Era
stata una notte terribile, quella, una di quelle notti dove un uomo
non può non rimpiangere quando era uno scapolo impenitente
che
dormiva quando gli andava e, se faceva le ore piccole, poteva
recuperare il sonno perduto al mattino che tanto nessuno lo avrebbe
disturbato.
Ora
non c'era più certezza, né di notte,
né di giorno!
Bella
aveva pianto come una matta fin dopo mezzanotte ed era sembrata
inconsolabile. Quando finalmente si era addormentata, sfinita, e lui
e Demelza si stavano appisolando, era arrivata Ellie in lacrime per
un incubo. E avevano ospitato pure lei nel loro letto...
Dopo
aver addormentato anche lei con una serie infinita di favole, si era
risvegliata Bella per la sua poppata. Finito con lei, quando quel
tunnel nero in cui lui e sua moglie sembravano essere caduti fosse
giunto alla sua naturale conclusione, era arrivata anche Clowance
che, gelosa, aveva voluto raggiungere le sorelline più
piccole nel
letto dei genitori.
E
così Ross si era ritrovato a dormire sul bordo del letto con
Ellie
spalmata sul suo petto e Clowance rannicchiata contro di lui come un
koala. Per fortuna Jeremy se n'era rimasto a dormire in camera sua,
altrimenti lui si sarebbe trovato a condividere la cuccia con
Garrick...
E
quando, sfinito, era riuscito ad addormentarsi, era ormai ora di
alzarsi per andare in miniera per far esplodere un nuovo tunnel con
la dinamite.
E
ora si aggirava per la cucina come uno zombie con le occhiaie mentre
Prudie, gongolante, lo guardava ridendo sotto i baffi.
Aveva
lasciato Demelza con le bambine nel letto, raccomandandosi che non si
sforzasse troppo. Aveva partorito da due settimane ma sembrava aver
ancora bisogno di riposo e la piccola Isabella-Rose si stava
dimostrando una bambina molto impegnativa ed esigente.
Le
aveva dato un bacio nel dormiveglia e sua moglie aveva aperto gli
occhi, raccomandandogli a sua volta di stare attento visto il poco
riposo. Avevano ridacchiato per la notte infernale appena trascorsa e
Ross aveva deciso che amava di più la sua vita attuale che
quella
scapestrata del passato. Aveva molto più sonno di allora,
certo, ma
era infinitamente più ricco in spirito e in amore.
In
fondo le bimbe sarebbero cresciute prima o poi e lui e Demelza
avrebbero potuto tirare il fiato... Bisognava solo aver pazienza!
Sbocconcellò
qualcosa ripensando a quelle ultime, frenetiche settimane. Era nata
Bella, Dwight e Caroline erano venuti a far visita a Natale
annunciando una nuova gravidanza e... Elizabeth era morta.
Aveva
partecipato al suo funerale col gelo nel cuore, osservando da lontano
la bara della donna che una volta aveva amato, venir calata nella
terra fredda scossa dal vento e ricoperta dalla neve. Aveva osservato
lo sguardo di ghiaccio di George, muto ed immobile come una statua
che stava sicuramente soffrendo per la sua perdita ma soprattutto per
ciò che questa comportava. Aveva voluto bene, a suo modo, ad
Elizabeth, ma lei era sempre stata per lui anche un trofeo che, nella
sua mente contorta, rappresentava la sua vittoria contro di lui. Si
era sempre illuso di avergli arrecato un dolore sposandola, di averlo
privato della donna bramata, di averlo battuto senza accorgersi che
lui aveva costruito la sua vita altrove, era felice con la donna che
aveva sposato ed era riuscito ad andare avanti.
Più
di tutti però, lo aveva straziato il vedere il dolore di
Geoffrey
Charles e del piccolo Valentine. Suo nipote aveva tenuto un
comportamento dignitoso e composto ma il suo sguardo era di puro
sgomento e dolore. Era ormai un ragazzo ma ancora talmente giovane
che, l'idea di essere rimasto solo, doveva terrorizzarlo. Eppure,
allo stesso tempo, era ormai abbastanza grande per capire quanto
ciò
avrebbe influito sulla sua vita... Ora non c'era nessuno, a parte lui
e Demelza, che potesse tutelarlo da George e dalle sue mire...
Valentine
invece aveva pianto sommessamente, quasi timoroso di farsi vedere.
Aveva cercato con lo sguardo suo padre, una carezza, un gesto
gentile, ma non lo aveva trovato e alla fine si era arreso e aveva
abbassato il capo mentre seppellivano sua madre, rifugiandosi in
chissà quali pensieri. Ross lo aveva osservato a lungo e
ancora una
volta non se n'era sentito padre. Quel bambino gli era estraneo, era
un Warleggan e tutto quello che vedeva era un piccolo orfano
disperato per aver perso la mamma. Non era uno sfuggire dalle sue
responsabilità, era una questione di cuore. Non poteva
sentirsi
padre di uno sconosciuto, anche se per quello sconosciuto e per
aiutarlo, si sarebbe gettato nel fuoco se necessario.
Ross
non aveva potuto fare altro che prendere Geoffrey Charles da parte,
finita la funzione, per consolarlo e ribadirgli che Nampara sarebbe
stata la sua casa e lui, Demelza e i loro figli la sua famiglia, ogni
volta che ne avesse sentito la necessità e la voglia di
andarli a
trovare. E che lo stesso valeva per suo fratello, erano entrambi i
benvenuti.
Finendo
di bere una tazza di caffé ormai freddo, mentre ripensava a
quel
giorno di quasi due settimane prima, fu raggiunto dal piccolo Jeremy
che, in camicia da notte e con le gambette nude, si era già
svegliato.
Prudie,
borbottando, corse in camera a prendere una copertina per scaldarlo e
Ross lo prese in braccio, mettendolo seduto sul tavolo. "Che ci
fai già in piedi?".
Il
bimbo alzò le spalle. "Dove sono finite Clowance ed Ellie?
Mi
sono svegliato e non c'erano!".
Ross
sospirò. "In camera, dalla mamma! Stanotte loro, assieme a
Bella, ci hanno tenuti svegli. Tu invece sei stato bravo e sei
rimasto a letto e per oggi ti sei guadagnato il titolo di mio figlio
preferito!" - eclamò, dandogli un buffetto sulla guancia.
Jeremy
rise. "Papà, posso venire alla miniera con te? Voglio vedere
come esplode la dinamite".
Scosse
il capo. Prima o poi lo avrebbe portato con lui ma era ancora troppo
piccolo per una giornata di lavoro pericolosa come quella. "Credo
che sia meglio che per oggi resti a casa con la mamma o lei si
arrabbierà con me. La dinamite non è roba per
bambini e tu sei
ancora troppo piccolo per queste cose".
"Ma
papà..." - piagnucolò Jeremy.
"Nei
prossimi giorni ti porterò con me e ti insegnerò
a riconoscere le
vene di rame nella roccia. Ma oggi no, oggi resta ad aiutare mamma e
Prudie!".
Jeremy
sbuffò. "Uffa, tu esci e io rimango l'unico maschio in casa!
Son tutte femmine".
Ross
scoppiò a ridere. "Fra qualche anno sognerai una situazione
simile, te lo garantisco".
"Perché".
Con
un'unica sorsata, Ross finì il caffé nella tazza.
"Hai quasi
nove anni, lo capirai a breve... E comunque..." - indicò
Garrick che, speranzoso, si aggirava attorno al tavolo nella speranza
che del pane finisse a terra – "Non sei l'unico maschio della
casa".
Jeremy
fece per rispondergli, quando un energico bussare alla porta fece
sussultare entrambi. Ross andò ad aprire e, con enorme
sorpresa, si
trovò davanti Zachy Martin. "Che ci fai quì a
quest'ora? E'
successo qualcosa alla miniera?" - chiese in allarme, mentre
Prudie metteva una coperta sulle spalle del bambino e si avvicinava
sospettosa.
Zachy
scosse la testa. "Non alla nostra, di miniera".
Ross
si oscurò. "Dove?".
"La
Wheal Jared, sir".
"La
Wheak Jared? Non è una delle miniere più grandi
di George
Warleggan?".
Zachy
annuì. "Lo era...".
Entrò
in allarme, ripensando alle minacce vaghe che George gli aveva
rivolto due settimane prima, al capezzale di Elizabeth. "Che
è
successo?". Non riusciva a capire, la Jared era una delle
miniere più prospere e floride della Cornovaglia e George,
pur con
tutti i suoi difetti, aveva attuato una strategia atta a prevenire
ogni possibile incidente ai suoi minatori, dotandosi di costosi
sistemi di sicurezza.
Zachy
fugò ogni suo dubbio. "L'ha chiusa! Messa all'asta, sir! Da
un
giorno all'altro... Gettando nella disperazione le duecento famiglie
di minatori che vi lavoravano".
Prudie
sussultò, Jeremy lo fissò con attenzione e Ross
rimase senza fiato.
La Wheal Jared chiusa? Perché lo aveva fatto?
Perché chiudere una
miniera prospera che regalava ricchezza e donava lavoro a tanti
disperati? "Per quale motivo?".
Zachy
scosse la testa. "Non c'è motivo, il signor Warleggan ha
semplicemente detto che ha un numero troppo alto di miniere da
gestire e che i profitti a volte non coprono i costi, soprattutto
delle miniere più grosse. Mi sembra una scusa talmente
assurda da
risultarmi incredibile... E' come se il signor Warleggan abbia voluto
fare semplicemente un dispetto".
"Un
dispetto a chi?" - chiese Jeremy, intervenendo nella
discussione.
Zachy
scosse la testa ma Ross divenne cupo. Un dispetto a chi? Beh, era
quanto di più ovvio, se ben ci pensava... George sapeva
quanto lui
tenesse alle condizioni di vita dei minatori, sapeva quanto avesse
lottato per loro e sapeva anche che, venire a conoscenza di duecento
famiglie messe alla gogna, lo avrebbe fatto impazzire. Ecco la
vendetta che gli aveva paventato, in tutto il suo crudo cinismo...
"Hai detto che ha messo all'asta la miniera?".
"Sì".
"A
quale prezzo?". Fosse stato nelle sue possibilità, pur di
indebitarsi, l'avrebbe acquisita lui con i proventi della Wheal
Grace.
Zachy
però infranse ogni sua speranza di risolvere la situazione.
"Una
cifra assurda, impossibile da sostenere per chiunque, da queste
parti".
"La
cifra, Zachy!".
"Quarantamila
sterline".
"Giuda!!!"
- esclamò Prudie, mettendosi a sedere sulla panca.
Jeremy
si aggrappò alla sua giacca. "Papà, son tanti
soldi?".
Lo
accarezzò sui capelli, distrattamente. "Sì, son
tanti soldi".
Tanti, troppi... Nemmeno mettendosi in società con altri
suoi pari,
avrebbe potuto trovare una cifra del genere, una cifra talmente
spropositata da dargli la certezza che fosse stata ideata apposta per
non permettere a nessuno di acquistare la miniera. Stavolta George
aveva vinto e lo aveva messo con le spalle al muro, trascinando nella
miseria centinaia di persone per una disputa personale fra loro che
non aveva alcun senso.
"E
allora capitano, che si fa?" - chiese infine Zachy, con tono di
voce sconfitto.
Ross
gli diede una pacca amichevole sulla spalla. "Purtroppo nulla...
Ci ha messi all'angolo, mettendo la miniera all'asta per quella cifra
sa di sicuro che nessuno potrà acquistarla e la
chiuderà, lasciando
nella disperazione le famiglie di duecento minatori".
"Ma
signor Ross, forse, se ci pensiamo bene, un'idea ci potrebbe venire"
– intervenne Prudie, stringendo a se il piccolo Jeremy.
Ross
scosse la testa. No, nemmeno pensandoci avrebbero trovato una
soluzione a quella catastrofe architettata da George Warleggan. Forse
avrebbe potuto assumere qualcuno di quei disperati alla Wheal Grace,
una manciata di persone in più non avrebbero inciso sulla
sua
miniera, ma duecento persone...
Strinse
la mano a Zachy con aria sconfitta. "Ti ringrazio per avermi
informato. Aspettami alla miniera, finisco di prepararmi e fra al
massimo un'ora sono lì per far saltare il tunnel".
"Si
signore".
Zachy
se ne andò, salutando Prudie e Jeremy con un cenno del capo.
E una
volta uscito, Ross si sedette alla panca, mettendosi le mani fra i
capelli. Ecco, questa era un'altra delle catastrofiche conseguenze di
quella notte folle fra lui ed Elizabeth... A quanta gente aveva fatto
del male?
"Papà!".
La
vocina di Jeremy lo fece sussultare. "Cosa c'è?".
Il
bimbo si sedette accanto a lui sulla panca mentre Prudie,
borbottando, andò nel salotto ad accendere il camino per
scaldare
l'ambiente per le bambine più piccole che a breve si
sarebbero
svegliate. "Lo sai, forse io e Clowance possiamo aiutarti".
Gli
sorrise, accarezzandogli i ricciolini castani ancora spettinati.
"Come?".
Jeremy
fece un sorriso furbo. "Sai che Miss Etta, a Londra, ci dava una
paghetta?".
"Cosa?".
"Sì,
quando io e Clowance facciamo i bravi, lei ci da uno scellino a
testa. Li teniamo in un salvadanaio, è pieno ormai! Magari
ci puoi
comprare la miniera, se te li diamo! Sono tantissimi scellini, anche
se la maggior parte sono miei perché Clowance fa sempre i
capricci e
Miss Etta mica la premia così spesso".
Ross
pensò che, da quando era padre, quella era la volta in cui
si era
sentito più orgoglioso dei suoi figli.
L'ingenuità, la generosità,
il candore con cui Jeremy gli stava offrendo i suoi risparmi, erano
un qualcosa che avrebbe reso fiero qualsiasi genitore. Pur con tutte
le brutte notizie di quella mattina, quel gesto di Jeremy riusciva a
regalare un raggio di sole in una giornata cupa, dandogli la speranza
che ci fossero speranza e futuro per il mondo, se i bambini che un
giorno l'avrebbero guidato avessero mantenuto intatta la loro
generosità. "Ti ringrazio, è un gesto molto bello
ma quei
soldi sono tuoi e di Clowance. Li avete guadagnati ed è
giusto che
li usiate per voi".
Jeremy
alzò le spalle. "Li riguadagneremo, se faremo i bravi
ancora!".
Ross,
con gentilezza, lo bloccò. "Purtroppo non basterebbero
comunque, Jeremy. Quella miniera costa troppo, nessuno potrebbe
comprarla".
"Oh...".
Il bimbo abbassò lo sguardo. Era generoso e sensibile, in
questo
aveva preso indubbiamente da Demelza ma Ross era fiero che, come lui,
avesse a cuore la sorte delle persone che li circondavano.
"Ross...".
Si
voltarono, lui e Jeremy, al suono della voce di Demelza che, in
camicia da notte e coi capelli ancora sciolti e spettinati, li aveva
raggiunti in cucina.
"Demelza?
Che ci fai in piedi?".
La
donna si avvicinò loro, sedendosi sulla panca faccia a
faccia con
suo marito. "Ho sentito la voce di Zachy e mi sono preoccupata.
E' successo qualcosa di grave?" - chiese, prendendo Jeremy sulle
sue ginocchia.
Ross
sospirò, vergognandosi perché sapeva che in un
certo senso era di
nuovo colpa sua. Riaprire quel discorso con Demelza era sempre
doloroso per lui quanto per lei e non c'era mai modo di metterci una
pietra sopra. La guardò negli occhi e poi, lentamente, le
spiegò
quanto riferitogli da Zachy.
Demelza
spalancò gli occhi, tremando lievemente. "Giuda! Ross,
quarantamila sterline sono una cifra assurda!".
"Lo
so, lo ha fatto apposta per non permettere a nessuno di comprare la
Wheal Jared all'asta. Facendo così, sa di colpire me e i
miei
ideali".
Demelza
si morse il labbro, cercando in modo febbrile una soluzione. "Se
chiedessimo a Caroline...?".
Ross
scartò subito l'idea. "E' una cifra troppo elevata e non me
la
sento di chiederle nulla, soprattutto ora che è di nuovo
incinta".
"Sì
ma la Wheal Jared è una miniera prospera e potremmo
restituirle la
somma, col tempo".
"No
Demelza, ci vorrebbe troppo! Pur con tutti i guadagni che ne
scaturirebbero, quarantamila sterline sono un'enormità da
restituire".
Demelza
si guardò in giro, osservando la casa. "Se mettessimo
un'ipoteca su Nampara? Lo abbiamo già fatto...".
Ross
le sorrise, accarezzandole il viso. "Non ne ricaveremmo comunque
una cifra simile. E poi, non mi va di rischiare la nostra casa o la
Wheal Grace. Anche ipotecando entrambe, finiremmo solo per
indebitarci, rischiando il posto di lavoro anche dei nostri di
minatori. E poi...".
"E
poi cosa, Ross?".
Lui
osservò suo figlio che, attento e senza fiatare, ascoltava
la loro
conversazione. "E poi abbiamo quattro bambini piccoli, non
possiamo rischiare. Non me la sento più e questo vuol dire o
che
sono diventato vecchio oppure saggio. Ma il risultato non cambia".
Demelza
fece un timido sorriso a quella battuta, allungando la mano per
stringere quella del marito. "Quindi ha vinto George?".
"Quindi
ha vinto George...".
Lei
scosse la testa amareggiata. "Santo cielo, quell'uomo è un
mostro! E la cosa grave è che riesce a dormire la notte
mentre
duecento minatori assieme alle loro famiglie arriveranno alla fame a
causa sua e di un suo capriccio".
Ross
osservò distrattamente la neve che, fuori dalla finestra,
cadeva
incessantemente. E in quel momento si rese conto che le favole che
sua madre gli raccontava da piccolo erano solo menzogne: i buoni non
sempre vincono e anzi, spesso, sono i cattivi ad avere l'ultima e
definitiva parola. "Già, duecento famiglie senza lavoro da
un
giorno all'altro, in pieno inverno".
"Cosa
possiamo fare per loro?" - chiese Demelza, temendo già la
risposta.
"Nulla,
amore mio. Proprio nulla se non raccomandarli a Dio, pregandolo di
essere misericordioso".
|