Smetterà
di piovere?
— Pensi
smetterà di piovere? — chiedi improvvisamente a
Hermione, seduta
raggiante accanto a te, nella prima fila di sedie tutte color oro;
hai gli occhi cupi come il fondo del mare in tempesta.
Che
bizzarro colore l’oro, non era rosso ma nemmeno giallo;
indossato
da lei, lo notasti quella sera, riluceva e strane forme si animavano
quando veniva accarezzato dalle fiamme del camino. Fuori nevicava,
tutti si erano già avviati dietro il capanno per assistere
ai
fuochi, ma tu eri rimasto indietro, richiamato come una sirena da
quel colore cangiante. Abbassasti gli occhi e lei ti era affianco
intenta ad allacciare l’ultimo bottone del cappotto. Ti
piegasti
verso di lei e ti ritrovasti, senza nessun perché, a
baciarla.
Ricambiato.
Hermione
ti osserva preoccupata, poi volta il capo attorno, i capelli crespi
domati in una acconciatura alta: c’è il sole che
splende sereno in
un cielo limpido, senza nuvole. Apre e richiude la bocca un paio di
volte, indecisa su cosa dire. Infine scuote la testa ricciuta e, con
un gesto affettuoso, ti scosta i capelli dalla fronte per poi
ritornare a fissare trepidante davanti a sé, in attesa.
Era
semplicemente splendida:
leggiadra e delicata come un petalo di rosa sbocciata
a
fine maggio.
L’osservavi attento, nascosto dietro le tue spesse lenti,
mentre
lei, inclinando
appena
il capo, prestava la giusta attenzione a ogni cosa facevi;
i
vostri
sguardi si rincorrevano al di sopra di un prato tappezzato di rosso,
sempre vigili. Era doloroso dover comunicare solo con gli occhi, era
come smaterializzarsi senza conoscere la Destinazione,
con il corpo fremente di aspettativa e paura, aspettando di scoprire
se si era perso un po’ di se stessi per strada.
Ti
avvicini e la baci sulla guancia, attirandola in un abbraccio:
— È
un giorno speciale, — sussurri accomodante,
— perdona le
mie stranezze. — Ed è vero, lo ammetti nella tua
testa, però lo è
per tutti tranne per te; in fondo, sei un Giuda che ha ben speso i
suoi trenta denari. — Sai, qualcuno, tempo fa, mi disse che
se vedi
volare una coccinella la vita ti sorride, — butti
là, poi insisti
nel chiederle di nuovo, — credi smetterà di
piovere? — Hai il
volto placido, quasi inespressivo, se non fosse per le mani tremanti
che nascondi nelle tasche dei pantaloni dal taglio impeccabile,
potrebbero tranquillamente scambiarti per una statua di sale.
Le
sfioravi
spesso
un
braccio, una ciocca di capelli sfuggita alla treccia, una guancia
delicata, sempre attento
a non farti scoprire,
ma
dentro di
te
morivi
di un
lacerante desiderio che ti opprimeva i lombi. Sotto
l’ombra fresca dei tigli ti
sorrideva innocente,
con le fossette ai lati della bocca che
si schiudeva peccaminosa
al
suono del
tuo nome. Pensavi
fosse solo uno strano sogno, il tuo, invece hai macchiato
quell’angelico candore.
Eccome
se
l’hai
fatto ed
ora
il cielo piange lacrime vermiglie. A
causa tua.
Ti
scosti di poco per poter raggiungere con le dita una ghirlanda di
candide rose che adorna la colonna in gesso al tuo fianco. Prendi a
martoriare distratto i petali: li trovi impalpabili, eterei, lisci e
imperfetti come la pelle rosata di un bimbo.
Era
una bimba,
quando tutto iniziò, o
per lo meno tu la ritenevi tale; comunque
i
suoi
baci
non ti
bastavano mai, nemmeno quelli rubati nei pomeriggi noiosi o quelli
pigri davanti a una tazza di caffè in un bistrot Babbano.
Sempre
lo
stesso e, rigorosamente, durante la pausa pranzo. Ti
piaceva l’idea che lei fosse tua in quel modo così
bizzarro, quasi
distratto: la paura di essere scoperti aumentava il vostro piacere e
vi induceva in continua
tentazione.
Ogni singola volta. Bevevi
ogni suo respiro, ogni suo affanno, mentre sprofondavi in lei senza
alcun riguardo, troppo impaziente per riuscire a raggiungere il
letto, mentre
la
prendevi
lì, sul mobiletto dove tua moglie teneva la vostra foto del
matrimonio.
Ti
mantieni distante dal cicaleccio degli invitati, sono tutti smaniosi
di vedere e allungano il collo verso il finto sentiero di
scricchiolanti sassolini bianchi; ogni tanto, per ingannare
l’attesa,
li calpesti con la punta della scarpa così lucida che puoi
vedere
specchiato il tuo disappunto. — Harry, — urla
arrabbiata tua
moglie da un punto alla tua sinistra, — finiscila.
— Ti intima, e
tu esegui in automatico. “Come fa a sapere sempre
quello che
faccio è un mistero.” Pensi, poi un
sorriso maligno fiorisce
sulle tue labbra, “Non tutto sa!”
E ti ritrovi a
vagabondare come un Augurey felice nel ginepraio
che è la tua
testa.
— La
felicità è una goccia d’acqua caduta
dal cielo sul deserto
rovente, — un giorno se ne uscì con queste parole,
mentre le
slacciavi la camicetta verde, i capelli un’aureola scomposta
sul
cuscino bianco. — è troppo preziosa per sprecarla.
— Poi non fu
in grado di aggiungere altro, troppo occupata a gemere sotto il tuo
assalto. — Ho conosciuto un ragazzo, —
esordì qualche sera dopo
mentre infilava la testa dentro un maglione color senape, —
mi
piace, — continuò; tu, di lei, vedevi soltanto le
fragili spalle,
— è la mia goccia d’acqua. —
Ti lasciò così, senza fiato, in
bilico su una scopa troppo malandata per reggere ancora a lungo il
tuo peso.
— Ehi,
— sbotti indignato masticando tra i denti
un’imprecazione, —
cosa contiene quella borsetta, qualcuno di quei tuoi famosi
‘tomi
leggeri’? — Le lanci uno sguardo storto mentre
massaggi piano la
spalla. — Oggi solo sorrisi felici. — ti ammonisce
Hermione,
arrossendo appena. Indispettito, perché nulla di quel giorno
baciato
dal sole ti è congeniale, ti alzi e compi qualche passo
verso il
ragazzone, la
sua
goccia d’acqua, tutto sorrisi e spalle larghe,
impacciato
nell’abito elegante, che dispensa cuoricini dagli occhi di un
marrone dozzinale. — Tutto bene? — azzardi,
— Nervoso? — gli
stringi rassicurante il braccio muscoloso. Lui ti guarda e per un
attimo leggi nei suoi occhi la consapevolezza che conosce ogni cosa
di ‘voi’;
sotto le tue dita avverti contrarsi il muscolo e deglutisci a vuoto.
Ma prima che possa trasformarti in una caccola di Troll…
—
Eccola! Eccola! — esclama qualcuno dal fondo del giardino. Ti
volti
di scatto e rimani impietrito: — È magnifica.
— ti sfugge, in un
sussurro arrochito dal desiderio, mentre guardi la futura sposa,
raggiante, avanzare lentamente verso di te.
La
vita continuò
a scorrere uguale: il lavoro, i tuoi figli e le loro scelte, tua
moglie, gli amici di sempre e ‘lei’.
Lei che ti raggiungeva al bistrot umida di pioggia; lei sotto di te
che ansimava, fradicia per colpa
del
temporale;
lei che, mentre affrontava
decisa
la
tempesta, era ormai
pronta
ad
accettare
il sacrificio di
un futuro senza te.
I
tuoi
occhi imploravano silenziosi, urlavano
nella notte che avanzava, al gelo che che voleva dividervi. I suoi
rispondevano sempre, con angoscia, ad ogni tuo richiamo. Abbattuto
dal tornado che era diventata la sua vita oltre te, finalmente
capisti che era troppo adulta per tenerla legata. Disperato,
annegasti ancora e ancora in lei e, come in un sonetto stonato,
vergasti le tue ultime note.
La
musica scema lentamente e il Cerimoniere, col suo buffo cappello
arancio e azzurro, prende entrambe le mani dei due ragazzi che ha
difronte e le lega con un nastro bianco. I tuoi occhi sono incollati
alla bocca di lei:
la
sua voce trema timida e un velo di eccitazione
ti ghiaccia la schiena.
Ti
accosti, circondato dalla vaporosa organza del suo abito, e due dita
si aggrappano allo strascico per saggiarne la consistenza:
è
ruvido come la soffice peluria del pube.
Ti
serri più vicino, sei il testimone lo puoi fare, e, mentre
allunghi
gli anelli d’oro, le sfiori il ventre:
quante
volte l’hai leccato.
— Cari
ragazzi, parenti, testimoni e amici oggi è un grande
giorno… —
Non vuoi ascoltare e disperato vorresti essere in grado di far
cessare il nubifragio che sta sommergendo le tue emozioni. Nervoso,
infili un dito tra il collo e il nodo della cravatta e lo strattoni
un po’ finché la mano pallida di lei,
in un cenno distratto, ti sfiora la coscia.
Il
mondo esplose e la lava calda che fuoriuscì dal cuore
asciugò ogni
singola goccia. Tutto ebbe di nuovo senso; ora vedevi: il sole
accendeva d’arancio i capelli di lei, la brezza estiva
gonfiava la
lunga gonna bianca a balze, la gioia illuminava gli occhi e un velo
di stanchezza incendiava le gote candide. Esattamente come la prima
volta che la facesti tua: era così gracile che
l’hai divorata in
un boccone.
L’abbracci,
ti sei imposto di essere il primo a farlo, e la baci
all’attaccatura
dell’orecchio, piano, sfiorando l’epidermide con la
lingua.
Freme, lo senti.
La
pelle è increspata e gli sfugge un dolce gemito.
Poi
te la portano via e tu vuoi gridare a tutti di essere delicati, di
non strattonarla troppo perché la creatura che porta in
grembo è
figlio tuo, sebbene ancora nessuno sappia della sua esistenza.
—
L’amore è una promessa che si rinnova
nell’eternità di un
vagito, — le dici romantico, mentre ore dopo la fai danzare
tra le
tue braccia sotto le stelle. — Oh, zio Harry, — ti
sussurra, —
l’amore
è bestia, l’amore è poeta,
— cita, — è dolce e ingannevole ma nutre
l’anima e io, senza
te, sono il deserto che aspetta la pioggia. — Tu la guardi
rapito,
— Allora, Rose, farò in modo che questo fiore
nato in un corpo di creta
non appassisca mai.
Note
dell’autrice: questa coppia,
per qualche strana
ragione, mi ha incuriosito a tal punto che ho voluto scriverci su. La
trovo audace, ai limiti dell’incesto, la soluzione pratica
alla
crisi di mezza età di Harry. Rose è a portata di
mano, è giovane e
sicuramente rappresenta magnificamente l’eventuale sogno
bagnato
fatto su Hermione nell’adolescenza.
Tengo
a precisare che entrambi i protagonisti sono adulti. Harry vede Rose
ancora piccola perché è difficile distaccarsi
dall’idea che sia
cresciuta, che non è più una bambina, seppure sia
ben cosciente
dell’attrazione che li spinge uno tra le braccia
dell’altra.
Nota
dell’ultima ora: questa storia era nata
per un contest ma,
a lavoro finito, incuriosita ho cercato il testo della canzone a cui
appartiene la citazione scelta ed è stata
un’autentica sorpresa
constatare che, in qualche maniera, il mio scritto aderisse
all’idea
della canzone stessa. Anzi, potrebbe benissimo passare per una
songfic! Quindi, visto che un’altra frase mi ha colpito
molto,
perché spiega in modo chiaro l’ambivalenza del
messaggio della
storia stessa, ho deciso di adattarla a una frase già
esistente,
nonostante lo scritto fosse già concluso. Purtroppo questa
coincidenza ha precluso la storia dal contest a cui era iscritta.
Buona
lettura e sono graditi i commenti.