Act.3
Aveva sicuramente
ragione
mia sorella, quando stringendomi per la maglia mi diceva che per
crescere non basta il tempo e neppure semplici esperienze. Sono le
emozioni, l'amore e la solitudine, la malinconia e la gioia, a far
maturare gli esseri umani.
Un giorno timido di
Giugno, Hito mi portò in un luogo.
Prendemmo un bus, poi
passeggiammo per una mezz'ora buona. Sembra si fosse informato con
cura. Non parlò molto, ma vidi stavamo andando verso il
mare.
Partiti nel primo pomeriggio, giungemmo nel luogo deciso verso le
quattro.
Davanti ai miei occhi
si aprì una bellissima spiaggia. Bianca e silenziosa. Ma
soprattutto deserta. In qualche giornata in cui io ero a trovare
amici, o a uscire con loro, lui aveva fatto un salto al mare.
Chissà
quanto tempo aveva perso a cercare la spiaggia più bella.
“Che posto
è
questo?” Chiesi incredulo.
“Una
spiaggia. L'ho
notata un giorno” Mi rispose “Non sembrava molto
triste questo
mare” Mi colpì molto il modo con cui lo disse. Ci
Credeva
davvero. Benché il mare fosse uno solo, da quell'angolazione
dava una tiepida gioia. Mi aveva fatto portate un costume e qualcosa
da mangiare apposta.
Facemmo un bagno.
Nel tardo pomeriggio
mi
colse un senso di magra stanchezza. Lui si stese accanto a me
lasciandomi riflettere. Aveva capito che avevo dei momenti in cui la
terra scivolava via e la mia mente rimuginava con se stessa. In quei
minuti di imperiale silenzio, dove solo il mare e gli insetti
creavano musica, io mi avvicinavo ad uno strato più profondo
dell'animo.
Mi resi finalmente
conto che i colori che mi aveva rubato non erano stati una sconfitta.
Tutti i miei colori, la mia carica, sopprimevano gli altri. Con il
tempo, mi sarei isolato in un vuoto allegro che mi avrebbe inglobato
come una bolla. Da quando era morta mia sorella, però, quei
colori che sgorgavano dentro di me erano l'unica cosa che mi dava la
voglia di rimanere vivo. Regalandomi un po' del suo vuoto,
ingenuamente, Hito mi aveva reso migliore. Quel vuoto dove ogni tanto
ti perdi e non pensi a nulla, dove non rifletti sui problemi. Quel
nulla di ignoranza che mi rendeva curioso e attento.
In questa storia
avrei
voluto chiamarmi Luce e nominarlo Ombra. Tanto per poeticamente dire
che dentro di me nascondevo un po' di oscurità e lui una
pallida fiaccola di speranza.
Avrei voluto
chiamarmi
ragno e nominarlo farfalla. Per poter ammettere di non essere
riuscito a chiuderlo nella mia tela ma essermi comunque legato a lui
e volato alto grazie alle sue ali.
Ma io mi chiamo Isaac
e
lui Hito. Non c'è nessuna cosa così fantastica
nei
nostri due nomi. Pensandoci, potevo chiamarmi B e lui Y ma non
cambiava la sostanza.
Lui ha una piccola
fiaccola ed io una piccola ombra, lui mi ha fatto volare e mi sono
aggrappato forte. Indifferentemente dal nome.
E' la cosa
più
importante.
Mi ricordo di mia
Nonna
che quando avevo sei anni mi disse, poco prima della sua morte, di
aver rinchiuso la sua anima in un libro. Lo conservo ancora, anche se
l'illusione è sparita continuo a dire qualcosa a quel
vecchio
tomo. E' la magia del cuore che mi permette di farlo. Se mai dovessi
morire, concederò la mia anima a lui ovunque sia.
Mia sorella era
morta,
mia madre scappata, mio padre si nascondeva nel lavoro e lui era con
me. D'un tratto la mia vita sembrò ordinata.
Per quante vite
potessi
provare, quella era quella che mi stava meglio. Per quanto avessi
potuto campare ancora, non avrei mai incontrato qualcuno come lui.
Pensai che un giorno avremmo dovuto confrontarci con il nostro amore.
Decidere in che categoria fosse tra quelli esistenti, se fratelli o
amanti, togliendolo da quell'espressione così pura che aveva
mantenuto.
Il sole iniziava a
diventare rosso e a perdersi nel mare, così pensai di
avvicinarmi a lui e al suo calore. Di sera tendo ad avere le
paranoie.
Ah! Eccone una che
lenta si affacciò alla mia mente. Ma con questi pensieri
sperai di addormentarmi.
Un giorno mi avrebbe
abbandonato. Sentii di esserne sicuro. Anche per questo dunque,
continuai ad approfittare dei suoi caldi abbracci evitando di pensare
a quel fatidico momento. Ed evitando di pensare quanto avrei sofferto
nel vederlo andare via.
Mi strinsi a lui
un'altra volta. Il mio fragile corpo si mischiò alla sua
figura imponente.
Sul finire della
giornata, davanti ad un sole rosso che tramontava, sentii le nostre
anime unirsi. Avevamo trovato un equilibrio di perfetta armonia. Per
un attimo sperai che il tempo si fermasse lì. Senza
più
storie, morti, abbandoni. Nulla di nulla. Desiderai ardentemente di
congelarmi così, in una stasi senza fine.
Ancora una volta,
senza
che me ne accorgessi, frugò nei miei pensieri e
lì
gettò via. Le mie paure erano svanite e sorridevo
tranquillo.
Mi sentivo libero e innamorato. Innamorato di un qualcosa che non
riuscivo a definire.
Voglio portare
quell'emozione nel cuore. Per sempre.
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La storia è finita.
Spero vi sia piaciuta.
Ringrazzio tutti coloro che hanno inserito questa storia tra i
preferiti o tra le storie seguite, non sapete quanto mi faccia piacere
^O^
Nanako non so cosa rispondere xD La storia è molto breve e
la trama è semplice anche se non riesco sempre a spiegarla
in maniera chiara. Hito è privo di emozioni, Isaac ne ha
troppe. Troppe perché, dopo la morte della sorella, le
emozioni e i ricordi sono l'unica cosa che lo facciano "sopravvivere".
La storia narra del loro incontro, un 'amore' nato tra di
loro che rappresenta il legame che svuota l'uno e riempie l'altro.
Tutto qui ^-^ E' come una ricerca dell'equilibrio.
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