Nessuno lo può uccidere

di Fenice_Bea_2004
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Capitolo 11

Quella notte, la prima notte, mi ero svegliata quando ancora la luna era alta nel cielo. Mi ero girata con attenzione tra le braccia di Levi e mi ero alzata in piedi, avvicinandomi alla sua scrivania.

Da lì avevo estratto un piccolo pugnale ed ero ritornata indietro, sedendomi sul materasso ai piedi di Levi.

Lui dormiva tranquillo, il viso rilassato e l'espressione che sembrava un sorriso.

“Ho ancora una possibilità di portare a termine il piano di Annie. Ho passato troppo tempo con lei per perderla così. Lei mi ha aiutato a sopravvivere nel mondo.” pensai.

Osservai ancora Levi mentre dormiva, stringendo e rilassando le dita sull'elsa.

Non sapevo cosa fare.

Poi pensai a come mi sarei sentita se l'avessi ucciso veramente.

Più della prigione, del ribrezzo dei miei compagni mi preoccupavo del dolore infinito che avrei provato.

L'avevo già sperimentato quando erano morti i miei genitori, e quella volta non ero stata io ad ucciderli.

Sospirai e rimisi a posto l'arma, per poi tornare nel caldo abbraccio di Levi.

Appoggiai la guancia sul suo petto e lui di riflesso mi abbracciò.

 

Da quando Erwin era riuscito a scagionarmi, anche grazie alla cattura di Annie alla scoperta che era il Gigante Femmina, Levi si rifiutava di parlarmi.

Quella mattina ero in mensa e lui entrò.

Non provai neanche a chiamarlo, lo vedevo già avvicinarsi al tavolo dove erano seduti tutti gli altri e ignorarmi.

Rimescolai il mio latte nella tazza e cercai di farmene una ragione.

D'altronde era soprattutto colpa mia: se glielo avessi detto prima, spontaneamente, avremmo potuto imprigionare Annie ed evitare la morte della sua Squadra e di tutte quelle altre povere persone.

Ripensando a quanto era colpa mia mi venne uno spasmo alla mano, e lasciai cadere a terra il cucchiaino.

Feci per raccoglierlo, ma quando mi abbassai non c'era più.

Mi rialzai lentamente e vidi che a stringere tra le dita la mia posata c'era lui.

Se la rigirava tra le dita, osservandomi, come se non sapesse cosa dire.

- Allora? - gli chiesi scontrosa, prendendo il cucchiaino e rivolgendogli uno sguardo truce.

- Scusa se non ti ho parlato prima… ma non ne avevo il coraggio -

Scoppiai in una risata nervosa – Tu! Tu che hai paura di qualcosa! Ammettilo che non volevi parlarmi perché ti avevo “tradito”! - sull'ultima parola mimai con le dita le virgolette.

Lui mi guardò ancora più scontroso.

- Scusami tu – tutta la mia arroganza si sgonfiò in un secondo, lasciando il posto ad un'infinita vergogna – Dovevo avvertirti. -

Lui si addolcì e mi sistemò un ciuffo di capelli dietro all'orecchio – Io perdono te, tu perdoni me, ok? -

Io sorrisi e lo guardai negli occhi, mormorando – Ok -

 

Non c'è una ragione per cui mi sono innamorato di Kayla.

Neanch'io so perché, se per il suo aspetto, il suo carattere, il suo spirito in combattimento.

Forse non c'è neanche una ragione.

L'importante è che la amavo, ed era un amore vero.

Per la prima volta nella mia vita amavo qualcuno.

Per la prima volta da Isabel…

Ma lei era il passato e il mio futuro era quella ragazza dai capelli neri e dagli occhi verdi che mi guardava sorridendo mentre mi avvicinavo per baciarla, solleticandole le guance con i capelli, sentendo le sue labbra prolungare il sorriso sotto le mie.

Se esisteva un paradiso, signori, era quello, e nessuno poteva spezzarlo.

Neanche Annie.





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