Analisi di un Assassino

di supercake
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Cella n. 0059
Matricola Paziente: 00984
Livello detenzione: Massimo-in fase di elaborazione
 
La cella era angusta ed emanava un costante sentore di umido, che a Jonathan ricordava il capanno del fieno della sua dimora d’infanzia. Quando suo padre tornava a casa in preda ai fiumi dell’alcol era solito rifugiarsi in mezzo al maggengo, agostano o grumereccio, a seconda della stagione.
Stava lì, da solo, a volte anche per tutta a notte, portando con sè una torcia e un libro. Amava immergersi nella Londra Vittoriana di Stevenson, quella del dottor Jekill e Mr Hyde, oppure seguiva con trepidazione le disavventure del suo omonimo Harker alle prese con Dracula. Adorava profondamente il romanzo Gotico, quel sentore di marcio, quell’orrore non fisico ma psicologico, la nevrosi dell’età industriale e il disorientamento dell’età moderna gli ricordavano in qualche modo Gotham, la sua città, la sua tela.
Il piccolo Jonathan si rifugiava lì e leggeva.
Leggeva per non sentire le urla di sua madre mentre veniva picchiata e stuprata.
Leggeva perché era più semplice per lui affrontare la notte temendo un qualche mostro gotico piuttosto che suo padre.
 
 
 
“ Crane, è ora di ricreazione!”
 
La guardia lo stava osservando dal vetro, sembrava impaziente. Crane lo scrutò un secondo.
 
 33 anni. Si è Sposato appena uscito dal liceo, probabilmente perché lei è rimasta incinta del primo figlio. Era un atleta, voleva fare il college tramite borsa di studio sportiva ma la vita lo ha incastrato, così ha smesso di allenarsi e si è lasciato andare. Si dimostra impaziente perché fumatore. Appena mi avrà scaricato in sala comune ne approfitterà per andare a farsi una sigaretta. Quale mai sarà la tua paura più nascosta agente?
 
Si alzò dal letto, aspettò che la guardia gli mettesse le manette e la seguì lungo il corridoio fino ad arrivare alla cosiddetta sala di ricreazione.
Era una sala abbastanza spoglia con 2 divani ammuffiti posti di fronte a un televisore di pessima qualità, una decina di tavoli e panche grigie, ancorate a terra. Non c’erano finestre, solo una vetrata che dava sulla guardiola degli agenti della massima sicurezza.
Crane perlustrò i dintorni e scorse Cobbelpot intento a fare un solitario a un tavolo, vicino a lui invece c’era un individuo con la testa nascosta tra le braccia, che riconobbe essere Dent.
Cobbelpot si voltò verso Crane facendogli cenno di sedersi con loro.
Oswal Cobbelpot, in arte il Pinguino, era un ometto mingherlino, con il naso adunco e gli occhietti scuri e liquidi. I capelli neri erano visibilmente sporchi e schiacciati sulla fronte, la sua postura era curva e tendeva, camminando, a trascinarsi dietro la gamba sinistra, conferendogli quella movenza che in seguito  diede spunto per il suo nome d’arte. Nonostante l’aspetto fisico era risaputo ormai da tempo che non fosse minimamente da sottovalutare. Era un sadico opportunista bramoso di potere, e si diceva che fosse stato lui a tirare le fila della guerra tra le famiglie mafiose arrivando a istigare al suicidio Alberto, il nipote prediletto di uno dei boss della malavita di Gotham, Carmine Falcone. Trovarono il ragazzo impiccato, che ondeggiava su un palco da cabaret in un bar che apparteneva alla famiglia Marone. Era nudo, il corpo martoriato da tagli e ustioni da sigaretta, probabilmente si era tolto la vita per far terminare quella tortura.
 
Un piccolo capolavoro Oswald, te lo concedo.
 
Si consumò così una strage tra le due famiglie, e quando Gotham rimase senza un solido pugno di ferro a controllare i criminali, Cobbelpot fu ben lieto di ergersi a salvatore e condottiero della causa.
Era un burattinaio che tirava le fila di una tragedia.
Soldi e potere. Ecco gli unici chiodi fissi del pennuto.
 
La sua più grande paura: perdere.
 
“Crane vecchio mio come te la passi?”
 
“Non c’è male Oswald. Non c’è male.”
 
Lo sguardo di Jonathan era però attratto dalla figura di Harvey, che continuava a tenere la testa nascosta senza voler minimamente partecipare alla conversazione. Dent non era un tipo particolarmente socievole, ma neanche particolarmente scontroso, era un connubio di entrambi in effetti, cambiava a seconda di quale faccia ti rispondeva. Certo però che non era tipo da stare zitto, eppure era lì, sembrava quasi un bambino durante la pausa pisolino. Patetico in effetti.
Pinguino fece una smorfia nella sua direzione.
 
“Brutta storia Crane, brutta storia credimi. La sua strizzacervelli, una certa Ruth Adams mi pare, si è messa in testa di voler risolvere l’ossessione per il dualismo di Harvey. Ricordi il suo dollaro d’argento deturpato da un lato e intatto dall’altro? Bene. La Dottoressa Adams ha deciso di disabituarlo alla moneta e fornirgli unicamente un dado. Sei possibilità di decisione invece che due. Ma ora inizia a fare fatica nel prendere pure le decisioni più semplici. Gli sta andando completamente in pappa il cervello te lo dico io!”
 
Jonathan continuò a guardare Dent. I capelli erano intrisi di sudicio, e la divisa emanava un odore acre di latrina. Quasi gli dispiaceva per lui.
 
“A proposito! Ho delle informazioni fresche di giornata. Sai per caso qualcosa riguardo chi hanno portato la scorsa mattina qua dentro a marcire con noi?”
 
Crane fece no con la testa.
 
“Ivy?”
 
“Ah! Ti piacerebbe Crane! No quella giardiniera è ancora a piede libero. Buon per lei. Io mi riferivo piuttosto al nostro amico clown. Quello schizzato è stato portato dentro dal pipistrello in persona. Alcuni miei informatori mi hanno riferito che le circostanze non sono state propriamente normali. Non so se mi spiego.”
 
“Quali circostanze?”
 
“Quelle della cattura intendo… Per quanto ne sò non aveva complici, solo una decina di ostaggi e qualche bomba piazzata agli estremi della piazza, ma comunque niente di particolarmente eclatante. Non è nel suo stile capisci? C’è qualcosa che mi puzza, o forse sono io che mi faccio troppe paranoie e semplicemente il clown finalmente sta perdendo colpi.”
 
“O forse era proprio questo il suo piano”. Lo interruppe Jonathan.
 
“Pensaci Oswald, sarebbe nel suo stile farsi chiudere qui con noi per chissà quali malati scopi.”
 
E fu in quel preciso istante che Crane la vide. Fu un guizzo di un secondo che brillò negli occhietti maligni del Pinguino. Un lampo di un attimo che però lo portò in estasi. Lo spaventapasseri che era in lui cominciò a far risvegliare gli arti e le dita come se fossero rimaste sopite fino a prima. L’aveva percepita e bramata.
Era lei, bellissima come sempre.
Negli occhi di Cobbelpot aveva percepito Paura.
 
 
 
 
 
 
 
 
Ho trovato una grande soddisfazione a descrivere questi tre. Voglio che la storia non sia incentrata unicamente su Harley o il joker, ma che coinvolga tutti i miei criminali preferiti.
Vorrei precisare che Pinguino nella mia descrizione è giovane e fisicamente richiama quello della serie TV Gotham.
Crane invece mi piace pensarlo calmo.
E Harvey invece è interamente tratto da uno dei miei fumetti preferiti: Arkham Asylum.




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