cui egli era abituato, ma per audacia e perseveranza ed anche per una questione di rispetto verso un impegno che aveva iniziato con il suo migliore amigo aveva tenuto duro, e resistito passando oltre la miriade di seduzioni che tutti i luoghi in cui avevano soggiornato offrivano su un piatto d'argento. In tutti i piccoli appartamenti che fittavano per trascorrere le loro notti, nel più del tempo vi spendeva solo poche ore, preferendo andare ad esplorare le strade ed i parchi nel mentre che Ernesto provvedeva al suo patologico bisogno di compagnia occasionale, rientrando solo quando ormai la notte era inoltrata, malgrado alle volte l'uomo riceveva la brillante idea di provvedere anche a lui. Presto iniziò tutto a stargli stretto, perfino i luccicanti abiti ed il sombrero che apposta si erano fatti cucire per l'occasione. Dopo ogni esibizione, come riflesso incondizionato cercava dei sorrisi e degli applausi che in realtà non c'erano, e giorno dopo giorno sempre di più era cresciuto all'interno del suo petto un mostro nero, che si arpionava ai confini del suo animo e rendeva tutto spento e vuoto, irrilevante. Non sentiva più le lusinghe che lo avevamo stregato inizialmente, non era più accecato dalla volontà di essere conosciuto in ogni parte del globo, il suo hobby non era più spontaneo e limpido come a casa sua. Era tutto così forzato ormai, e doveva proprio ammettere che in fin dei conti, mancava anche a lui un certo contatto. Un certo calore. Il proprio letto, le proprie cose, le persone a cui teneva per davvero. Bisogni reali e sentiti che al contrario di Ernesto non poteva agevolare. Sentiva tremendamente la necessità di essere chiamato papà ancora una volta, sentiva l'urgenza di stringere tra le braccia la sua amata figlia, avvertiva forte il dovere di tornare a Santa Cecilia e tenere in modo permanente al petto sua moglie, chiederle umilmente perdono, farle sapere che aveva ragione, che mai più l'avrebbe lasciata sola, che la amava più di ogni altra cosa. E sentiva tutto ciò proprio quando Ernesto gli parlava del loro successo, dei profitti e della gloria. Capì forse giusto in tempo, che in realtà quello, era sempre stato il suo sogno. A lui, bastava e andava più che bene riempire con le note della sua chitarra solo le mura di casa propria. Mentre mangiava senza gusto il chorizo che avevano ordinato, ripassò nella sua mente le parole esatte da conferire al suo ormai anche collega, per spiegargli senza che avvertire astio o rancore la sua volontà di tornare sui suoi passi. Come aveva immaginato, non andò affatto bene.

《Questo era il tuo sogno, Ernesto. Te la caverai.》 gli aveva detto con nonchalance, aprendo una ennesima porta. La fortuna venne poi in suo soccorso, e con una inspiegabile gioia nel petto, brindò alla fama del suo prezioso amigo, pregustando già la serenità che avrebbe trovato in Messico. 


《Yo sigo aquí confundido y solo, llorando de noche, muriendo de día, viviendo esta agonía. No puedo entender que ya no seas mía, el circulo se cierra y el dolor me entierra. Que difícil es vivir en esta guerra.》(Sono qui confuso e solo, piangendo di notte e morendo di giorno vivendo questa agonia. Non posso pensare che non sei più mia, il cerchio si chiude e il dolore mi seppellisce, come è difficile vivere questa guerra.) 


Freddo. Buio. Strano. Queste, erano state le prime cose che Héctor aveva avvertito riaprendo i suoi occhi. Non riconosceva quel luogo, non si trovava dove si era addormentato la sera prima. Non era la casa che lui ed Ernesto avevano pagato per abitare temporaneamente. Poi, ricordò. Lui non si era affatto addormentato, lui era andato alla stazione, perché voleva tornare a casa. Ma.. non lo aveva fatto. Come mai non era salito sul treno? Un tremendo e antipatico vuoto bucava la sua memoria, doveva trovare il modo di chiedere spiegazioni, doveva trovare qualcuno che lo soccorresse! Corse più veloce che poté in una indefinita direzione, ma non poteva andare da nessuna parte. Il panico prese possesso di lui, in modo finito e aggressivo quando tentò di bussare alla porta che aveva dinanzi, ed aveva trovato nel suo campo visivo una mano bianca priva di carne. Le sue urla assordanti ed i tonfo secchi che stava producendo nello schiaffeggiarsi e nel cadere in terra ogni qualvolta provasse a camminare di nuovo, avevano fatto si che due addetti all'accoglienza delle nuove anime accorressero malgrado stessero consumando il loro pranzo, per tranquillizzare il nuovo arrivato, e dargli modo di comprendere il fatto che la sua vita terrena fosse giunta al termine. Fu per lui un trauma. Non ci mise molto tempo a disperarsi, e cercare un modo per ritornare indietro, per mettersi in contatto con la sua familia. Ma più passava il tempo, più capiva di non poter adoperare alcuna metodologia per inviare il più piccolo segnale ai suoi parenti. Anno dopo anno, gli era vietato il mondo dei vivi. Osservava gli scheletri passare oltre e tornare carichi dei doni che i loro cari gli avevano amorevolmente fatto, e lui ne invidiava tutti loro, tentava di raggiungere sua figlia, di rivederla.. ma tutto era inutile. E se avessero con loro un altro uomo a tenere fede al ruolo di padre e di marito? E se ancora credessero che fosse vivo e vegeto intento a girare il mondo, e non esponessero mai la sua foto? Si sentiva terribilmente in trappola. Non passava giorno in cui non si dava dell'idiota, dell'estúpido, in cui desiderava non essersene mai andato. Ma ormai, era troppo tardi. Trovò un posto e delle persone come lui senza famiglia da cui tornare, ma nonostante la compagnia che rendeva meno orribili le sue giornate, attendeva sempre col cuore infranto e infinita pazienza che gli anni passassero senza demordere nei tentativi, e pregava il suo creatore che almeno, gli avesse concesso il piacere di rivedere le sue donne ancora una volta, prima o poi.


Sorrise più allegramente scoprendo il proprio dente dorato, quasi ridacchiando, se non fosse per i colpi di tosse che quel movimento gli infondeva. Prese tutto il fiato che riuscì a contenere, parlando sottovoce, con una calma disarmante.

《E ti sei sempre rifiutata di aiutarmi a scrivere i testi.. dicendomi che non ne eri capace..》Un grito di supplizio ruppe l'intensità di quel momento, tremende fitte ormai angustiavano tutte le ossa dell'uomo rendendogli forse quell'ultimo momento di esistenza ancor più opprimente. Lucidi erano diventati i bulbi oculari, e ormai l’alone aranciato non lasciava più la sua carcassa. Quella luce splendente come un angelo lo stava portando via in un posto ancor migliore di quello, dove l'anima avrebbe vissuto per l’eternità più assoluta. Si sentiva davvero stanco.. ma sollevato. Leggero dentro.

《Per tutto questo tempo ho creduto tu avessi scelto il mondo al posto della tua familia. Como una perra convinta di essere nella ragione ho coinvolto tutti i nostri parenti affinché ti disconoscessero ed anche quelli ancora in vita adottano oggi questa accortezza. Ho lavorato tanto per togliere il tuo ricordo da tutti quanti e quando scopro che non sei mai tornato da me perché sei stato assassinato, tu mi stai lasciando di nuovo?!》

《Ay Imelda, ho aspettato tanto per rivederti e cercare di mettere a posto le cose. ¿Como puedes pensar que quiero dejarte?》

《Allora non farlo.》Tutto l'odio che in quegli anni aveva riversato sul ricordo di suo marito ora lo provava verso se stessa. Oscar, Felipe e Julio tenevano i cappelli all'altezza del costato, e le donne stringevano i loro mariti come se da un momento all'altro anche questi dovessero essere dal vento portati lontano da loro. Héctor aveva esaurito l’energia per tenere tra le mani il viso di sua moglie, ma non aveva mai smesso di sorridere. Il bagliore divenne accecante e ormai pochi tratti del suo teschio erano riconoscibili. Con un ultimo sforzo, con fare agrodolce vittime di quello che era un destino ironico e crudele, colmi dei più contrastanti sentimenti che l'essere umano abbia mai conosciuto e sperimentato s'incontrarono  visibilmente un'ultima volta. In lontananza in maniera ovattata sentiva la ferma voce della sua sposa chiamare il suo nome, ma non aveva forze per risponderle, non aveva quasi più la percezione della realtà, tanto che nello stesso modo in cui Morfeo andava a reclamare i suoi uomini al suo cospetto, la voglia di addormentarsi stava annebbiando la sua mente rendendolo inerte a qualsiasi stimolo esterno. Gli sembrava d'essere chiuso in una bolla, nel quale solo lui ed i suoi pensieri erano ubicati. Strinse con essi la sua adorata niña, e a Miguel volse il suo ultimo augurio. ‘Diós mío, prenditi cura della mia Coco, fa che il ragazzo possa coronare i suoi sogni, fa che la famiglia lo ascolti. Fa che possa essere felice.’《Adiós mi amór.》

Quando ormai tutto annunciava la sua scomparsa da tutti i mondi conosciuti, un fascio di luce abbagliante quasi esplose costringendo le persone a lui vicino a coprirsi gli occhi per qualche istante. Non avevano mai visto uno scheletro lasciare quel posto in quel modo violento e bizzarro, ed infatti, si meravigliarono di non aver ancora avvertito la tipica brezza che sollevava le sabbie del corpo. Quel che invece si parò dinanzi a loro, fu uno spettacolo del tutto inverosimile, da stentare a credere che fosse reale. In un solo attimo, tutto scomparve all'infuori che il corpo di Héctor, perfettamente integro e riavvalso delle sue forze e capacità sensoriali. Di scatto si sollevò a sedere sotto gli sguardi sbalorditi di tutti i presenti, toccandosi da solo ogni osso che lo componeva. Invaso da un'ondata di felicità, prese a ridere di gusto scattando in piedi tenendo tra le braccia la donna ancora inginocchiata accanto ad esso, e per quel che le parve un infinito numero di volte, piroettò senza mai lasciarla e smettere di gridare in assoluta libertà. 

《Non mi ha dimenticato! Nostra figlia non mi ha dimenticato, non sono morto! Non sono morto!》

《Oh Héctor, si che lo sei.》 Quando gli stivaletti Rivera della Mamà toccarono nuovamente il pavimento, Pepita accompagnò con un forte ruggito la corsa dell'intera famiglia verso i due coniugi, e il tanto atteso abbraccio generale che ne derivò. Presto l'imbarazzo attraversò i due, quando Oscar tenne stretti a se con le braccia attorno alle spalle sua sorella e suo cognato, ai lati del suo corpo.《Il nostro Miguelito ce l'ha fatta! Papà Héctor y Mamà Imelda están unidos de nuevo!》

《Ah, non esageriamo, diciamo che non mi da più rogna il fatto che stia con nosotros.》

《Imelda!?》

《Beh, cosa?! Ha più di cinquant’anni di assenza della mia vita terrena da farsi perdonare, non penserai che ci passi su in una sola notte!》

《Ma.. ci passerai sopra?》 

《Vedremo.》

 《Hermanita, hai ancora le lacrime agli occhi, ¿sabes eso?》

《Sta zitto tu, Felipe!》La felicità di quel momento era incontenibile, così come l'affetto che per troppo tempo era stato loro impossibile dimostrare, tra sguardi complici e futuri progetti. Con un ghigno soddisfatto, Victoria sistemò gli occhiali a mezzaluna sul setto nasale, sculettando in direzione dell'alebrije della Mamà che la aiutò a montare in groppa, seguita poi dell’intera combriccola. Era tempo di tornare. Voltandosi, Imelda inarcò l'angolo superiore dell'occhio destro nel vedere suo marito ancora immobile al suo posto. Con aria innocente egli si grattò il retro del capo.

《Che fai, non vieni?》

《Dove stiamo andando?》

《En nuestra casa, Héctor.》Attendere per lui, non era mai stato più bello di così.





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