Troppo presto
“Sembra davvero che il tempo si stia rimettendo,” commentò Greg,
affacciandosi dalla finestra dello studio. Il cielo sopra Pall Mall si
stava aprendo e qualche timido raggio di sole cominciava a
intravedersi. “Oh, scusa, non volevo sottolineare l’ovvio, so quanto
gli Holmes lo detestano,” aggiunse girandosi verso Mycroft alla
scrivania con un ghigno.
“Constatare che una di quelle ridicole app per il meteo ha fornito
delle previsioni esatte non è mai ovvio,” rispose Mycroft, divertito,
sollevando per un istante gli occhi di documenti davanti a lui.
Greg rise: “Non ho avuto tempo per il meteo nazionale, stamattina.
Qualcuno mi ha tenuto impegnato!”
Era stata una settimana pesante, e uscire dall’ufficio per raggiungere
Mycroft a casa sua era stata un’ancora di salvezza, per Greg. Venerdì
lui e Mycroft si erano goduti una serata tranquilla solo per loro,
sabato Greg aveva fatto un salto a casa per prendere qualche vestito
per la cena che avevano in programma quella sera e per il giorno dopo.
E Greg ci avrebbe messo la firma, ad essere distratto dal meteo della
BBC durante la colazione a quel modo…
Mycroft sorrise serafico.
“Comunque, non stavi sottolineando l’ovvio. Era un’introduzione,
contestualizzavi l’idea di andare a correre che ti è venuta poco fa…”
disse. “Cerchi di farlo regolarmente da un paio d’anni, da quando hai
smesso di fumare, ma se d’inverno devi importelo e lo consideri alla
stregua delle ore obbligatorie di palestra per il servizio, in
primavera e in estate diventa un piacere, specie le domeniche mattina.”
Greg lo fissò con orgoglio, appoggiandosi al davanzale della finestra.
Mycroft aveva ragione, ovviamente, anche se in questo caso non era
affatto una deduzione difficile da fare: Greg aveva preso l’abitudine
di chiamarlo, la domenica mattina verso le 11, quando tornava da una
corsa, appena dopo la doccia. Mycroft non mancava mai di notare il suo
elevato livello di endorfine (“E scegli di associarlo a me,” aveva
commentato meravigliato, la prima volta).
“Sherlock non me l’avrebbe lasciata passare comunque.”
“Al contrario di mio fratello, riconosco e tollero le convenzioni del
linguaggio a sufficienza da sostenere una conversazione,” rispose
Mycroft.
“Direi di sì. Allora, che ne dici?” chiese Greg leggero.
Mycroft di nuovo lo sguardo dai documenti: “A che proposito? Hai la
borsa con l’attrezzatura nel bagagliaio e benché la mia idea di
attività ricreativa domenicale comprenda piuttosto brunch e un libro,
non intendo certo fermarti.”
“Intendo che ne dici di venire con me. Hai finito, no?” fece Greg
avvicinandosi.
Mycroft lo guardò di sottecchi mentre si alzava: “Ho terminato il mio
lavoro, sì. E non vedo nessuna ragione di punirmi, per questo.”
Greg ridacchiò: “Andiamo. Il parco di St. James è stupendo, e
facilmente accessibile, se gli uomini della tua scorta volessero
seguirci. Dovremmo cogliere l’occasione. La mia ridicola app per il
meteo dice che non durerà.”
“L’attività fisica non è il mio forte,” replicò Mycroft con un sorriso
tagliente.
“Oh, andiamo, che c’è di male?” insistette Greg aggirando la scrivania.
“Tu corri, sul tapis roulant, e non per scherzo.”
“Non intendo correre all’aperto e mostrarmi in deplorevoli condizioni,”
fece Mycroft.
“Quali deplorevoli condizioni?” chiese Greg con un sorriso, bloccando
la sua ritirata e mettendogli le mani sui fianchi. “Ti ho già visto
sudato, e senza fiato,” gli disse all’orecchio. “Cavolo, ti ho già
visto persino con quella ridicola tutina di lycra…”
Si morse la lingua quando Mycroft si irrigidì e si sottrasse ad ogni
contatto.
“Se mi trovi tanto ridicolo allora non ha senso che tu insista perché
ti accompagni,” sibilò Mycroft dandogli la schiena. “O è per farti due
risate?”
Greg lo fissò a bocca aperta. Ok, era stato un idiota. Avrebbe dovuto
pensarci due volte prima di fare commenti sull’aspetto di un uomo per
il quale la propria immagine era palesemente importante. Non aveva mai
conosciuto nessuno così attento e consapevole di quello che indossava
(e di quello che diceva, di come si muoveva). Probabilmente anche
quella stupida tutina era il meglio che i soldi potessero comprare,
nell’ambito dell’abbigliamento sportivo. Ma non si aspettava comunque
che Mycroft scattasse a quel modo.
“Volevo solo andare a correre insieme,” mormorò.
“Puoi arrivare da solo alla conclusione che deridere la mia scarsa
propensione all’attività fisica non aiuterà la tua causa: Sherlock
sostiene che non sei del tutto idiota,” rincarò Mycroft senza voltarsi.
“Oh, per l’amor del cielo, Mycroft, lo so che vuoi sempre essere
impeccabile, ma nessuno si aspetta che tu lo sia mentre vai a correre!”
esclamò Greg, spazientito. “Puoi lasciare l’armatura e mostrare un
minimo di debolezza, ogni tanto.”
“Perché tu possa prendermi in giro?”
Greg allargò le braccia: “Sì, anche! È quello che fanno le coppie:
permettono all’altro di vedere le proprie debolezze e si prendono in
giro, qualche volta!”
Mandò un sospiro, grattandosi la nuca. Calma. Doveva tenere a mente
quanto poco Mycroft era abituato a queste cose.
“Ma forse è…”
“Un’idea impossibile.”
“…troppo presto,” concluse sbigottito.
Greg rimase in silenzio a fissare gli occhi duri di Mycroft, che
finalmente si era girato a guardarlo.
“Ok. Uhm. Sai cosa?” cominciò Greg abbassando gli occhi e cominciando a
indietreggiare. “Smetto di insistere ed irritarti, e vado a correre.
Solo…” si interruppe e scosse la testa, girandosi verso la porta.
“Non…credo proprio di avere il borsone in macchina. Devo averlo
lasciato a casa. E se torno fino là, tanto vale…”
“Sì,” rispose solo Mycroft.
Greg gli diede un’ultima occhiata. Si morse la lingua e annuì.
“Ok,” ripeté, prima di uscire.
Greg prese un respiro profondo, sforzandosi di rilassare spalle e
mascella, mentre attorno a lui si alzava un vento poco promettente e il
cielo si scuriva troppo in fretta. Pescò il cellulare dalla tasca e
chiamò prima di perdere il coraggio e battere di nuovo in ritirata.
“Sì?” Mycroft rispose dopo diversi squilli con voce impassibile.
“Ehi,” lo salutò Greg, suo malgrado con il cuore in gola. “Sono felice
di trovarti a casa.”
“Una giornata priva di imprevisti,” ripose Mycroft, leggermente meno
glaciale.
“Bene. Senti, io…sono vicino e volevo passare da te. Ma mi rendo conto
che non parliamo da tre giorni, da domenica, e…ho preferito chiamare,”
disse Greg.
“Gregory…”
Greg strinse più forte il cellulare tra le dita.
“Ma certo. Certo che puoi passare,” mormorò infine Mycroft.
“Oh, bene, grande!” Greg si concesse un piccolo sorriso. “Devo
avvisarti, però. Sono un disastro. Sono andato a correre a St. James e
sono sudato marcio e tra un minuto sarò zuppo d’acqua, perché sta per
piovere. L’app del meteo mi ha tradito,” rise nervoso. “Il mio
ginocchio malandato non ha gradito la corsa e sono pieno di acciacchi,
Mycroft, perché ho quasi quarant’anni e faccio un lavoro logorante, ed
è stata una settimana, no, sono stati tre giorni terribili, perché non
ci parliamo da domenica.” Prese fiato. “Quello che voglio dire è che
sono in condizioni pietose e voglio vederti. Ti sta bene?”
Rimase immobile, con gli occhi chiusi, vicino a sentirsi disperato.
“Oh, cielo, Gregory. Dovremo trovare il modo di rimetterti in sesto,”
disse Mycroft con tono caldo. “Una doccia per cominciare. Del ghiaccio
per i l tuo ginocchio e una cena adatta a reintegrare i liquidi e i
sali minerali persi durante la corsa. Anche una birra non sarebbe fuori
luogo,” aggiunse.
“Dio, suona perfetto,” replicò Greg con il cuore finalmente più leggero.
“Vieni qui, Gregory…”
Greg non riuscì a trattenersi. Baciò Mycroft non appena l’altro gli
aprì la porta, lasciando cadere a terra il suo borsone.
“Merda, scusami. Non avrei dovuto, la tua camicia…”
“Mh, non importa,” lo interruppe Mycroft baciandolo a sua volta,
allacciandogli le braccia attorno alle spalle.
Greg lo stritolò in un abbraccio combattendo l’impulso, assurdo,
infantile, incredibilmente sdolcinato, di sollevarlo da terra e
volteggiare per la stanza. Dubitava che Mycroft avrebbe apprezzato. Si
separarono leggermente ansanti.
“Vieni,” lo invitò Mycroft, “puoi fare la doccia mentre aspettiamo la
cena. Non ci vorrà molto.”
“Ok, grazie, My,” rispose Greg.
Mycroft lo accompagnò come se non conoscesse la strada.
“Non saresti dovuto andare a correre,” fece piano, studiando la sua
camminata. “Avresti dovuto tenere il ginocchio a riposo. Hai fatto uno
sforzo a freddo, vero? Un inseguimento?”
Greg annuì: “Un testimone sulla scena di un omicidio che si è messo a
correre quando le domande si sono fatte scomode. Tre PC sotto i
trent’anni e chi è l’unico che gli corre dietro?” Scosse la testa.
Mycroft strinse le labbra e lo guardò con quelle che Greg sperava
fossero preoccupazione e affetto.
“Non stare a scendere di nuovo, ceneremo di sopra. Vado a prendere del
ghiaccio,” gli disse Mycroft, prima di allontanarsi.
“Non era necessario tutto questo,” annunciò Mycroft dopo cena,
smettendo di giocare coi lembi dell’accappatoio di Greg,
allontanandosi, sedendo più composto. “So quello che stai facendo.”
Anche dopo la cena, Greg non riusciva a decidere se parlare.
All’ennesima volta che aveva aperto e chiuso la bocca senza che ne
uscisse suono, Mycroft aveva preso il comando.
“Certo che lo sai,” sospirò Greg con un breve sorriso. “Immagino di non
essere affatto sottile, per un Holmes.”
Mycroft aggrottò le sopracciglia: “Be’, sei venuto a correre vicino a
casa mia, sapevi che il ginocchio ti avrebbe dato problemi. E nessuno
si sarebbe fidato di un’app che prometteva bel tempo, oggi!”
“Ok, sono un imbecille,” ammise Greg. “Ma non sapevo come sistemare le
cose dopo domenica. Non me ne sarei dovuto andare. Mi dispiace.”
“Dispiace anche a me. Non avrei dovuto aggredirti a quel modo.”
“Volevo solo dimostrarti che…io sono tutto tranne che perfetto. E non
ho paura a fartelo vedere. Ma non avrei dovuto insistere perché tu
facessi la stessa cosa,” spiegò Greg.
“Oh, Gregory. La mia reazione- la mia spropositata
reazione-non è stata dettata dal fatto che io non voglia o non sia
pronto a lasciarti vedere le mie debolezze, come dici. Mi hai visto
vulnerabile più di chiunque altro su questa terra.” La mano di Mycroft
tornò sul petto di Greg, infilandosi tra i due lembi di spugna. “Mi hai
visto sudato, mi hai visto senza fiato. Per Dio, Gregory, mi hai
sentito implorare!”
Greg ghignò e afferrò la sua mano portandosela alle labbra.
Mycroft deglutì, poi si schiarì la gola: “Ma nonostante questo, non
viene in mio soccorso nessuna stucchevole romanticheria da novella:
nonostante tutto il mio affetto per te, il resto del mondo non
scompare, quando siamo assieme. Potrei permettere a te di vedere le mie
debolezze e le mie insicurezze, forse, ma il mio cervello non mi
permette di dimenticare quanti, là fuori, devono esserne tenuti a tutti
i costi all’oscuro, devono credermi inarrivabile, inattaccabile,
inamovibile. Uscire a correre con te è una dichiarazione al mondo: non
che Mycroft Holmes può sudare, ma che può essere convinto a fare
qualcosa che non ha mai fatto prima dalla persona che ha accanto.”
Mycroft scosse la testa: “Non voglio spaventarti, non pende alcuna
minaccia su di me o su di noi, perlomeno a Londra. Non sarebbe
pericoloso andare a correre a St. James, ma quando la mia mente mi ha
mostrato le implicazioni della cosa ho reagito in maniera eccessiva. Ne
sono desolato.”
Greg rifletté sulle sue parole, accarezzando il dorso della sua mano
con le labbra.
“Ok, ecco cosa penso,” disse infine. “Questa è una razionalizzazione.
Sei bravissimo a farlo. Se davvero però non ti creasse problemi
condividere le tue debolezze con me, mi avresti detto tutto questo
domenica. Di solito una reazione improvvisa e viscerale del genere
indica che si è toccato un nervo scoperto, con radici nell’infanzia.”
Si interruppe e fece un sorrisetto: “Sto citando Sherlock. Ora la
pianto. Ma sul serio, My, non pretendo che tu condivida qualcosa per
cui non sei pronto, e soprattutto non pretendo che tu lo faccia al
parco, davanti al resto del mondo. Ma quando vorrai farlo, io sarò lì.
Anche perché dove vuoi che vada, con questo ginocchio?” scherzò poi.
Mycroft sorrise un poco.
“É…è un’idea impossibile, per te?” aggiunse Greg.
“Forse è troppo presto,” rispose Mycroft con rammarico.
“Va bene. Va bene, ‘troppo presto’ è molto meglio di ‘impossibile’,”
disse Greg, sforzandosi di mantenere la calma. “Va tutto bene.”
“Ti fermi a dormire? Ho fatto lavare il completo che avevi venerdì, per
il lavoro, domani.”
Greg sorrise: “Sì, sì, certo.”
“Andiamo a letto…”
Anche mentre Mycroft si spogliava, Greg non poteva fare a meno di
sentirsi sulle spine. Ma cosa pretendeva di più? Aveva ricevuto delle
scuse, e una spiegazione: forse parziale, ma valeva comunque oro
rispetto all’atteggiamento di Mycroft le prime settimane, quando
capitava che lasciasse il paese senza avvertirlo.
Mycroft gli diede una rapida occhiata da sopra la spalla, poi si infilò
a letto nudo anche lui, dato che Greg non si era preso la briga di
indossare niente, una volta abbandonato l’accappatoio. Greg gli si fece
vicino appoggiando la spalla contro la sua, la schiena contro la
testiera del letto, e gli affondò il viso nell’incavo del collo,
inspirando e rilasciando un ‘mmmhm’ soddisfatto.
“Mi sei mancato,” disse. “Non sentirti, non sapere se l’avresti presa
bene se avessi provato a chiamarti…”
“Vale lo stesso per me,” gli ripose Mycroft, sollevando una mano e
passandola tra i capelli di Greg. “L’idea di aver rovinato tutto…”
Greg annuì contro il suo collo. Quel pensiero gli era martellato in
testa per tre giorni, prima che si decidesse ad agire.
“Abbiamo sprecato una domenica,” fece. “Credo che dovremmo recuperare
almeno qualche ora,” aggiunse all’orecchio di Mycroft prima di morderlo
e tirarlo piano, una mano che scivolava dietro la sua schiena e l’altra
che si piazzava ben aperta sul suo petto, per cogliere l’accelerazione
del respiro di Mycroft, il rombo dei battiti del suo cuore.
A Mycroft bastava guardarlo per capire quello che Greg voleva: vedeva
le sue pupille dilatarsi, i suoi muscoli tendersi, la sua bocca
socchiudersi; ma Greg preferiva toccare con mano, sentire la pelle di
Mycroft incendiarsi, sentirlo tremare senza pace o abbandonarsi senza
forze. La conoscenza di Mycroft veniva dall’osservazione, la sua
dall’esperienza diretta. A poco a poco, se non avessero fatto cazzate,
le loro conoscenze si sarebbero sommate, sarebbero sfumate l’una
nell’altra. Con pratica, pazienza e attenzione. Greg non avrebbe
rovinato un altro rapporto per mancanza di attenzione, o codardia.
Più tardi quella notte, mentre Greg se ne stava sollevato su un fianco
ad accarezzare la schiena di Mycroft con lunghi movimenti calmi e
decisi, mentre rimetteva sotto controllo i suoi respiri affannati,
mentre rassicurava e calmava e cancellava i residui della loro
frenesia, Mycroft aprì improvvisamente gli occhi.
“Avevi ragione, prima. Non sono stato del tutto sincero,” disse, come
se le parole avessero un sapore leggermente amaro.
“Mh? Sul perché non volevi venire a correre? Sulla ragione per cui ti
ha dato così fastidio?”
“Sì. L’attività fisica non è il mio forte…” cominciò Mycroft, senza
muoversi.
Greg non smise di accarezzargli la schiena.
“Non lo è mai stato, in effetti. Da bambino ero parecchio in
sovrappeso, immagino che tu lo sappia.”
“Già, Sherlock l’ha accennato una volta o due,” mormorò Greg.
O dieci, o venti.
Mycroft fece un verso disgustato come se gli avesse letto il pensiero.
“Comunque, crescendo il mio peso si è normalizzato, ma non ero una
grande atleta da bambino e non lo sono diventato da adolescente. Non
che avessi velleità sportive e neanche grandi aspettative. Ero goffo e
sgraziato.”
“Difficile da immaginare,” commentò Greg.
“Non in maniera eccessiva, come un qualunque ragazzo che sia cresciuto
di venti centimetri in due anni. Ma la cosa mi faceva impazzire. Non
avere il pieno e assoluto controllo del mio corpo…sembrava che i miei
arti cospirassero contro di me, contro la mia mente. Ho sempre cercato
di ovviare al problema con il nuoto e la scherma. Non dico che a volte
il ricordo di quegli anni non mi metta ancora a disagio. Poi, quando ho
iniziato a lavorare, la questione si è fatta più seria. Accanto alla
capacità di prendere repentinamente decisioni complesse da cui poteva
dipendere la morte o la salvezza di qualcuno, be’, c’era anche la
necessità di evitare danni alla mia persona.”
Greg perse quasi il ritmo della sua carezza: Mycroft non aveva mai
accennato prima ai suoi anni di servizio attivo. Ovunque l’avesse
svolto.
“Ovviamente mi sono impegnato al massimo in ogni attività e disciplina
volta alla mia difesa. Ma come per il nuoto e la scherma, ero mediocre,
al massimo…” Mycroft fece una piccola pausa. “Mentre Sherlock eccelle
invece in non meno di quattro diverse tecniche di lotta…”
Greg sbuffò: “Tuo fratello è odioso.”
Si chinò a baciare Mycroft tra le scapole.
“Non è solo una questione di invidia fraterna, bada bene. Non eccellere
in quel frangente mi metteva in pericolo. Detesto il lavoro di gambe
perché ne avevo paura.”
E ora decisamente le parole di Mycroft avevano un cattivo sapore sulla
sua lingua. Le sputava quasi a forza.
“Dio, è normale, Mycroft. Era pericoloso,” rispose Greg.
Mycroft annuì: “In ogni caso, per ovviare al problema, ho preso altre
precauzioni. Ho cercato di sviluppare altri punti di forza. Uno sarà
sempre la sorpresa. E poi ovviamente la capacità di sfuggire al
pericolo con sufficiente prontezza.”
Greg ridacchiò: “Se dovessi trovarti nei guai…”
“Fuggirei di volata.”
“Non ho mai sentito niente di più saggio dalla bocca di un Holmes.”
Mycroft rimase in silenzio un minuto. “Si trattava di una carenza che
non potendo eliminare o colmare ho aggirato. Non ho alcuna necessità di
difendermi personalmente, oggi come oggi.”
“Ma continui ad allenarti,” intervenne Greg.
“Per una serie di ragioni, non ultima l’impari lotta contro la genetica
e l’età che avanza. Dopo anni, quasi mi piace, correre. Ma in casa, al
sicuro. Domenica, la tua proposta…ha fatto riaffiorare la paura, per un
attimo, con tutto il suo contorno di inadeguatezze.” Mycroft sospirò:
“È stato sciocco e irrazionale. Me ne scuso ancora.”
“Non devi,” mormorò Greg. “Non immaginavo una cosa così seria. Non
l’avrei mai capito, se non me l’avessi detto.”
“Come avresti potuto?”
“Be’, grazie per avermelo detto,” sorrise Greg.
Scivolò più vicino e avviluppò Mycroft stretto, cercando di
addormentarsi, visto che il giorno dopo tutti e due dovevano lavorare.
E sarebbe stato molto più facile evitare di restare svegli a fissare il
soffitto, quella notte. Perché a quanto pareva ‘troppo presto’ non
indicava un momento poi così lontano nel tempo.
Note:
Grazie di aver letto fin qui:)
Questa storia si inserisce nello stesso universo di ‘Domus est ubi cor
est’. Pensavo di creare una raccolta di storie brevi, non
necessariamente in ordine cronologico, sempre che l’ispirazione mi
assista.
Mi farebbe piacere qualche commento, perché sono abbastanza perplessa
del risultato: questa storia era partita per essere praticamente solo
dialogo, ma la seconda parte non si prestava abbastanza a quello stile,
così l’ho rimaneggiata dall’inizio. Il finale mi sembra un po’ tronco,
e a forza di rileggere non riesco più a rendermi conto se il ‘litigio’
abbia senso o meno. Grazie in anticipo se vorrete darmi qualche parere!
|