Questa one-shot
è il
sequel di "When
the darkness comes", credo possa essere capita anche
singolarmente ma consiglio la lettura della precedente.
The light will guide you
home.
-Ohi!
Stai bene?-
L'oste scrollò nervosamente il ragazzo che
improvvisamente si era ritrovato con la faccia dritta nel piatto in cui
stava mangiando dalle spalle, facendo trasbordare il cibo su cui si
trovava sul bancone e a terra.
-Stai male?!-
L'uomo, in panico per
quello svenimento improvviso che era avvenuto davanti ai suoi occhi e
di cui non capiva la causa, uscì da dietro la sua postazione
lavorativa, mentre un gruppetto di persone osservava la scena
mormorando tra loro preoccupati e occhieggiando la figura
apparentemente senza vita.
L'oste si affiancò al ragazzo,
cercando di sollevarlo dalla posizione in cui si trovava per togliergli
la faccia da dentro il piatto.
Era alto, giovane e muscoloso, quindi
immaginò che lui, basso ed esile e che iniziava a sentire la
fatica degli anni che passavano, avrebbe fatto un po' di fatica se
nessuno l'avesse aiutato.
-Non si preoccupi, è normale-
Una
voce lo fermò a metà di quel tentativo di aiuto e
l'uomo si voltò, strizzando gli occhi per mettere a fuoco la
provenienza di quella voce e infastidito dalla luce del sole che
penetrava dalla porta.
Una figura in controluce si avvicinò
ai due e quando fu abbastanza vicino l'uomo riuscì a vederlo
bene in faccia. Lo attirò soprattutto la strana capigliatura
bionda e l'espressione annoiata, per niente preoccupata per
ciò che poteva essere accaduto al ragazzo che stava riverso
sul bancone del ristorante.
-E' un tuo amico?- gli domandò,
cercando sempre di sollevare il ragazzo svenuto.
Marco gli si
avvicinò, aiutandolo in quell'impresa senza nemmeno bisogno
di sforzarsi. Com'era possibile che nei momenti meno opportuni venisse
colpito da quella sua dannata narcolessia non se lo spiegava ancora.
Ace si ritrovò così seduto, con la testa rivolta
all'indietro e una bolla che gli usciva dal naso ogni volta che
respirava.
L'oste lo guardò, corrucciato, osservando la sua
espressione rilassata e la faccia con sopra qualche chicco di riso
sparso.
-Allora? Non mi hai risposto, ragazzo- disse,
tornando dietro il bancone per finire di asciugare dei boccali.
Marco
si sedette nel posto accanto al comandante della seconda flotta e
ordinò da bere, lanciando un'occhiata alla pila di piatti
vuoti davanti al moro, prima di rispondere.
-Si, è un mio
amico- tagliò corto, dando poi delle occhiate in giro.
Quel
posto, in quell'ora di pranzo calmo e tranquillo, la sera era sempre
pieno di pirati, complice la zona poco raccomandabile in cui era
situato; la Fenice era sicura che dietro quella sua aria vissuta e
innocente quell'uomo sapesse benissimo chi fossero e a quale ciurma
appartenessero, perché era impossibile che non avesse
riconosciuto il simbolo sul suo petto o sulla schiena scoperta di Ace.
La fama di un imperatore
lo precedeva.
Si riscosse dai suoi pensieri e
cambiò discorso, rivolgendosi al barista e inchiodandolo sul
posto con quella sua espressione indecifrabile e seria.
-Stiamo
cercando un uomo, forse sai qualcosa-.
Il
ragazzo
girò la manopola dell'acqua per chiuderla,
sospirando e concedendosi qualche attimo con gli occhi chiusi per
finire di godersi la sensazione del getto caldo rimastagli sulla pelle.
Sorrise, Ace, beandosi del silenzio interrotto solo da qualche goccia
solitaria che cadeva sul piano della doccia e da dei rumori provenienti
dal piano inferiore.
Probabilmente o c'era già gente ubriaca
o stava discutendo.
La locanda che lui e Marco avevano scelto per
passare qualche giorno prima di ripartire non era propriamente
silenziosa o frequentata da gente raccomandabile, ma non se ne
preoccupò.
Dopotutto, anche loro erano pirati.
Avrebbe
voluto fermarsi solo una notte perché voleva raggiungere
l'ultimo posto in cui sapevano Barbanera era stato visto il prima
possibile, ma Marco si era imposto, dicendogli che dovevano riposare
qualche notte in modo vagamente decente e comprare provviste.
Ace si
era offerto di fare scorta, ma il compagno gli aveva caldamente
proibito di intromettersi in tutto ciò che riguardava i
viveri perché avevano più di una volta rischiato
di rimanere in mezzo al mare senza cibo a sufficienza durante quel
viaggio.
L'espressione di Pugno di Fuoco mutò leggermente,
perdendo l'ombra che gli aveva oscurato lo sguardo ripensando a Teach,
ricordando con divertimento il viso scocciato della Fenice con le mani
sui fianchi - come una vecchia zitella, aveva pensato - mentre lo
rimproverava.
Non era colpa sua se
aveva sempre fame!
Ace
uscì dalla doccia quando iniziò a sentire delle
ventate d'aria fredda insinuarsi nel vapore che si era formato
nell'angusto bagno arrivandogli alla schiena, procurandogli dei
brividi.
Si legò un asciugamano alla vita,
dirigendosi poi verso il letto e buttandocisi sopra a peso morto. I
capelli gocciolavano ancora acqua, che si stava andando a posare sul
cuscino, inumidendolo, ma non ci badò.
I pensieri del
comandante della seconda flotta erano stati portati via dalla
felicità che lo pervadeva ogni volta che ripensava al
fratello che aveva incontrato ad Arabasta qualche tempo prima.
Rivederlo gli aveva alleviato un po' il peso che sentiva da quando era
in viaggio con Marco per cercare Barbanera e fargliela pagare.
Avevano
saputo che Satch aveva ripreso conoscenza quello stesso giorno in cui
erano salpati, e gli era dispiaciuto non salutarlo – pur
essendo certo che era un osso duro e si sarebbe rimesso in fretta
–, ma non era riuscito a fermare l'impellente bisogno di
mettersi alla ricerca del traditore.
Non riusciva a tollerare che un
membro dell'equipaggio di un Imperatore pieno di buoni principi come
Barbabianca fosse stato capace di un gesto simile verso un proprio
Comandante, - verso un suo amico, un
fratello.
Era inoltre sicuro che
non si sarebbe fermato se non fossero intervenuto lui e Marco.
L'avrebbe ucciso.
Non riusciva a fare finta di niente; era come se
Teach colpendo Satch avesse colpito un po' anche lui, e sentiva la
rabbia ribollirgli fin dentro le ossa, ogni volta che ci ripensava.
Non
tollerava che un suo compagno stesse soffrendo per colpa di una persona
che era sua responsabilità – perché
venire pugnalati alle spalle nel posto in cui dovresti essere
più al sicuro, di certo non è una cosa che
dimentichi facilmente.
Sospirò pesantemente, cercando di
farsi coraggio pensando che ormai erano vicini alla loro destinazione e
presto lui e Marco sarebbero potuti ritornare alla Moby Dick, e
indirizzando nuovamente i pensieri a suo fratello per riacquistare la
calma di poco prima.
Aveva trovato Rufy in ottima forma, cresciuto e
maturato ma sorridente e con quella dose di ingenuità che da
sempre lo contraddistingueva, e non aveva mai dubitato sul fatto che
non avrebbe avuto problemi a tirare insieme una ciurma.
Suo fratello
era stato fortunato, aveva trovato davvero degli ottimi amici di cui
circondarsi e con cui passare il tempo mentre viveva le sue avventure
per i mari realizzando i suoi sogni.
Sorrise, nascondendo la faccia nel
cuscino ormai bagnato e iniziando ad addormentarsi.
Rufy non lo
deludeva mai.
Marco
occhieggiò le persone sedute ai tavoli e al
bancone parlare animatamente trangugiando bottiglie di alcolici e
mangiando come se non vedessero cibo da svariate settimane.
Molti erano
brilli e si capiva dai loro occhi lucidi, le gote rosse e le risate
sguaiate che facevano per ogni minima parola che si scambiavano.
La sua
espressione ebbe un moto di ribrezzo e provò un senso di
pietà nel vedere quegli uomini già conciati in
quelle condizione all'ora di cena, quando il sole ancora non era
tramontato del tutto e i bambini erano ancora in giro per le strade a
giocare.
Salì le scale lasciandosi alle spalle il chiasso di
quei clienti e posizionandosi meglio sulla spalla lo zaino in cui aveva
riposto le provviste che aveva comprato quel pomeriggio, dirigendosi
alla camera che aveva affittato con Ace.
Quando entro
trovò Pugno di Fuoco a letto, addormentato, con solo
l'asciugamano a coprirgli la vita e il vapore ancora ad intasare l'aria
del piccolo bagno.
Posò lo zaino a terra vicino al proprio
letto, andando poi ad aprire la piccola finestrella per far cambiare
l'aria.
La locanda in cui si trovavano era spartana, ma l'aveva
ritenuta un buon compromesso per non spendere troppo e riuscire ad
avere un posto in cui dormire che non fosse quella barca che guidava
Ace.
In due non si riusciva a riposare a dovere, senza contare che se
il mare fosse stato particolarmente agitato rischiavano che si
ribaltasse.
E loro non potevano
nuotare.
Sospirò, Marco,
osservando l'ambiente spoglio e datato e portandosi una mano a
grattarsi la nuca, pensieroso.
Erano mesi che erano in viaggio, ormai,
e sperava che le informazioni che aveva ricavato da quel vecchio
qualche tempo prima fossero giuste. Aveva voglia di ritornare nella
propria cabina e dai suoi compagni, aiutando il Babbo a occuparsi della
ciurma per non farlo affaticare troppo e per vedere come si stava
riprendendo Satch.
Da quello che gli avevano detto gli altri Comandanti
durante le chiamate tramite i lumacofoni, fisicamente si era ripreso
del tutto grazie anche all'aiuto del frutto Dark Dark –
altrimenti sarebbe stato spacciato.
Ma psicologicamente... quello era
un altro discorso.
Venire colpito alle spalle da un compagno con cui
aveva condiviso vari anni della propria vita aveva condotto il
Comandante della quarta divisione in uno stato per loro
incomprensibile.
Non aveva nemmeno avuto il sentimento di volersi
vendicare contro Barbanera, semplicemente rimaneva incredulo quando ne
parlava, faticando a rendersi conto di ciò che realmente gli
era successo e ringraziando lui ed Ace più volte per avergli
salvato la vita.
Era come se la sua mente, gli avevano detto i medici
di bordo, non volesse piegarsi a quella possibilità
perché ancora troppo dura da mandare giù,
perché per il resto si comportava come sempre e parlava con
tutti, allenandosi per imparare a gestire il nuovo potere che aveva
ottenuto.
Marco aveva seguito Ace in quell'inseguimento per evitare si
cacciasse nei guai con la propria sconsideratezza, ma voleva tornare il
prima possibile alla Moby Dick perché sapeva che Satch
poteva aver bisogno della vicinanza di tutti loro, per quanto morisse
dalla voglia di picchiare Teach con le proprie mani.
Si
lasciò andare stancamente sul proprio letto, osservando come
Pugno di Fuoco dormisse beatamente senza preoccuparsi di ciò
che lo circondava e non mostrandosi infastidito dal freddo che poteva
sentire sulla propria pelle scoperta e umida.
Durante quei mesi, quando
avevano raggiunto Arabasta, Ace gli aveva detto che se non si fossero
divisi avrebbe potuto incontrare suo fratello Rufy.
Marco ricordava
come gli occhi del suo compagno si fossero illuminati ogni volta che
gliene aveva parlato e ancor più come fosse stato felice di
averlo rivisto, mettendo da parte per qualche momento la sua rabbia
contro Barbanera.
Era talmente entusiasta nel raccontargli le cose che
lo riguardavano che gli era quasi dispiaciuto non aver conosciuto quel
Rufy di persona.
-Sembra
da solo-
Ace
quasi ringhiò fuori quelle parole,
osservando con disprezzo la figura di Barbanera che camminava per le
vie della città.
Era quasi il tramonto, e il sole che stava
andando a nascondersi illuminava il cielo di colori rossastri, formando
delle ombre scure lungo le strade e sui muri degli edifici, i negozi
iniziavano a venir chiusi e la gente stava rincasando.
Avrebbe voluto
tirargli un pugno appena lo aveva visto quella mattina, ma Marco lo
aveva trattenuto, dicendogli di aspettare a fare casino e vedere dove
andava e se fosse insieme a qualcuno.
Ma Teach non si era unito a
nessuno, in quelle ore in cui lo avevano pedinato, passando il tempo
tra un bar e l'altro, bevendo, ridendo sguaiato e talvolta giocando
d'azzardo – nonostante fosse pieno giorno, sembrava conoscere
perfettamente la parte di città ed i locali in cui si
riuniva la feccia della città – feccia come lui,
pensò Ace.
Era perfino riuscito a intimidire chi aveva
provato ad infastidirlo perché, benché fosse un
rifiuto umano, il Comandante della seconda flotta dovette ammettere che
la sua dose di fama e forza l'aveva, avendo fatto parte della ciurma di
Barbabianca.
-Appena si allontana dal centro ci avviciniamo- Marco
parlò calmo, osservando come Barbanera camminasse pacifico e
tranquillo per quelle strade che si facevano sempre più
scure, ignaro di essere seguito, portandosi appresso una bottiglia di
sakè.
O forse faceva solo finta e li aveva scoperti
già da tempo.
Dopotutto, si era rivelato un bravo attore.
-Marco,
Ace... Chi non
muore si rivede, eh, fratelli?-
Come avevano
sospettato, Barbanera si era accorto di loro probabilmente
già da tempo, perché quando avevano fatto per
avvicinarglisi maggiormente questo si era voltato, ghignando ed
osservando il muro dietro cui erano nascosti.
Teach rise, bevendo
l'ultimo sorso dalla bottiglia e gettandola contro il muro di una
vecchi casa abbandonata con forza, rompendola.
Marco ed Ace lo
osservavano, con le mani nelle tasche dei pantaloni, silenziosamente.
Sapevano che avrebbe fatto di tutto per cercare di far perdere loro la
calma, perché insinuarsi nelle menti e nelle emozioni umane
come un serpente viscido era la cosa che gli riusciva meglio.
Non si
spiegavano, però, se il fatto che si trovasse davanti ai due
comandanti con entrambi i poteri di un frutto del diavolo con
sfrontatezza e nemmeno un briciolo di paura fosse perché era
più stupido di quello che pensavano o se nascondesse
qualcosa che lo rendeva sicuro di se.
-Fratello è una parola
che non dovrebbe più uscire dalla tua bocca- lo riprese Ace,
calcandosi il cappello arancione sul capo e mettendosi in una posizione
di attacco.
-Quello che hai fatto è imperdonabile, Teach! Te
la farò pagare!- gli gridò, rabbioso e stringendo
i pugni. I suoi occhi luccicarono di determinazione.
Non gli sarebbe
scappato una seconda volta.
Quello che ottenne da Barbanera fu solo una
grassa risata divertita che lo irritò ancor di
più.
-Allora vieni a prendermi, moccioso- lo
invitò quello, ghignando e mettendosi sulla difensiva.
Ace
non se lo fece ripetere due volte, ignorando il sollecito di Marco di
mantenere la calma, scattando in avanti e preparandosi a dargli un
pugno che Barbanera evitò a fatica.
La lotta durò
qualche minuto, in cui anche Teach riuscì talvolta a colpire
il Comandante della seconda flotta, ma ben presto il divario di forza
si fece sempre più ampio.
Mentre Ace era ancora nel pieno
delle forze come se non avesse fatto nessuno sforzo fino a quel
momento, Barbanera respirava affannosamente e aveva la fronte imperlata
di sudore.
Nonostante ciò, conservava la stessa strafottenza
di sempre, ghignando verso il moro e occhieggiando Marco in disparte.
Il biondo osservava lo scontro tra i due senza intervenire,
perché nella sua testa risuonava la voce di Pugno di Fuoco
che gli ripeteva fino allo sfinimento quanto Barbanera fosse una sua
responsabilità e quanto dovesse essere lui a fargliela
pagare per non essersi reso conto dell'oscurità che si
portava dietro.
La Fenice gli aveva promesso di stare in disparte pur
di farlo stare zitto.
Teach crollò in ginocchio a un
ennesimo pugno del ragazzo, e un calcio lo fece volare verso il muro
contro cui poco prima aveva spaccato la bottiglia di vetro.
Ci cadde
sopra, tagliandosi i palmi delle mani e le braccia, e rabbioso per
quella sconfitta che stava subendo ne impugnò un pezzo,
nascondendolo nel pugno.
Ace gli si avvicinò, guardandolo
cercare di mettersi in ginocchio, e gli si chinò davanti,
osservandolo serio.
-Come hai potuto?- gli sussurrò, quasi
più a se stesso che al suo avversario.
Se l'era chiesto
tante volte il motivo che l'aveva spinto a accoltellare Satch, ma ogni
motivazione gli sembrava troppo stupida e superficiale per arrivare a
compiere un gesto così infimo.
Barbanera lo
osservò di sottecchi, digrignando i denti.
-Quel frutto...
voi non capite- ansimò, rivolto al terreno.
Loro non
avrebbero mai capito.
Anni e anni passati aspettando di trovare il
frutto del diavolo per eccellenza, quello che aveva sempre desiderato.
Loro non potevano capire quanto ci teneva a possederlo, non avrebbero
mai capito quanto quello l'avrebbe reso potente e temuto.
E per colpa
del loro intervento non lo avrebbe più potuto avere.
Un moto
di rabbia gli scosse il corpo, e con un movimento veloce Barbanera
estrasse qualcosa dalla tasca. Ace, preso in contropiede per quello
scatto improvviso e con la guardia abbassata, si sentì
improvvisamente debole e con un peso ai polsi.
Faticò a
rendersi conto di quello che era successo, puntando lo sguardo alle sue
mani.
Manette?
Barbanera rise, scattando in avanti felino e usando il
coccio di vetro raccolto poco prima come pugnale, trattenendo Pugno di
Fuoco per una mano per non farlo indietreggiare.
Ace fece in tempo a
deviare leggermente la traiettoria, ma la spossatezza che gli davano le
manette di agalmatolite che Teach gli aveva messo e la sua presa che lo
tratteneva non gli permisero di parare il colpo.
Sentì un
dolore al fianco, poi vide Barbanera venire scagliato lontano da lui di
qualche metro da un calcio di Marco. La Fenice lo sostenne con un
braccio, osservando la ferita, serio.
-Non sembra profonda, ma con le
manette non puoi rigenerarti- gli disse, cercando di togliergli il
vetro.
Ace rise, quasi esasperato e con la stanchezza data dalle
manette che gli si leggeva sul volto.
-Quel bastardo...- esalò.
Non era più
abituato a subire simili ferite, sentiva il sangue colargli e ogni
volta che faceva un movimento era come se venisse trafitto un'altra
volta.
Marco voltò poi lo sguardo su Teach, con il naso
sanguinante e se possibile ancor meno denti nella sua bocca, sdraiato a
terra con un ghigno malsano.
Difficile capire cosa gli passasse per la
testa in quel momento.
-Avanti Comandante, finiscimi! Ho pugnalato due
tuoi compagni! Vi ho traditi!- lo incitò, e la Fenice
sentì Ace irrigidire il corpo per provare a scattare in
avanti e dargli ciò che si meritava.
Lo trattenne senza
problemi, guardando dall'alto in basso il corpo di Barbanera pieno di
segni della lotta di poco prima.
I suoi occhi si puntarono in quelli
dell'ex membro della ciurma di Barbabianca per un silenzio che
sembrò durare secoli ed ebbero la capacità di far
venire dei dubbi a Teach sulla sua sorte.
Aveva sempre pensato che non
avrebbero mai avuto il coraggio di fare ciò che lui aveva
fatto a Satch ma la determinazione e il luccichio di serietà
che scorse sul viso del biondo riuscirono a incrinare per qualche
attimo quella convinzione.
Le parole di Marco poi lo colpirono come uno
schiaffo: se gli avessero tirato un pugno il suo orgoglio avrebbe
sentito meno male.
-Non ne vali la pena-.
-C-cosa?-
boccheggiò, incredulo.
Provò a tirarsi in piedi,
barcollando.
-Cosa?! Come osi?- riprese, gridando.
Marco non
sembrò minimamente colpito da quel cambio di temperamento,
mentre sentì Ace venire scosso da una risata.
La Fenice
sapeva sempre come ferire. E le parole, se sapute usare bene, a volte
facevano più male dei pugni.
Il biondo inchiodò
con lo sguardo l'uomo sul posto, e Teach poté scorgere la
rabbia irrigidirgli i muscoli del corpo.
-Sparisci e non farti
più vedere- iniziò, consapevole di quanto
l'orgoglio di Barbanera stesse ribollendo di indignazione per quelle
sue parole.
Il pirata avrebbe voluto essere ucciso, probabilmente, ma
non gli avrebbe dato quella soddisfazione.
Sarebbe stato troppo
facile
per gli affronti che aveva fatto.
La cosa più brutta che
potevano fargli in quel momento, era ignorarlo, lasciandolo a quella
che non aveva dubbi sarebbe stata un'esistenza patetica.
Sentì il
corpo di Pugno di Fuoco rilassarsi, come se concordasse con quella sua
decisione, e ne fu in qualche modo sollevato.
-Se ti incontro un'altra
volta, sei un uomo morto-.
Lo occhieggiò un'ultima volta,
prima di voltarsi per andare a cercare qualche fabbro che togliesse le
manette ad Ace, il quale gli sorrise riconoscente dandogli una debole
pacca sulla spalla.
Il sole era ormai calato e le prime stelle
brillavano silenziose nel cielo notturno, illuminando loro la strada
del ritorno.
-Andiamo a casa, fratello-.
Ciao a tutti :)
Non ci credo di
averla finita, sono contentissima. Questa è, come avevo
detto in "When the darkness comes.", come mi ero immaginata il continuo
e la fine di quella one shot.
In realtà ci avevo pensato
tanto su quale poteva essere la reazione di Marco ed Ace una volta
incontrato Barbanera, addirittura avevo pensato alla
possibilità di scrivere lo consegnassero alla marina ma poi
ho creduto che non sarebbe stato da loro, scadendo nell'ooc. Quindi il
fatto che lui non ne vale più la pena mi è
sembrata la soluzione ideale per come sono loro, spero sia un'opzione
che non vi abbia deluso e abbiate gradito.
Ho cercato anche di rendere
Teach "forte" per quanto possibile anche senza il frutto, cercando di
mantenerlo infimo e vigliacco (vedi per le manette), e cercando di dare
spazio ai pensieri di tutti e motivando le loro azioni.
Spero che questa continuazione vi sia
piaciuta, ringrazio chi si è fermato a leggere e ringrazio
particolarmente ancora una volta coloro che si sono fermati a
commentare la precedente storia che non pensavo sarebbe stata
così gradita.
Un abbraccio forte,
D.
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