Filo Rosso del Destino

di Hollow23
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1. PREQUEL: the dream

Un battito. Due battiti.

Sesshomaru aprì gli occhi, all’improvviso, destato come dal rumore di un cuore pulsante. Regolare, prepotente, quel rumore riusciva a smuovere tutto l’ambiente, ed il suolo tremava ad ogni sua solenne pulsazione. Nell’aria aleggiava un delizioso profumo di cioccolato fondente e caffè, talmente forte da stuzzicare il naso del demone, i cui sensi, così acuti, riuscivano a percepire ogni singola nota di quell’aroma persistente e mai troppo dolciastro.

Tre battiti. Quattro battiti.

Dov’era? Aveva davvero importanza? Tutto attorno a lui era sfuocato e pallido, sapeva di essere sdraiato ma non sapeva su cosa; era come se il suo corpo fluttuasse nell’indefinito. Strinse le palpebre, cercò di mettere a fuoco. Dei respiri profondi e lenti, marcati come rintocchi a mezzanotte, ora si alternavano alle pulsazioni.

Cinque battiti. Sei battiti.

Un corpo era affianco a lui: femminile, inerme, vivo. La donna più bella che avesse mai visto. Aveva una cascata interminabile di capelli corvini, che come manto notturno nascondeva con discrezione le sue spalle ed i suoi fianchi; la pelle diafana e soffice anche alla sola vista, ma le gote rosate di fresca innocenza infantile; le ciglia lunghe e incurvate, le dita affusolate. Era una bellezza nel suo amplesso sconfinata, con la quale neppure le innumerevoli yokai che aveva incontrato avrebbero potuto competere.

Sette battiti. Otto battiti.

Sesshomaru protese una mano verso il bel viso della donna, e notò solo allora un particolare che stonava con il pallore lattiginoso circostante. Un filo, rosso più del sangue, più della passione, più delle labbra di lei, legato al suo mignolo per un’estremità, e – seguì attentamente tutto il percorso con gli occhi, attento a non sbagliare, a non incepparsi in nessun intreccio, a quello della donna per l’altra.

Nove battiti. Dieci battiti.

Quella aprì gli occhi di scatto e fissò ben bene il demone davanti ai suoi occhi. Le pupille nere più dell’oblio si restrinsero e poi dilatarono nell’osservarlo, con minuziosa attenzione nel cogliere ogni particolare dell’uomo che aveva di fronte. Sesshomaru rispose allo sguardo con malcelata curiosità: quelli di lei, grandi e chiari, quelli di lui, affusolati e spettrali nel loro color ambra, miscelati per ciò che parve un’eternità a entrambi. Ma la donna si destò per prima, e come fece poco prima il demone cane, anche lei allungò una mano delicata, e la posò sulla lattea guancia di lui. Sesshomaru quasi sussultò al gesto, inaspettato e di una scioltezza abituale al quale mai si era sottoposto. Aveva le mani piccole, ed era fresca, e non fredda. Lei sorrise.

Silenzio.




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