Noi, persi nel silenzio di una menzogna

di Shireith
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#29. «Contrariamente a quanto pensano molte persone, preferisco i cani ai gatti.»

Sul perché non tradire mai un kwami (e meno che mai Plagg)


 Chat Noir raggiunse la modesta abitazione dei Dupain-Cheng atterrando con un balzo sul balcone. Bussò gentilmente alla botola e Marinette non dovette nemmeno chiedere o immaginare chi fosse: se qualcuno arrivava dal suo balcone, quel qualcuno non poteva essere che Chat Noir.
  «Disturbo?» chiese il suo ignaro collega mascherato quando la ragazza aprì la botola, facendo capolino con la testa.
  Gli sorrise. «No, entra pure.»
  Chat Noir obbedì, seguendola all’interno della stanza e richiudendo poi la botola dietro di sé. Si andò ad accomodare sul bordo della chaise-longue, acquattandosi come fosse un gatto vero. «Sei impegnata?»
  «Sì, a fare da baby-sitter.»
  «Manon?»
  «Non proprio.»
  Prima che il giovane potesse chiedere chi fosse il bambino o la bambina a cui doveva badare, da sotto la chaise-longue su cui era seduto spuntò un cagnolino: Chat Noir, colto alla sprovvista, sussultò sul posto e cadde all’indietro. Marinette scoppiò a ridere.
  Il ragazzo riemerse da dietro la chaise-longue e, ancora seduto sul pavimento, vi si appoggiò con i gomiti mentre la fissava con aria imbronciata. La sua risata, però, era contagiosa, perciò ben presto finì a ridere con lei.
  Marinette si ricompose. «Scusami. Immaginavo che preferissi i gatti, però non pensavo che i cani ti piacessero così poco.»
  «Infatti i cani mi piacciono,» ribatté, «ma quello è sbucato dal nulla e mi sono spaventato.»
  Marinette prese in braccio il cane in questione, sorreggendolo con una mano e accarezzandolo con l’altra.
  Osservandolo meglio, Chat Noir si rese conto solo allora che si trattava di un cucciolo. «Come si chiama?» chiese mentre lei si avvicinava con l’animale tra le braccia..
  «Bucky. È di un’amica dei miei genitori che è fuori città per qualche giorno e ci ha chiesto di badare a lui.» Chat Noir allungò una mano in direzione del cane e gli concesse dei grattini dietro un orecchio. «Quindi i cani ti piacciono?» indagò Marinette.
  «Sì» ribadì lui. «Anzi, sembrerà incredibile, ma, contrariamente a quanto pensano molte persone, preferisco i cani ai gatti.»

   Adrien si svegliò di soprassalto, come strappato con violenza dalle calde e rassicuranti braccia di Morfeo. Avrebbe desiderato potersi concedere un altro po’ di riposo, ma, stando all’intensità della luce solare che filtrava dall’ampia vetrata, doveva essere già ora di alzarsi. Non aveva preso in considerazione l’idea che fosse ancora più tardi finché non gettò un’occhiata pigra alla sveglia poggiata sul comodino.
 «È tardissimo!» esclamò, schizzando fuori dalle coperte e cominciando a spogliarsi del pigiama saltellando nei presi del letto. «Plagg!» chiamò.
 Il kwami nero fece capolino da dietro il cuscino a fianco del quale dormiva quasi tutte le notti e, con un sonoro sbadiglio, prese a levitare all’altezza di Adrien. «Oh, sei già sveglio» commentò con aria annoiata. «Avrei scommesso che ci avresti messo più tempo.»
 «Cosa…? Plagg! Hai spento tu la mia sveglia?» Silenzio. «Plagg?»
 Il kwami gli lanciò un’occhiata truce. «Io i cani li odio.»




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