Il principe Playboy

di HyeSeok
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Kyuhyun lasciò la mano di Sungmin con un lieve sorriso, e lui si accorse che era rimasto a fissarlo come un’idiota. Schiarendosi la gola, fece un cenno verso l’uscita. «Una limousine ci attende.»
«Eccellente. Lei viaggia con stile.»
«Come sicuramente fa lei, principe Kyuhyun.»
Lui sorrise più profondamente, rivelando una piccola fossetta sul mento. «Ovviamente.» La seguì alla limo, mentre lo sguardo di lui era perso su quella snella eppure potente figura inguainata in un completo elegante e molto costoso.
«E riguardo i suoi uomini...» disse accennando alle due guardie del corpo.
«Possono prendere un’altra auto. Sono solo di rappresentanza...» Il principe fece una smorfia ironica. «Ovviamente per la mia immagine.»
Proprio quello che lui detestava di più, considerò Sungmin salendo sull’auto: un uomo ossessionato dalla propria immagine. Eppure c’era quasi una nota di ironia nel commento di Kyuhyun, quasi come se si prendesse in giro da solo. Non lo aveva capito bene, e non desiderava farlo.
Quando lui prese posto sul largo sedile di pelle, per un attimo le sue cosce sfiorarono quelle di Sungmin, che di nuovo si sentì investire da una fiammata di consapevolezza.
«Scusi» mormorò Kyuhyun, gli occhi che luccicavano maliziosi.
Sungmin arrossì. Si rendeva conto di che effetto aveva su di lui? O era solo abituato ad avere quell’effetto, con tutti quegli uomini che gli svolazzavano attorno come falene intorno alla fiamma di una candela?
Non aveva importanza. Lui non gliene avrebbe attribuita alcuna, era un professionista e stava facendo il suo lavoro. Schiarendosi di nuovo la gola, si voltò verso il principe. «Abbiamo riservato una suite per lei al Mandarin. L’accompagnerò là, poi il signor Jungsoo la raggiungerà per cena alle otto.»
«Eccellente. Grazie per essere così efficiente.» Kyuhyun  gli sorrise di nuovo e lui digrignò i denti. Smettila di essere tanto affascinante. «Ho sentito dire che il ristorante ha una vista magnifica su Central Park.»
«Sì...»
«Si tratta della mia prima visita a New York, sa?»
Sungmin non disse nulla. Ma in verità era sorpreso. Pensava che un giocatore come il principe avesse frequentato tutte le metropoli del mondo, o quasi. «La prima volta negli USA, anzi» aggiunse Kyuhyun, con una nota ironica.
«Spero che si goda la visita» gli augurò Sungmin, la voce contratta. Non riusciva a parlare naturalmente con quell’uomo. Gli ricordava troppo del suo passato, dei terribili errori che aveva commesso.
«Sono sicuro che sarà così. Spero di avere il tempo di guardarmi attorno.»
«Certamente.» Quello sarebbe stato compito di Jungsoo, non suo, pensò Sungmin con sollievo. Tuttavia immaginava di dover fare almeno un po’ di conversazione. «Che cosa le piacerebbe vedere?»
«Mi interessa la Pierpont Morgan Library
«Davvero?» si meravigliò Sungmin. Non era ciò che si era aspettato dal principe Playboy.
Lui sollevò un sopracciglio. «Sorpreso?»
«Un po’» ammise lui. «Non è una tra le dieci attrazioni turistiche più richieste delle città.»
«Lei c’è stato?»
«S... sì» ammise Sungmin riluttante. La biblioteca era uno dei suoi luoghi preferiti in città. Si recava là ogni volta che aveva necessità di un luogo calmo e silenzioso.
«Allora forse potrebbe accompagnarmi» suggerì Kyuhyun, e Ella Sungmin non udì alcun sottinteso nel suo tono, solo sincero interesse. Non sapeva cosa rispondere, così annuì guardando fuori del finestrino.
«Siamo fortunati, non c’è troppo traffico.»
Nessuno dei due parlò più per il resto del tragitto. Quando Sungmin scese dall’auto davanti al Mandarin Hotel, il telefonò ronzò annunciando un messaggio. Era da parte di Jungsoo. Non posso essere presente per la cena. Prendi tu il mio posto.




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