NOTA
DELL’AUTRICE:
Mettere la parola Fine a questa ff non
mi è riuscito facile, e per questo ho lasciato aperto un
piccolo spiraglio. Non
si può mai sapere …
Mi
sono divertita un
mondo a scriverla, mi ci sono impegnata tanto e ho avuto tanta
soddisfazione da
voi lettori. Continuerò a frequentare ancora il sito e a
commentare le vostre
meravigliose storie, ma My New Moon
finisce qui. Desidero ringraziare Gazy
che mi ha betato per un certo periodo: sei stata impagabile, ma la
chiavetta
malefica non ci ha facilitato la vita … proprio ora che ho
installato la linea
veloce! Per Meticcia non posso dire
altro che sei stata una delle più spiritose, ironiche e
simpatiche delle mie
lettrici: i tuoi commenti mi hanno fatto sorridere sempre, e trovo che
tu sia
una scrittrice davvero promettente. Non continuo con i ringraziamenti
ad
personam altrimenti non ne esco più, ma stringo in un
abbraccio forte tutti
coloro che mi hanno commentato, anche solo con una parola. Grazie
davvero per
non avermi fatto gettare la spugna al secondo capitolo …!
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BACI
A TUTTI VOI DA MARIA LUISA –ENDIF-
CAP.
37
INSIEME,
PER SEMPRE
BELLA
Toc,
toc.
Un
lieve bussare alla
porta annunciò l’arrivo di Carlisle.
«Bella,
posso entrare?»
la sua voce era chiara e decisa da fuori la porta della camera di
Edward.
Il
cuore accelerò un
po’ il battito, sospirai e risposi:
«Certo»
Non
mi piacevano i
dottori, ovviamente non “tutti”, e una visita
medica mi metteva sempre un po’ a
disagio.
Mi
sembrava come di
essere ad un processo ad attendere la dura condanna.
In
questo frangente,
poi, ero a dir poco imbarazzata: il padre del mio ragazzo doveva
visitarmi per
accertarsi che la mia prima volta con suo figlio vampiro non mi avesse
arrecato
qualche danno fisico grave … Direi che come situazione era
abbastanza fuori dal
comune.
Già
sentivo che le
guance si imporporavano.
Ma
era molto meglio
affrontare questa cosa da sola che insieme ad Edward. Non avrei
sopportato il
suo sguardo colpevole per anche un semplice livido.
La
porta si aprì silenziosamente
e Carlisle entrò con la sua valigetta in pelle.
Ero
vestita di tutto
punto e seduta sul bordo del letto, che avevo cambiato e rifatto. Lo
fissai
deglutendo leggermente.
Accortosi
del mio
disagio, o semplicemente forte delle svariate centinaia di anni di
esperienza
come medico alle sue spalle, mi sorrise tranquillo.
Era
la calma e la
sicurezza fatta persona.
Mi
rilassai un po’ ed
accennai anch’io ad un timido sorriso. Lo vidi muoversi con
estrema placidità
per la stanza, prendere una sedia, accostarla di fronte a me e
depositare la
borsa sul bordo del letto al mio fianco. Se non fosse stato per il
pallore e
per la bellezza ultraterrena che lo distingueva, avrei scambiato le sue
movenze
per quelle di un umano. Pareva che il controllo dei suoi gesti non gli
costasse
alcuna fatica, che gli venisse davvero naturale.
La
sua voce melodiosa
mi riscosse dalle mie riflessioni.
«Allora
Bella, Edward
mi ha detto che hai avuto un colpo di calore. Come ti senti
adesso?» mi chiese
mentre dolcemente mi sfiorava la fronte e poi, il polso con le dita.
Sembrava
che mi avesse solo accarezzato, ma sapevo che in realtà la
visita era
cominciata. Con quei due impercettibili gesti, aveva già
registrato temperatura
corporea e pressione arteriosa. E la sua domanda apparentemente solo di
circostanza aveva, in realtà, lo scopo di sondare la
lucidità della mia mente.
Edward
mi aveva
spiegato tutti quei particolari nelle svariate volte in cui il padre
era dovuto
intervenire per curarmi: tagli, infezioni, stato stuporoso …
Sperava, così
facendo, di stemperare un po’ il mio terrore per il camice
bianco.
«Un
po’ stordita, ma
direi bene.» risposi dopo averci riflettuto un attimo.
Prese
una penna
luminosa dalla borsa e me la puntò prima in un occhio, poi
in un altro.
«Mmm,
bene.» disse dopo
un attimo di silenzio.
Posò
con delicatezza la
penna nella valigetta e con il tono più naturale possibile,
evitando di
fissarmi in volto, disse: «Adesso daremo
un’occhiata al torace. Distenditi e
scopri la pancia».
Ci
siamo,
pensai.
Feci
esattamente come
mi aveva chiesto e stesa sul copriletto tirai un sospiro imbarazzato,
alzando la
camicetta poco sopra l’ombelico.
Con
lo sguardo fisso
davanti a sé, senza lanciare nemmeno un’occhiata
alla mia pelle, mise appena le
dita sotto la camicetta, senza spostarla di un centimetro da dove io
l’avevo
alzata, e risalì un po’, fin quasi sotto al
reggiseno. Apprezzai davvero tanto
la sua delicatezza nel cercare di non aumentare il mio disagio,
più di quanto
non fosse necessario, e trattenni un po’ il respiro al
contatto con il gelo
della sua pelle.
«Cerca
di respirare
regolarmente e dimmi quando senti dolore.» disse cominciando
a tastare con
estrema attenzione ogni porzione del mio torace.
«Ahi!»
esclamai ad una
pressione sulla parte destra.
I
suoi occhi si
strinsero un po’, spostò indice e medio
leggermente più in su e fece nuovamente
pressione :«E adesso?»
«E’
indolenzito, ma
dolore … no» risposi sicura.
Continuò
ancora, per
cinque minuti buoni. Me ne stavo in silenzio, mentre fissavo il
soffitto come
se fosse la cosa più interessante del mondo.
Carlisle
continuava
nella sua palpazione. Decisamente era un vero professionista. Serio,
attento,
preciso ma, nel contempo, pieno di tatto.
In
una parola, il
medico perfetto.
La
mia mente cominciò a
vagare, e i miei pensieri corsero al mio amore. Mi mancava da morire.
Volevo
che mi
stringesse a sé, che mi accarezzasse e che mi dicesse che
saremmo rimasti così
per l’eternità.
L’eternità
…
L’eternità
…
L’eternità
…
«Direi
che è tutto a
posto.» la sua voce mi riscosse.
«Carlisle?» dissi spostando la sguardo
verso la sua
chioma bionda.
«Dimmi,
Bella.» rispose,
abbassandomi la camicetta e aiutandomi a mettermi seduta.
«La
trasformazione è
davvero così dolorosa?» chiesi, sapendo che avrei
ottenuto da lui solo la
verità.
Lo
vidi puntare gli
occhi dritto nei miei «Abbastanza, sì.»
confermò senza alcuna inflessione nella
voce.
Ebbi
un brivido
involontario e vidi la sua espressione addolcirsi
all’istante: «Ma non devi
avere paura. Ne ho discusso con Edward e abbiamo pensato che, quando
sarà il
momento, ti somministreremo della morfina. E’ un potente
antidolorifico che
viene usato anche in anestesia. Potrebbe essere d’aiuto.
Comunque, tutto
finisce più o meno in tre giorni.» la sua voce
continuava ad essere calma,
misurata.
Mi
osservò con
attenzione, poi, disse: «Bella, non è mia
intenzione interferire, ma ti invito a
riflettere senza fretta. Quando Edward ti ha salvato da James, in
realtà ti ha
fatto un dono unico. Ti ha dato la possibilità di scegliere
ed è una scelta
importante. Nessuno di noi ha avuto una possibilità simile,
ma tu sì. So che
adesso il tuo unico pensiero è rivolto a lui, ma non
vanificare i suoi sforzi
di tenerti in vita, scegliendo d’impulso. E’ la
razionalità a dover guidare
questa azione, non l’istinto.»
Lo
guardai con
decisione negli occhi: «Hai perfettamente ragione, Carlisle.
Ma io ho scelto tanto
tempo fa, e l’ho fatto con il cuore. Ho scelto Edward, e lui
ha scelto me. So
che se lui avesse potuto diventare umano per me l’avrebbe
fatto, ma non è
possibile. E non possiamo più stare insieme così,
rischiamo di morirne
entrambi, io, nel migliore dei casi, di vecchiaia, lui di
dolore.»
Tirai
un bel respiro:
«No, non ho alcun dubbio su ciò che
voglio.» e mantenni fissi i miei occhi nei
suoi.
Lo
vidi sorridere, poi,
mettendomi una mano sulla spalla disse: «Bene, allora non mi
resta che
lasciarvi soli.»
E,
detto ciò, si alzò
dirigendosi verso la porta sotto il mio sguardo attonito.
L’aprì
e potei scorgere
la figura di Edward dietro le spalle del padre.
Si
scambiarono un
sguardo veloce, vidi Edward annuire impercettibilmente.
Chissà
da quanto era lì
dietro?!
Poi,
la porta si
richiuse e rimanemmo soli.
EDWARD
Ero
rientrato da non
più di un paio di secondi in casa e mi ero fiondato al piano
superiore,
dirigendomi verso le camere da letto. Mi fermai dietro la porta della
mia
stanza e rimasi in ascolto, per lo più dei pensieri di
Carlisle. Sapevo che si
era accorto che ero fuori la porta, e provvide subito a rassicurarmi
con i suoi
pensieri.
Figliolo,
stà tranquillo. Hai gestito molto bene il suo colpo di
calore, non ci sono
esiti importanti. Per il resto, ha solo una costola leggermente
incrinata nel
quadrante medio-inferiore destro, ma non ha intaccato nessun organo.
Fegato e polmoni
sono a posto, ha bisogno di stare tranquilla e di non sforzarsi troppo.
Niente bendaggio, non è necessario.
Il
suo resoconto dettagliato mi tranquillizzò.
Rilassai
le braccia e
inspirai. Almeno non le avevo sbriciolato qualche osso.
Osservai
per un attimo
la mia Bella attraverso gli occhi di mio padre, distesa sul letto con
lo
sguardo rivolto al soffitto. Era assorta.
Poi,
riscossasi dai
suoi pensieri, pose a mio padre quella domanda sulla trasformazione.
Trattenni
il fiato. Non
mi piaceva stare ad origliare, e mi spostai agitato, facendo per
scendere le
scale.
Aspetta
Edward, non andartene via.
La voce mentale di Carlisle era
decisa.
Mi
bloccai con le
spalle alla porta, già un piede sul primo scalino.
Ed
udii tutta la
spiegazione di mio padre, la nostra idea di somministrarle la morfina,
i suoi
consigli sull’importanza della scelta che Bella aveva deciso
di fare. La
guardavo nella mente di Carlisle, gli occhi attenti, vigili. Solo un
lieve
pallore a sottolineare quanto il discorso la coinvolgesse.
Mi
intenerì vederla
cercare di essere coraggiosa, ma sapevo che in realtà era
spaventata dall’idea
di dover provare un dolore così intenso. Ed
anch’io ero restio ad accettare
serenamente questo aspetto della sua trasformazione. Non respiravo
più,
timoroso della sua reazione.
Poi,
Bella parlò.
Le
sue parole mi
trafissero il cuore.
«Hai
perfettamente
ragione, Carlisle. Ma io ho scelto tanto tempo fa, e l’ho
fatto con il cuore.
Ho scelto Edward, e lui ha scelto me. So che se lui avesse potuto
diventare
umano per me, l’avrebbe fatto, ma non è possibile.
E non possiamo più stare
insieme così, rischiamo di morirne entrambi, io, nel
migliore dei casi, di
vecchiaia, lui di dolore.»
Silenzio.
«No,
non ho alcun
dubbio su ciò che voglio.» terminò con
la fermezza e la determinazione nella
voce e nello sguardo.
E
quando Carlisle, il
sorriso sulle labbra appena accennato, aprì la porta anche i
miei occhi avevano
assunto una nuova determinazione.
Andò
via con un ultimo
pensiero. Buona fortuna!
Mi
avvicinai ad una
Bella attonita e stupefatta, seduta sul bordo del letto.
«Stavi
… stavi
origliando?» mi chiese con un leggero tono accusatorio nella
voce.
Sorrisi.
La guardai
inclinando un po’ il capo per catturare completamente i suoi
occhi nei miei.
«Diciamo
che sono stato
invitato ad un ascolto silenzioso … Buongiorno, amore.
Perdonami se non ero qui
al tuo risveglio.» le dissi in un dolce sussurro, senza
staccare gli occhi dai
suoi.
La
vidi deglutire ed
alzare il capo verso di me. Aveva gli occhi limpidi e sereni.
Gli
occhi di una donna
innamorata.
Innamorata
e felice.
Seppi
con certezza che
tutto era corretto, giusto, al proprio posto quando ero vicino a lei.
Le presi
le mani tra le mie e la invitai con dolcezza ad alzarsi. Le passai le
braccia
intorno alla vita e la strinsi un po’ a me.
«Sono
perdonato?»
chiesi con tono dolce.
«Non
ancora.» rispose
lei fissandomi le labbra.
Una
rinnovata corrente
passò tra di noi, quando inclinai il capo e la baciai
delicatamente.
«Mmm,
ci siamo quasi …
mi sei mancato tanto, sai?» disse sulle mie labbra.
Sorrisi
e la baciai con
più passione, senza timore.
La
sentii abbandonarsi
contro il mio corpo e mi sentii completo. La distanza tra di noi non
era
plausibile. Eravamo una cosa sola, due entità distinte, ma
un unico spirito che
si acquietava solo quando non c’era alcuno spazio a dividerci.
«Bella
…» mormorai
sulle sue labbra. «mi sei mancata anche tu,
moltissimo.»
«Mmm
…» fece lei con
gli occhi chiusi ed un sorriso beato.
Mi
staccai leggermente
da lei. Volevo parlarle, e non mi sentivo troppo padrone delle mie
facoltà
intellettive standole così vicino.
«MMMMMmmmm
…» fece con
tono indispettito, cercando di trattenermi a sé.
«Bella,
vorrei
chiederti una cosa molto importante …» esordii con
tono fermo.
Aprì
gli occhi e mi
guardò.
«Importante?
Ti
ascolto, ha l’aria di essere una cosa grave
…» e si allontanò ancora un
po’ da
me, ma questa volta fui io a trattenerla.
«No,
non così lontano …
E non temere, non è poi così grave.»
dissi io con un sorrisino a fior di
labbra.
Esitai
un po’, le misi
le mani sugli omeri e chiesi: «Se non hai cambiato idea sulla
tua
trasformazione, avrei una proposta da esporti.»
«Certo
che non ho
cambiato idea, anzi anche io ho una proposta per te
…» mi guardò con aria di
sfida ed io alzai un sopracciglio con fare interrogativo.
«Per
me? Sentiamo …» la
invitai con tono suadente, decidendo di darle la precedenza.
Si
schiarì la voce.
«Io
sono certa di me,
di quello che provo nei tuoi confronti. E non ho paura di niente e di
nessuno, ma
sento che tu sei ancora un po’ titubante nel farmi diventare
come te.
Correggimi, se sbaglio.» Sorrisi del suo fare determinato.
Annuii
senza parlare.
«Ho
pensato molto a
quello che mi hai detto ieri, e convengo con te che uno semestre di
college non
mi ucciderà, anzi ti darà la prova concreta che
la mia è una scelta ponderata e
non impulsiva. Accetto di venire a Dartmouth con te, ma
…» e alzò un dito in
aria minacciosamente, guardandomi con gli occhi fiammeggianti
«a tre
condizioni.»
Inarcai
entrambe le
sopracciglia, trattenendo un sorriso di trionfo.
«Primo:
ti restituirò
il tuo prestito non appena mi sarà possibile.
Secondo:
allo scadere
del semestre, scatterà la mia trasformazione, con o senza la
tua benedizione.»
Prese un bel respiro, e continuai a guardarla senza distogliere gli
occhi da
lei. Aspettavo la terza condizione, trepidante.
«E
terzo … : non
accetto di starti lontana nemmeno un secondo, notte o giorno che sia
…» e
inclinò gli occhi con timidezza.
Lasciò
che le sue
parole scendessero tra di noi leggere come piume.
«Allora,
che ne pensi?»
mi chiese con un po’ d’ansia nella voce, visto che
non avevo detto nulla, ma
senza alzare lo sguardo sul mio volto.
Le
misi un dito sotto
il mento e glielo alzai leggermente.
La
fissai con intensità
negli occhi dolci e timorosi.
«Dico
che è perfetto.»
Il
suo viso si distese
in un sorriso, allorchè aggiunsi alzando l’indice
in alto: «Ma … avrei anche io
una condizione da porre, anche se sei liberissima di non
accettarla»
Aggrottò
gli occhi:
«Sentiamo…» mi disse circospetta.
Dai
Cullen, ci siamo …
pensai.
Presi
un respiro e
dissi d’un fiato: «Isabella Swan, io ti amo
più della mia stessa vita, e
desidero trascorrere l’eternità insieme a te. Vuoi
rendermi la persona più
felice del mondo e diventare mia moglie?» e le misi sotto al
naso l’anello di
fidanzamento che era appartenuto alla mia madre naturale.
Deglutii
aspettando una
sua risposta, mentre osservavo la sua bocca lievemente aperta per lo
stupore e
gli occhi che si incrociavano a guardare il delicatissimo cerchietto
d’oro e
diamanti che riluceva tra le mie dita.
Era
buffa a vederla
così.
Poi,
come riscossasi da
un trance, chiuse la bocca di scatto, alzò gli occhi lucidi
verso di me e
sussurrò con un alito di voce:
«Sì
, si lo voglio.»
I
miei muscoli si rilassarono
all’istante, le mie labbra si schiusero in un sorriso radioso
e la presi tra le
braccia facendola volteggiare come una piuma.
Ridemmo
entrambi,
felici e beati.
Niente
avrebbe potuto
incrinare la nostra gioia, nulla avrebbe potuto dividerci.
Insieme.
Per
sempre.
FINE
|