EPILOGUE:
THE ONE WHERE WE CAN CHOOSE
Saturday
Il
mondo sembrava sottosopra.
Se
quello era davvero il mondo.
Qualcosa
tirava all'altezza dell'ombelico, risucchiandoli, comprimendoli, il
rimbombo di suoni e scene che si fondeva alle loro carni bruciando
senza sosta tutto ciò che incontrava.
«Non
ho più voglia di giocare.»
«Good
luck, kitty cat. See you around.»
C'era
dolore fisico, c'erano cuori in mille pezzi, c'era la sensazione di
vuoto allo stomaco durante un giro della morte sulle montagne russe,
la scarica di adrenalina che ne seguiva e l'euforia della libertà
mista a paura. C'era il pizzicore dei graffi sulla pelle e delle
lacrime sulle guance, la nausea di una trottola senza sosta e
l'ottundimento da mille pensieri che si moltiplicavano
accartocciandosi furibondi senza risposte, soluzioni, decisioni.
«
Per una volta, avresti fatto tu un passo verso di me. »
Tutto
continuava a girare, girare, su se stesso e sottosopra, e si
rivoltava, un vortice di luce e immagini senza tregua che si
avviluppava intorno a loro come un serpente, avanti e indietro, e poi
avanti di nuovo. Occhi dappertutto, e sorrisi, e urla, e finte
risate, e unghie, e ancora occhi, e ricordi, come rami appena
sbocciati che si intricavano a loro e tiravano feroci, avvolti come
spire che mozzavano il fiato nei polmoni in fiamme.
Basta.
«Sei
caduta nella trappola delle tue favolette, conosci il principe
azzurro e nel giro di un anno decidi di sposartelo.»
Basta.
«Ma
ho smesso di essere l’unico che scende a compromessi.»
Basta!
I
palmi di Ichigo batterono sul sentiero di terra color ocra, la pelle
morbida che stridette all’attrito, e lei riprese coscienza del peso
del suo corpo, del dolore alle ginocchia premute per terra, dei
muscoli indolenziti. La testa continuò a girarle e si costrinse a
tenere gli occhi chiusi per controllare la nausea, lo stomaco
raggelato e il cuore pesante, e quelle lacrime che sentiva già
pizzicarle le palpebre.
Quanto
era durato?
Le
immagini continuavano a vorticarle in testa implacabili, ognuna una
scheggia nel petto, un frammento di rabbia per la sua testardaggine e
i dubbi e tutte le volte che non sapeva dire di no.
Una
risatina divertita e squillante, quasi a conferma, spezzò il
silenzio.
«Viaggetto
interessante, vero?»
Yuko
stava passeggiando languida in mezzo a loro, a passi larghi e
tranquilli, le code del vestito che sfioravano i quattro in terra. La
sigaretta, nel suo beccuccio, continuava tranquillamente a rilasciare
nuvole di fumo, senza parvenza di starsi consumando.
«
E poi non ditemi che non vi avevo avvertito! »
Kisshu
si lasciò cadere di schiena, a braccia aperte, cercando di riempire
i polmoni e borbottando sottovoce: « Vaffanculo te e la tua risatina
del cazzo. »
Yuko,
ovviamente, poté sentirlo, ma si limitò a scuotere le spalle
gongolante mentre ritornava al suo trono sospeso in aria: « Ah, ve
l'avevo detto che voi siete il mio passatempo preferito. Così
sciocchi, ingenui.
Pensate
sempre di sapere cos'è meglio per voi e non accettate ragioni. È
così intrigante
vedervi cadere. »
Ryo
si alzò su gambe instabili, cercando gli occhi di Ichigo e
porgendole una mano per aiutarla a tirarsi in piedi, ma lei continuò
a boccheggiare in ginocchio.
«
L'hai fatto apposta? » domandò alla donna in fronte a loro.
Lei
rise, una mano che le coprì la bocca rossa in maniera infantile: «
Io? Non c'entro proprio nulla. Non so nemmeno cos'abbiate visto,
anche se a giudicare dalle vostre facce, è andato tutto esattamente
come vi avevo avvertito sarebbe andato. »
Appoggiò
le braccia sui braccioli puntuti del suo trono nero, guardandoli con
occhi stretti.
«
Come pensate di sentirvi, ora? »
Ryo
la ignorò, così come ignorò la nausea che gli stava stringendo lo
stomaco, si accucciò vicino alla sua fidanzata e le scostò i
capelli dal viso, afferrandola per le spalle: « Ichigo, forza,
alzati, dobbiamo andarcene da qua.»
Lei
si alzò come fosse un automa, gli occhi fissi sul terreno polveroso:
« … voglio sapere se sono cose vere,» mormorò con un filo di
voce, « Voglio … »
«
Ah, voglio, voglio, voglio, » Yuko le fece il verso
con una
vocina acuta, alzando gli occhi al cielo con aria scocciata, «
Quindi proprio non l'hai capito che è proprio questo che vi causa
così tanti problemi. E io che pensavo che magari questi viaggetti vi
avrebbero fatto capire qualcosa. Così ottusi, » appoggiò
la
guancia al pugno chiuso, sospirando scontenta « Costanti delusioni,
voi umani.»
Kisshu
non prese nemmeno la briga di correggerla nuovamente, più
concentrato sul tirare in piedi una Minto che, contrariamente al suo
solito, non aveva ancora spiccicato parola e sembrava più pallida
del normale.
«
Stai bene? » le domandò sottovoce, scostandole le ciocche
disordinate che le cadevano attorno al viso per prenderglielo tra le
mani.
Lei
scosse la testa in una maniera che non voleva dire né sì né no,
puntò lo sguardo anche lei verso il suolo mentre il labbro inferiore
le tremò appena, senza che riuscisse a emettere suono.
«
E' un po' tardi per preoccuparsi di questo, non credi, Kisshu? »
commentò divertita Yuko.
«
Tortorella? »
La
mora lo ignorò, guardò da sopra la sua spalla la donna avvolta di
nero: « Come ce ne andiamo da qua'? » domandò con voce roca.
«
Minto. »
Kisshu
la chiamò con tono più fermo, cercando di voltarle il volto quanto
bastava, ma lei rimase stoicamente rigida, le iridi scure piantate in
quelle divertite della padrona di quel posto. Questa rise ancora un
po', mosse rapidamente le dita: « Avete già deciso di privarvi
della mia compagnia? »
«
Sinceramente non è la compagnia migliore che abbia mai avuto, »
sibilò il verde, per poi riconcentrarsi sulla sua ragazza, « Mi
vuoi rispondere? »
«
Kisshu, smettila,» lei si scostò infastidita, allontanando le sue
mani e facendo qualche passo di più verso Yuko, « Per favore, mi
faccia uscire da qua. »
«
E io che credevo che voi Mew Mew non scappaste mai, » replicò
sarcastica la donna, controllandosi le unghie laccate di nero, «Credi
che sarà così facile lasciare indietro i risultati della vostra
stessa cupidigia?»
«
Intanto andarcene sarebbe un ottimo passo avanti, » Ryo sbottò, i
palmi ancora stretti attorno alle spalle di Ichigo, « Davvero, non
credi di aver già ottenuto abbastanza divertimento per oggi? »
«
Per me non c'è un oggi, o un domani, o un quando,
Shirogane,
» Yuko rise quasi con gusto, un movimento sinuoso del polso e la
sigaretta che le ricomparve fumante tra le dita, « Ma se per voi è
davvero così importante lasciare questo luogo… »
«
Vorrei tornare alla vita reale, grazie. »
Yuko
prese un lungo tiro, il fumo che volò fino ai quattro, poi sorrise
in maniera inquietante: « Sappiate, però, che solo perché lasciate
questo posto, non significa che esso lascerà voi. »
Kisshu
aggrottò la fronte: « Cosa — ? »
Ma
la donna aveva già schioccato le dita, avvolgendoli nella stessa
luce abbagliante che li aveva inghiottiti all'andata. Il tempo di un
battito di ciglia, della familiare morsa fredda allo stomaco, un
tuono lontano, e si ritrovarono seduti tra i vapori umidi della
grotta su Gea.
Il
sibilo lento delle esalazioni non venne interrotto, erano troppo
sbigottiti per poter davvero parlare, le interiora ancora rivoltate e
acide, le teste pesanti e confuse. Ripercorsero in silenzio il
sentiero che li aveva portati fino a lì, senza quasi utilizzare le
torce dei cellulari, i segni rossi sulle pietre che diventavano via
via sempre più visibili all'avvicinarsi dell'uscita. L'odore e la
frescura dell'aria pulita li investirono sul volto come un toccasana,
e si affrettarono ad allontanarsi da quel luogo buio.
Solo
una volta all'aria aperta, Ryo studiò contemporaneamente l'orologio
al polso e lo schermo del cellulare.
«
Sono… passati soltanto quarantacinque minuti in tutto, » borbottò
confuso, «Com'è possibile… ? »
«
Direi che di cose impossibili ne abbiamo viste
abbastanza, »
esclamò acida e sardonica Minto, le braccia strette al torso, « Non
saprei nemmeno più come stupirmi oramai. »
La
punta di rabbia nella sua voce non risultò estranea nemmeno a
Ichigo, che tentò di avvicinarsi all'amica, una mano tesa verso di
lei: « Minto-chan, io …»
La
mora, però, reagì come prima, scostandosi di scatto con fastidio e
astio: « No. Ho odiato quest'idea dal principio,
non c'è
stato verso di farvelo capire perché come al solito avete
voluto fare solamente come interessava a voi, e guardate in cosa ci
siamo cacciati! »
«
Passerotto, non è così — »
Kisshu
venne interrotto dall'occhiata di pura collera che la mora gli
rivolse, un po' troppo tremore salato nelle sue iridi, e lei si voltò
di scatto, deglutendo il groppo che sentiva in gola prima di
esclamare con voce roca: « Voglio andare a casa.»
«
D'accordo, » scambiandosi uno sguardo con Shirogane, l'alieno
riprese la testa del gruppo, camminando molto più veloce di quanto
avesse fatto all'andata.
Anche
in quel momento, nessuno osò proferir parola, avvertendo il
cambiamento nell'atmosfera, il tumulto di pensieri che li aveva
invasi. Ichigo si strinse di più nel cappotto che portava, ben
conscia che il Sole di quel mattino stesse riscaldando il pianeta
molto di più di quanto lei potesse avvertire, eppure non aveva il
coraggio, in quell'istante, di avvicinarsi al corpo rassicurante di
Ryo come faceva di solito. Rimase ultima, il fiato corto non per gli
sforzi di quelle camminate, lo sguardo che oscillava tra la schiena
del suo fidanzato e quella della sua migliore amica, a pochi passi da
lei eppure così lontana.
Il
destino gli risparmiò almeno di incontrare qualcuno, l'albero con il
pannello per aprire il portale che si stagliò a pochi metri da loro
come un totem di sollievo. Kisshu quasi schiaffò la mano sopra il
tronco, e tutti e quattro si catapultarono fuori dal passaggio senza
voltarsi indietro.
Si
ritrovarono al Caffè così presto che nemmeno Keiichiro stesso era
arrivato, approfittando degli orari più tranquilli del weekend.
Minto quasi si catapultò fuori dalla dispensa, precedendo tutti gli
altri fino alla porta sul retro, che aprì di forza appoggiandoci il
suo peso.
«
Cerchiamo di non distruggere le cose, magari, » commentò piano Ryo.
«
Vai a quel paese, Shirogane, » rimbrottò la mora, « Se proprio ne
fossi così preoccupato te la ripagherei.»
Kisshu
intimò al biondo con un'occhiataccia di non azzardarsi ad aprir
bocca, sfiorando una mano della sua ragazza: « Meglio se andiamo,
eh? »
«
L'hai capito, finalmente, » borbottò sottovoce lei, limitandosi a
porgergli un dito.
Ichigo
le lanciò uno sguardo colpevole, fece per avvicinarsi a lei: «
Minto-chan, ascolta — » ci riprovò ancora, ma la mora scosse la
testa, evitando di guardarla.
«
Non avrei mai dovuto darti retta, Momomiya, » sibilò.
L'alieno
fu svelto a stringerle il polso e teletrasportarli nel loro
appartamento, mal sopportando anch'egli lo sguardo da cucciolo
bastonato della rossa e ben sapendo che la situazione avrebbe solo
potuto degenerare.
Il
silenzio della loro casa – solitamente così accogliente e
rassicurante - cadde su di loro come una cortina quasi minacciosa,
una tensione palpabile che correva tra i loro corpi e che
probabilmente non avevano nemmeno mai provato. E nessuno ebbe il
coraggio di ammettere a se stesso che quella casa assomigliava
terribilmente a una di quelle che gli erano state mostrate in quella
folle mattinata.
Minto
sbatté la sua borsetta a terra, rimanendo immobile nell'entrata, i
pugni stretti lungo i fianchi e il volto verso il pavimento. Kisshu
fece un sospiro, passandosi irritato una mano tra i capelli.
«
Pensi che sia un deficiente per aver accettato quest'idea di merda.
Dillo, su. »
La
mora prima emise uno sbuffo poco convinto, poi fu presa da una
risatina tra l'isterico e il cattivo: «Ovviamente sarebbe
finita così. Non ne sono nemmeno stupita, guarda. Ovunque mi giri tu
e Ichigo, tu e Ichigo, sempre tu e Ichigo. »
Un'ombra
buia cadde sul volto dell'alieno: « Non abbiamo registrato altro,
eh? »
«
Sono stanca di avere sempre questa cosa sbattuta
in faccia! »
Minto non si accorse nemmeno di star urlando, sbattendo il piede a
terra.
«
Cazzo, Minto, sono passati quasi quindici anni. »
«
Evidentemente no. »
«
Secondo me ti fa comodo far fare sempre a me la parte del cattivo,
quando sai benissimo anche tu cos'hai visto,» sbottò irato lui,
seguendola mentre marciava furibonda verso il salotto, « Pensi sia
stato così elettrizzante vedere una versione di te
che se ne
andava tra le braccia di qualcun altro? »
Lei
si sentì punta sul vivo, l'orgoglio che reagì ruggendo: « Come se
non si fosse capito benissimo che tu come al solito avevi
fatto chissà quale idiozia. »
Kisshu
sbatté rabbiosamente il palmo contro il muro, facendola sobbalzare:
« Ma mi stai prendendo per il culo? »
«
Vuoi forse negarlo?! »
«
No, perché a me sembra di aver visto la nostra relazione andare a
puttane perché la principessina è incapace di cambiare una virgola
o fare un compromesso! »
Minto
voltò il viso dall'altra parte, mordendosi un labbro: « Forse se
fossi stato meno concentrato a far da cavalier servente a Ichigo… »
«
Porca puttana, Minto, non provare a cambiare discorso! » la voce
arrochita del verde rimbombò per l'intero appartamento, « Anzi, il
problema è proprio quello, la tua totale incapacità di provare
a
cambiare qualsiasi cosa!»
«
Se c'è qualcuno che dovrebbe cambiare qualcosa,
quello sei
tu! » strillò di rimando lei, « Sempre con le stesse fisse … ! »
«
Sei tu quella con le fisse! Come se io non mi
facessi il culo
tutti i santissimi giorni per questa relazione, con te che al primo
minimo dettaglio sbagliato o momento difficile ti metti a fare la
stronza egoista. »
«
Allora perché non te ne vai, eh? » Minto cercò di dargli una
spinta, le gote infuocate e gli occhi che brillavano di rabbia, « Se
è tutto così difficile per te! »
«
Perché io non sono quello che si arrende al primo
tentativo!
»
«
Evidentemente non hai fatto abbastanza tentativi con Ichigo, alla
fine ha scelto Shirogane lo stesso. »
«
Ah, oppure sì, al penultimo giro mi sembra di avercela pure fatta. »
La
vide irrigidirsi prima di dargli una spallata e oltrepassarlo,
diretta verso la camera da letto, di cui fece sbattere la porta.
Kisshu fece un respiro profondo e si strinse l'attaccatura del naso,
cercando di placare il sangue che gli ribolliva nelle vene.
«
Questa situazione sta diventando paradossale, » esclamò a voce alta
così che lo potesse sentire, un passo lento alla volta per
recuperare la calma, « Vorrei solo farti notare che, in ogni caso,
non siamo in nessuno
di
quei mondi che pensiamo
di
aver visto, e che io qui
ho
scelto te.
Quindi smettila di comportarti da deficiente e stammi ad ascoltare,
visto che proprio non puoi fare a meno di scappare senza poter
ammettere che in realtà ti rode il culo perché ti hanno sbattuto in
faccia quanto anche tu possa essere impossibile. »
«
Io sarò anche impossibile, » Minto si voltò con odio verso di lui
non appena udì il soffio leggero del teletrasporto che aveva
imparato a riconoscere negli anni, « Ma almeno non sono un coglione
che muore dietro ad una stronza che non si accorgerebbe di niente
nemmeno se glielo scrivessero in fronte. »
Fu
il turno di Kisshu di raggelarsi, un familiare tirare della pelle
cicatrizzata sul suo petto.
«
Vuoi proprio tirare fuori questa storia allora, eh? » mormorò con
una collera che non riconosceva da molto tempo, « Allora sì,
d'accordo, l'ho amata, e sì, perfetto, sono morto per lei. Bene, lo
sappiamo. A volte vorrei che non fosse stato così, ma non ci posso
fare nulla. Vuoi cambiare il passato, per caso, o vuoi metterti in
testa che mi sono messo l'anima in pace da un
sacco di tempo? »
«
L'anima in pace?! »
ripeté stridula lei, quasi sconvolta e ancora di più arrabbiata.
«
Sai benissimo cosa intendo! »
«
No, non lo so! »
«
Senti, Minto, vaffanculo eh, » Kisshu l'aggirò, entrando dentro la
cabina armadio che condividevano, «Ti
stai comportando come se fosse successo davvero! »
«
Mi sembrava tutto parecchio reale! »
«Ci
fossi almeno andato a letto… ! »
Minto,
che l'aveva raggiunto, si ammutolì di colpo, la bocca che si strinse
in una linea sottile mentre due lacrime traditrici si affacciarono
negli occhi scuri.
«
Ti sarebbe piaciuto, eh? »
Il
verde non riuscì nemmeno a guardarla, prese un borsone nero dal
ripiano più alto dell'armadio e cominciò a gettarci dentro delle
magliette a casaccio.
«
Mi sono rotto i coglioni, » sibilò furente, gli occhi dorati
anneriti, « Mi sono rotto i coglioni di dover essere trattato come
se qualcosa che non è nemmeno successa fosse tutta colpa mia, e come
se la verità di quello che provo non contasse un cazzo. Non vuoi
ascoltarmi, bene, allora stattene per i cazzi tuoi. »
«
Oh andiamo, vuoi fare il drammatico ora? » lei rimbrottò di
rimando, senza ottenere risposta. Kisshu la oltrepassò, così
furioso da camminare a passi pesanti verso la porta d'ingresso, il
borsone gettato su una spalla. La mora lo seguì, il cuore che
batteva violento contro al petto.
«
Non abbiamo finito, sai! »
«
Oh, invece sì, dolcezza, non ho intenzione di stare qui a prendermi
dell'altra merda. »
«
Kisshu, guarda che se esci da quella porta … ! »
Lui
si voltò appena, guardandola sprezzante: « Ma dai, non dirmelo: non
mi verresti a prendere. Figuriamoci, se la principessa si
abbasserebbe mai a qualcosa di talmente ignobile. »
«
Kis — »
Minto
fece un passo avanti, ma lui le lanciò un ultimo sguardo carico di
collera, e si chiuse la porta alle spalle sbattendola senza remore.
Ryo
lanciò di nuovo un'occhiata alla fidanzata seduta nel sedile
affianco, che non aveva ancora aperto bocca da quando avevano
lasciato il Caffè. Aveva passato tutta la durata del tragitto in
macchina fino a casa in silenzio, voltata il più possibile verso il
finestrino, i lunghi capelli rossi che facevano da cortina per
nasconderla quanto più potesse dalla sua vista.
Non
che lui fosse di un umore migliore, visti i risultati di quella
scampagnata. Già doveva ammettere di essere un rancoroso di natura,
e doveva passarne del tempo prima che lui potesse andare oltre certe
cose. Se poi determinate cose gli venivano fatte
passare
sottomano con immensa tranquillità e solo ed esclusivamente per
colpa sua…
Fece
appena in tempo a far entrare l'auto in garage e spegnere il motore,
che Ichigo già caracollò fuori dall'abitacolo verso la scala che
portava direttamente in casa, la borsa stretta al petto.
«
What the… »
Ryo
le corse dietro, per una volta contento che i suoi geni di gatto non
si fossero completamente acquietati dopo tutti quegli anni, e la
raggiunse appena oltre l'ingresso, afferrandola piano per un polso.
«
Ichigo, aspetta, aspetta. »
La
voltò verso di lui e, come si aspettava, aveva già le guance rigate
dalle lacrime.
«
Ho rovinato tutto! » pigolò disperata, quasi vergognandosi troppo
per ricambiare il suo sguardo « Io volevo solo che – che fosse
tutto… ! »
Ryo
sospirò e la strinse a sé, sussurrandole piano all'orecchio perché
calmasse i singhiozzi che la scuotevano.
«
E' stata una stronzata, d'accordo, ma non è la fine del mondo. »
Ichigo
gli si aggrappò alla camicia come un gattino affamato: « Non mi
odi? »
Il
biondo non riuscì a esimersi dall'alzare gli occhi al cielo: «
Ovvio che non ti odio, scemotta. In questo preciso
istante non
sono molto contento né fiero di averti dato retta, e devo dirti che
sono anche abbastanza incazzato per tutta questa questione, ma non
posso odiarti, capito? »
La
rossa replicò con un mugolio confuso, strusciando il viso contro il
suo petto.
«
Non doveva andare così… » sussurrò poi.
L'americano
sospirò ancora, si spostò appena per prenderle il viso tra le mani:
« Ichigo, ascoltami bene, » le asciugò un'ultima lacrima,
piantando le iridi chiare nelle sue, « Non è cambiato assolutamente
nulla, d'accordo? Tutto quello che abbiamo visto probabilmente non è
nemmeno reale. D'accordo, ci vorrà un po' per riprenderci dallo
shock, ma è tutto come prima. Quello che conta è qui e
ora,
nient'altro. Non c'è nient'altro. Io ti amo, e ho tutta
l'intenzione di sposarti tra due settimane e passare il resto della
mia vita con te, fanculo a impossibili mondi paralleli. »
Ichigo
tirò su con il naso e poi annuì, abbassando di nuovo lo sguardo
prima di stringerlo in un abbraccio, cercando il suo calore.
«
I love you, Red,» le ripeté lui a bassa voce,
lasciandole un
bacio sulla testa.
Rimasero
abbracciati ancora qualche istante, Ryo che continuò ad accarezzarle
piano la schiena finché non fu sicuro che si fosse calmata un po'.
«
Credo che andrò a farmi un bagno, » mormorò infine lei,
passandosi un'ultima volta i dorsi sulle guance per cancellare il
pizzicore delle guance.
«
Vuoi che ti raggiunga? » le domandò il biondo.
Ichigo
tentò di abbozzare un sorriso: « Magari dopo, ti spiace? Voglio
solo… rintontirmi. »
«
D'accordo, » Ryo le diede un buffetto sul naso, « I'll make
us
pancakes for brunch, alright? »
La
rossa tentò nuovamente di sorridere e annuì pigramente, dirigendosi
al piano superiore con lentezza. L'americano rimase a guardare la sua
schiena, le spalle un po' incurvate, finché non sparì nel
corridoio, poi lanciò la testa all'indietro ed esalò esausto.
«
What the fucking fuck. »
**
Retasu
asciugò con un panno l'ultimo piatto che le passò Pai e lo ripose
accorta nella credenza, rivolgendo un sorriso di ringraziamento al
marito.
«Abbiamo
fatto un po' tardi stasera, » commentò lui, lanciando un'occhiata
all'orologio appeso alla parete.
La
verde si accarezzò sovrappensiero il pancione: « E' sabato,
dopotutto, e c'era una marea di vestitini dei fratellini di
Purin-chan ancora in perfette condizioni, non è stato semplice
scegliere qualcosa senza di lei. E poi mi sembrava che tu e Taruto
foste davvero impegnati con la Playstation. »
L'alieno
ignorò quel commento e la seguì in salotto, pronto a rilassarsi
mezz'ora con uno di quegli sciocchi programmi umani.
«
Più che altro, non ho sentito né Ichigo-chan né Minto-chan, oggi,
» continuò la moglie, aggrottando preoccupata la fronte, « Di
solito il sabato sera facciamo sempre qualcosa… era oggi che
dovevano andare su Gea? »
Pai
sbuffò irritato: « Non mi dire che hanno continuato a dare retta a
quella storia. I passaggi nel portale vengono controllati, lo sa
quell'idiota di mio fratello? »
«
Sono sicura che - » Retasu aveva già preso in mano il cellulare,
quando il trillo del campanello l'interruppe. Si scambiò uno sguardo
con il viola, incuriosita. « Non stavamo aspettando nessuno, vero? »
«
Non che io sappia. »
Pai
si alzò dal divano, incerto, e controllò dal buco dello spioncino
un istante prima di sbuffare. Retasu lo guardò interrogativa, ma gli
occhioni blu si tinsero di preoccupazione quando vide chi sostava
dall'altra parte dell'uscio, grondante di pioggia.
«
Kisshu-kun! » esclamò allarmata « Che succede? Che ci fai qui?
Perché hai… ? »
Lui
ignorò palesemente il fatto che la mewfocena si fosse concentrata
sul borsone nero ai suoi piedi, e cercò di sbarazzarsi di quanta più
acqua possibile sui gradini dell'ingresso: «Scusate l'interruzione e
la mancanza di preavviso, ma… mi sarebbe molto comodo il vostro
divano, per un po'. »
«
Che hai combinato? »
Retasu
lanciò un'occhiataccia al marito e lo costrinse a scostarsi così
che Kisshu potesse entrare: « Non c'è nessuno problema,» si
affrettò a incoraggiarlo, «Vai subito in bagno a farti una doccia
prima che ti prenda la polmonite, ci sono gli asciugamani puliti nel
mobiletto blu. Vuoi che ti prepari qualcosa di caldo intanto? »
«
Pesciolina, tu sei la migliore, ma sono a posto, grazie, » le
rivolse una smorfia in cui lei non poté non scorgere la tristezza, «
Mi basta solo un cuscino e dodici ore di dormita. »
«
D'accordo, se cambi idea fammi sapere, non è un problema, » la
verde gli ricambiò il sorriso, cercando di apparire rincuorante, «
Ti preparo il tatami nella camera del bambino, tanto per altri tre
mesi sarà vuota.»
Kisshu
annuì appena, bofonchiando un grazie poco
convinto, e si
chiuse in bagno, il rumore dell'acqua corrente che seguì poco dopo.
«
Io però vorrei sapere che diamine ha combinato prima di dargli asilo
politico,» borbottò Pai.
Retasu
gli diede un colpetto sul braccio: «Non vedi che faccia aveva? Deve
essere successo qualcosa di grave. Dici che devo chiamare Minto-chan
e dirle che è qui? »
«
Qualcosa mi dice che è l'ultima preoccupazione di Aizawa, in questo
momento. »
La
moglie soppesò il cellulare che ancora stringeva, poggiandoselo
contro al mento mentre rifletteva, poi lo sbloccò e digitò
velocemente.
Ichigo
era stesa sul letto a fissare il vuoto del soffitto quando il
cellulare le trillò a pochi centimetri dall'orecchio. Lo cercò a
tentoni con un grugnito, troppo spossata anche solo per girarsi di
pancia, e se lo fece cadere sul naso non appena se lo portò di
fronte.
«
Ahia, » si lamentò da sola, digitando tre volte il codice prima di
beccarlo.
Kisshu
è qui da me. Ha una cera un po' brutta, sai se è successo qualcosa
con Minto-chan?
Sentì
il cuore affondarle colpevole nello stomaco; emise un mugolio
incerto, appoggiandosi le mani sugli occhi come se ciò avrebbe
contribuito a farla pensare meglio. Si sarebbe data una pacca in
testa da sola. Fece un paio di respiri profondi, poi tese l'orecchio:
anche se era sabato sera ormai avanzata, Ryo era chiuso nel suo
studio probabilmente impegnato a scaricare la tensione con dei
videogiochi – non che lei potesse biasimarlo, dopotutto, anzi, era
stato così incredibilmente paziente con lei… e lei aveva bisogno
davvero di starsene un po' da sola in silenzio, a riordinare i
pensieri.
Rotolò
giù dal letto e camminò a piedi scalzi sul largo tappeto bianco,
sentendosi nervosa come non mai. Non si ricordava nemmeno l'ultima
volta che aveva litigato con Minto, e dopo quella mattina… prese
un'altra boccata d'aria, raggiunse la finestra dal vetro bagnato e ci
appoggiò la fronte, cercando un po' di frescura mentre scrollava
lentamente l'elenco dei nomi in rubrica.
Il
cellulare squillò a vuoto cinque o sei volte, ogni trillo un battito
più forte del suo cuore, finché non si udì il click
della
linea che finalmente trovava risposta.
Ichigo
sbatté le palpebre un paio di volte, a disagio per il silenzio
dall'altra parte: « Minto-chan? »
Poté
udire un po' di staticità, prima che la risposta arrivasse in un
sospiro nervoso: « Dimmi. »
«
Ehm, ciao, » Ichigo picchiettò l'unghia del dito indice contro al
vetro, seguendo il tragitto di una goccia, « Volevo sapere come
stavi, Reta-chan mi ha scritto perché — »
«
Francamente, Ichigo, non mi interessa. »
La
rossa rimase appena spiazzata, la voce gonfia dell'amica incapace di
non far trasparire gli evidenti indizi del pianto: « Minto-chan, io…
»
«
Tu, tu, tu, sempre tu, » l'interruppe con astio la mora, « Lo
abbiamo capito, direi, che questo è il problema, no? Volevi il tuo
bel lieto fine, be', complimenti. »
Ichigo
si morse il labbro inferiore, gli occhi che già cominciavano a
pizzicare: « Lo sai che non volevo che… pensavo sarebbe stato… »
«
Come, Ichigo, come?! » non
ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva sentito Minto strillare
sul serio, « Devi crescere, è ora di smetterla di
credere
alle favole! Santo cielo, ma dopo tutto quello che abbiamo passato da
quando avevamo tredici anni, tu davvero credevi che sarebbe andato
tutto come nel tuo stupido libro? Per quanto io stessi con un diamine
di alieno di
un altro
pianeta, la realtà delle relazioni è comunque molto diversa dalle
tue fantasie di Cenerentola, quindi la prossima volta che ti fai
assalire dal panico pre-matrimoniale, abbi la grazia di lasciarmi
fuori e smetterla di rovinarmi la vita! »
Nonostante
il gelo che le calò addosso nel sentire quelle parole, a Ichigo non
sfuggì il riferimento en passant a Kisshu, che le
fece
stringere ancora di più lo stomaco in una dolorosa morsa. Era
abituata alla tendenza al melodramma, a volte, di Minto, però…
«
Mi dispiace, » balbettò, la gola stretta in panico, « Minto-chan,
ma stai - »
«
Lasciami stare, Ichigo, »
la
gelò la mora, e buttò giù il telefono senza darle il tempo di
replicare.
Ichigo
rimase ferma una manciata di istanti, il senso di colpa che pesava
come un macigno su di lei, un presentimento di abbandono e solitudine
che le assalì l'esofago, rendendole ardui i respiri e appannandole
la mente.
La
voce di Ryo che chiamò il suo nome dall'uscio della camera la fece
sobbalzare, eppure non poté sopportare la vista del suo viso
preoccupato, della sua postura rigida e tesa, della ruga tra gli
occhi che le ricordava terribilmente certi sguardi che le aveva
rivolto sofferente quando avevano avuto quindici anni. Scosse la
testa e lanciò il telefono sul letto, sorpassandolo di corsa e
rifugiandosi nella stanza degli ospiti, la testa che crollò sulle
ginocchia strette al petto mentre crudeli lacrime di colpa le
bruciarono le guance.
§§§
Su
le mani chi mi odia e pensa io sia un'autrice terribile! :D Buonasera
carissimi, il popolo ha parlato su Facebook e quindi ho
mantenuto la promessa :3
Questo è il primo dei tre capitoli dell'epilogo così sudato di questa
serie così crudele ;) Ovviamente io non mi pronuncio su come andrà a
finire perché altrimenti dove sarebbe il divertimento? :D
Intanto sappiamo che sono tornati a casa, vediamo chi arriva al
matrimonio ;)
Grazie ovviamente a chi mi supporta e sopporta costantemente, la
sezione è un po' calata in questi ultimi tempi ma credo sia normale,
visto ceh sta arrivando l'estate ^^''''' Anche se una parolina fa
sempre piacere <3 Prometto che mi saprò far perdonare in qualche
modo LOL
Il prossimo capitolo non dovrebbe tardare molto, dipende dalla quantità
di lavoro che mi appiopperanno! Datemi una quindicina di giorni almeno
di pazienza, altrimenti i dilemmi si risolvono troppo in fretta :P
A presto e un bacione a tutti!
Hypnotic Poison
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