Noi, persi nel silenzio di una menzogna

di Shireith
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#26. Serenate di mezzanotte
(Sequel de Le distanze non contano)



Anche i gatti sanno cantare


 Il viaggio di ritorno dalla Senna alla sua abitazione parve più breve di quanto lo fosse sembrato poco prima, quando Adrien si era presentato a casa sua nelle vesti di Chat Noir e l’aveva condotta verso la sua sorpresa di compleanno.
 Il giovane atterrò con agilità sulla superficie del balcone, lasciando che Marinette scivolasse via dalle sue braccia e tornasse a reggersi sulle sue gambe.
 «Ti è piaciuta la sorpresa?» fu la domanda che le porse con sincera curiosità.
 Marinette gli sorrise, abbracciandolo quasi d’istinto. «E c’è bisogno di chiedermelo?»
 Adrien rise piano: no, a ben pensare non ve n’era alcun bisogno, perché la ragazza aveva passato l’ultima ora a dimostrargli tutto il suo affetto ringraziandolo più volte e assicurandosi che capisse quanto fantastici risultassero ai suoi occhi lui e i suoi tanti gesti d’amore.
 «Ma il regalo più bello è la tua presenza, ed è l’unico di cui mi importi veramente.» Pronunciò quelle parole dal nulla, eppure suonarono perfettamente naturali, perché quello che aveva detto non era nient’altro che la verità. Era stata la voce del suo cuore a guidare le labbra, forse ancora prima che la sua parte razionale se ne rendesse conto.
 Adrien pensò che quella sola affermazione avesse il potere di portare il suo cuore a impazzire. Improvvisamente volle poter fare ancora di più, voleva esagerare fino a farla sentire la persona più felice del globo, quindi ebbe un’idea. «E se ti dicessi che non è finita qui?»
 Marinette sciolse l’abbraccio solo per poterlo guardare meglio negli occhi: le mani dell’uno erano ancora posate sui fianchi dell’altra, ma ciò non era definibile come un abbraccio. «Non dirai mica sul serio.»
 «Eccome se sono serio» ribatté con convinzione. «Mi pongo alla tua mercé e ti do il permesso di fare di me quello che vuoi. Vuoi che balli per te? Che canti per te? Perché io posso cantare. Jukebox Chat Noir al tuo servizio!» disse, esibendosi in inchino teatrale in linea con la sua persona.
 Marinette rise, cercando tuttavia di mantenere un tono di voce basso per via dell’ora. «Ma se è notte fonda!»
 «Posso fare piano. E poi ho una bella voce.» Così dicendo, il giovane tornò a cingerle la vita con le braccia, posando una mano sulla sua spalla destra e l’altra sulla zona bassa della schiena. In quella posa cominciò a muoversi lentamente in circolo, Marinette che lo assecondava senza la minima esitazione per via della totale fiducia che riponeva in lui.  




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