Requiem

di BereniceStone
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 Groot 

The Bomb

https://youtu.be/tklQ47Hpfxw
 

Un albero ed un procione, ottima accoppiata direbbe qualcuno, pessimo duo storcerebbe il naso qualcun altro, di certo tutti sono concordi nell’affermare che, ovunque passino loro, quel che si lasciano dietro è confusione ed eco di spari in lontananza.

Groot sta cominciando ad abituarcisi, certo si agita ancora nell’udire le grida che corrono dietro di loro, ma guarda dritto davanti a sé e, di tanto in tanto, lancia qualche insulto a Rocket che stringe, tra le zampe avide, un marchingegno di chissà che genere, ma sicuramente di valore, non si ruba per il puro gusto di farlo è necessario un tornaconto, in denaro, o uno scambio proficuo; la filosofia di vita del procione è ormai chiara.

Quel che non sapevano però, quando sono atterrati nel pianeta KJ-900, è l’ospitalità, completamente assente, degli energumeni giganteschi, dal corpo di bipedi corazzati di spesso rivestimento verde, perfetta mimetizzazione nella fitta vegetazione, fortunatamente per loro le braccia, sproporzionate, troppo esili, rispetto al resto del fisico, non ne facilità la mira, decisamente scarsa, ma la velocità e ferocia con cui li inseguono e, in aggiunta, l’abilità di camuffarsi nella natura rendono la fuga complessa.

Groot, che a differenza di Rocket, non ha esperienza, non molta, sul campo di battaglia si deve arrangiare, ancora una volta, ad imitare le movenze del procione, zizzagando, più goffamente, ma riuscendo comunque ad evitare potenziali trappole e spari d’armi sconosciute che mirano contro di loro; ma soprattutto deve pensare salvarsi la corteccia.

Il compagno d’avventura, o sventura, è il peggiore, e migliore, esempio d’egoistico egocentrismo, guarda solamente alla propria pelliccia, se fosse necessario lasciarsi pesi alle spalle, Groot ne è certo, lo abbandonerebbe lì, a farsi catturare da esseri ostili che lo dimezzeranno, spezzetteranno e bruceranno, come minacciano di fare da ore lanciando frecce infiammate che si conficcano al terreno erboso, sfiorando pericolosamente l’arbusto legno che accelera, per quanto può, nel tentativo di salvarsi ed impreca, con maggior veemenza ed insistenza, contro Rocket, evidentemente troppo impegnato nella fuga per degnarsi di rispondergli; deve aver già deciso di farlo morire tra atroci fiamme.

E Groot deve essersi appena predetto, inconsapevolmente, il futuro perché si ritrova, senza neppure avere chiaro il quadro generale, la punta di una lancia infuocata conficcata nella parta bassa del trono, d’arbusti intrecciati, che forma la gamba sinistra, le diramazioni legnose delle braccia s’agitano a cercare di soffiare via le fiamme che divampano e, prima che possa gridare aiuto, zampette agili ed artigliate gli risalgono il busto ramoso


“ehi ammasso d'idioti – sputa il procione, azionando l’arma rubata – ho una sorpresina esplosiva per voi”


Enuncia ed un fascio d’energia si sprigiona dal marchingegno generando un’onda d’urto paragonabile ad una bomba scagliata a lunga distanza, aprendo un varco nel terreno in cui precipitano, urlanti iracondi, gli inseguitori, il rinculo del colpo lo fa traballare, rametti si sprigionano dalle spalle di Groot ed il procione resta arpionato, a testa all’ingiù, l’arma ancora ferreamente stretta tra gli artigli


“sono groot”

“sì, sì, ho capito”



Sbuffa l’altro, raggiustandosi rapidamente dopo esser stato depositato tra i fili d’erba, il muso a sniffare l’aria ed i piccoli occhietti pece a scrutare l’area circostante


“sono groot”

“woh piano coi termini legnetto – lo ribecca, aggiustandosi l’imponente arma alla spalla – non stai andando a fuoco”

“sono groot, sono groot”


Impreca, ricordando al procione che le fiamme, seppur tenui, continuano a bruciargli terribilmente, annerendo dolorosamente schegge di legno, Rocket rotea lo sguardo al cielo, tastandosi la vita, sganciando dalla scura tuta che indossa una borraccia cilindrica


“smettila di piagnucolare, a nessuno piace la legna molliccia”


Una cascata d’acqua fresca scivola a smorzare la fiammella, Rocket schiocca la lingua ai denti aguzzi e ripone il cilindro vuoto al gancio laterale, nella parte bassa della tuta, assottiglia lo sguardo e s’arrampica nuovamente a risalire il massiccio corpo legnoso, sedendogli, senza chiedere, alla spalla sinistra


“reggimi e corri, veloce – specifica, l’intonazione follemente divertita – adesso! Vai, vai, Groot”

“sono groot”


Un grido, un incitamento a se stesso, gli arbusti inferiori si muovono rapidi, il più possibile, schiacciando l’erba ed avanzano a falcate ampie, azzerando brevemente l’esigua distanza che li separa dalla navicella, ancora perfettamente intatta malgrado il trambusto circostante, rametti e foglione accerchiano il busto del procione.

Ride sgraziatamente, un ghignetto sadico a plasmargli il muso ed un secondo colpo si sprigiona dall’arma, interrompendo l’avanzare degli inseguitori che precipitano, ancora una volta, nella voragine creatasi, nella soddisfazione del momento i due fuggiaschi si fiondano, trattenendo il respiro affannato ed affaticato, all’interno della navicella, Rocket salta giù, gettando l’arma alla superficie metallica, precipitandosi ad armeggiare con i comandi ed in una frazione di secondi il mezzo sfreccia a perforare l’atmosfera e fluttuare nello spazio sconfinato.

Nella ritrovata quiete Groot sospira, ricadendo pesantemente al seggio del vice-pilota


“sono groot”


È un ringraziamento dovuto quello che soffia, infondo, per la prima volta, dopo gli ultimi tre mesi trascorsi a fuggire di pianeta in pianeta, Rocket non solo lo ha aiutato, ma l’ha chiamato con quello che, in verità, non è il suo nome, ma che deve aver supposto esserlo e, comunque, a prescindere dalla correttezza o meno gli si è rivolto, per la prima volta, con una nuova, oserebbe dire, gentilezza


“i compagni – sogghigna il procione, camuffando la serietà  – non si lasciano mai indietro”

“sono groot?”

“non è ovvio – ridacchia, strizzandogli l’occhiolino – legnetto bruciacchiato?”


Che, tradotto, è un sì e Groot emette un suono baritonale, una specie di risata profonda, e lo spazio diventa, da quel giorno, casa e Rocket diviene, da quel momento sino a che avrà ossigeno nei polmoni, più d’un compagno di disavventura.

Amici, questo gli ha chiesto, e l’affermazione implicita suggella, definitivamente, un’alleanza che, per Groot, è nuova ed unica, lui d’amici non ne ha mai avuti, Rocket è solo da che ha memoria, ma adesso è diverso, da adesso fino alla fine, niente potrà dividerli; sono una squadra, sono un duo esplosivo.

Sono amici, una famiglia, fratelli diversi che solcano le galassie a razziare pianeti e niente più può separarli.


 

 
Premessa doverosa questa è la prima volta, in assoluto, che provo a scrivere dal punto di vista di una "pianta" e, com'è facilmente notabile, la cosa non è riuscita affatto; quindi scusatemi per i Groot e Rocket enormemente OOC...

Detto questo grazie a tutti coloro che hanno aggiunto tra preferite/seguite/ricordate la storia e grazie alla recensione a cui, giuro, risponderò.

Spero che il loop in cui è incastrato Groot, un ricordo felice, non sia stato troppo noioso e fuori dai conseuti schemi. 

Grazie ancora,
alla prossima, se vorrete 




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