Michael
entrò in cucina, e stropicciandosi un occhio si versò del caffè freddo. Si
appoggiò al bancone di legno e lo sorseggiò, osservando fuori
dalla finestra le macchine affluire verso il centro della città, in fila
ordinata sotto il tiepido sole delle prime ore del mattino.
Dei
leggeri passi alle sue spalle lo spinsero a voltarsi, con un sorriso stampato
sulle labbra.
Posò un
bacio su quelle di Sara, avvolta in una morbida felpa grigia, i lunghi capelli
castani scomposti sulle spalle.
“Buongiorno.”
disse l’uomo in tono tenero.
Sara
sorrise e rispose “Buongiorno.” dedicandosi al bricco
di caffè e versandone un po’ per sé.
“E’ una
splendida giornata.” mormorò Michael, voltandosi verso
di lei e prendendole il viso tra le mani, dopo che la ragazza ebbe bevuto un
sorso dal bicchiere.
Non
riusciva a starle lontano da quando era finito tutto,
ancora non gli sembrava vero di poterla stringere a sé senza doversi
preoccupare di veder spuntare dal nulla canne di pistole o fantasmi di madri
morte.
Sara
sorrise ancora, illuminandolo con i suoi occhi di ragazza innamorata, e lui le
domandò: “Cosa vuoi fare di bello oggi?”
“Stare
con te.” rispose Sara, abbassando per un attimo lo
sguardo prima di rispondere. Michael adorava quella sua timidezza nascosta,
soprattutto perchè negli ultimi tempi non aveva avuto modo di apprezzarla.
Percepiva
quanto Sara fosse cambiata, anche se non conservava un
ricordo nitido della dottoressa che aveva conosciuto a Fox River. E sapeva che
era per colpa sua se Sara aveva dovuto tirare fuori tutto il coraggio di cui
era dotata per affrontare le difficoltà dell’ultimo periodo - e mettere invece
da parte l’ideale di vita tranquilla che il suo status di dottoressa avrebbe
potuto garantirle. Un periodo che per Michael e i suoi amici durava da molti
mesi – e che per altri, che si erano persi lungo la strada, era invece già
finito da tempo.
“Ehi,” sussurrò Sara, che a sua volta gli carezzò il viso e lo
costrinse a guardarla “A cosa stai pensando?”
“A tutto
il tempo che ci è stato portato via finora.” ammise Michael, sentendosi colpevole di voler ricordare a
Sara ciò che entrambi desideravano, ardentemente, lasciarsi alle spalle al più
presto. Ma sapeva che non sarebbe riuscito a mentirle: ormai Sara sapeva
leggere dentro di lui e l’avrebbe capito da sola. “Non voglio sprecare un solo
minuto, non voglio che scorra via senza che ce ne accorgiamo.”
“Non
importa veramente quanto durerà.” disse lei, fissando
Michael negli occhi con premura, e quasi con rimprovero “L’importante è che
questo momento sia arrivato. L’importante è non aver lottato inutilmente.”
“Lottare
per averti non sarebbe stato inutile comunque.” rispose Michael, portandosi alla bocca la sua mano per
baciarla.
“Oggi
voglio stare con te,” ribadì la ragazza dopo un
attimo, mentre gli stringeva ambo le mani “Non importa dove, non importa come.
Voglio il nostro piccolo pezzo di quotidianità. Voglio essere normale, e voglio
passare una normale giornata in compagnia del mio fidanzato. Crede di potermi
accontentare, signor Scofield?”
“Non si
preoccupi, signorina,” disse Michael con un sorriso
furbo sulle labbra “Ho già pensato a tutto.”
“Ah,
davvero?” esclamò Sara sorpresa “Ma non dovevo
decidere io?”
Un’ora
dopo i due scendevano in spiaggia, Sara armata di
crema solare e occhiali da sole, Michael già in costume e con gli asciugamani
in spalla. Quest’ultimo si fermò ad ammirare la lucentezza dell’acqua investita
dai raggi solari, talmente brillante da far male agli occhi; poi qualcosa
attirò la sua attenzione, e la voce di Sara lo raggiunse.
“Ma…ma
quello è Sucre?” disse la ragazza in tono confuso e divertito.
Il
portoricano usciva in quel momento dall’acqua, e correva verso di loro con
nientemeno che una tavola da surf sotto braccio.
“Ehi,
Papi,” li salutò con un gran sorriso, mollando una
pacca affettuosa a Michael.
“Ci siamo
dati al surf, eh?” commentò Sara, sorridendo dietro gli occhiali da sole.
“Ho
pensato di prendermi qualche giorno di vacanza, già che c’ero.” replicò Sucre “C’è anche Linc, è
da qualche parte sul pontile a parlare al telefono con Sofia.”
Michael
spostò per un attimo lo sguardo verso il molo, senza tuttavia cercare di
individuare la figura del fratello: Lincoln era al sicuro, e con un po’ di
fortuna sarebbe passato molto tempo prima di doversi
preoccupare che non si mettesse nei guai di nuovo.
“Ti fai
un giro, amico?” disse Fernando, richiamando l’attenzione di Michael con un
pugno sulla spalla. Indicò la tavola da surf.
“Oh, no,
no grazie.” rise Michael,
scuotendo il capo.
“Michael,
vai,” lo incitò Sara “Ti aspetto qui.”
“Forse il
nostro caro ingegnere dalle mille risorse non sa come si fa.”
disse una voce alle loro spalle.
Alexander
Mahone, in piena tenuta da spiaggia con infradito e costume a fiori hawaiiani,
avanzò fino a rendersi visibile ai tre, ammiccando divertito a Michael.
Sucre e
Sara risero alla provocazione, mentre la vittima dello scherzo di Mahone si
limitò a fare una smorfia e indicare un punto lontano sulla spiaggia: “Andiamo
ad affittarne uno, così ti faccio vedere io.”
“Ci sto.”
“Dopo di
te.” disse Michael, con un mezzo inchino, e scoccò un
bacio sulla fronte di Sara prima di allontanarsi con Alex.
“Torno
subito.”
“Ti amo.”
sussurrò lei serena, e si voltò verso la distesa
d’acqua di fronte, inspirando per accogliere dentro di sè il profumo di quella
giornata così che potesse ricordarla per sempre.
***
“E vi
giuro, quando quel cavallone è passato oltre e non vedevo la sua testa
riapparire dall’acqua, ho pensato ‘Ecco, ce lo siamo
giocato!’ ” annunciò Alex, intrattenendo con aria trionfante il gruppo di
persone sedute attorno a lui, che scoppiarono in un allegro scroscio di risa
non appena ebbe finito di parlare.
Lincoln,
alla sua destra, rischiò di far cadere il suo cocktail nel dare una pacca sulla
schiena di suo fratello, l’unico a non ridere della propria performance di
quella mattina: Mahone aveva vinto la scommessa su chi fosse il migliore a fare
surf, dopo che il ragazzo aveva perso l’equilibrio mentre
affrontava un cavallone ed era caduto in acqua.
“Abbiamo trovato qualcosa in cui Mike non è il
migliore!” constatò Sucre, sorridendo allegramente anche lui.
Sara posò
una mano su quella di Michael, accarezzandola, mentre sussurrava al suo
fidanzato di non prendersela.
“Mi è
sembrato, comunque, che il vero pesce fuor d’acqua fosse un altro.” intervenne subito dopo Alex,
protendendosi a guardare Lincoln con un’occhiata furba. Non aveva ancora finito
di sfottere per quella sera.
Michael
sogghignò, soddisfatto che l’attenzione di tutti si fosse
spostata su qualcun altro.
Lincoln
si passò una mano sul capo, come faceva spesso, e posò il bicchiere sul tavolo,
cercando di darsi un’aria disinvolta. Non si era mai avvicinato all’acqua, ma
aveva passato molto tempo al telefono con Sofia o al bar della spiaggia.
“Era
molto occupato con la sua fidanzatina.” disse Mahone, come se cercasse di giustificare Linc – ma dal
suo tono sarcastico si capiva che voleva solo prenderlo in giro.
“Vi faccio notare che i fratelli sanno come
trattare le donne molto meglio di voi.” li interruppe allora Sara, scatenando le risate di Michael,
Lincoln e Sucre, il quale sollevò il bicchiere di birra all’indirizzo di
Mahone, ed esclamò: “Stoccata della signorina Tancredi, signori! E che
stoccata!”
Alex,
sconfitto, chinò il capo, e sventolò un tovagliolino a mo’ di bandiera bianca.
Michael
incontrò gli occhi di Lincoln, che a sua volta lo guardò in un silenzio che
voleva dire mille parole. Non avevano più parlato della rivelazione che
Cristina aveva portato con sé quand’era riapparsa, ovvero del fatto che Lincoln
e Michael non fossero davvero fratelli. Ma Michael era certo di aver detto
tutto ciò che aveva da dire durante la conversazione che avevano avuto in
macchina un paio di giorni prima, quando aveva assicurato a Linc che non erano
fratelli per il sangue che scorreva nelle loro vene, ma per tutto ciò che
avevano fatto l’uno per l’altro, per tutte le volte in cui si erano salvati a
vicenda e si erano fatti forza. E tutto questo Michael lo ripeteva ora, con
quei suoi occhi verdi che sapevano di serenità, e così lo ribadiva Sara con le
sue parole, che non avrebbero potuto essere più giuste di così.
“Il suo
cocktail, signore.” disse un
giovane, in piedi sopra le loro teste, il suo volto nascosto dietro il vassoio
di legno.
Lincoln
si voltò, dichiarando che non aveva ordinato nient’altro, ma in quell’istante
il cameriere uscì allo scoperto, dimostrando di essere tutt’altro che un
cameriere.
“LJ!”
esclamò l’uomo alzandosi in piedi, mentre suo figlio gli si lanciava al petto,
affondando il viso nella sua camicia e circondandogli le spalle in un
abbraccio.
Lincoln
gli baciò i capelli sotto gli occhi dei suoi amici e di suo fratello, che
sorrise e si alzò anche lui, per abbracciare il nipote non appena fu libero
dalla stretta del padre.
“Che ci
fai qui?! Avresti dovuto dirmi che venivi!” ruggì
Lincoln, poggiando le mani sulle spalle di LJ, commosso e felice di vederlo
dopo tanto tempo.
“Oh, avevo
un pacco da recapitare.” rispose LJ con un sorriso,
per poi voltarsi a indicare col pollice qualcuno alle sue spalle.
Lincoln
alzò lo sguardo confuso, e spalancò la bocca in un’espressione sorpresa, mentre
avanzava verso una sorridente Sofia. La ragazza si gettò tra le sue braccia, ed
egli sentì per la prima volta dopo tanto tempo il calore della sua pelle e il
suo profumo, e capì quanto le era mancata.
La guardò
finalmente in viso e non resistette molto prima di baciarla, con le esili braccia di lei ripiegate sul petto e sul suo cuore.
I due si
staccarono solo quando dalla tavolata provenirono degli
applausi. LJ si era seduto accanto a Michael e adesso acclamava i due fidanzati
insieme a tutti gli altri.
Sofia li
salutò raggiante, e sedette con Lincoln sui divanetti, mentre Sara diceva: “Che
cosa vi avevo detto io?”
“Non
potevo continuare a far finta di niente, papà,” spiegò
poco dopo LJ, visibilmente orgoglioso della riuscita della sua sorpresa “Sofia
sentiva troppo la tua mancanza, e da quel che ho capito, lo stesso valeva per
te. E poi, non ne potevamo entrambi più di aspettare che tornassi a Panama.”
“Così mi
ha detto, ‘Partiamo!’, e io non potevo dirgli di no.” aggiunse Sofia, accoccolata nell’abbraccio del suo uomo,
guardandolo ora con occhi sognanti.
Lincoln
sorrise, ora privo da ogni ombra di preoccupazione.
Sucre
levò il bicchiere di nuovo, e annunciò: “Un bel brindisi al nostro futuro! E
alla libertà!”
***
“E questa
è l’ultima tappa della nostra normalissima giornata insieme.”
annunciò Michael, avvicinandosi al molo mano nella
mano con Sara. Lei gli sorrise, e lo trascinò con sé
prendendogli le mani; volteggiò sul pontile nel suo vestito di lino bianco,
sotto la notte chiara e illuminata di stelle.
Michael
non poteva che seguirla, docilmente, rapito dal suo sguardo.
“Sei
felice?” domandò lei, fermandosi e avvicinandosi al suo volto in punta di
piedi. Sorrideva come una bambina.
“Lo sono.
E tu lo sei?”
“Molto.” rispose, e Michael la baciò.
Sara
appoggiò la fronte sul suo mento, e gli baciò delicatamente la base del collo.
“E’ tutto
finito.” sussurrò, e per la prima volta la sua voce
sembrava spezzata, quasi commossa.
“Questa è
la fine di tutto,” ripeté Michael, stringendola a sé
mentre guardavano la luna danzare sull’acqua “Ed è anche l’inizio di tutto il
resto.”