Prologo
Info: La specie Glowchu appartiene all'artista Staarbit su DeviantArt
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Prologo
Tuoni assordanti, lampi
accecanti e pioggia battente colpivano violentemente la vetta Lancia del
leggendario monte Corona, il luogo una volta sacro ormai ridotto in un
mucchio di cenere e colonne doriche spezzettate. Ma quel giorno, in
mezzo a tutto quello, c'era un gruppetto di persone con uniforme nera
che trafficava con diversi strumenti, un giovane in giacca marrone e tre
Pokémon di piccola taglia galleggianti a mezz'aria. Avevano più o meno
tutti e tre la stessa grandezza, con una gemma rossa incastonata sulla
fronte: uno aveva la testa blu, l'altro rosa e l'ultimo gialla, erano
senza alcun dubbio i tre piccoli pokémon leggendari Azelf, Mesprit e
Uxie.
L'uomo in giacca, che
sembrava essere il capo di tutti i presenti, portava sul viso uno strano
sorriso a dir poco agghiacciante, e ogni tanto si metteva a ridere
mentre le gocce d'acqua gli bagnavano i capelli marroncini e la pelle
biancastra.
"PALKIA!!" Urlò l'uomo, alzando le mani al cielo "Dopo tutti questi sforzi, tra poco, SARAI FINALMENTE MIO!!"
Fece una pausa, mettendosi subito dopo a ridere con malvagità come uno psicopatico appena evaso dal manicomio.
"Gruppo uno, preparate la rossocatena! Guai a VOI se
lo lascerete scappare!!" Minacciò alla fila degli uomini dietro di lui
continuando a ridacchiare, i quali avevano in mano una lunga catena
fatta da innumerevoli gemme rosse di diverse grandezze, tutte sporche di
un liquido coagulato rosso scuro e ormai secco: sangue.
"SISSIGNORE!" Non
tardarono a rispondere, sebbene alcuni di loro fossero disgustati o
preoccupati per i tre piccoli Pokémon dei laghi controllati dalle loro
stesse gemme, costretti ad aiutare il perfido uomo dopo tutte le
sofferenze che avevano dovuto sopportare a causa delle svariate
estrazioni della gemma che si trovava sulla loro fronte.
"Gruppo due!" Urlò di
nuovo "Per farvi perdonare di non aver trovato l'Adamasfera, fate in
modo che dopo l'invocazione non riesca a scappare!"
"SISSIGNORE!" Anche loro
risposero all'unisono, impauriti e tremanti per quel che gli sarebbe
potuto capitare se avessero fallito.
"Azelf, Mesprit e Uxie!
Prendete i vostri posti e preparatevi a fare ciò che va fatto! E
infine, posizionate la Splendisfera!"
Il trio dei laghi obbedì
senza esitazione e ognuno prese il proprio posto sui tre pilastri;
infine, posizionarono la sfera al centro del triangolo.
Una volta finiti i
preparativi, l'uomo mostrò un altro dei suoi sorrisi spaventosi, e urlò
una frase con convinzione a pieni polmoni "PALKIA! MOSTRATI A ME!"
Con l'annunciare
dell'ordine, i tre piccoli pokémon leggendari liberarono tutta la loro
energia psichica, che andò a concentrarsi sulla splendisfera facendola
diventare sempre più luminosa. I due gruppetti si tennero pronti, alcuni
sudavano freddo ed altri tremavano; dopotutto, non era una cosa da
tutti i giorni.
La terra rombò e si
scosse con violenza, molti caddero in terra e anche i più forzuti furono
congelati sul posto dal terrore. Lentamente, la pietra cominciò a
levitare leggermente emanando piccoli ma lunghi fasci di luce, che però
divennero pian piano sempre più accecanti.
BOOM
La pietra esplose
violentemente in una luce calda e fulgida, che si ingrandiva sempre di
più, prendendo la forma di un ovale. Infine, quando smise di espandersi,
cambiò colore, assumendo una tonalità viola mista al blu,
trasformandosi in una specie di portale le cui particelle ruotavano e
scivolavano al suolo, dal quale dopo pochi secondi, con un verso potente
che risuonò nel cuore di ognuno dei presenti, apparve: Palkia, il
leggendario Pokémon controllore dello spazio.
Uscì dal portale che
poco dopo sparì, calpestando il suolo, facendo tremare tutt'intorno, poi
si fermò per alcuni secondi e ci fu quella che sembrò una calma piatta
interrotta solo dal forte tuonare, in cui il maestoso essere stava
analizzando la situazione, ruotando lentamente la testa.
Il giovane però non
aveva alcuna intenzione di far scappare quell'ottima occasione, perciò
la colse al volo; con un ghigno fiducioso fece un segno quasi
impercettibile al suo team, che agì con prontezza e fece avvolgere il
Pokémon con la rossocatena in men che non si dica, aiutandosi con i
propri pokémon. Il gigante si agitò dimenandosi appena capì le
intenzioni dei presenti e restrinse le sue pupille fino a farle divenire
un minuscolo puntino, ricordandosi la vecchia esperienza del lontano
passato. Ma ormai era troppo tardi.
La catena si restrinse
sul corpo gigantesco, sempre di più, prendendo alla fine la forma di un
anello con quattro punte: l'anello di Arceus. La bestia leggendaria
provò ad opporsi, cercando di non perdere il lume della ragione. Andò a
sbattere contro le poche macerie che restavano del luogo sacro,
emettendo versi rabbiosi e creando scompiglio tra quella gente che venne
sopraffatta dalla paura. Il capo iniziò invece a sbraitare come se
fosse impossessato da una forza iraconda e ordinò minacciosamente:
"GRUPPO DUE! TRIO DEI LAGHI! MUOVETEVI A FARE IL VOSTRO LAVORO!!!"
Gli uomini spaventati
risposero affermativamente, iniziando a creare barriere di scudi e
protezioni con i loro Pokémon, stringendosi dopo attorno al leggendario
furibondo. Nel mentre, i tre piccoli Pokémon fluttuanti senza più
controllo su sé stessi, iniziarono a esercitare il potere delle loro
gemme che componevano la rossocatena, facendola stringere sempre più
attorno al povero Palkia, che per il dolore e il potere dell'oggetto fu
costretto a inginocchiarsi al volere di quel team malvagio. Però, i suoi
occhi si illuminavano ancora di una luce rubiconda ad intervalli
irregolari: un barlume di volere lottava ancora dentro di lui, aveva
ancora speranza.
L'uomo avanzò verso il
Pokémon imponente con sicurezza, un'espressione vittoriosa stampata sul
volto, ridendo maliziosamente. Mentre parte del team continuava a tenere
su gli scudi e le protezioni, l'altra, che ormai aveva fatto il suo
dovere, si era unita per trattenere il Pokémon gigante con mosse adatte
allo scopo. Il leggendario dello spazio sbuffava senza sosta dimenandosi
piano, ogni tanto combattendo per rimanere lucido e liberarsi.
"Palkia! Gioisci per questo giorno! Perché nelle MIE mani, segneremo una nuova era per la Terra, in cui tutto mi apparterrà! E TU,
avrai il grande onore di poter rendere tutto questo possibile!!!" Rise
nuovamente come un maniaco, non controllando la sua insaziabile sete di
potere. Poi, dalla tasca, tirò fuori una piccola sfera viola, premette
un bottoncino al centro e questa si ingrandì, rivelando la colorazione
viola sulla parte superiore con due piccole sporgenze ai lati in cima e
una 'M' stampata sempre sulla parte superiore: una Masterball.
All'improvviso il
prigioniero spalancò gli occhi, che tornarono normali, e per una
manciata di secondi la sua mente tornò lucida. Ruggì poderosamente,
tanto da costringere gli uomini a indietreggiare per non diventare sordi
e usò tutta la potenza che riuscì a concentrare in corpo per liberarsi;
la diversità delle gemme tutte di grandezze diverse e la costruzione
non precisa dello strumento contribuirono alla rottura prematura della
rossocatena, che esplose di seguito in milioni di piccoli frammenti.
Palkia, di nuovo libero, si rimise in piedi e allungò il collo,
lanciando un urlo furioso e assordante. Provarono di nuovo a fermarlo,
ma inutilmente; al colosso bastò un singolo fendispazio e si liberò di
tutti quei fastidiosi ospiti.
Non perse altro tempo ed
aprì un altro portale dimensionale per fuggire da quella situazione. Il
capo del team, scampato per un soffio dall'attacco usando uno dei suoi
Pokémon come scudo, era visibilmente su tutte le furie, ma ora non aveva
proprio tempo per occuparsi di quei buoni a nulla, non doveva, non
POTEVA assolutamente farsi sfuggire la sua principale arma per la
rivoluzione.
Gli corse incontro
veloce come il vento, e nell'esatto istante in cui il Pokémon stava
ormai attraversando il varco dimensionale, gli saltò dietro e lanciò
contro la sfera che aveva in mano.
Fu un attimo: la sfera
viola toccò il leggendario pokémon e lo trasformò in una fascia di luce
rossa, rinchiudendosela al proprio interno. L'uomo allungò una mano
cercando di afferrare la sfera al volo, ma nemmeno il tempo di
avvicinarsi e la luce accecante prodotta dall'implosione del portale
spaziale avvolse tutto, sparendo poi nel nulla più assoluto, senza
lasciare altro che un'immagine stampata bene nella mente di tutti. Al
loro posto non rimaneva più nulla, nemmeno un granello di polvere.
Calò nuovamente
la calma, la tempesta di sottofondo sembrava quasi inesistente tanta
era stata l'intensità degli ultimi eventi.
Il trio dei laghi,
risvegliato dal loro stato d'incoscienza, scappò via terrorizzato,
anch'esso senza lasciare la minima traccia del suo passaggio, se non le
schegge delle loro stesse pietre sparse un po' ovunque.
Gli uomini confusi e
disorientati si rimisero in piedi e non seppero cosa fare, rimasero a
guardarsi tra loro per un po', prima di urlare a gran voce il nome del
loro leader e darsi alla ricerca.
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Caldo, un caldo asfissiante, e sabbia, sabbia bollente. Queste furono le uniche impressioni che percepì al suo risveglio.
"Dannazione... Palkia!" Imprecò ad alta voce, rimettendosi su.
Barcollò, e per il mal
di testa causato probabilmente dal viaggio spaziale, ricadde seduto.
Posò una mano sulla fronte e chiuse gli occhi, cercando di riprendersi,
mentre con l'altra mano tastò le tasche in cerca della masterball.
Non la aveva più, eppure
si ricordava di averla afferrata e messa nella tasca. Cacciò un urlo di
rabbia e si rialzò, sbottonò con foga la giacca inzuppata e la gettò
via con furia.
"Maledetto, maledetti, maledizione!" Gridò di nuovo, innervosito.
Dopo un po', quando si
calmò, si diede qualche colpetto ai pantaloni per pulirsi dalla sabbia e
cercò nei dintorni la sfera viola, che non la trovò.
Si arrese finalmente
all'idea che non fosse più lì, perciò si guardò in giro, tanto per
cercare di capire dove si trovasse. Vedeva solo sabbia. Sabbia, sabbia,
chilometri di sabbia e montagne rocciose che non aveva mai visto prima.
Sbuffò di nuovo,
mettendosi a riflettere per il prossimo passo, finché ad un certo punto
udì dei botti in lontananza, come tante piccole esplosioni in rapida
successione. Era un rumore molto forte, il quale era chiaramente udibile
anche da molto lontano. Ciò attirò non poco l'attenzione dell'uomo
catapultato in quel posto sconosciuto, che decise di andare a darci
un'occhiata.
Mosse i primi passi nel
luogo deserto, stabilendo come meta la montagna alle spalle dalla quale
venivano quegli scoppi strani. Camminò sotto il sole cocente per un bel
po', esaminando se ogni duna stesse nascondendo la sua preziosissima
arma, non era uno che si arrendeva facilmente. Il calore gli fece sudare
molto, e venne costretto a togliersi anche la camicia; se prima era
fradicio per la pioggia, ora lo era per il sudore.
L'uomo continuò ad
avanzare per quelle che a lui parevano ore, il paesaggio sterile
sembrava sempre lo stesso, e lui sembrava non essersi mosso nemmeno di
un centimetro.
-Quanto ancora... Dovrò
camminare... Sotto questo dannato sole...- pensò, cominciando a perdere i
sensi per il caldo; non vedeva più l'ora di trovare un po' d'ombra.
Dopo un altro paio d'ore, si avvicinò finalmente alla montagna rocciosa e
pelata. La scrutò con attenzione, in cerca di un posto abbastanza
riparato per riprendere le forze prosciugate dal sole e dal caldo
torrido. Per sua fortuna, dopo un'attenta analisi del posto, notò una
specie di tunnel seminascosto, nel quale entrò senza esitazione.
Era molto più fresco lì,
e poté finalmente sedersi a riprendere fiato, asciugandosi le grandi
gocce di sudore. Una volta che la sua mente tornò lucida, vide che il
tunnel proseguiva ancora, e dall'altro lato c'era una pure una luce
fioca. La voglia di vedere a cosa portava lo vinse, perciò tirò fuori
una pokéball, premette il bottone e fece uscire un canide cornuto, color
nero e dall'aspetto aggressivo.
"Houndoom, occhi aperti." Sussurrò al Pokémon facendo un cenno della testa, a cui esso rispose annuendo.
Ma non sapeva che un orecchio ben allenato aveva sentito anche quel lieve sussurro, grazie anche all'eco della caverna.
Arrivarono alla fine del
tunnel per essere accolti da una grotta, illuminata da diverse torce,
con molte casse ammassate alle pareti, su una delle quali era posata,
come per miracolo, la sferetta viola familiare che stava cercando.
Sorrise sollevato e avanzò per riprendersela, ma fece a malapena un
passo verso la sua preziosa proprietà che da dietro la scatola spuntò un
uomo dalla testa coperta da un velo bianco, che imbracciava uno strano
oggetto nero dalla forma allungata: aveva un'impugnatura, a cui poco
avanti era posizionato un posto adatto proprio ad un dito e terminava
con una specie di tubo d'acciaio. Lo sconosciuto gli urlò delle parole
incomprensibili in una lingua irriconoscibile, guardando prima l'uomo e
poi il Pokémon, con estremo orrore. Caricò e puntò con indecisione lo
strumento alla testa dell'uomo, mentre gli occhi erano fissi,
spaventati, sul cane dalle sembianze diaboliche, il quale, lo stava
fissando a sua volta con ira emettendo continuamente versi minacciosi,
con le orecchie raddrizzate per poter captare meglio il prossimo ordine
del padrone. Il castano esitò solo un secondo, capendo che se stava
usando quell'affare per difendersi, era sicuramente qualcosa con cui era
di vitale importanza stare attenti.
Dopo un'attenta
riflessione, sembrò aver capito un po' sia di dove fosse che chi fosse
quello sconosciuto, grazie alla sua espressione impaurita per suo
pokémon, perciò rimase fermo ancora per un po', mentre l'altro gli
continuava a chiedere cose nella lingua a lui sconosciuta, aspettando
che abbassasse la guardia, e quando fu il momento, decise di farlo
fuori.
"Houndoom, rogodenti,
ora!" Puntò il dito contro la figura bianca e il Pokémon scattò
all'attacco, aprendo la bocca e mostrando le zanne affilate, che vennero
poi ricoperte da uno strato di fuoco color rosso scuro. Lo straniero fu
terrorizzato dal pokémon e cambiò velocemente bersaglio, puntando
l'arma a lui e premendo con il dito il grilletto per azionare il
meccanismo. Ne risultarono alcune piccole esplosioni controllate dalla
bocca dei tubi d'acciaio, una dopo l'altra, come delle mosse di tipo
fuoco ma prodotte da un oggetto. Houndoom schivò per un pelo i proietti,
che lasciarono degli evidenti segni per terra, e gli saltò addosso
fulmineo, azzannandolo al collo, lasciandosi dietro l'odore di carne
viva bruciata e le urla di dolore del malcapitato, che per disperazione
buttò via l'arma e lottò inutilmente cercando di salvarsi.
Mentre il Pokémon
scuoteva la testa a destra e sinistra vigorosamente, con ancora la sua
vittima tra le zanne, l'allenatore prese la sua masterball con un
sorrisetto fiero e si girò per andarsene.
Tuttavia, si fermò
subito, girando la testa all'indietro per dare uno sguardo a
quell'oggetto peculiare che ormai era in terra. Lo prese e se lo rigirò
tra le mani, osservandolo bene in ogni sua componente, soppesandolo e
cercando di capirne il meccanismo.
Lo puntò contro una
scatola, premendo il grilletto; partì una raffica di colpi che andò a
frantumarla con un'esplosione, rovinando altre scatole, facendo volare
ovunque schegge di legno, cibo contenuto al suo interno e altre cose mai
viste. Riuscì a malapena a resistere al rinculo, indietreggiando e
cercando di controllare al meglio la forza dell'arma. Tolse poi il dito
dal grilletto interrompendo la scarica di proiettili, fissando la nuova
scoperta con sorpresa ed entusiasmo. Un'idea si fece largo nella sua
mente, sempre più sicura, si diffondeva come una malattia convincendolo
sempre più. Un sorriso fu seguito da una risata incontrollata, mentre
già pregustava il suo nuovo piano a prova di fallimento. Richiamò il suo
Pokémon, arma in spalla, master ball in mano e con uno sghignazzo
trionfante lasciò la caverna, pronto più che mai a dissetare la sua
pazza ossessione di vittoria.
"Palkia, torniamo nella nostra dimensione."
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