Rientro in casa facendo
meno rumore possibile. Sono quasi le otto perciò sono
convinto che li troverò ancora addormentati. Conoscendoli,
saranno rientrati non prima delle sei di stamattina e, almeno per la
maggior parte, ubriachi. Mi fermo in cucina ad ascoltare, come
sospettavo non si sente anima viva. La casa è talmente
silenziosa che sospetto addirittura che non siano ancora rientrati in
casa da ieri sera.
Apro piano la porta
della mia camera e quello che mi si propone mi strappa un sorriso: la
schiena scoperta di Emma e la mano di Giacomo che la accarezza nel
sonno. Torno per un istante nella camera d’albergo di Ram,
sento di nuovo la sua pelle sotto le dita e i suoi capelli farmi il
solletico sul viso. Un brivido mi scuote. Chiudo di nuovo la porta alle
mie spalle e afferro il telefono. Fisso lo schermo, vorrei chiamarla ma
so che per lei la giornata sarà piena di impegni e non
voglio farle perdere tempo. Mi convinco a posare di nuovo il cellulare
all’interno della tasca dei jeans.
Vado verso la stanza di
Alfredo e Giorgio e l’immagine che vedo è
sicuramente meno romantica. Rido cercando di non farmi sentire, mentre
li guardo entrambi sbavare sul cuscino in posizioni che sembrano uscite
da un quadro di Picasso. Giorgio fa uno strano verso, simile a un
grugnito e si rivolta nel letto finendo per abbracciare il braccio di
Alfredo. Non riesco più a trattenermi e scoppio in una
risata talmente forte da svegliarli. Entrambi si lamentano del casino,
ma non aprono del tutto gli occhi cercando di continuare a dormire.
Alfredo mi tira addosso uno dei cuscini anche se probabilmente non ha
capito chi sono, mentre Giorgio conquista l’altro e se lo
preme sulle orecchie per non sentirmi. Cerco di tapparmi la bocca con
le mani, ma il risultato non è dei migliori, il suono della
risata viene solo attutito e loro continuano a lamentarsi e contorcersi
nel letto cercando il modo di riprendere a dormire. Alfredo si preme le
tempie, probabilmente colto dal classico mal di testa post-sbronza. Il
suo gesto mi spinge ad accontentarli, esco dalla stanza lasciando che
possano riprendersi.
Il pensiero di dormire
per qualche ora recuperando la nottata passata quasi in bianco
è allettante, ma non so posso infilarmi tra Alfredo e
Giorgio, né tanto meno fare il terzo incomodo con Emma e
Giacomo. Sarebbe disponibile la stanza che occuperanno Steve e Bree, ma
arriveranno oggi e non vorrei far trovare loro le lenzuola
già utilizzate. In cucina, il divano non sembra dei
più comodi ma è l’unica alternativa al
restare uno zombie per l’intera giornata. Ancora una volta il
mio pensiero torna a Ram: come farà a resistere tutto il
giorno a lavorare avendo dormito un’ora o poco
più? Mi trascino stancamente sul divano e, tolte solo le
scarpe, cerco di raggomitolarmi alla meno peggio per riuscire ad
entrare del tutto nello spazio a mia disposizione. Utilizzo il
giubbotto come coperta e poggio il cuscino che mi ha tirato Alfredo sul
bracciolo, cercando di non pensare alla quantità di
schifezze che potrebbe ospitare. Chiudo gli occhi e
dall’interno delle mie palpebre vedo il viso di Ram, coi
capelli arruffati, che mi sorride. Vedo il suo bellissimo corpo, sento
il suo calore contro la mia pancia, come fosse un film ci guardo
abbracciati a letto, mentre la punta del suo dito disegna circoli sul
mio petto. Pian piano scivolo nel sonno e i ricordi diventano stupendi
sogni.
La prima impressione che ho dell’Hotel Dea Nazionale non
è per nulla positiva. Guardo Rebecca che sorride rapita
fissando quello che per me al momento è solo un enorme e
anonimo cubo di cemento grigio con una orribile insegna rossa. Fingo un
sorriso che non riesce in alcun modo ad avvicinarsi a
un’espressione naturale, ma lei è talmente su di
giri che non se ne accorge.
«Ragazzi» annuncia come fosse la direttrice di
backstage della prima di un’opera in teatro
«Iniziamo!»
Si avvia a passo sicuro verso l’entrata, Mark e Nico la
seguono rimanendo abbastanza scettici, io mi accodo a chiudere il
nostro piccolo gruppetto continuando a chiedermi se non fosse stato
quasi meglio organizzare l’evento all’interno
dell’hotel in cui abbiamo soggiornato.
Varcata la porta d’ingresso, resto piacevolmente colpita
dalla moderna eleganza con cui si presenta l’ambiente della
hall. Senza troppi fronzoli riesce a trasmettere allo stesso tempo
familiarità e professionalità, alternando pareti
color crema a pannelli in legno scuro. L’ambiente
è vivacizzato dai toni del blu presenti sul grande quadro a
disegno astratto che fa da sfondo alla reception, che riprende i colori
dei cuscini appoggiati sugli eleganti divani dalla linea semplice e
minimale che sono presenti nell’area d’attesa. Da
dietro il bancone con una pulitissima superficie in vetro, ci danno il
benvenuto due ragazze belle giovani e sorridenti, coi capelli raccolti
in una ordinata coda di cavallo e un trucco sobrio.
Rebecca si presenta e spiega che siamo arrivati a dare un ultimo colpo
d’occhio alle aree dove si svolgerà
l’evento, prima dell’apertura ufficiale, che
avverrà alle 10:30, tra circa quaranta minuti. Le ragazze
non sono a conoscenza di tutti i dettagli, ma le indicano che chi era
incaricato dell’allestimento è ancora a lavoro. Il
viso di Reb si trasforma in una statua di cera.
«Ancora a lavoro? Non può essere! Avrebbero dovuto
finire tutto già ieri sera. Maledizione! Sapevo di non
dovermi fidare, sarei dovuta venire di persona a monitorare.»
«Reb, sei sempre la solita esagerata!» la
rimprovera Nico, con il tono irriverente di quando non si è
ancora svegliato del tutto. «Andiamo a vedere a che punto
sono, no? Magari stanno solo avvolgendo due fili. Non rompere le palle
già da adesso, la giornata è lunga!»
Rebecca lo fulmina con lo sguardo, questa è una giornata
troppo importante per rischiare che Nico o chiunque altro la rovini con
il suo fare poco professionale.
Le ragazze alla reception non sembrano badare più di tanto a
quel modo di parlare poco appropriato, anzi quella che sembra la
più giovane delle due lo guarda con un sorrisino abbastanza
esplicito. Sarà una di quelle a cui più che
l’uomo rude o il bel tenebroso, piace lo spaccone?
L’altra, invece, ha un comportamento più
professionale e ci indica semplicemente la strada da fare per arrivare
nel punto stabilito e che ci farà raggiungere il prima
possibile da uno dei responsabili che potrà esserci di
maggiore aiuto.
Ringraziamo e ci avviamo verso l’ascensore, non senza prima
aver assistito a Nico che ammicca sfacciatamente alla ragazzina che in
risposta si mordeva il labbro inferiore.
Saliamo in ascensore. Non appena le porte si chiudono, Rebecca assesta
un bel pugno sulla spalla di Nico.
«Ahia! Sei pazza?»
«No, sei tu il pazzo. Non stiamo giocando, non sei qui per
trovare una squinzia da portarti a letto. Siamo qui per lavoro e, in
questo momento, sono il tuo capo. Pretendo un comportamento consono!
Non voglio niente di meno del massimo che ognuno di voi può
dare. Intesi?»
Anche se non sono coinvolta nella conversazione, Rebecca è
stata talmente autoritaria che sono tentata di rispondere al suo posto.
Nico, invece, si limita ad annuire con un cenno del capo e si avvicina
a sussurrare qualcosa all’orecchio. Non sento cosa le dice,
ma da come lei si scioglie in una risatina e dal rossore che le prende
le guance, non ho dubbi che sia qualcosa di vietato ai minori. Mark
sbadiglia e risponde che se vuole il meglio deve procurargli altro
caffè.
Le porte dell’ascensore si aprono. Attraversiamo il corridoio
con la stessa fierezza di quattro astronauti diretti verso un lancio
spaziale. Ci vorrebbe uno slow motion accompagnato da una colonna
sonora epica, invece ci fa da sottofondo solo il rumore dei nostri
tacchi che calpestano il parquet tirato a lucido.
Uno squillo di tromba
alla carica mi fa trasalire, svegliandomi di scatto e agitandomi
così tanto da cadere dal divano e finire con il culo per
terra. Inizialmente non capisco dove sono o cosa sia successo, sento
solo il freddo del pavimento attaccarsi alla schiena. Metto a fuoco
Alfredo e Giorgio che ridono a crepapelle mentre si battono il cinque e
riesco finalmente a inquadrare di nuovo chi sono, dove mi trovo e
perchè.
«Non ridi
più adesso, eh!» mi dice Alfredo continuando a
ridere.
Lancio contro di lui il
cuscino ricambiando il favore di stamattina.
«Sei stanco,
povero cucciolo?» Giorgio si siede accanti a me e fa la voce
da mammina preoccupata. Inizia a piantarmi gli indici nel costato con
il suo modo troppo irruento di fare il solletico. «La
panterona di ieri sera non ti ha fatto dormire, eh?
Cattivona!»
«Ma che
panterona? Sei fuori strada.» Lo spingo giù dal
divano.
«Quella con
cui sei andato via ieri sera. Hai detto che uscivi per cinque minuti,
poi ti sei avvicinato alla tigrona con la maglietta a rete
e… puff, eccoti sparito per tutta la notte. Non hai neanche
risposto al telefono. Giacomo ancora un po’ e chiamava la
SWAT!»
«Sono stato un
idiota a non avvisarvi. Dovevo accompagnare Ram al taxi, ma
poi...»
«Fermo un
attimo. Chi? Mi sembra di aver sentito già questo
nome.»
«Ram?»
interviene Alfredo. «La riccia del pub di Steve, quella del
pazzo che Joshua ha mandato al tappeto?»
«Che diavolo
ci faceva lì?»
«In
realtà, che ci crediate o meno, è qui a Roma da
un paio di giorni anche lei per lavoro. La sua azienda sta facendo
accordi, indovinate con chi? Con una delle aziende di Scherini, il
braccio destro del fratello di De Blasi.»
«Roba da non
crederci!» commenta Alfredo.
«Sai a cosa
non credo io, invece?» aggiunge Giorgio. «A Tommaso
che becca quella tipa a chilometri di distanza da casa, sta tutta la
notte fuori casa e poi vuole farmi credere che non se
l’è ripassata.»
«Invece
dovresti credermi. Stavamo parlando e il tempo è volato
via.»
«Il buon
vecchio romanticone di un Tommaso!» Alfredo fa la ripassata,
neanche lui ci crede.
Dopo tutto, non posso
dargli torto, neanche io crederei a questa storia se me la
raccontassero. Non ci credo neanche adesso, in realtà.
«Quando
atterra l’aereo di Steve e Bree?»
Durante la mattina, i partecipanti sono sembrati abbastanza interessati
alle due presentazioni che si sono susseguite. L’apertura di
Rebecca ha particolarmente attratto l’attenzione del suo
pubblico. Dalle loro espressioni si intuiva che il suo stile da
“elevator pitch”, molto entusiasmante e
coinvolgente, li aveva presi ancor più della sua
insindacabile bellezza. Il che è tutto dire, visto che la
presenza era, come c’era da aspettarsi, per lo più
maschile, ultra cinquantenne ed ovviamente stupita dal veder apparire
una donna a rappresentanza della LambdaDev.
Giulio e Virginia ci hanno seguito in videoconferenza su Skype. Giulio
è entusiasta di come è andata la prima parte
della giornata, Virginia porge le sue prevedibili critiche ma senza
calcare troppo la mano. Anche Nico e Mark, infiltrati tra i presenti
mentre uscivano dalla sala conferenze per recarsi all’area
dove il catering ha preparato il buffet, riportano ottime reazioni
captate origliando conversazioni sparse.
«Che facciamo adesso? Sto morendo di fame. Possiamo pranzare
o dobbiamo preparare qualcosa?» chiede Mark.
Rebecca prende il programma sul tavolo e ripassa velocemente il
programma del pomeriggio, come se non lo conoscesse già a
memoria.
«Gli ospiti hanno due ore di pausa. Al rientro ci
sarà il vostro intervento sul nostro progetto. Ram, sei
pronta?»
Ho la gola secca e mi tremano le braccia, me la sto facendo sotto e ho
dimenticato ogni parola del discorso che avevo preparato in aereo.
Normale amministrazione insomma, per cui mi limito a sorridere.
«Certo Reb, prontissima.»
«Mark, per gli aspetti tecnici del progetto ci pensi
tu.»
«Non troppo tecnici, però!» aggiungo
tanto spontaneamente che quasi non me ne accorgo.
Rebecca mi guarda male per un attimo. «Stavo per
dirlo.» Nonostante stia filando tutto liscio, ha ancora i
nervi a fior di pelle. «Mark, non scendere in dettagli troppo
tecnici. Nico, tu supporterai la presentazione mostrando la demo. Dopo
il vostro intervento, ci sarà un altro breve intervento
conclusivo da parte dell’assessore regionale
all’istruzione. Infine ci sarà il confronto
diretto. Ogni partecipante potrà avvicinarvi e farvi
domande, durante una sorta di aperitivo. Mark e Nico, cercate di
sembrare persone professionali e socievoli, mi raccomando.»
«Non dovreste occuparvene voi due?» chiede Nico.
«Non vorrei passare per il solito maniaco, ma i rapporti
uno-a-uno con i cinquantenni avrebbero maggiore successo con un paio di
tette a condire la conversazione.»
Rebecca lo fulmina con lo sguardo, le sue dita si serrano stropicciando
il programma immaginando di avere tra le dita il suo collo al posto
della carta. «Se ti sento dire una cosa del genere di nuovo,
giuro che farò un rapporto negativo a Giulio sulla tua
attività, uno di quelli che non so dove ti porteranno a
lavorare il prossimo mese.»
«Ehi, calma! Non c’è bisogno di chiamare
il fratellino per una battuta.»
«Stai esagerando Nico.» Mi intrometto nella
discussione, prima che a Reb scoppi un’arteria. La sento
sbuffare come un toro imbestialito. Per evitare qualsiasi scatto
improvviso, mi inserisco anche fisicamente tra loro. «Sai
quanto è nervosa per la buona riuscita di questo evento.
Tutti vogliamo portare a casa buoni risultati, ma con questo
atteggiamento non sembra che tu ci stia provando.»
«Ho solo fatto un’osservazione lecita. Non vorrai
negare che ho ragione.»
«Ci sono milioni di modi per esprimere le proprie
osservazioni. Tu sei bravissimo a scegliere quella più
sbagliata. Sei stato scortese, irritante, nonché poco
professionale. Il fatto che certi tipi di battute possono essere state
accettate fuori dal posto di lavoro, non implica che tu possa usare lo
stesso tono qui e adesso.»
Non ammetterà mai il rimprovero, non chiederà
scusa e non assumerà l’aria da cane bastonato, su
questo nessuno ha dubbi, ma almeno resterà momentaneamente
in silenzio continuando a fare il sostenuto.
«Reb, potresti andare avanti, per favore?»
Mi guarda negli occhi, sono rossi da far quasi paura. Riconosco quello
sguardo perché mi è appartenuto per molto tempo,
si sta sforzando con tutta la forza possibile per non avere una crisi
di pianto isterico. Fa un respiro profondo, chiude gli occhi,
tossicchia per riprendere il controllo, scuote via la rabbia. Apre gli
occhi, è tornata la nostra Rebecca.
«Dicevo… Durante il confronto sarete voi, Mark e
Nico, a dover restare con i partecipanti. Anche se non è il
ruolo che vi è più congeniale, vi pregherei di
mettercela tutta. Questo perché nel pomeriggio
arriverà Scherini con i suoi soci quindi io e Ram dovremo
andare a parlare ancora con loro, sperando di chiudere la partnership.
Possiamo contare su di voi?»
«Sai che non è il nostro forte imbambolare i
clienti. Le parole non ci mancano, ma non è la stessa cosa
di scherzare in ufficio. Ci sarebbe stato bene Max in questa
situazione.» risponde Mark.
«Sono d’accordo con te, Max sarebbe stato nel suo
mondo, ma non c’è. Ci siete voi.
L’incontro con Scherini non era previsto. Purtroppo o per
fortuna, le cose si stanno muovendo più velocemente del
previsto. Potete farcela. Non sarà poi così
difficile tenere a bada un centinaio di cinquantenni!»
«In tutto questo non mi hai ancora detto se posso andare a
mangiare.»
Rebecca fa finta di pensarci su. «Vi do cinque minuti.
Arraffate tutto quello che potete e portatelo qui!»
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