Killing
Me Softly
Nell'appartamento
c'è una radio, un pezzo d'antiquariato che prenderà sì
e no un paio di stazioni e solo in determinati momenti. Il gioco
preferito di Eiji è lasciarla accesa tutto il giorno e cercare
di riconoscere le poche canzoni che la radio riesce a ricevere; fino
a quel momento, tuttavia, la sua conoscenza di musica americana si è
rivelata ancor più striminzita del previsto – forse
anche a causa del fatto che le stazioni su cui la radio riesce a
sintonizzarsi trasmettono pezzi vecchi qualche decennio che a volte
risultano sconosciuti anche ad Ash.
Quello
è il suo gioco preferito, e la frase che pronuncia più
spesso è: - Non conosco questa canzone. -, sussurrandola, come
avesse timore di infastidirlo dimostrando le proprie lacune; ed ogni
volta Ash, che non stava prestando attenzione, interrompe
immediatamente ciò che stava facendo e solleva il viso per
fissare il vuoto, in ascolto. Dopo qualche istante perso in quella
personale riflessione china nuovamente lo sguardo sull'oggetto delle
sue attenzioni iniziali e risponde: - Non la conosco neppure io. -,
oppure: - È tal canzone di tal cantante, Eiji, davvero non
l'hai mai sentita? -, ma senza mai dimostrare vero e proprio sdegno.
Capita,
dopo aver ricevuto esito positivo al proprio quesito o dopo aver
ascoltato una canzone che già conosce, che Eiji prenda a
canticchiare. A volte mugola la melodia a labbra serrate, a volte
canticchia il testo nel suo inglese sconnesso ed incerto. - Ti piace
questa canzone? -, domanda Ash, di nuovo distratto dal proprio
compito; Eiji risponde sempre annuendo vigorosamente. Ogni canzone
che conosce gli piace, perché ogni canzone gli ricorda Ash.
Allora
Ash sorride, e stiracchiandosi risponde: - Ti comprerò il CD,
allora. -, e poco importa che non abbiano un lettore su cui ascoltare
i CD. Ma se è particolarmente di buon umore, se la canzone gli
piace e se vuole vedere il sorriso di Eiji illuminargli il viso
allora Ash si unisce a lui, canticchiando le parti della canzone che
conosce meglio.
Eiji
pensa che Ash abbia una bella voce. Pensa che non esista niente che
non sia bello, in lui.
-
Non conosco questa canzone. -
Il
polpastrello dell'indice di Ash abbandona la curva del naso di Eiji e
si lascia ricadere verso la bocca, fermando la propria discesa appena
al di sopra del labbro superiore. Rimane in ascolto, la vecchia
radiolina che tossisce dai propri altoparlanti una melodia familiare,
distrutta dallo statico di cui non si libera mai del tutto. - Roberta
Flack, Killing Me Softly, 1973. - Dichiara dopo qualche istante; la
sua espressione si fa un po' più cupa. - Davvero non l'hai mai
sentita? -
Eiji
scuote la testa, abbozzando il sorriso che esibisce ogni volta che
vuole chiedere scusa senza aver commesso niente per cui valga la pena
farsi perdonare. - Mai. -, ammette. Si volta su un fianco, derubando
l'indice di Ash della propria posizione privilegiata sul suo labbro,
concedendogli al contempo di posare l'intera mano sulla sua guancia.
- Sembra una canzone molto dolce, ma non capisco il titolo. Come si
fa a... “Uccidere qualcuno dolcemente”? -
-
Non è mica inteso nel senso letterale, scemo. - Ash alza gli
occhi al cielo. Non è davvero esasperato, così come
Eiji non è ingenuo come sembra; pensa a come potrebbe
spiegargli il significato del testo. - Parla di una donna che
incontra un artista che riesce ad incanalare tutte le emozioni che
lei prova nella propria musica. Derubata della propria intimità,
si sente morire dolcemente, perché ha trovato qualcuno per cui
non ha segreti e la cosa la spaventa. -
Eiji
si fa più vicino. La luce morente della sera che incombe
esalta le gocce di sudore che dalla sua fronte e dalle tempie sudate
scivolano da sotto i capelli scuri fino al collo, che bagnano la sua
pelle imperfetta. - Non capisco proprio perché dovrebbe essere
spaventoso trovare qualcuno che riesca a comprenderti. -, sussurra.
Ash non sa neppure perché ne stanno parlando, perché
discuterne e arrivarne a capo gli sembri così fondamentale.
Quand'è con Eiji faccende che credeva essere priorità
svaniscono, gettate in un angolo della sua mente, e questioni
triviali diventano di vitale importanza.
-
No, non capisci. È spaventoso. -, insiste, sollevandosi sui
gomiti; il lenzuolo che copre i loro corpi intrecciati scivola verso
il basso, rivelando il petto e le spalle nude di Eiji. -
Terrificante. Soprattutto se si parla di uno sconosciuto. -
Eiji
sorride, di nuovo quel “Perdonami” silenzioso: la
dimostrazione di come la sua ingenuità sia solo una facciata.
Ha compreso perfettamente cosa Ash intenda, e si sporge in avanti
sollevandosi appena su un gomito, imitandolo per averlo di nuovo
vicino.
-
Tu non lo capisci affatto... - Ash sussurra, e prima che l'ultima
sillaba possa sfuggire alle sue labbra quest'ultime sono contro
quelle di Eiji, il suo corpo chiude il breve percorso che li separa e
si ricongiunge al suo.
Sono
passate tre ore e dodici minuti da quando hanno fatto l'amore per la
prima volta, e per tre ore e dodici minuti Ash non ha voluto altro
che vedere il mondo distruggersi attorno a loro, scomparire, per non
essere derubato di quell'angolo di paradiso che è riuscito a
ritagliarsi – quell'angolo composto da se stesso, Eiji, il
letto sotto di loro, la luce che penetra dalle tapparelline abbassate
e la radio che di tanto in tanto dona loro il beneficio di una
canzone, avvertendoli che il tempo continua a scorrere nonostante
loro desiderino il contrario.
Le
mani di Eiji sono ancora onde che si infrangono in carezze soffici
sul suo volto; quando apre gli occhi Ash lo scopre nuovamente intendo
a domandare, con il solo sguardo, il permesso di poter proseguire.
Afferra quindi i suoi polsi e lo costringe a toccarlo, irrequieto,
pregando che comprenda la lezione che non comprenderà mai.
-
Non devi chiedermi il permesso. -, sussurra per buona misura. -
Voglio che mi tocchi. -
Eiji
inclina il capo. - Non voglio farti del male. -, sussurra, e una
risata gutturale sfugge istintivamente dalla gola di Ash. Eiji si
incupisce. - Non intendo fisicamente. -
Ash
fa per ribattere, ma il broncio di Eiji glielo impedisce: non esiste
filtro tra ciò che sente e ciò che dimostra, e ciò
lo destabilizza. - Scusa. -, mormora, riabbassandosi per posare la
fronte contro la sua. - Non volevo offenderti. -
Eiji
scuote la testa quanto può. - Non importa. -, sussurra, e Ash
sa che è vero. Lo sa perché le sue mani sono ancora sul
suo volto, perché il tono di voce che pronuncia quelle parole
è pregno di sincerità, e perché subito dopo
averle pronunciate Eiji chiude gli occhi e riprende a baciarlo.
Quando
Ash si è sdraiato sotto di lui e ha reso ben chiaro quali
fossero le sue intenzioni Eiji è andato nel panico, e un Eiji
in preda al panico è un Eiji che Ash trova esilarante più
di ogni altra cosa al mondo. - Dekimasen, dekimasen. -, ha
iniziato a balbettare con la voce che, per abitudine linguistica, nel
parlare il giapponese diventa un po' più acuta ed un po' più
lagnosa, le vocali più prolungate che con l'inglese.
-
In inglese, per piacere. -, ha scherzato Ash, approfittando del suo
stato emotivo. Eiji lo ha fissato con uno sguardo metà
esasperato e metà disperato, agli angoli degli occhi lacrime
di frustrazione e terrore.
-
Non posso farlo. -, ha ripetuto in inglese; e ora, mentre Ash gli
afferra le spalle e lo gira in modo che stia sopra di sé,
negli occhi di Eiji si fa strada la stessa paura.
-
Vuoi che io...? -, domanda, senza mai completare la frase. - Di
nuovo? -
-
Mi piace quando lo fai. -
Sorride.
Scusami. - Temo di non essere molto bravo. -
Con
tutte le capacità che le persone gli attribuiscono, Ash non si
ritiene un grande oratore. Se lo fosse sarebbe in grado di dire a
Eiji tutto ciò che ha tentato, fino a quell'istante, di
dimostrargli a gesti: gli direbbe che non ha mai fatto sesso prima di
quel pomeriggio, nonostante l'opinione popolare diverga sulla
faccenda, che non lo ha mai fatto veramente – che fino a poche
ore prima erano vergini entrambi, e che non vuole conoscere un corpo
che non sia il suo per il resto della propria miserabile esistenza.
Ma non è capace di dirlo e forse Eiji, con tutte le sue paure,
non è in grado di ascoltarlo.
Invece
di parlare, quindi, fa ciò che sa fare: posa una mano sul
petto glabro di Eiji e la lascia scivolare verso il basso, carezzando
il corpo tonico da atleta ritirato, il corpo che non conoscerà
mai abbastanza; e quando qualche istante dopo afferra il sesso di
Eiji assieme al proprio ed Eiji trema, tendendo ogni muscolo del
proprio corpo, sorride amaramente. Vorrebbe che comprendesse che la
sua è più di mera necessità sessuale, ma la
barriera linguistica tra loro è niente, se confrontata con
quella emotiva.
L'amore
è un linguaggio che Ash non ha mai imparato a parlare.
Non
è iniziata perché lo ha voluto Ash o perché lo
ha voluto Eiji: è iniziata perché lo hanno voluto
entrambi. Chiusi in quell'appartamento tutto il giorno, con solo
l'altro ed una radiolina malfunzionante come compagnia, Ash non ha
mai avuto l'impressione che quella sarebbe stata la naturale
conseguenza del loro isolamento, e non ha mai neppure pensato ad un
finale differente.
Baciare
Eiji gli è sembrata la cosa giusta da fare solo nell'istante
in cui lui glielo ha concesso. Non c'è stata neppure una causa
vera e propria, nessun incidente in cui Eiji lo ha sorpreso nudo
sotto la doccia o – il solo pensiero lo disgusta – input
pornografico, provocazione fisica. È bastato che fossero
sdraiati a letto assieme, a tentare di battere il caldo estivo con
l'inerzia, e che lo sguardo di Eiji non si ritraesse nell'incrociare
il suo. È bastato perché Ash sapesse che era ciò
che voleva, che era ciò che Eiji voleva.
È
così per ogni piccola cosa, ogni abitudine o necessità
o preferenza, e lo è solo con Eiji – che sembra
conoscerlo da sempre, da una vita. Forse è così
veramente: forse è Eiji ad avergli dato vita, e lui non è
che il frutto della sua immaginazione, un frammento di pensiero che
crede di aver vissuto tutta una vita solo perché Eiji vuole
che lui lo creda. Non gli dispiacerebbe essere il frutto
dell'immaginazione di una persona così dolce e delicata: gli
riserverebbe sicuramente un lieto fine, troppo buono per fare
altrimenti.
Oppure
erano amanti in una vita precedente. Che cosa stupida da credere, che
pensiero disperato: lo fa sorridere.
-
A cosa stai pensando? -, domanda Eiji. Muove i fianchi assieme ai
suoi, lentamente, paonazzo in volto.
Ash
esita un istante. Teme di passare per pazzo; poi ricorda con chi sta
parlando. - Vorrei mi avessi immaginato tu. Saresti l'autore del mio
futuro e non avrei niente di cui aver paura. -, dichiara. Eiji lo
fissa confuso, poi sorride. Questa volta non è per chiedere
scusa; questo è il sorriso che riserva solamente a lui, il
tesoro che Ash custodisce inconsciamente con estrema gelosia.
-
Sei così bello. -, ansima; il braccio destro è posato
sul cuscino, appena oltre il suo capo, e stringe la federa. Eiji fa
leva su quel braccio per sollevarsi e premere le labbra contro la sua
fronte, posandovi contro un bacio più intimo di qualunque
bacio Ash abbia mai ricevuto. - Non potrei mai immaginarmi niente di
così bello, neanche se mi sforzassi. -
-
Sì che potresti. -, risponde Ash. È assente, lontano da
lì, gli occhi chiusi; sopra di loro c'è un cielo
infinito e sotto di loro niente, e la sola cosa che fa sì che
continuino ad esistere è il movimento dei loro corpi. - Solo
tu potresti. -
Non
ha fatto male la prima volta e non fa male allora, a distanza di tre
ore e ventisette minuti. Eiji è così delicato ed
attento che riesce in qualche modo a ferirlo nell'animo, più
che fisicamente, causando in Ash dolori intensi e profondi che nulla
hanno a che vedere con l'atto in sé. - Va tutto bene? -, gli
domanda, e prima che Ash possa rispondere lo bacia, tremando come una
foglia.
Ash
non ha mai avuto più paura in tutta la sua vita: non potrebbe
andare meglio. Non esiste niente di più completo, totale e
debilitante del sesso, e niente di più completo e totale e
debilitante del sesso con qualcuno che sa leggerti l'animo e per
qualche assurdo motivo ti conosce e comprende più di quanto
conosca o comprenda sé stesso. - Continua. -, sussurra,
gettando le braccia al collo di Eiji. - Vieni qui. -
La
sua parola è un ordine, ed Eiji mette da parte ogni timore per
affondare in lui, in maniera goffa e maldestra, per baciarlo e
soddisfarlo come Ash desidera; e non dovrebbe causargli più
piacere di quanto gliene abbiano causato partner infinitamente più
esperti, ma Ash sente dolore e ride e prova piacere tutto assieme;
emette un lamento ed Eiji si distacca da lui ed una risata erompe dal
distacco delle loro labbra. Sta impazzendo. - Mi hai fatto male! -,
esclama, ridendo. - Vacci piano. Non vado da nessuna parte. -
-
È una pessima idea. -, rimarca Eiji, scostando i fianchi per
uscire un po' da lui – sollevandolo dall'improvvisa sensazione
di essere pieno, troppo pieno. - Non sono capace. -
-
Non puoi non essere capace, scemo. -
-
Con te... -
-
Non esiste “con me” né “con te”. -,
taglia corto, dolcemente. Inclina il capo e preme le labbra contro il
collo di Eiji. - Segui il ritmo dei miei respiri e ricominciamo,
Eiji. Lentamente. Da capo. -
Ama
ogni difetto di Eiji.
Ama
che ogni tanto perda il controllo, perché anche quando succede
riesce comunque ad autoimporsi cautela, attenzione: perché lo
tocca come fosse un idolo, il suo corpo un altare. Come nessuno
l'avesse mai dissacrato.
Ama
che non sia eccezionale nemmeno a baciare, che metta troppa lingua,
che reagisca alle sue provocazioni borbottando che è così
che fanno i giapponesi e arrossisca imbarazzato.
Ama
che, pur possedendo un animo passivo, riesca a mantenere il controllo
della situazione tanto quanto lui. Non va nel panico quando Ash lo
volta all'improvviso sotto di sé e si siede sul suo bacino,
muovendo i fianchi e prendendolo con una mano per dirigerlo
nuovamente in sé: non rompe neppure il contatto visivo, ma si
adatta alla situazione afferrando i fianchi di Ash e carezzandoli,
venerandolo, accogliendolo quando Ash si sdraia sopra di lui e cerca
i suoi baci.
-
N... non... -, balbetta; chiude gli occhi e lascia che Ash morda il
suo labbro inferiore, che vi affondi i denti quel poco che basta a
far tremare il suo corpo.
-
Che cosa? -, domanda Ash, fingendo una lucidità che non
possiede. Da quella posizione Eiji lo riempe meglio, ed è lui
ad avere il controllo della situazione, a dettare il ritmo. Eiji si
adatta, e si adatta perfettamente. - Cosa c'è? -
Eiji
mugola ad occhi chiusi, e ad occhi chiusi mormora: - Non... lo
faccio... perché ne ho voglia. -
Quella
dichiarazione lo spiazza, fa sì che si fermi a metà
dell'atto di scivolare verso di lui; bloccato in quella posizione
innaturale, coi capelli biondi che scivolano in avanti, Ash aggrotta
la fronte: cosa intende? Lo sta facendo solo per soddisfare quelli
che crede siano i suoi desideri sessuali? Non è così,
urla dentro sé; non voglio questo.
Ma
poi Eiji riapre gli occhi, e ad Ash basta fissare le pupille scure
per sentirsi un idiota. Non è quello che intende, ed è
ovvio, è palese. - Mi piaci così tanto. -, ansima, la
voce quasi incrinata dal pianto. - Ash, tu mi piaci. Mi piaci così
tanto... -
Ed
è solo in quel momento che Ash realizza che non se lo sono mai
detto apertamente.
Dopo
c'è solo il silenzio, interrotto dal crepitio dello statico.
Presto Eiji domanderà quale canzone stia passando in radio e
Ash fingerà di doverci pensare – come se fosse in grado,
quando è solo con lui, di concentrarsi su qualcosa che non sia
Eiji, Eiji che cucina, che scrive, che ascolta, che contempla. Come
se la sua intera esistenza non fosse dedicata a lui.
Dopo
c'è il silenzio, e il respiro che si infrange sul suo petto,
delicato come la persona che lo emette. Dorme come un bambino contro
di lui, così piccolo eppure più grande – un
ossimoro su gambe, l'incognita che Ash non avrebbe mai potuto
prevedere nella vita già imprevedibile che ha sempre condotto.
Potrebbe
parlargli mentre dorme, mentre non lo sente; potrebbe dire: mi hai
salvato la vita, Eiji. Sarei morto se non fosse per te. Sai di essere
la mia unica debolezza, al momento? Sai che credo di essermi
innamorato di te?
Quell'ultima
frase gli lascia in bocca un sapore amaro. Non potrebbe mai
pronunciarla: solo pensarla lo fa sentire a disagio, fuori luogo,
lontano da se stesso – il che, forse, non è una cattiva
cosa. Forse può concedersi di non essere se stesso, con lui.
Forse può concedersi di dirgli che lo ama, e legarlo per
sempre a quel letto, a quella radio vecchia e malconcia, a quella
notte che sembra non voler arrivare mai.
Ma
poi Eiji apre gli occhi e il coraggio gli viene meno. Si sistema
meglio sul cuscino quando Eiji lo pretende, privo di filtri nel
sonno, quando si accoccola al suo corpo e lo abbraccia come se
dovesse proteggerlo.
-
Tu mi ucciderai. -, mormora; quella è una frase che può
permettersi di dirgli, una constatazione più che una
confessione. Eiji non comprende, o forse comprende perfettamente, e
sorride nel sonno. Le sue dita affondano nella pelle, la marchiano a
fuoco: su un piano non fisico, un delirio dovuto al sonno, affondano
dentro di lui e afferrano il suo cuore ancora pulsante –
perfetta metafora della situazione attuale. - Tu mi ucciderai un poco
per volta. Dolcemente. -, borbotta; e poi si abbandona al sonno, il
cuore stretto nella mano di Eiji.
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Amo Banana Fish. L'ho letto due anni fa, ed è subito entrato nel mio piccolo pantheon di opere preferite di tutti i tempi. Una storia così delicata e forte assieme, narrata con così tanto amore, è qualcosa di raro. Qualcosa che voglio proteggere.
Per questa ragione, con l'annuncio dell'anime, avevo un po' paura--- ma per ora si sta rivelando una buona trasposizione; e mi ha invogliata a riprendere in mano il pc e fare ciò che non avevo mai fatto: scrivere qualcosa sul tema. Questo è un piccolo flusso di coscienza, per nulla elaborato, ma è stato estremamente liberatorio in un periodo non esattamente positivo come quello che sto affrontando (E dopo mesi di reclusione a scrivere una longfic).
Spero avremo presto una sezione ricca di lavori di altri autori. Io vi aspetto volentieri al varco.
Alla prossima,
-Joice
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