Come si amano certe cose oscure

di darkrin
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Note: - è nato tutto da un pensiero: quando iniziamo una nuova relazione con una persona, ripetiamo, con essa, gli stessi gesti che abbiamo ripetuto centinaia di volte con altri. Cambia il ricevente, non il gesto. E se a qualcuno questo non andasse bene? Se qualcuno non riuscisse a non vedere i fantasmi di chi è già stato soggetto d quegli stessi gesti? Quello stesso amore? E poi Eracle ha alzato la testa ed è tutto degenerato da lì. 
- modern!au, badwrong, non fidanzatevi con persone come Eracle, pliiis. 
- il titolo è un verso di: "Fuochi artificiali" di Le luci della Centrale Elettrica.
 



- Ogni tanto vorrei cavarti gli occhi e indossarli come una collana. –
Lo afferma, con lo stesso tono con cui qualcun altro avrebbe detto: penso che oggi pioverà o: prenderò questo panino stasera.
Piper si ferma sulla soglia dell’appartamento che hanno appena varcato, mentre la porta si richiude lenta dietro di lei. Eracle si volta a guardarla da oltre la spalla. Nella penombra invernale del corridoio il suo volto sembra essere fatto di spigoli bianchi e ombre nere che si mischiano con quelle del giubbotto di pelle che indossa.
-Non mi dire che ora hai paura – la tenta, con un sorriso che sembra il foro di una pistola.
Piper scuote il capo. I capelli umidi di pioggia lanciano minuscole goccioline che si infrangono contro le pareti e contro l’elegante abito da cerimonia che indossa.
- Come la tua collana di perle – aggiunge l’uomo, con un gesto leggero della mano.
C’era una festa a casa dei Grace – champagne nei calici tintinnanti di politici ed imprenditori, risate soffuse sulle gote di donne d’affari ed attrici, roteanti vassoi d’argento tra le mani di camerieri e sommelier – che nessuno doveva sapere avessero lasciato insieme per tornare in quella casa che Piper non vorrebbe conoscere così bene.
- Non è divertente – sibila.
Il foro sulle labbra di Eracle sembra allargarsi e diventare un buco nero, una voragine, un vuoto pronto a divorarla.
- Non volevo esserlo – risponde.
 
***
 
Eracle le accarezza le guance, gli zigomi, le labbra dischiuse sulle sillabe del suo nome, le ciglia scure come le piume che Piper ha nascosto tra i capelli e ripensa agli occhi della donna rivolti verso Jason. Alla piega che le si formava agli angoli delle orbite e che sembrava ammorbidirle tutto il volto, quando lo guardava.
Mentre affonda dentro di lei, Eracle conta le parole, i gesti – la smorfia che le storce le labbra al mattino, i messaggi che gli scrive, la foto che gli ha scattato un pomeriggio d’inverno - che Piper gli rivolge e che un tempo erano pieni solo di Jason, che ora forse le ricordano Jason. Stringe i denti, mentre immagina di poter raschiare via il ricordo di suo fratello da ogni sorriso, da ogni mormorio, da ogni azione, da ogni osso della donna che geme e s’inarca sotto di lui.
Eracle viene con il nome di Piper tra i denti e l’immagine dei suoi occhi puliti, liberi, nuovi intorno al suo collo, contro il suo petto.
 




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