Bellissimi
«Non
è vero! Non sono diverso!» urli, arrabbiatissimo.
Come
si permettono? Solo perché non hai i capelli neri…
«Bugiardo!»
ti urlano contro.
«Lo
sappiamo benissimo che non sei giapponese! È
impossibile!»
Sono
in cinque, sei circondato. Si limitano a prenderti in giro, ma tu non
ci stai.
Ti
scagli su quello davanti a te, il bambino che ha cominciato, e gli
assesti un pugno in faccia.
Gli
altri quattro ti sono subito addosso; non ti limiti a subire, ricambi i
colpi, ma alla fine chi resta per terra sei tu.
Ti
lasciano lì solo, non trovi la forza di rialzarti. Non
subito.
Riapri
gli occhi. Per poco non lanci un grido; è la prima volta che
al risveglio da una rissa vedi qualcuno accanto a te.
È
anche la prima volta che una tua coetanea ti osserva tranquilla, senza
traccia d’odio o paura nello sguardo.
«Sei
vivo!» esclama lei felice, vedendoti sveglio. «Lo
sapevo, naturalmente, perché respiravi; ma non ti sei mosso
per un po’, e hai tanto sangue… Stai
bene?»
«Chi
sei?» mormori, cercando di tirarti su. Ti offre prontamente
una mano, anzi, non si limita ad offrire: ti passa un braccio intorno
al collo e fa lo stesso con il tuo, aiutandoti a rimetterti in piedi.
Poggiando
su di lei, ci riesci.
«Mia
mamma è brava ad aggiustare le persone; non
preoccuparti!» ti dice, cercando d’incoraggiarti.
Non
sa che a situazioni come quella sei fin troppo abituato, hai
già imparato che dopo un po’ il dolore passa. Ti
servono solo tempo e saliva.
«Lasciami»,
protesti. Non vuoi andare da un’aggiusta-persone o quello che
è; vuoi restare solo. Ti hanno umiliato ancora una volta,
eppure tu sei nato lì… non è giusto,
lo sai.
«Perché
fai così?» si lamenta lei, mettendo il broncio.
«Stai tanto male? Mamma è vicina!»
«Non
voglio andare da tua mamma!» urli. Che problemi ha questa
bambina? Perché s’impiccia nei tuoi problemi?
Lei
si piega sulle ginocchia per farti sedere a terra – siete
arrivati in un parco – senza movimenti troppo bruschi; poi si
rialza e, mani sui fianchi, ti affronta. «Perché
fai così?» ti chiede; ti accorgi che sta per
mettersi a piangere. «Io voglio solo aiutarti!»
È
la prima volta che parli così da vicino con una bambina; non
sai bene che fare.
Punti
lo sguardo sul terreno, pensando che finalmente se ne andrà
e ti lascerà in pace.
«Insomma,
dico a te» insiste però lei, abbassandosi per
guardarti negli occhi.
Alzi
la faccia seccato; non la capisci proprio. «Perché
lo fai? Vuoi prendermi in giro anche tu?»
«In
giro? Perché?» sembra sinceramente stupita;
è ancora un po’ arrabbiata, ma il suo tono si
è addolcito.
«Perché…
i miei capelli…» mormori senza guardarla. Ti
tornano in mente le frasi cattive degli altri bambini e inizi a
piangere lacrime di rabbia.
Lei
si siede e ti osserva in silenzio per qualche secondo.
«Sono
invidiosi dei tuoi capelli? Ma è normale, sono
bellissimi!» esclama, cogliendoti totalmente di sorpresa.
«Non devono mica prenderti in giro, però! Chi
è stato? Ci parlerò io!» decide.
La
guardi sconvolto; le lacrime si sono fermate.
«Be’?
Che c’è?» ti chiede. «Hai uno
sguardo strano, va tutto bene…?»
«Cos’hai
detto… i miei capelli…» ti escono
sussurri spezzati.
«Sono
bellissimi», ripete lei con un sorriso. «Mi
ricordano quelli di mamma. Vorrei averli anch’io»
ti confessa felice.
No,
è il tuo sorriso ad essere bellissimo.
La
rabbia ti è passata del tutto; era inevitabile, di fronte
all’ingenua bontà di quella strana bambina.
«Senti,
come ti chiami? Io sono Akemi! Che dici, diventiamo amici? A casa sono
sempre sola con mamma e papà… Ma presto
avrò una sorellina, sai? Mamma dice che mi
piacerà tantissimo, e io le credo! Non vedo
l’ora… potrebbe anche essere un fratellino,
però! Spero che non mi faccia i
dispetti…»
Ti
travolge con la sua parlantina, ma a te non dispiace. È la
prima volta che qualcuno che non sia un adulto ti parla tanto senza
insultarti. Non sei certo sia del tutto normale,
però…
«…insomma,
sì, potrebbe succedere, ma penso che… ehi, mi
stai ascoltando?»
Improvvisamente
scoppi a ridere.
Lei
gonfia le guance, pensando che tu voglia prenderla in giro.
«Non sei gentile», sbuffa.
«A
te piace proprio parlare, vero?» le dici.
«Non
c’è niente di male» si difende lei,
offesa.
«Sì,
lo so» confermi.
«Ah».
Abbassa la guardia. «Quindi non ti sto antipatica?»
Scuoti
la testa. «Mi chiamo Rei», l’informi.
«Vuoi ancora che siamo amici?»
La
sua espressione ti dice di sì prima ancora di sentirglielo
esclamare.
NdA
Non
ho molto da dire, leggendo il 1011 ho gioito internamente per tutto il
flashback di Amuro, ho amato che conoscesse Akemi e che lei lo abbia
trascinato da sua madre perché “Abbiamo un
ferito!”. Dovevo riversare l’emozione da qualche
parte o rischiavo di implodere.
Ho
cercato di semplificare al massimo, trattandosi di bambini. Spero sia
riuscito bene.
Se
volete commentare gli ultimi avvenimenti del manga, la butto qui, a me
farebbe piacere.
Alla
prossima!
Mari
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