Salutato
il messaggero e chiusa la porta della sua abitazione, Luco entra e si
siede su una sedia, una lettera stretta nella mano destra.
– Che
cosa vogliono comunicarmi dal Grande Tempio? – si domanda,
perplesso. Da quando si è ritirato nel suo volontario
eremitaggio, tutto dedito al suo sogno di guaritore, le comunicazioni
a lui giungono con lentezza e si concentrano in occasione di
particolari festività.
Tuttavia,
Lugonis, suo fratello maggiore, ha sempre cercato di fargli avere sue
notizie, nonostante la sua non facile posizione.
Il
guaritore si intristisce e un sospiro fugge dalle sue labbra. Tutti e
due, pur seguendo strade diverse, hanno deciso di servire l’umanità,
ma tale scelta li ha portati ad allontanarsi l’uno dall’altro,
malgrado il loro legame sia rimasto saldo e immutato nei loro animi.
Al
contrario suo, Lugonis ha scelto la strada della guerra e questo lo
ha condannato ad una esistenza di dolore e solitudine.
I
suoi occhi verdi, un tempo così vivaci, sono ombreggiati da
una perenne malinconia, appena attenuata dall’amore filiale del
suo giovane allievo, Albafica.
– Toglierò
quella maledizione dal tuo corpo, fratello mio. Riuscirò a
darti la possibilità di vivere una vita degna di essere
vissuta. – mormora e un leggero sorriso solleva le sue labbra.
Il rituale di Pisces ha stroncato la vita del precedente custode
della Dodicesima Casa dello Zodiaco, maestro di Lugonis, che si è
spento tra le sue braccia, sotto i suoi occhi disperati.
E
tutto questo è accaduto a causa del sangue velenoso, che, fin
da tempi remoti, ha deciso la sorte di coloro che desiderano
proteggere l’estrema casa dello Zodiaco, ultimo avamposto,
prima delle stanze del Grande Sacerdote.
Tale
evento ha condizionato la vita del suo amato fratello, che si è
rinchiuso in un triste eremitaggio, pur di non danneggiare alcuno.
Ricorda
bene la cerimonia funebre, durante la quale il precedente Gold Saint
di Pisces è stato sepolto nel cimitero del Santuario, e il
volto di Lugonis, contorto in una maschera di pena e sofferenza.
Certo,
è riuscito a non farsi divorare la mente e il cuore dal dolore
e dal rimorso, ma tale sentimento non lo ha mai abbandonato.
Pur
incolpevole, si è condannato ad una pena troppo severa.
E
lui, Luco, si è ripromesso di strappare il suo unico
famigliare rimasto ad un fato privo di senso.
Con
passo lento, l’uomo si avvicina ad una candela e comincia a
visionare l’epistola.
– Non
è possibile… – sussurra. Quelle parole, che
nereggiano crudeli contro il biancore sinistro della carta,
trafiggono il suo cuore, come la lama di un pugnale.
Lugonis,
Gold Saint di Pisces, è morto.
Il
rituale di Pisces lo ha ucciso.
Albafica
è il nuovo custode della Dodicesima Casa dello Zodiaco
Luco,
con uno spasmo istintivo e involontario, stringe le dita attorno ai
fogli, come un naufrago si aggrappa ai relitti sparsi della nave
nella furia di una tempesta. No, non riesce a credere a quelle
parole, che pure nereggiano sinistre sulla carta, quasi vogliano
macchiarla con la loro crudele verità.
Gli
sembrano un insulto al loro legame e ai suoi tentativi di guarire suo
fratello da quell’orrorifica maledizione.
Non
vuole accettare quella verità che, implacabile, si pianta
nella sua mente.
Risuona
come una melodia crudele e gli procura dolori strazianti, che si
irradiano in ogni parte del corpo.
E
nessuno dei suoi potenti filtri potrà lenire tali, indicibili
tormenti.
Tutto,
in quel momento, gli sembra ingiusto, crudele, insensato.
– Lu…
Lugonis è morto… Lui è morto… Perché?
Non ho fatto in tempo... – balbetta, gli occhi stralunati e la
voce strozzata, ridotta ad un flebile e lamentoso sussurro. Alla
morte dei loro genitori, lui si è preso cura di lui e lo ha
sempre incoraggiato a perseguire i suoi sogni.
Anzi,
quando gli ha rivelato il suo desiderio di guarire le persone dalle
loro malattie, si è rallegrato.
Evidentemente,
vedeva nella sua decisione la limpida manifestazione di un animo
generoso, insofferente alle ingiustizie.
Ma
a cosa è servita la sua maestria nella medicina?
Con
un gemito di dolore, l’uomo si piega su se stesso, la mano
stretta attorno al petto e il volto distorto in una maschera di
sofferenza. Desidera urlare, ma la voce è come ferma in gola,
incapace di uscire all’esterno.
– Ho
fallito… Non sono riuscito a mantenere la mia promessa... –
soffia e, d’istinto, stringe le lunghe dita a pugno. In un
giorno d’estate, aveva promesso a Lugonis, provato da lunghi
anni di eremitaggio e sofferenza, che lo avrebbe salvato da quel
destino di solitudine.
E
lui, il cuore colmo di gratitudine, si era lasciato andare e lo aveva
abbracciato, ringraziandolo di tale premura.
Luco,
meravigliato, aveva ricambiato tale abbraccio. Come poteva non
bramare la felicità di un uomo tanto gentile e generoso come
Lugonis, che aveva rinunciato alla sua serenità, in nome di un
ideale tanto alto e aspro di giustizia?
Per
lui, ogni persona, anche la più ignobile, merita di essere
curata dal flagello della malattia.
Avrebbe
curato anche il peggior criminale, figurarsi un uomo come lui!
Inoltre,
suo fratello maggiore si era sempre preso cura di lui, mettendo in
secondo piano la sua serenità.
Aveva
sempre occultato il suo dolore e la sua pena dietro una maschera di
stoica rassegnazione.
E
lui, Luco, non aveva saputo ripagare gli anni di affetto sincero,
libero da qualsiasi ombra.
– Non
ho mantenuto la mia promessa… – sussurra, il corpo
scosso da brividi. A nulla sono servite le lunghe e faticose notti
trascorse sui libri di medicina.
Le
sue veglie e la sua dedizione non hanno sconfitto il crudele destino
legato alla costellazione di Pisces.
Anzi,
tale sorte ha divorato la vita di Lugonis, come un mostro famelico.
Luco
si copre gli occhi con le mani e si abbandona al pianto. Sa di non
meritare tale conforto, ma la disperazione distrugge le difese del
suo cuore e della sua mente.
Lugonis
è l’ultimo membro della sua famiglia d’origine,
perita a causa di una scorreria di briganti, e ne ricorda bene
l’affetto e le premure.
E’
sempre stato lui a consolarlo, durante le sue lunghe notti, straziate
da quei terribili ricordi.
Con
lui, ha perduto ogni legame con la sua vita passata.
Lui,
Luco, il guaritore capace di curare ogni malattia, ha fallito.
Nulla
più gli resta tra le mani, se non la consapevolezza della sua
inutilità.
La
sua esistenza a nulla è servita.
A
cosa sono servite le sue enormi capacità?
Gli
isolani lo onorano come un dio, eppure, in questo momento, tale
riguardo gli sembra vano.
Anzi,
è un’offesa alla giustizia.
Suo
fratello riposa nella terra di Grecia e solo una lapide ricorda la
sua esistenza, spesa in nome di un ideale tanto bello quanto crudele.
– Pa…
Padrone… Si sente male? Che succede? – domanda una voce
infantile flebile, risuonante di timore.
L’uomo,
lento, si volta e i suoi occhi stralunati, umidi di lacrime, si
riflettono nelle iridi cerulee di Peukos, lucide di preoccupazione.
Ai
suoi piedi, sul pavimento, dimenticate, giacciono delle erbe e dei
fiori policromi.
Confuso,
il guaritore fissa il suo assistente. Quando è entrato nella
casa?
Peukos,
di solito, è vivace e rumoroso e il suo sorriso illumina ogni
ambiente.
Eppure,
in quel momento, non è riuscito a sentire nulla.
Gli
è sembrato di essere precipitato in un abisso privo di luce.
Un
effimero sorriso solleva le sue labbra. Se fosse entrato un guerriero
a lui superiore, avrebbe potuto prendere la sua vita senza alcun
problema
Il
bambino, timoroso, fa un passo, poi si blocca. Cosa è successo
al suo padrone?
Che
cosa lo ha fatto stare male?
E
come può lui, ancora all’inizio del suo apprendistato,
aiutarlo?
Gli
fa male vedere Luco così tormentato e triste, ma, per quanto
si sforzi, non riesce a trovare un modo per rimediare.
– State
male per colpa mia? – balbetta poi, sempre più
angosciato. Ne è sicuro, deve avere agito male.
Lo
stato del suo maestro è colpa sua.
Ma
cosa ha fatto?
Non
gli sembra di avere sbagliato…
Sentendo
quell’invocazione accorata, Luco solleva la testa e i suoi
occhi incontrano le iridi chiare del bambino, tremolanti di spavento
Per
alcuni istanti, lo guarda, poi un mesto sorriso balena sul suo viso.
– Povero
Peukos… – sussurra, una luce d’amarezza negli
occhi, rossi di lacrime. Non ha compiuto nessuna mancanza, anzi è
mostrato un assistente diligente e desideroso d’apprendere…
Ma,
in quel momento, straziato dal dolore, non si è curato di lui.
L’oscurità
ha avvolto la sua persona, quando è venuto a conoscenza
dell’infausta sorte di Lugonis.
Gli
è sembrato che ogni parte della realtà svanisse,
ingoiata da quell’abisso tormentoso.
Quasi
con fatica, si alza, si avvicina a Peukos e gli posa la mano destra
sulla testa, in una lieve e carezza affettuosa.
Il
piccolo spalanca gli occhi, sorpreso. Sembra che il maestro non lo
incolpi di nulla…
Ma
la domanda resta nella sua mente.
Che
cosa è successo?
– Non
preoccuparti… Tu non mi hai dato alcun motivo per sentirti in
colpa, Peukos. Ciò che mi fa male, non dipende da te. –
spiega, la voce flebile e stanca.
Il
bimbo tace. Il suo padrone non desidera confidarsi con nessuno e lui
rispetterà il suo desiderio.
– Posso
aiutarla in qualche modo? – chiede. Desidera essere utile al
suo padre adottivo, ma non sa cosa fare.
Come
può alleviare, anche se per poco, le sue sofferenze?
Luco
accenna ad un sorriso. Quanta bontà è celata nel cuore
del suo piccolo allievo…
– Resterai
con me? – domanda. Forse, il suo assistente può dare una
direzione ad una vita che gli sembra priva di uno scopo…
Lui
desidera diventare un guaritore e le sue conoscenze possono
giovargli.
Peukos,
per alcuni istanti, resta immobile, come sorpreso.
Poi,
comprende e un sorriso ravviva il suo viso.
– Resterò.
Non temete, padrone. –
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