affronteremo
questa cosa insieme
Oppure:
paragoni kantiani molto azzeccati che ti portano
brutalmente alla friendzone
Voglio morire.
Questo
era
l’esatto pensiero che attraversava la mente del giovane
Sasuke Uchiha,
disperato studente universitario il giorno prima dell’esame,
mentre leggeva con
disperazione gli appunti ordinati di Sakura, la sua santa coinquilina
che, presa
dalla pietà e avendo già sostenuto
l’esame, aveva deciso di cedergli
caritatevolmente il suo quaderno con tutti gli schemi, gli appunti
sistemati ed
evidenziati.
Santa donna, ma
resto comunque nella merda.
Eppure
al
liceo non era mai stato un procrastinatore, era bravo a gestirsi il
tempo e lo
studio, non si era mai trovato in una situazione simile. Be’,
certo, al liceo
però non conosceva Naruto.
Guardò
con
rancore l’altro lato del tavolo dove stazionava, nella sua
identica e disperata
situazione, il suo coinquilino, migliore amico, compagno di sventure e
sciagura
personale.
In
realtà
conosceva Naruto da… Da quanto? Diciassette anni? Sedici?
Comunque, da quando
all’asilo gli aveva rubato l’altalena ed erano
finiti prima per litigare, poi
per diventare rivali e infine migliori amici. E lo erano stati fino
alle terza
media, quando la famiglia di Sasuke aveva avuto la brillante
– leggesi con sarcasmo – idea di trasferirsi a
Padova. Da
lì la vita di Sasuke era stata molto solitaria: non era un
tipo socievole;
nonostante il suo bel faccino attirasse più di qualcuno
deciso a legare con
lui, la sua lingua era talmente tagliente da riuscire a tenere lontano
qualunque scocciatore e le sue occhiate torve gli aveva fatto
guadagnare la
nomea di snob. Così
Naruto era stato il
suo primo e ultimo amico e i cinque anni del liceo erano passati tra la
noia
più totale e l’insofferenza familiare. Non era
divertente avere un fratello
geniale e futura promessa della medicina mondiale con il quale
confrontarsi, i
continui paragoni del padre poi non aiutavano minimamente la
situazione. Forse
era per quello che, spinto da un desiderio di distinguersi, aveva
delineato il
suo percorso universitario nel campo umanistico-filosofico. Ed era
andato a
Venezia.
Più
chilometri stanno tra me e Padova e più sono
contento.
Non
aveva
ancora ben chiara la seria di coincidenze e cause che lo aveva portato
a
ritrovarsi con Naruto. E non doveva avercela chiara nemmeno Naruto,
considerato
il modo spaesato con cui girovagava per la sede centrale di
Ca’ Foscari il
giorno dell’Open Day, come se non avesse la più
pallida idea di come ci fosse
finito lì. Si erano incontrati – più
propriamente scontrati –
e fissati in silenzio qualche secondo prima di riconoscersi
e abbracciarsi. Cioè: Sasuke aveva formalmente alzato la
mano per stringere la
sua, Naruto invece gli si era scaraventato addosso come golden
retriever
abbastanza pesante ed esuberante. Da lì, precisamente da
quando aveva capito
che Sasuke voleva frequentare il corso di filosofia offerto da
Ca’ Foscari,
Naruto aveva avuto l’illuminazione divina sulla propria
presenza lì e per il
resto dell’anno aveva girato come una trottola per capire
come funzionassero le
iscrizioni online, convincere i propri professori che sì,
voleva davvero frequentare filosofia nonostante viaggiasse sulla
sufficienza, che no, non aveva
preso
nessuna botta in testa e che sì,
dattebayo, sapeva perfettamente quello che stava facendo!
“Affronteremo
questa cosa insieme e non ci divideremo mai più”.
Che
dire,
Sasuke da parte sua si era sentito molto lusingato da tutte quelle
attenzioni e
l’entusiasmo di iniziare l’università si
era triplicato.
Insieme
avevano cercato l’appartamento da abitare –
che attualmente dividevano con una ragazza con il brutto
vizio di girare
senza reggiseno per casa (“non ho
niente
da reggere, a che mi serve?”) e distribuire
volantini su qualsiasi
manifestazione di protesta pacifica e con un tipo
dell’accademia, Sai, il
ragazzo più pettegolo e indiscreto che avessero conosciuto
–, avevano fatto il
piano di studio e persi per le aule il primo giorno.
Dopo un
anno la loro routine a Venezia si era stabilizzata, avevano incontrato
altri amici
con cui boicottare lo studio e fare pausa nel bar della biblioteca,
capito come
funzionava l’università e quali calli prendere per
non incappare nei terribili
turisti armati di macchine fotografiche.
Un anno
in
cui lui e Naruto avevano potuto rimediare alla distanza durante il
liceo,
scoprendosi ancora amici affiatati e ben bilanciati, nonostante
finissero
spesso per litigare per le minime cose. Ma, come diceva Sakura, le
scazzottate
erano il loro modo per dimostrare affetto reciproco.
Insieme
avevano affrontato i primi esami, supportandosi e reggendosi quando uno
dei due
sveniva per l’ansia; si erano ubriacati insieme al primo
mercoledì
universitario a Campo S. Margherita e sempre insieme avevano fatto
pic-nic nel
giardino di S. Sebastiano con la pizza e giocato poi a briscola con il
resto
dei compagni corso.
E poi
era
arrivata la sessione estiva. Già.
Pensavano
che dopo quella di Ottobre, invernale e di Marzo fossero preparati alla
mole di
studio. Ma in quelle sessioni non avevano avuto il temibile
corso numero uno: Storia della Filosofia, tenuta
dall’altrettanto famigerato professor C.
I loro
colleghi più anziani li avevano avvertito di quanto potesse
essere duro quel
corso e inflessibile il professore, leggenda narrava che
l’unico studente in
grado di prendere il trenta fosse stato niente di meno che Hegel in
persona.
Esagerazioni, ovviamente, ma dopo un’accurata indagine
avevano potuto
constatare che il professore non si era mai spinto oltre il 28, mentre
i 18
abbondavano anche fra chi solitamente prendeva il massimo agli altri
esami. In
più sembrava che rasentasse il maniacale quando si trattava
di essere precisi,
mentre le sue domande erano di una vaghezza che gli analitici avrebbe
potuto
studiare con interesse.
Incautamente
i nostri eroi non avevano voluto credere a quelle avvertenze,
considerandole
solo delle dicerie messe in giro per spaventare le ingenue matricole.
Peccato
che ora, a meno di ventiquattro ore prima dell’esame, si
stavano rendendo conto
che, forse, quelle non era affatto dicerie, ma la pura
realtà, soprattutto quelle
relative alla mole ingente di lavoro: l’intera storia della
metafisica da
Parmenide a Hegel. Praticamente, due
interi anni di studio liceale compressi in uno studio di
neanche due settimane.
Questo
perché Naruto aveva l’incredibile dote di riuscire
a smarrirlo dalla retta via
dello studio, proponendo ogni genere di attività
più disparata e alternativa
alla studio. Attività che andavano dall’andare a
prendere un semplice caffè al
finire a piazza S. Marco a intromettersi nelle foto dei turisti.
Sasuke
non
sapeva mai dirgli davvero di no, protestava, sbuffava e pestava i piedi
indignato, ma in verità si divertiva a ogni stramba proposta
di Naruto e
sacrificava volentieri lo studio per lui.
Perché
siamo amici.
…
Inutile
girarci attorno ancora a lungo: Sasuke si era beccato una cotta per
Naruto. Sì,
gli piacevano gli uomini e no, non lo aveva detto al diretto
interessato,
fidanzato da due anni con una ragazza che si premurava ogni volta di
evitare.
Quando
lo
aveva capito? Di essere attratto dagli uomini anni fa, quando era un
adolescente in piena crisi ormonale e più concentrato su
Chris Hemsworth che
Natalie Portman nel vedere gli Avengers –
tanto per fare un esempio. Di Naruto,
invece, era stato un fulmine a ciel sereno dopo che si era imbambolato
a
fissarlo di spalle mentre era in calzoncini da corsa e piegato in
avanti per
allacciarsi le scarpe. Una vista decisamente molto illuminante.
Sasuke
aveva una cotta per Naruto che persisteva tenacemente, ma loro erano
solo
amici. Migliori amici, come ci
teneva
a sottolineare sempre l’altro. La situazione era
così chiara e cristallina che
Sasuke aveva deciso di lasciar perdere fin da subito, non valeva
nemmeno la
pena tentare e rischiava solo di perdere ancora un amico prezioso.
Prima o poi
gli sarebbe passata.
Certo, mi
passerebbe più velocemente se lui
collaborasse,
pensò con fastidio – e compiacimento, siamo
sinceri – nel
vedere il coinquilino alzarsi verso la cucina con solo i boxer addosso.
Non
poteva biasimarlo, era da Maggio che Venezia era invasa da un caldo
insostenibile.
E poi sarebbe stato un reato contro l’umanità
nascondere quel culetto con dei
pantaloni. Da bambino e alle medie era abbastanza paffuto, per non dire
cicciottello, ma nel periodo di lontananza doveva essere successo un
miracolo –
o più propriamente: aver iniziato la palestra.
Be’,
beata pubertà.
Naruto
tornò
al tavolo con le mani piene di dolci e schifezze di Tiger, triplicando
così
quelle che avevano già aperto e divorato. La situazione era
davvero grave se
anche un salutista come Sasuke si era gettato sullo scadente cibo di
una catena
capitalistica.
Perdonami, Marx,
ma devo sopravvivere.
“A
che
punto sei?” gli chiese Naruto bevendo una bibita energetica.
“Quasi
finito Schelling, fra un po’ provo a rileggere
tutto”.
“Ah,
beato
te!” ciondolò la testa sconsolato “Io
sono ancora a Kant e non ci sto capendo
niente!”
Sasuke
lanciò uno sguardo distratto all’orologio, mancava
mezz’ora alle sei e l’esame
sarebbe stato alle dieci di mattina. Se Naruto continuava di quel passo
avrebbe
dovuto fare after. Ci avevano già provato una volta, con
l’esame di filosofia
del linguaggio, ed era stata un’esperienza così
devastante da aver giurato
solennemente di non replicarla mai più.
“Sei
molto
indietro” considerò, rigirando il coltello nella
piaga visto il modo in cui il
coinquilino sbuffò e affondò il viso tra le mani.
“Voglio
morire qui” si lagnò “Perché
siamo così indietro?”
Sasuke
avrebbe voluto correggerlo che quello indietro era lui, ma
provò pena per
l’amico e decise di frenare per una buona volta la lingua
tagliente.
“Forse
perché invece di stare seduto in biblioteca con me a
studiare hai passato il
week-end al Lido?” con la fidanzata per giunta, questo era il
motivo principale
per cui ce l’aveva con lui.
“Non
vedevo
Teresa da secoli!” protestò arrossendo.
“Cinque
giorni” lo corresse.
“Secoli,
appunto” annuì computo “Mi capirai anche
tu, quando ti innamorerai”.
Sasuke
meditò se valesse la pene lanciargli contro il loro manuale
di Storia della
Metafisica – trecentosessantatre pagine di testi selezionati
specificamente dal
professore per l’esame – e prenderlo in testa.
Magari il colpo gli faceva
aprire gli occhi e diventava un minimo più intelligente.
O forse diventa
più stupido. No, meglio non rischiare.
“Pensa
a
studiare” l’ammonì solamente e fece per
tornare all’autocoscienza di Schelling,
ma Naruto lo distrasse ancora, gettandosi a peso morto sulla tavola
– e
stropicciando gli appunti di Sakura, la loro morte era ormai assicurata
– e
congiungendo le mani a preghiera davanti a sé.
“Ti
prego,
aiutami, mi scoppia la testa” si lagnò con una
certa riluttanza.
Doveva
essere davvero disperato se si stava abbassando a chiedere aiuto, una
delle
caratteristiche peculiari di Naruto era il voler far di testa propria
senza
chiedere l’aiuto di nessuno finché non era troppo
tardi e il casino era stato
combinato.
“Sto
studiando” gli fece notare gelido, ma non realmente
infastidito. Sasuke adorava
quando Naruto doveva supplicarlo per qualcosa, era più forte
di lui, ma il broncio
da bambino che faceva e lo sguardo imbarazzato e le guance leggermente
arrossate erano irresistibili.
“Per
favore, non capisco nulla di Kant” si lamentò
Naruto.
“Non
ti
stai impegnando abbastanza” si finse inflessibile, anche se
aveva già deciso di
aiutarlo.
“Sì,
invece!”
“Non
farmi
perdere tempo, dobe”.
“Non
ti
faccio perdere tempo” gonfiò le guance
“Anzi, questo sarà utile anche per te,
se mi spieghi Kant lo ripassi e capisci se lo hai capito, no?”
Il
ragionamento non faceva una piega, anche se si era espresso esattamente
con
l’analfabeta disfunzionale quale era, ma fece finta di non
aver sentito e
continuò a consultare l’antologia.
Se
c’era
una cosa che Naruto non sopportava era venire ignorato così
cocciutamente,
perciò si alzò dalla sedia e si andò a
posizionare in piedi accanto a Sasuke.
“Sas’ke…”
lo chiamò imbronciato iniziando a tirargli un ciuffo di
capelli neri.
“Sei
un
dannato bambino capric…” iniziò, ma si
interruppe di colpo ingoiando saliva
quando Naruto – mezzo nudo, è bene ricordarlo
– si scaraventò su di lui in un
tentativo di soffocarlo mascherato da abbraccio.
“Daaai,
Sasuuuuke!” gli gridò nelle orecchie lamentoso.
“Va
bene,
ma levati!” si agitò cercando di allontanarlo,
anche se averlo spalmato in quel
modo addosso era decisamente piacevole, al di là del caldo e
della sua allergia
per il contatto fisico.
“Ti
aiuto,
ti aiuto” ripeté perché le sue parole
non aveva effetto e Naruto continuava a
stargli aggrappato addosso come una cozza.
Alla
fine
riuscì a farlo tornare al suo lato del tavolo e prese un
lungo respiro,
armandosi di pazienza.
“Dove
sei
arrivato?”
“Pagina
duecento quaranta” rispose diligente e Sasuke
sfogliò l’antologia fino a
trovare il testo giusto.
“Ah,
okay”
annuì dopo aver letto le prime righe e aver capito di cosa
si trattasse
“Sensibilità e intelletto”.
Naruto
annuì e spalancò gli occhi, mettendosi sul volto
quell’espressione da (finto)
studente modello che aveva fatto capitolare più di un
professore ai suoi piedi.
Dannati occhi
azzurri.
“Dunque”
iniziò Sasuke abbassando i suoi, di occhi, sugli appunti per
non lasciarsi
distrarre troppo da quelle iridi opalescenti “Per Kant due
sono le fonti del
nostro sapere: la sensibilità è
l’intelletto. L’una non può ottenere
nessuna
conoscenza senza l’altra”.
“Devono
andare a braccetto” tradusse Naruto nel suo idioma
inappropriato.
“Sì,
ma
magari non dirlo così all’esame”
sospirò “In ogni caso, i sensi senza
l’intelletto non riescono a produrre nessuna immagine reale.
Essi si limitano a
percepire una molteplicità di sensazioni tutte irrelate
l’una rispetto
all’altra, le quali senza un’azione unificatrice
mai potrebbero darci
un’immagine consolidata dell’oggetto”.
Naruto
annuì per fargli intendere di aver capito e gli fece un
gesto di continuare.
Sasuke si prese comunque qualche secondo, perché per quanto
fosse abituato a
dover ripetere le cose a quella testa quadra, avere la sua completa
attenzione
in quel modo lo metteva sempre in soggezione, perché Naruto
lo guardava come se
fosse l’unica cosa importante nel mondo.
È una
bella sensazione.
“D’altra
parte” riprese “neppure i concetti intellettuali da
soli sono in grado di
produrre conoscenza , senza il materiale molteplice e sensibile da
unificare
girerebbero a vuoto” e disegno distrattamente dei cerchi con
le dita “Per
questo le intuizioni senza concetti sono
ciechi, mentre i pensieri senza
contenuto sono vuoti” citò a memoria.
Questa
volta Naruto annuì con più vigore, lo sguardo
concentrato di chi è certo di
aver afferrato un significato. Sasuke si compiacque di se stesso.
“Perciò”
concluse
“La sensibilità rispetto alla realtà
è passiva, ovvero recettiva; mentre
l’intelletto è attivo, dotato di
spontaneità, in grado di intervenire sui i
dati e organizzarli in modo coerente”.
“Sono
diversi, ma servano entrambi” riassunse Naruto, poi
allargò le labbra nel suo
splendido e famoso sorriso a trentadue denti “Sono
complementari, proprio come
noi due!”
…
Sasuke
non
seppe come replicare, nemmeno come reagire a quella frase
così spontanea e
dannatamente ambigua, perciò lo guardò senza dire
niente o mostrare una qualche
espressione particolare.
Naruto
ovviamente fraintese, perché gli spiegò meglio
quello che intendesse: “Noi due
siamo diversi, ma siamo complementari. Come la sensibilità e
l’intelletto.
Senza l’altro saremmo incompleti, no?” e
annuì soddisfatto della propria
scoperta “Tu senza di me saresti vuoto, mentre io senza di te
sarei
completamente cieco. Funzioniamo solo quando siamo insieme” e
allargò il
sorriso.
Era
abbastanza certo che quelle frasi non potessero in alcun altro modo
essere
fraintese, erano così espliciti da essere imbarazzanti,
anche se Naruto le
aveva dette che una naturalezza tale da essere destabilizzante, come se
avesse
semplicemente detto la verità più semplice del
mondo.
E in un
certo senso aveva ragione.
Deglutì,
cercando
di trovare il modo più appropriato per rispondere a una
dichiarazione del
genere, ma Naruto pensò bene di continuare a parlare.
“Siamo
dei
fantastici amici!” completò soddisfatto.
Sasuke
sentì chiaramente il proprio cuore fare crack,
o forse era solo la matita che aveva tra le mani e aveva appena
spezzato.
“Già,
amici” disse lugubre “Ottimi amici”.
Naruto
non
indagò troppo sull’improvvisa nuvola nera che
sembrava essere comparsa sulla
testa del compagno, perché il telefono catturò
tutta la sua attenzione.
“Ohi,
c’è
Teresa al Campo a farsi uno spritz, la raggiungiamo?”
“Dobbiamo
studiare” storse le labbra, ancora arrabbiato con se stesso
per aver sperato
inutilmente, ma ancor di più per l’intromissione
della fidanzata nella
conversazione “Vacci tu, se proprio vuoi”.
“Eh,
no!”
sbottò Naruto risentito “O vieni anche tu o
niente. Abbiamo promesso che questo
esame lo avremmo affrontato insieme, quindi le pause che faccio le fai
anche
tu” pretese.
In
realtà
anche lui voleva fare una pausa, i suoi occhi cominciavano a essere
stanchi e
se li avesse sforzati troppo poi Orochimaru lo avrebbe ucciso, era
l’idea di
vedere la fidanzata di Naruto a farlo indisporre.
“Se
andiamo
domani sarà un suicidio, moriremo”
cercò di convincerlo ancora, ma Naruto fece
uno sguardo spassionato e gonfiò il petto con orgoglio e
proclamò deciso:
“Allora
noi
due moriremo insieme”.
…
Decisamente Naruto leggeva troppi manga invece di studiare.
EHI
Questo
delirio lo avevo partorito per
metà il giorno prima del famigerato
esame citato anche nel testo, oggi ho deciso di terminarlo xD
È
abbastanza comica e nonsense, lo
so, con un OC saltato fuori dal nulla *Teresa saluta la
folla imbarazzata*
ma la verità è che vorrei usare questa One-shot
come base d’avvio per una University!AU
nella mia amata Venezia
:’) Ovviamente vedrà
la luce fra anni, considerando i miei tempi di reazione hahahah
Comunque
ringraziatemi perché io e
Kant vi abbiamo appena dato una frase da rimorchio dal successo
assicurato:
*voce sexy*“Ehi, tesoro, noi due siamo proprio come
l’intelletto e la
sensibilità” ; oppure può essere un
perfetto insulto: “I tuoi pensieri non
hanno sensibilità!”
“…cioè?” “Sono
vuoti!”
…Okay,
me ne vado prima di venire
uccisa :>
Ci si
vede!
Hatta
|