Allora, prima di tutto ci tenevo a dire che ho scritto
questa storia un bel pò di tempo fa e che, ora che è
estate e ho tempo, sono curiosa di vedere un pò che
ve ne pare... Attenzione, qualche personaggio (tipo il
protagonista! XD) potrebbe parvi leggermente OOC, è per
questo che ho preferito inserire l'avvertimento.
Una volta detto questo, buona lettura.
Innamorato per Caso
So she said what's the problem baby
What's the problem I don't know
Well maybe I'm in love
Think about it every time
Can't stop thinking 'bout it
How much longer will it take to cure this
Just to cure it cause I can't ignore it if it's love
Makes me wanna turn around and face me
but I don't know nothing 'bout love
Accidentally in love – Counting Crows
********************
Da un
po’ di tempo a questa parte, ossia da quando mi sono finalmente svegliato, ho
sempre la tentazione di presentarmi con una bella frasetta
ad effetto: «Ciao, sono Kai Hiwatari e sono un idiota.». Pensate un po’ che roba.
Beh,
credo mi internerebbero subito in un ospedale
psichiatrico visto che io, in genere, sono un tipo che non parla molto. Prima credo che Takao direbbe –
possibilmente sgranocchiando qualcosa, conoscendo il soggetto – che è la frase
più lunga che mi ha mai sentito dire in cinque anni d’amicizia, poi mi
ricoprirebbe di domande.
Ma io non ne voglio
parlare. Vi basti sapere che sono Kai Hiwatari, e che sono un idiota.
Ovviamente
vi starete chiedendo il perché, e io vi rispondo. E
con due parole: Hilary Tachibana.
La
conoscete, eh? Ma sì, quella brunetta con gli occhi marroni,
le gambe lunghe e affusolate, il sedere alto e – okay, stop.
Normalmente
non dovrei parlare di lei in questi termini. Anche perché, se lo sa Takao, mi mangia. Letteralmente. Mi mette in mezzo alla sua
cena e mi digerisce. Il tipo ha uno stomaco talmente d’acciaio che potrebbe
farlo senza ombra di dubbio.
Figuriamoci,
da un po’ di tempo a questa parte – esattamente da quando è avvenuto il
patatrac – quando si parla di Hilary diventa peggio di
papà castoro: non che si metta a raccontare delle storie per farla stare buona,
ma poco ci manca, credetemi.
Da
quando è successo quello che è successo, ogni volta che Hilary ci viene a
trovare qui a casa Kinomiya, ecco che Takao viene posseduto dallo
spirito della Santa Inquisizione – ma si, quello del diciassettesimo secolo! –
e le fa tutte le domande che gli vengono in mente, finendo sempre per essere
spiaccicato al muro da quella furia dai capelli color cioccolato.
Sento
il cancello cigolare, segno che si è aperto. “Buongiorno!” una voce dolcissima
mi fa alzare lo sguardo e, come al solito, sprofondo
in quegli occhi marroni che conosco benissimo e che non smetterò mai di
ammirare: per qualche idiota, degli occhi castani sono occhi castani. Basta,
stop, punto.
Beh, a dir la verità lo pensavo anche io, prima di conoscere lei.
Poi l’ho incontrata e, da quattro anni a questa parte, ogni giorno ammiro
quegli occhi e ogni sfumatura che li attraversa.
Mi
piacciono proprio, li adoro: innanzitutto, per il taglio. E lei ha un taglio
bellissimo: occhi grandi e a mandorla; poi le iridi hanno un colore
particolarissimo: color cioccolato con qualche sfumatura dorata che le rende
ancora più brillanti. Ma non saprei dire se le
preferisco così, al naturale, oppure quando andiamo al mare e il sole si
riflette nei suoi occhi, entrandovi dentro come a voler far parte anche lui di
quello spettacolo. E così, al sole forte del mare, i suoi occhi diventano color
oro, vispi e bellissimi come sempre. Occhi da gatta. E io adoro i gatti, lo sapete, no?
“Ehi, Kai!” con un sorriso radioso mi si avvicina e mi bacia la
guancia.
Io
sento tutto: quel profumo che sa così di lei farsi sempre più vicino, le sue
labbra morbide premere contro la mia guancia, la solita scossa che sento quando
ci sfioriamo che mi attraversa, e la parte sfiorata da lei bruciare di un fuoco
che non fa male; è più come lava incandescente che si nasconde, ma scorre
inesorabilmente sotto la pelle.
“Accidenti!”
esclama, ridendo e allontanandosi. Deve averla sentita pure lei, quella piccola
scarica elettrica, ne sono sicuro. Poi tira fuori dalla busta bianca che porta
in mano un cornetto e me lo porge. “Tranquillo, non l’ho fatto io!” mi fa, schiacciandomi l’occhiolino, accennando alle sue
disastrose capacità culinarie.
Con un
cenno la ringrazio, poi inizio a mangiarlo, visto che ho fame: mi sono alzato
presto questa mattina, scoprendo che il frigorifero era praticamente
vuoto, visto che ho sentito Daichi e Takao alzarsi per uno spuntino,
questa notte.
Mi
accorgo solo quando la vedo entrare che ha anche dei sacchetti, nelle mani. Mi
alzo: chissà cos’ha avuto in mente…
Entro
subito dopo di lei e sorrido impercettibilmente quando la vedo riempire il
frigorifero: ha fatto la spesa! Ma come diavolo faceva
a sapere…
“Sai,
sarei venuta prima se non avessi incontrato la signorina Rumiko.”
Mi dice, mettendo nel frigo delle lattine di birra. “Figurati,
mi ha detto di aver visto, verso le due di notte, la luce della cucina accesa.
È stato per questo che ho deciso di comprare qualcosina
all’alimentari qui all’angolo. Lo
stretto indispensabile, perché non avevo molti soldi con me…” fa, stringendosi
nelle spalle, come a scusarsi. Io sto zitto: parlare non è nel mio
stile.
La
osservo mentre prende un piatto dalla credenza e vi posa gli altri cornetti in
maniera coreografica. Canticchia tra sé e sé un motivetto e i capelli, legati
in una coda, si muovono a tempo con i movimenti appena percettibili della
testa.
I suoi
occhi brillano e, quando incontrano i miei, il sorriso che mi regala le
illumina il viso come un lampo di sole.
La
porta scorre e non ho bisogno di voltarmi per riconoscere i passi di Rei, il
mio migliore amico.
“Kai, Hilary, che ci fate qui?” chiede, entrando in cucina.
“Sono
arrivata cinque minuti fa.” Spiega lei, accompagnando con le dita una ciocca di
capelli ribelle dietro l’orecchio; poi gli racconta della nostra vecchia vicina
di casa zitella, e sento Rei ridacchiare.
“Hai
fatto benissimo, sei stata gentile.” La ringrazia. “Posso prenderne uno?”
chiede poi, accennando ai cornetti. “Ho piuttosto fame.”
“Ma certo!” fa Hilary, prendendosi un bicchiere di vetro
dalla credenza. “Li ho comprati per voi!”
“Ah,
allora posso stare tranquillo!” scherza il mio migliore amico, beccandosi un
fazzoletto appallottolato in piena testa.
Hilary
gli mostra la lingua, fingendosi offesa. “Ma guarda un po’ te
che devo sentire!” esclama, mettendosi le mani sui fianchi. “E, comunque, ti informo che il mio corso procede alla grande! Giuro che quando finirà – ossia tra due mesi – vi preparerò una
cenetta per dimostrarvi i progressi!” dice, riferendosi allo scherzo che Takao le ha fatto quattro mesi fa quando, per il suo
compleanno, le ha regalato un corso di cucina di sei mesi.
Hilary
l’ha presa come una sfida, e lo sta frequentando veramente. Ovviamente si è già
vendicata, regalando a Takao, il mese scorso, due
pillole di viagra.
Daichi e Max lo
stanno ancora prendendo in giro.
Mentre
la guardo scambiarsi frecciatine con Rei, noto qualcosa luccicare al suo
braccio destro. So bene cos’è: è il bracciale d’argento che le ho regalato io.
Mentre Takao risparmiava per regalarle quel corso di cucina, io mi
ero accorto che lei passava tutti i giorni davanti la
vetrina di una gioielleria, e che contemplava sempre quel bracciale che poi io
le ho comprato.
Quando lo ha scartato, ricordo che lo ha preso in mano come se non
credesse ai propri occhi, e ha chiesto a sua madre di metterglielo con le mani
che tremavano; poi mi ha guardato con gli occhi brillanti ed è corsa ad
abbracciarmi. Ricordo che sentire il suo corpo premere contro il mio per la
prima volta, e le sue braccia attorno al collo era
stata un’emozione fortissima, che non credevo di poter provare. Quando poi
premette le sue labbra sulla mia guancia, credetti di
essere in paradiso.
Mi
bisbigliò un ringraziamento alle orecchie, poi mi sorrise ancora. Ricordo di
essermi accorto che i suoi occhi splendevano, non si limitavano
a brillare. Era stato come se le stelle luminose di quella sera avessero deciso
di trasferirsi lì di proposito, affinché tutti potessero ammirarle meglio.
“Cos’è tutto ‘sto casino?” biascica una voce familiare.
Hilary
si volta verso la porta della cucina. “Oh, vi siete svegliati!” con ampie
falcate, giunge verso la porta e butta le braccia al collo a Takao, scoccandogli un bacio sulla guancia. Gli sussurra
qualcosa nell’orecchio e lui le dice qualcosa che gli vale una pacca sulla
spalla.
Takao ride ed
entra, seguito dagli altri; si sono svegliati tutti, persino Daichi. Vedendo i cornetti, ognuno fa la stessa battutina
che ha fatto Rei; Hilary finge di esasperarsi, ma poi
ride con gli altri.
I
ragazzi fanno colazione insieme, con me che li osservo. Le loro chiacchiere e
le loro risate si mescolano, si confondono tutte in un allegro insieme; è la
risata di Hilary che non si confonde che, squillante e bellissima com’è, non
riesce ad integrarsi, ad immettersi nella mischia.
È come
uno squillo di trombe, un trillo di campanelli: non c’è altro che possa farmi
sentire il cuore così leggero.
“Okay,
adesso che ne dite di allenarci un po’?” propone Takao,
alzandosi in piedi. Tutti annuiscono e si alzano; io faccio lo stesso. Vedo Max
porgere la mano a Hilary per aiutarla ad alzarsi e lei dedicargli un sorriso.
Okay,
adesso basta guardare lei; basta pensare che Max è
dannatamente fortunato; basta continuare a desiderare che i suoi sorrisi
siano tutti rivolti a me.
…
Ma chi
voglio prendere in giro?! Non posso, non riesco, non
voglio non guardarla più. Oramai non ci riesco nemmeno, quindi neanche ci
provo.
È come
se fosse una calamita; ormai la mia testa e i miei occhi si muovono da soli, la
cercano in maniera automatica.
In
giardino ci dirigiamo verso il piccolo campo di beyblade,
e subito Takao mi si piazza davanti. “Partitona?” mi fa, con un sorriso che mostra tutti i suoi
trentadue denti.
Io lo
guardo: è sempre stato il mio sogno batterlo ufficialmente ad
un torneo di beyblade, e un’esercitazione non mi farà
certo male. Quindi scrollo le spalle, ma lui, che è
mio amico da tanto, sa bene che ho accettato.
Ci posizioniamo davanti il campo, e lanciamo i beyblade. Dranzer attacca Dragoon ripetutamente ma, quando Takao
ordina al suo beyblade di contrattaccare, il mio bey
perde spazio. Io non mi arrendo e cerco di pensare ad
una strategia. Quando la elaboro, è Dragoon a
vacillare, questa volta e, con la coda nell’occhio, vedo Hilary aiutare il prof
a raccogliere dei dati.
Ad un certo punto,
un rumore fastidioso mi giunge alle orecchie.
Oh, no.
Ditemi che è un incubo, vi prego.
E,
invece, non lo è.
Vedo
una macchina rossa, sportiva, fermarsi davanti al cancello di casa Kinomiya. A bordo c’è il coglione più coglione della terra,
che guarda verso di noi con aria strafottente e il ghigno di chi sa che è
riuscito ad avere qualcosa che io in particolare ho rifiutato. E, ahimè, non ha
tutti i torti.
Vedo
Hilary alzarsi con un sorriso e correre verso la macchina. Si sporge verso lo
sportello per baciarlo (e io distolgo lo sguardo
stringendo i pugni) e il coglione le dice qualcosa. Lei annuisce e torna da
noi.
“Ragazzi, io vado. Sonny ed io andiamo alla festa in piscina di un suo amico.
Ci vediamo domani, okay?” ci manda un bacio con la
mano, poi si volta ed io la guardo salire sulla macchina, sbuffando.
Io sono
un fascio di nervi. Avrei voglia di sbattere la testa al muro e dirmi da solo
quanto sono idiota, tanta è la rabbia.
Anche
se l’allenamento non è finito, richiamo Dranzer e lo
conservo.
Sonny. Che diavolo
di nome è Sonny?! Un nome da
coglione, ecco che nome è!
I miei
compagni d’avventura mi guardano, ma non commentano; sanno già, sanno tutto.
Giro
sui tacchi e me ne vado, senza dire niente, dritto verso il belvedere. Lì
riuscirò a pensare e a tormentarmi per benino.
Continua…