I've
Il
secondo giorno sta giungendo al suo termine.
In
volo sopra il palazzo di Liones, Elisabeth osserva passivamente la notte
scolorire nell’alba.
Visto
dall’alto, il cambiamento è innegabile. Il tempo trascorso diventa una realtà
impossibile da rifiutare. La Britannia che lei conosceva non esiste più e di
essa rimangono unicamente macerie e desolazione.
3000
anni. Cosa sono tre giorni di coscienza se non briciole, al confronto? E cos’è
il suo dolore comparato a quello di lui se non una pallida rifrazione?
“A
cosa stai pensando?”
Elizabeth
non si volta immediatamente. Si sente raggelare e non è a causa della brezza
del primo mattino. Vorrebbe rispondere con onestà, ma in un momento simile
sarebbe solo crudele, un atto di puro egoismo. Non è ovvio a cosa stia
pensando? Non è ovvio, quando ogni pensiero di tormentata lucidità è destinato
a lui?
A lui. “Al tempo.” Ogni suo secondo
minuto ora. Lo sente scorrerle dentro, ne sente gli effetti nocivi, lo sente pulsare
come un miasma che sta infettando ogni parte di lei, ogni angolo della sua anima.
Contro
un fondale di nuvole, il volto di Merlin rimane impassibile, i suoi occhi però
raccontano una storia diversa. E’ una tristezza antica e assordante nel suo
silenzio, struggente. “Creatura infida,” la sente commentare.
“Merlin.”
Le sue ali le si stringono contro il corpo come l’abbraccio di un amante. Come
sarebbe l’abbraccio di lui. Nonostante il groppo in gola, quando parla, le
parole escono fluide e chiare dalla sua bocca. “Ho bisogno che tu faccia
qualcosa per me.”
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I’ve no regrets.
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“E’
l’unico modo.”
Nell’improvviso
silenzio sconvolto che grava sulla stanza, Diane è l’unica
a dare sfogo ai suoi
sentimenti. “E’ troppo crudele!” esclama, la voce
rotta, il corpo che trema
come se il peso di ciò che ha sentito fosse insostenibile.
Irrefrenabili, le
lacrime le rigano le guance e mentre lei tenta di arginarne il flusso,
sfregandole via con decisione, altre seguono immediatamente. “Non
possiamo fare
questo al capitano!”
Hawk
approva con un lungo verso gutturale, le lacrime su tutto il grugno.
“E’
la soluzione più logica,” interviene Gowthel con il modo di fare pratico che
gli è proprio.
Mentre
il resto del gruppo esprime fragorosamente i rispettivi punti di vista, solo
due sguardi sono puntati su di lei. Elizabeth li percepisce e percepisce ancora
più acutamente l’assenza di una loro reazione. Senza osare incrociare gli occhi
di Merlin, si decide ad affrontare apertamente l’accusa racchiusa in quelli
di Ban. Ed è guardando lui, l’uomo che ha affrontato il Purgatorio per
riportare indietro il suo migliore amico, l’uomo che nel tornare dopo millenni
spesi tra indicibili torture e supplizi, ha pianto per essere stato costretto
ad abbandonare Meliodas, che lei dice, atona: “Facciamolo.”
“Elizabeth!”
Diane esclama turbata.
Elizabeth
vorrebbe provare lo stesso turbamento alla prospettiva di quanto ha intenzione
di attuare, ma l’idea di perderlo riesce a sopraffare il resto. Non posso sopportare l’idea di perderlo. Non
così. Non così.
“Meliodas
merita di essere libero.” Di me. Del
fardello che il suo amore per me è diventato.
“Ma
non felice?” ritorce Ban in un sussurro udibilissimo. Con le mani in tasca, nella
rabbia evidente che sta provando e si sta sforzando di contenere, l’aura di
potere che emana è terrificante e a malapena tenuta a bada dalla presenza
calmante di Elaine.
Stranamente
è King a farsi avanti per primo. Il volto pallido e affaticato e un accenno di
durezza nella voce. “Non approvo quello che avete intenzione di fare, ma vi
aiuterò.”
Il
cuore potrebbe esploderle da un momento all’altro. E’ così che lui si è
sentito? Ogni singola volta? “Grazie.”
Lui
alza un braccio come se volesse frapporre un muro tra loro due. “Non
ringraziarmi. Odio quello che faremo al capitano, ma odio ancora di più di
saperlo laggiù da solo.”
Uno
ad uno, i sette peccati capitali le si avvicinano, circondandola.
Perfino
Diane, che continua a guardarla con quell’espressione attonita e tradita.
Perfino
Hawk, stranamente ammutolito.
*
Quando
Ban riacquista conoscenza, ancora prima di Elaine è il viso di Elizabeth il
primo che vede, chino su di lui e illuminato dalla luce bianca di quel suo
potere che guarisce e lenisce. Gli occhi asciutti e la voce ferma e un ordine
che contiene anche una supplica. “Raccontami cosa hai visto.”
*
Dopo che ha finito di
parlare, il volto di Merlin non è rimasto inespressivo. “Ne sei sicura?”
Elizabeth ha sorriso, un
sorriso piccolo e malinconico che mai si sarebbe aspettata di utilizzare. Tutta
la sua esistenza è stata contraddistinta dalla speranza, dall’ottimismo, da un
atteggiamento fiducioso. Ma questo era prima che a Meliodas mancasse solo
un comandamento per attuare il suo piano. “No, ma ho scelta?”
“Sis-sis… mi dispiace.”
*
“Avverto
la tua paura.” Seduta sul prato accanto a lei, Elaine la guarda con gentilezza
e preoccupazione. “Di cosa? Non della morte, immagino.”
Gli
occhi fissi sull’orizzonte, Elizabeth si abbraccia le ginocchia. Meliodas, pensa e sospira. “Non ho paura
di morire, ma di quello che lascerò indietro. Delle conseguenze.”
“Rimpiangi
qualcosa?”
“Rimpiango
il dolore che gli ho inflitto, i problemi che gli ho causato. Per me ha voltato
le spalle alla sua famiglia, ha rinunciato alla sua vita, ha rinnegato una
parte di sé.” E io come ho contraccambiato una simile devozione?
“Elizabeth.”
Lei
scuote la testa. “Non importa cosa succederà oggi, non ho intenzione di vivere
un’altra vita senza ricordare.” Chi sono
davvero. Cosa provo. Chi amo.
*
Il
potere di Gowthel riporta a galla incubi del passato. La vede morire. Ancora e
ancora. 106 Elizabeth. 106 morti. E non prova nulla. Là dove un tempo la
disperazione e la rabbia erano incontenibili, ora non c’è nulla, ad eccezion
fatta del vuoto. Ricorda quelle emozioni, ricorda come si sentiva provandole.
Il suono del silenzio. Il richiamo del tempo. Una solitudine simile alle spire
di un serpente. Dimenticare per sopravvivere e imparare a sopravvivere senza
dimenticare. Mai davvero. Mai completamente.
“Non
sta funzionando,” sente una voce familiare dire da qualche parte sopra di lui.
Un’altra risponde: “Procediamo.”
Le
morti si susseguono come nella prova a cui l’aveva sottoposto Zaneri. Solo che
questa volta non sono intervallate da momenti di spensierata felicità. Sono una
trafila di immagini di orrore e angoscia che si susseguono.
106
volte Elizabeth muore nel suo abbraccio impotente. Quando
l’incantesimo giunge alla sua conclusione, Elizabeth, viva e respirante, è di
fronte a lui, le braccia sollevate e i palmi rivolti verso di lui. Sta tremando
ed è palese che abbia pianto.
Meliodas
le rivolge un’occhiata impenetrabile prima di dedicare la sua attenzione alle
persone alle sue spalle. Un tempo compagni, amici. Ora fantasmi di una vita che
non esiste più, che non ha più importanza. “Qualunque fosse il vostro intento,
è evidente che abbiate fallito.”
Ognuno
di loro è in posizione di attacco, le armature ammaccate e sporche del sangue
dei nemici caduti.
“Tu
che eri il nostro capitano, non sottovalutarci!” grida la gigantessa.
Nello
stesso istante, un incantesimo di immobilizzazione lo paralizza. Una fitta di
sentimento simile alla noia gli fa corrugare le sopracciglia. “Un altro
incantesimo di immobilizzazione,” dice con voce infastidita. “Cosa –” Il
fastidio si trasforma in curiosità quando Elizabeth alza il braccio destro.
Fiamme di luce avvolgono il suo braccio, trasformandolo in una spada di fuoco risplendente.
“Cosa
credi di fare?”
Elizabeth
lo guarda e senza la minima esitazione abbassa il braccio, apprestandosi al
colpo. Ma ad essere trafitto non è lui. E’ lei. E nell’osservare quella scena,
qualcosa di incomprensibile e violento scatta dentro di lui. L’eco sordo di un
battito, vibrante di collera e qualcosa di più complicato.
Il
braccio è penetrato in profondità nel suo stomaco e dopo pochi istanti il fuoco
svanisce. Quando ritrae il braccio ricoperto del suo stesso sangue, Elizabeth
tossisce e un fiotto di sangue le affiora alle labbra. Nello stesso istante lui
sente svanire l’effetto dell’incantesimo.
Mentre
quei battiti sordi e inspiegabili gli riempiono la cavità toracica, la vede
ondeggiare pericolosamente e poi cadere sulle ginocchia. E’ ricordo muscolare.
Quello e l’istinto che lo portano ad afferrarla, a stringere contro di sé il
corpo ferito di lei. “Perché?” domanda e la sua voce non suona distaccata come
in precedenza.
Gli
occhi di lei lo guardano con quel sorriso segreto che lui conosce meglio di
quanto conosca le cicatrici che gli ricoprono il corpo. “Tu sai il perché.”
Potrebbe
guarirsi, ma ovviamente non lo farà. La strana mancanza di azione da parte dei
sette peccati capitali getta un’ombra persino più allarmante sull’inspiegabilità
del gesto che lei ha appena compiuto. “Hai solo anticipato la tua fine.”
La
vede scuotere la testa e quando una ciocca di capelli le ricade sul viso, la
tentazione di scostargliela è quasi impossibile da contrastare.
“Questa
volta è diverso,” interviene Merlin e lui registra le lacrime che sta piangendo
con un altro di quegli strani battiti. “Lei non rinascerà.”
Non
si accorge che la sua presa si è serrata con maggiore forza attorno alle spalle
di Elizabeth finché non la sente emettere un debole verso di protesta. “Cosa
hai fatto?” ringhia e i battiti sono aumentati ad un ritmo forsennato.
Elizabeth
continua a sorridergli e quella è una risposta sufficiente. Quel sorriso e i
singhiozzi di Diane e Hawk, le espressioni contrite e desolate sui volti di
Ban, King ed Escanor. Perfino Gowthel, la cui espressione esprime piena consapevolezza di quanto sta accadendo.
“Quello
che dovevo.” La mano di lei sulla sua fronte è delicata e fredda, già troppo
fredda. “Ti libero dalla promessa che mi hai fatto.”
“Perché?”
“E’
tempo che anch’io paghi il mio prezzo.”
Non
può star succedendo davvero. E’ troppo da sopportare, semplicemente troppo. “Condannandomi
a una vita di eterna tortura senza di te?”
Il
sangue continua a sgorgare dalla ferita sull’addome e la pelle di Elizabeth è
sempre più pallida. Non di nuovo. Non di
nuovo.
Lei
gli scosta con delicatezza i capelli per guardarlo negli occhi e seria, quieta,
dice: “Non se mi dimentichi.”
Il
suo corpo ha come un tremito di rifiuto. Un conto è accantonare i suoi
sentimenti, un altro è rinunciare completamente al ricordo di lei. Come se non
fosse mai esistita, non l’avesse mai incontrata. Il suo profumo, il suono della sua risata trillante, la sua voce pacata,
il calore e la morbidezza del suo corpo, la sua tenacia, la sua allegria. Con
un movimento precipitoso e un singhiozzo, lui poggia una mano dietro la nuca di
lei e poggia con forza la fronte contro la sua. “Elizabeth,” ripete
freneticamente. “Elizabeth.”
Non
si accorge di star piangendo né sente le voci concitate che commentano il
colore dei suoi occhi. L’unica cosa importante è la donna che sta morendo tra
le sue braccia. “Meliodas. Meliodas.” Che gli sussurra parole di amore
all’orecchio e che, dopo un ultimo bacio a fior di labbra, rovescia all’indietro
la testa e diventa un peso esanime.
*
Il
corpo di Elizabeth galleggia a mezz’aria, protetto da una moltitudine di
incantesimi di protezione e preservazione che la bloccano in un attimo di stasi.
Il tempo ha smesso di scorrere per lei e mentre il sole del terzo giorno
tramonta, lei non registrerà il cambiamento.
Meliodas
ha una mano poggiata contro il cubo perfetto, il viso oscurato dalla cortina di
capelli. “Perciò era questo il vostro piano sin dall’inizio.”
“No,”
dice Merlin e King aggiunge: “Nessuno di noi era d’accordo.”
Per
la prima volta da quando Merlin li ha teletrasportati al Boar Hat, Meliodas
distoglie lo sguardo da Elizabeth e si volta ad osservarli. “Eppure avete
accettato.”
Tra
i presenti tutti, tranne Merlin e Ban, vengono attraversati da un tremito alla
vaga eppure inequivocabile nota di minaccia contenuta nella sua voce. “Tu che
la conosci meglio di chiunque altro, sai che è impossibile opporsi alla
principessa quando si mette in testa qualcosa,” Ban dice con un sogghigno
irritante.
Meliodas
scrolla le spalle e con le mani infilate in tasca domanda: “E adesso?”
“Adesso
si torna al vero piano, quello non concordato. Mentre voi due perdevate tempo
che non abbiamo mettendovi i bastoni tra le ruote a vicenda, noi altri abbiamo
pensato a un modo per spezzare la maledizione che non contempli necessariamente
risvolti spiacevoli. Intanto Elizabeth sarà al sicuro, in uno stato di morte
apparente che dovrebbe farci guadagnare qualche giorno.”
“Voi
non capite,” Meliodas ribatte con veemenza. “Non c’è un altro modo. Credete che
non ci abbia già pensato? Che non abbia provato qualsiasi cosa? Non ho fatto
altro negli ultimi tremila anni.”
“La
soluzione è piuttosto ovvia, no?” interviene Gowthel, sistemandosi gli occhiali sul naso.
“Capitano.”
Diane sorride di fronte alla sua confusione. “Ora entrambi avete qualcosa che
non avevate 3000 anni fa.” E come se non fosse abbastanza ovvio, si indica
platealmente. “Noi.”
“E
un esercito,” ricorda Escanor, sollevando un dito.
“Più
di uno,” lo corregge King.
Ban
si fa avanti, poggiandogli le mani sulle spalle. “Combatteremo al vostro
fianco. Per te e per la principessa.”
*
“Devi
andare,” lo sprona Meliodas e gli dà un leggero colpetto tra le scapole.
“Non
voglio lasciarti qui,” risponde Ban.
Meliodas
incrocia le braccia dietro la testa e sorride. “Non hai scelta. Non posso
lasciare questo posto. Ora lo so. C’è un unico modo per farmi ritornare dall’altra
parte ed è che il vero Meliodas mi evochi.”
Ban
è sul punto di opporre ulteriore resistenza, ma Wild si fa avanti. “Rimarrò io
qui con lui. Saluta il mio fratellino per me.”
Quando
è sul punto di oltrepassare il circolo di pietra, Meliodas lo richiama. “Ban.
Quando vedi Elizabeth, potresti dirle qualcosa per me? Dille che –”
*
Dille che non mi pento
di nulla.
N/a:
Ciao a tutti! Questo è il mio primo tentativo
in questo fandom e spero che non sia un completo fallimento (incrocio le dita!).
Ho scoperto l’anime su Netflix circa una settimana fa e una volta iniziato non
sono più riuscita a staccarmi. Ho divorato la prima e la seconda stagione in un
finesettimana delirante e il manga in poco più di una settimana. Che dire, me
ne sono perdutamente innamorata! Personaggi meravigliosi, complessi e così umani. Non mi appassionavo tanto a
un manga dai tempi di Full metal Alchemist. Ho pianto, riso fino alle lacrime e
mi sono mangiata le unghie per il nervosismo.
Ho questo headcanon in cui l'unico modo per far
evadere i sentimenti di Meliodas dal Purgatorio è che sia lui stesso a
desiderarlo, da qui l'idea di provocargli uno shock abbastanza forte da
smuoverlo dal suo stato di apatia e noi tutti sappiamo bene che niente sia più traumatizzante
della morte di Elizabeth. Giusto perché la storia non è già abbastanza
angst senza aggiungere altra carne sulla brace XD
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