ReggaeFamily
La
Peste
Volo
Ryanair, metà mattina
Le
disgrazie non capitano solo in pullman, ahimè. Viaggio
relativamente poco in aereo, ma ovviamente non può andare
tutto liscio durante quelle rare volte in cui ciò accade.
C'è
da dire che detesto il fatto di dovermi sedere lontano dalle persone
con cui viaggio, visto che quando si prenotano i voli online è
impossibile scegliere dove sistemarsi, a meno che non si aggiunga un
tot a testa per avere questo comfort.
Stavolta
sono capitata in un sedile centrale, in mezzo ad altre due signore.
Quella seduta alla mia destra, dalla parte del finestrino, sembra
piuttosto tranquilla, l'altra già mi indispone non appena si
siede.
Si
volta subito nella mia direzione e si rivolge all'altra, così
capisco che queste due si conoscono. Peccato che non appena apre
bocca, mi rendo anche conto che soffre di una brutta alitosi.
Vorrei
alzarmi e andarmene, mi viene da vomitare, soprattutto perché
le due cominciano a chiacchierare tranquillamente come se io non ci
fossi.
«Allora,
anche tu qui? Come stai?» fa quella alla mia sinistra.
«Eh
dai, bene... volevo fare un viaggetto e ne ho approfittato adesso, e
tu?» risponde la tizia alla mia destra.
«Oh,
bene, io sono andata a trovare mio figlio!»
Come
cavolo può essersi accoppiata e riprodotta? Il suo alito puzza
come uno scarpone da lavoro in piena estate, e tutto il suo essere
emana un odore strano, come se i suoi abiti – e anche il suo
corpo – fossero rimasti rinchiusi in una bara per
centocinquanta anni di fila.
«Hai
un figlio che vive a Bologna?»
«Sì,
Marco. Vive lì con la sua compagna, poi sai, volevo vedere mio
nipotino!» cinguetta la pestilenziale sessantenne.
«Hai
fatto bene! E a scuola come va? Stai ancora insegnando lì?»
domanda l'altra, intenta però a frugare il suo cellulare.
L'aereo
è ancora fermo, così decido che devo fare qualcosa. Mi
schiarisco la gola e chiedo alle due: «Se volete, possiamo fare
scambio di posto».
Quella
alla mia destra dice: «No, grazie, mi piace stare vicino al
finestrino».
La
Peste aggiunge: «No, no! Ho bisogno di aria!».
Mi
trattengo per non sospirare, anche se vorrei tanto farle notare che
anche io ho bisogno di
aria, non dico pulita, ma almeno respirabile.
Mi
appiattisco contro il sedile mentre le due continuano a cianciare
belle e tranquille.
«Allora?
Insegni ancora lì?»
«Sì,
sì! Eh, la pensione per me è ancora lontana... e tu?»
«Io
sì, sono in pensione da un anno. Sono rinata, non puoi
capire... vado più spesso a trovare mio figlio, ho più
tempo per me... e Anna? Come sta? È da molto che non la vedo!»
Quella
alla mia destra sospira. «Eh, Anna... ha avuto un tumore.»
L'altra
inorridisce. «Un tumore? Ma non è morta, vero?»
Ecco,
questo sì che si chiama tatto. Ragazzi, imparate da questa
donna come si sta al
mondo!
Che
poi, a me dispiace per questa Anna, però... obiettivamente...
a me...
«No,
no... pian piano si sta riprendendo. Ora sta meglio, infatti deve
venire a prendermi. Magari la saluti.»
Sì,
così se non è morta per il tumore, crepa per l'alitosi
di questa mummia egizia!
A
volte sono cinica, ma questa gente lo è molto più di
me. Come si può parlare con tanta leggerezza – e di
fronte a un'estranea – di certi argomenti? Se io fossi questa
Anna e sapessi che queste due dementi stanno sbandierando le sue
disgrazie ai quattro venti, come minimo le denuncerei per
diffamazione!
«Certo!
Certo!» accetta La Peste, annuendo come un'esaltata per dare
enfasi alle sue parole.
Quando
l'aereo finalmente si prepara per il decollo, le due smettono di
parlare. Forse La Peste ha bisogno di respirare a fondo – non
troppo a fondo, per l'amor del cielo – in vista del decollo,
anche se non capisco come un essere del genere
possa provare emozioni come l'ansia o la paura, ma tant'è.
Quella
alla mia destra, dopo aver impostato il suo smartphone in modalità
aerea, comincia a scattare foto durante tutto il decollo. Ora capisco
perché le piace stare vicino al finestrino.
Che
poi non si vede niente, che senso ha fare delle foto al nulla? Non
c'è nemmeno il sole, il vetro è lurido e io dubito
fortemente che riuscirà a fare uno scatto degno di nota.
E
continua così per tutto il viaggio, mentre La Peste porta
fuori un libro e comincia a leggere. La sua alitosi mi raggiunge
comunque, anche perché ogni tanto si volta per dire qualcosa
alla sua conoscente.
È
veramente difficile resistere. La nausea bussa prepotentemente alla
bocca del mio stomaco e io devo concentrarmi tantissimo per non
lasciarmi sopraffare da essa. È un incubo, non riesco a
credere che stia succedendo davvero.
Il
viaggio è breve, ma a me sembra passata un'eternità
quando infine ci viene annunciato che l'aereo sta per atterrare e che
dobbiamo allacciare le cinture di sicurezza.
Ovviamente
per tutto il tempo i passeggeri sono stati importunati da un'hostess
che voleva venderci di tutto: da biglietti della lotteria a profumi,
da orologi a golosi snack e bibite; non sto neanche a soffermarmi
tanto su questo aspetto, tanto sappiamo tutti come funziona sui voli
Ryanair. Lo sa anche chi non ne ha mai preso uno.
La
demente alla mia destra continua a scattare foto con il cellulare
anche mentre stiamo atterrando, mentre l'altra sembra piuttosto in
ansia, il che non fa che amplificare il puzzo proveniente dal suo
corpo – che sospetto sempre più essere in
decomposizione.
Il
raccapriccio sta per finire, finalmente l'aereo sta per toccare terra
e io potrò liberarmi di queste due piattole e tornare a
respirare.
Ma
no, al peggio non c'è mai fine!
E
infatti...
Non
appena l'aereo tocca terra, dagli altoparlanti del mezzo si diffonde
una musichetta presumibilmente festosa, che però a me sembra
molto inquietante. È una melodia strana, sembra un misto tra
una canzoncina cinese e un brano in stile film sulla Rivoluzione
Francese. Sopra di essa, una voce maschile registrata parla in
inglese e dice qualcosa a proposito del viaggio che è riuscito
con successo e che la compagnia aerea ci dà il benvenuto a
destinazione.
A
questo punto mi irrigidisco e non faccio neanche in tempo a formulare
la vaga idea di ciò che sta per succedere, che uno scroscio di
applausi imbarazzanti e tremendamente ridicoli esplode tra i
passeggeri.
Ecco,
adesso sì che voglio morire.
Scoppio
a ridere, infischiandomene del fatto che anche le due cerebrolese
sedute accanto a me stanno partecipando attivamente a questo scempio,
e sento da qualche parte dietro di me la risata tonante di mia
sorella.
Non
vedo l'ora di buttarmi fuori da questo inferno, ne ho davvero
abbastanza. È troppo per me.
Quando
finalmente tocco terra, mi trattengo a stento per non chinarmi a
baciare la terra ai miei piedi.
È
stato il viaggio della speranza, l'ennesimo.
-
- - -
Ehilà!
Stavolta
sono riuscita ad aggiornare regolarmente, visto che ho scritto questo
capitolo lo stesso giorno del precedente; avevo una gran bella botta
d'ispirazione per creare qualcosa di comico, quindi...
Okay,
be'... chi ha vissuto traumi simili in aereo?
Io,
ragazzi, non so veramente come posso essere ancora tra voi... questa,
più che una raccolta comico-demenziale su piccole disavventure
sui mezzi pubblici, si sta trasformando nel diario di una
sopravvissuta! ^^”
Allora,
attendo i vostri commenti e vi ringrazio per esserci ancora,
nonostante la mia irregolarità negli aggiornamenti :3
A
presto ♥
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