Oltre la Linea
Con
un ampio eco gli alti tacchi risuonarono come i rintocchi di una sorda campana,
rimbalzando sui muri di vecchie case arroccate tra di loro come per ripararsi
dal freddo della notte… L’ambiente non le era per niente famigliare, anzi, i suoi
occhi guizzavano di continuo da un lato all’altro della strada deserta per
cercare qualche segno che la potesse ricondurre ad una qualche memoria del
posto, ma trovavano invece tratti sempre più inquietanti ed alieni alla sua
figura vistosa ed ammiccante. Forse era solo un gioco ottico, ma le case, per
quanto basse, sembravano incombere su di lei al punto da sembrare davvero
sporgersi sulla strada per minacciarla con la loro figura scura. Un passo dopo
l’altro, poneva un piede davanti all’altro, nel tentativo di mantenere un
atteggiamento tranquillo e superiore, nonostante il suo passo da modella, con
il quale aveva fatto colpo su tanti ragazzi, vacillasse a volte davanti alla
sensazione di essersi persa. Era così poco abituata a tutto quel silenzio, a quel
vuoto, al non avere attorno nessuno… all’essere da sola… Ma lo trovò
preferibile al rumore che esplose tra le strade buie quando un gatto, del quale
riuscì appena a scorgere gli inquietanti occhi gialli, fuggì per rifugiarsi
nella ancora più cupa oscurità del suo vicolo. Lei non era abituata a questo
tipo di reazione, tutti si affrettavano ad attorniarla e a proteggerla, a
volerla… ma in fondo era solo un gatto… si tranquillizzò… e poi, qui tutto era
strano… non c’era nessuno… non c’era nessun negozio, nessun locale, nessuna
macchina…
Si
affacciò su una stradina laterale, sperando di scorgere una delle insegne al
neon che tanto le erano famigliari e care, ma, appoggiandosi al muro di mattoni
per sbirciare, come se fosse una ladruncola in casa d’altri, non vide che un
vicoletto stretto e ancora più buio che serpeggiava lontano nascondendosi in un
pozzo completamente nero che sembrava un portale sull’antro dell’ignoto.
Inquietata da quella vista, si ritrasse, come se il selciato di pietre
irregolari potesse portarla via come un piccolo ma irresistibile torrente, ma
non appena fece per voltarsi, per tornare sui suoi passi, decisa a concludere
quella brutta escursione in quell’angolo buio che non credeva nemmeno esistesse
nella sua bella città fatta di moda e feste… finì per sbattere contro la spalla
di una alta figura. Come se una mano gelida le avesse stretto il cuore, sollevò
timorosa lo sguardo, trasalendo… quasi aveva paura di scoprire chi potesse
abitare o anche solo camminare in un posto del genere… Ed in effetti il volto
della figura non fece nulla per cancellare dalla sua mente questa opprimente
sensazione: un bellissimo viso di ragazza dalla pelle pallida come il marmo e
dai lineamenti finissimi e minuti la fissava dall’alto con due occhi tanto freddi
ed indecifrabili che sembravano mancare della pupilla. Con uno scatto
repentino, si staccò dalla ragazza, lasciandosi sfuggire uno strozzato
gridolino, non sapeva se per la paura o l’imbarazzo… L’altra non ebbe reazione,
se non riportarsi dietro la spalla i suoi lunghissimi capelli rossi come il
fuoco, poi poggiò le mani sui fianchi, come se attendesse qualcosa, ma lei non
riuscì a dire niente, benché conoscesse molte frasi di circostanza e di
cortesia che aveva sfoggiato in occasioni ben più socialmente impegnate di
questa; fu infine l’altra a rompere il silenzio con una voce assolutamente
priva di qualunque emozione o tonalità
“Sembri
fuori posto… Hai perduto la strada” Il fatto che la ragazza non avesse
formulato una domanda, ma espresso un giudizio, la infastidì non poco, nessuno
si era mai permesso di giudicarla, lei era sopra ai giudizi, era troppo bella
per essere giudicata… Ciò le diede la carica per ricomporsi in quella sua
finzione di sicurezza e assumere un tono infastidito nella sua replica
“Sì,
infatti” Replicò seccata rifacendo lo stesso gesto della rossa, riportandosi i
capelli dietro la spalla e impettendosi per sembrare più alta… e più sicura
“Stavo andando al Pink Shocking per il diciottesimo di una mia amica, ma devo
aver preso una strada sbagliata e sono finita in questo postaccio… Ma dove
siamo?!
“Ti
credo quando dici di aver preso una strada sbagliata…” Disse solo l’altra
mentre le faceva un piccolo giro attorno squadrandole l’abbigliamento
sgargiante e frivolo “… Sei sicura di sapere dove stai andando?” chiese prima
che l’altra riuscisse a decidere se con la prima frase la volesse prendere in
giro
“Sì,
al Pink Shocking, la discoteca che ha aperto da poco in centro, hai presente?
Dovrebbe essere qui da qualche parte…”
“Mi
correggo… Sei sicura di sapere dove stessi andando?” La ragazza corrugò
le sopracciglia, non abituata a quella mancanza di cortesi maniere sociali:
nessuno aveva mai ignorato una sua risposta in quel modo.
“Ti
ho detto di sì: stavo andando al diciottesimo di una mia amica… puoi aiutarmi a
ritornare sulla strada giusta?” gli occhi vuoti della rossa si assottigliarono,
come se volessero guardare sotto la sua pelle…
“Certo…
Ma non so se ti porterà al Pink Shocking…”
“Siamo
così lontani? Non mi sembrava di aver fatto così tanta strada, io…”
“Lo
siamo” La interruppe la Notturna figura “Direi forse che siamo dalla parte
opposta”
“Come?!
Ma se io…”
“Guardandoti
attorno non ti sei accorta della differenza?” Ed in effetti, gettando uno
sguardo attorno a sé, non fece fatica, come non l’aveva fatta prima, a notare
l’inquietante differenza tra questo luogo cupo e le luci della ribalta che
trovava tanto accoglienti. Un brivido la scosse nei suoi abitini da sera.
“S…
Sì… Questo posto è così…” Faticò a pronunciare quell’aggettivo, come se avesse
paura che il luogo stesso la punisse per la sua impertinenza “…Tenebroso…”
Attese con il fiato sospeso, per vedere se qualcosa accadeva, ma il luogo
sembrò anzi quasi gradire, così si fece più spavalda e continuò “… E squallido
e vuoto!” Concluse ritornando nella sua postura spavalda, ma la sua
interlocutrice non sembrò affatto impressionata da questa sua ritrovata
sicurezza.
“Squallido?”
Chiese con tale calma che la sua voce si udiva appena “Io lo trovo bellissimo…”
“Non
faccio fatica a crederlo…” bisbigliò sottovoce lei, lanciando un’occhiata alla
ragazza spettrale. Per tutta risposta quella si voltò e prese ad allontanarsi,
come se lei avesse smesso di esistere. “Ehi! Aspetta! Dove vai?!” La risposta
giunse senza che l’altra si voltasse.
“Ti
aiuto a tornare a casa, non era quello che volevi?”
“Ma
io vengo dall’altra parte!” Protestò lei, facendo notare che la rossa sembrava
star addentrandosi ancora di più in quella specie di antro mostruoso.
“E’
esattamente per questo che farai bene a tenertene il più lontano possibile, se
vuoi trovare la strada…” Sentenziò sibillinamente quella, senza nemmeno
degnarsi di voltarsi.
Irritata
da quella mancanza di rispetto, proprio a lei, proprio da una come quella,
meditò per qualche istante di lasciare che quella se ne andasse e si perdesse
in quell’oscurità che tanto le era cara; non si avvide nemmeno del fatto che la
rossa aveva parlato di “casa” come se la conoscesse. Bastò qualche istante
passato a contemplare le finestre buie da cui invisibili occhi sembravano spiarla,
attendendo che tornasse ad essere sola, per convincerla a seguire i passi
sicuri e regali della strana figura. In fondo non era proprio nella sua natura
quella di stare da sola e, in fondo, non era certo la prima volta che accettava
una compagnia non gradita pur di averne una.
“Ma
non c’è nessuno qui? Dove sono finiti tutti?” Chiese non tanto perché
interessata all’argomento quanto perché spaventata dall’assoluto silenzio che
la soffocava. L’altra non rispose, lasciandola a tentare di cogliere in lontananza
quei rumori che tanto le erano famigliari e di conforto: i suoni di una città
frenetica e caotica, fatta di clacson e pistoni di macchine e di grida di gente
che scarica la sua frustrazione sui propri simili. Ma al suo orecchio non
giungeva nulla di tutto ciò, solo il quieto fruscio di un vento spettrale che
la faceva rabbrividire quando la sfiorava.
“Oramai
qui non vive più quasi più nessuno…” replicò la rossa dopo una pausa che sembrò
interminabile “…sono tutti andati a vivere dove c’è un gran chiasso…”
“Vorrei
ben vedere… Qui la sera è un tale mortorio, ma non c’è nessun locale per
divertirsi qui? E’ tutto chiuso! Cosa fate la sera?” Istintivamente, senza
quindi sapere il perché, aveva associato la figura che le camminava davanti a
quel posto in una relazione inscindibile, abbandonando il concetto che anche
lei potesse essere una semplice visitatrice…
“…Ascoltiamo
il silenzio…” Fu la lapidaria risposta
“Che
sciocchezza! Non si può ascoltare il silenzio: è zitto, il silenzio!” Proruppe
seccata da quell’aria di superiorità che l’altra continuava a darsi. Questa fu
l’unica cosa che strappò una reazione alla sua guida, che si arrestò
improvvisamente e voltò appena il capo fissandola con un occhio tanto sottile
da sembrare niente più che un taglio nella notte. Intuendo di aver fatto una
mossa azzardata lei fece un mezzo passo indietro, ritraendosi, persa nuovamente
la sua baldanza
“Eppure,
se fosse zitto, come avrebbe fatto a chiamarti fino a qui?”
“I…
Io… No, guarda, te l’ho detto, ho solo perso la strada…” Passò qualche secondo
molto teso, poi la rossa si voltò e tornò al suo passo silenzioso. Forse era
stata sul punto di dire qualcosa, ma era come se avesse desistito perché il
tempo non era ancora giunto. Sempre sospinta dal vuoto che sembrava farsi più
vicino per inghiottirla non appena l’altra figura smetteva di farle da nume
tutelare, riprese a camminare in quello che ormai da strada si era trasformato
in un semplice viottolo. Le case apparentemente disabitate le scivolarono di
fianco come un velo scuro portato dal vento, mentre la ragazza la conduceva con
sicurezza per quel posto che cominciava ad avere un aspetto davvero troppo
estraneo per appartenere davvero anche ad una città vasta e multiforme come la
sua. Poi, con la stessa sensazione che dà il primo respiro dopo essere a lungo
rimasti in apnea, il viottolo si aprì inaspettatamente su di una piccola
piazza, lasciando che gli angusti spazi rilasciassero la loro presa.
“Anche
qui ci sono dei locali notturni, come puoi vedere…” Sussurrò la rossa arrestando
il passo non appena entrarono nella piazza. Istintivamente, lei fece correre
l’occhio alla ricerca di un confortante bagliore elettrico, ma, con suo grande
sconforto, le sue speranze vennero deluse. Non volendosi arrendere
all’evidenza cercò una qualche ingannevole porticina che conducesse in qualche
seminterrato marchiato anche solo da una colorata insegna, ma anche questo
sembrava risultare vano. Proprio quando stava trovando non così strana l’idea
che la sua guida fosse semplicemente pazza, il suo sguardo si posò infine su
dei particolari che le erano fino a quel momento sfuggiti perché semplicemente
troppo immobili e fusi con la notte che avanzava per considerarli non parte del
paesaggio. Davanti a quello che di giorno doveva essere un caffè con finiture
da inizio secolo, elegantemente sedute a dei tavolini, ancora disposti come se
il locale fosse aperto, stavano tre figure quasi assolutamente immobili, i loro
sguardi puntati sulle due nuove arrivate, ma senza proferire parola. Sperando
di avere tratto le conclusioni sbagliate, rivolse alla sua guida una domanda
chiarificatrice:
“Dove?”
Ancora una volta il taglio nella notte che era l’occhio della ragazza si
rivolse verso di lei, privo di espressione, eppure allo stesso tempo forte come
la più aspra ammonizione. Senza rispondere, la rossa si avvicinò al tavolino e
prese posto su di una sedia libera con la sicurezza di chi sembrava padrona di
quel seggio.
“Queste
sono le mie amiche…” Commentò con la voce che per la prima volta si tingeva di
qualcosa simile ad una emozione. Prima che potesse bene capire cosa stesse
succedendo, una delle figure, quella che vestiva un lungo abito cinese rosso e
che portava dei lunghissimi capelli neri, si sollevò con calma dalla sedia e
con passo ugualmente pacato le si avvicinò. Malgrado avesse tempo in
abbondanza, non riuscì a fare altro che attendere che la nuova conoscenza le
giungesse davanti e tendesse una mano verso il suo viso. Benché non fosse
avvezza a farsi toccare dagli sconosciuti, non da ragazze e non così strane per
lo meno, ritrasse solo un poco il capo, ma, come se non volesse arrecare
disappunto a quella figura così… regale, si fermò subito.
“Questa
ragazza…” cominciò lei, sussurrando più che parlando, come faceva la rossa “…
Sembra si sia perduta” Sentenziò con la stessa sicurezza che prima di lei era
stata anche della rossa “…Poverina… Avrai paura così lontana da casa… forse
dovremmo fare qualcosa per te…”
Riscoprendo
un barlume di sicurezza nella possibilità di ritrovare un poco di quelle
maniere sociali che le erano così care e che riempivano così tanto la sua vita,
si sentì abbastanza forte da fare un primo passo e da dimenticare
momentaneamente quanto quella situazione si stesse facendo irreale:
“Gra…
Grazie, io sono…”
“Non
è affatto importante” Le smorzò gli entusiasmi una voce Gelida proveniente dal
tavolino dietro l’orientale. La figura non si alzò nemmeno dal tavolo, l’unico
gesto che fece fu invece quello di voltare il viso candido come la luna ed
incorniciato da dei capelli di un blu tanto vivo da sembrare irreale verso la
rossa “Perché l’hai portata qui? Non è il suo posto…”
La
ragazza cominciò a sentirsi ancora più a disagio di come era stata fino ad
allora, visto che oramai non era più una sola la persona che la ignorava, ma
addirittura quattro e, come se non bastasse, la sensazione che tutto fosse
davvero troppo strano si stava facendo largo verso il suo cuore con passi
lunghi e veloci. Il silenzio tornò ad impadronirsi anche di quel breve rifugio
che aveva trovato mentre nessuna pronunciava più una sillaba, ma fu come se la
risposta non fosse attesa: la Gelida figura ancora seduta non rivolgeva nemmeno
più il suo sguardo alla sua Notturna amica, mentre invece sembrava volesse di
proposito congelare la vistosa ragazzina appena arrivata con il solo sguardo.
Fu l’ultima delle quattro a rimettere in moto gli ingranaggi di un tempo
apparentemente fermo alzandosi a sua volta dal tavolo e avvicinandosi
all’orientale che ancora a fissava inquietantemente non accennando ad abbassare
il braccio che le sfiorava il volto.
“E’
vero? E’ stata la mia amica a portarti qui?” Chiese la quarta avvicinandosi
mentre si passava una mano tra i voluminosi capelli verdi, avvicinandosi fino
ad essere al fianco dell’amica dagli occhi affusolati.
“S…
Sì…” Balbettò ormai priva di quelle barriere di cartapesta che di norma la
facevano sentire tanto al riparo e che lei chiamava sicurezza e superiorità.
Seguì ancora il silenzio mentre anche quest’ultima assottigliava gli occhi in
uno sguardo scrutatore che di fronte al quale si sentì nuda ed impotente.
“Sei
davvero una sciocca… in fondo avrei dovuto capirlo subito: basta vedere come ti
vesti…” commentò lapidariamente mentre si voltava. Fu per lei come una
pugnalata al cuore che la risvegliò da uno strano sonno… O forse fu l’ultimo
passo di quella sensazione che marciava verso il suo cuore, il cui arrivo le
fece varcare la soglia della follia… fu comunque come se qualcosa si rompesse
dentro di lei, anche se fu più simile allo spezzarsi di un esile ramoscello
piuttosto che lo schianto di un grosso ramo.
“Co… Come ti permetti?! Senti chi parla poi!” Agitata,
volle avvicinarsi alla figura che, voltatele le spalle si stava allontanando
come se non esistesse. Notò solo allora che la mano dell’orientale ancora
poggiava sulla sua guancia; pensò di aver ritrovato la vera se stessa tanto da
sentirsi infastidita da quella confidenza e fece per prenderle la mano e
spostargliela con sgarbo, ma capì che quello che aveva trovato non era
coraggio, ma solo un briciolo di pazzia dettata dalla paura, quando, appena un
attimo prima di toccare la mano, all’altra bastò inarcare un poco gli occhi in
segno di disappunto per ricacciarla nella sua paura e nei suoi brividi,
facendole dimenticare, anzi, facendola pentire di aver anche solo pensato di
rifiutare quel gesto cortese che le era stato concesso. Il suo fiato sembrò non
voler più risalire la sua gola ed il suo sguardo rimase fissato sul viso di
quella sua severa Domina, intimorito dal pensiero di cosa avrebbe potuto
succedere a chi avesse violato i di lei ordini.
“Perché
ti scaldi?” Continuò quella coi capelli verdi, l’unica che nella voce
conservava un barlume di vita, anche se più che un barlume solare sembrava un
riflesso di luce su di una lama affilata. “Non ho detto nulla di strano: solo
una sciocca penserebbe di essere arrivata fin qui solo perché qualcuno ce l’ha
portata…” Si voltò a fissarla, dopo essersi riavvicinata al tavolo, mettendosi
a giocare con un nastrino di raso nero che faceva scivolare fra le dita
affusolate, come se il salire e scendere della stoffa fossero le rime di una
poesia che anziché essere recitata fosse mimata nell’ondeggiare delle dita.
Lei
avrebbe voluto risponderle, ma il massimo che sentiva di potersi permettere era
di distogliere fugacemente il suo sguardo dall’orientale di fronte a lei che
ancora non l’aveva congedata per la sua impudenza. Infine il suo carceriere
decise che la lezione fosse stata sufficiente, o che ne avrebbe avuto bisogno
di più severe; ad ogni modo le diede le spalle, liberandole da quella fredda stretta
che le aveva angustiato il cuore. Ma non appena la sua austera tutrice non la
curò più, lei fu subito nuovamente preda delle sue cattive abitudini:
l’arroganza e l’orgoglio. Dimostrandosi ancora non padrona degli insegnamenti
della sua Domina, si lanciò nuovamente in una aggressiva affermazione
“Ma
sei cieca? Non hai visto che mi ci ha portato la tu amica in questa piazza?”
Senza smettere di suonare la sua silenziosa melodia con il nastro di raso
l’altra replicò nascondendo un beffardo sorriso dietro la mano ondeggiante.
“Lei
ti ha portato a questa piazza, ma sei stata tu ad arrivare fino a lei…”
“Che
Cosa?!!” Si caricò ancora di più lei sentendo di voler dimostrare a quelle
quattro con chi avevano a che fare, ignara del fatto che esse ne erano perfettamente
a conoscenza “Guarda, io stavo solo cercando la strada per un locale, devo aver
sbagliato strada e sono finita lontano, questo è tutto! Anzi, prima non dovevo
essere nemmeno tanto lontana, mentre invece adesso guarda dove sono finita!” Si
voltò verso la rossa che continuava a sedere imperturbabile “Si può sapere dove
diavolo mi hai portato?! Non ti ho mai chiesto di portarmi in un posto del
genere! Io volevo tornare a casa!” Quella che era stata la sua guida fino a
pochi passi prima non perse la sua flemma, rispondendo al suo tono concitato ed
accusatorio semplicemente incrociando le braccia in un’elegante posa. Non
resistendo più a quell’atteggiamento di sufficienza che nessuno si era mai
permesso di rivolgerle prima, era sul punto di rilanciare con qualche insulto,
ma la rossa infine parlò, bloccando il suo slancio come se l’avesse fatta
inciampare.
“Hai
ragione, non me lo ha mai chiesto…” Pronunciò con tutta tranquillità
“Cosa?!
Hai anche il coraggio di ammetter…” Prese ad impennarsi lei, pensando che fosse
ormai giunto il momento in cui avrebbe loro dimostrato di che pasta era fatta.
“…
Ma lo hai chiesto a te stessa…” La freddò con semplicità l’altra. “…E per me
era più che sufficiente…”
“Ma…
Ma… Ma si può sapere che diavolo stai dicendo?! Di che cosa è che continuate a
blaterare con quel tono da “so-tutto-io”?!” Balbettò l’altra, provata da quella
esperienza esasperante fino al punto che cominciava a sentire le lacrime che
desideravano uscire dagli occhi. Il pianto era una carta che le era sempre riuscita
bene, aveva intenerito ragazzi, commosso genitori e convinto professori, sempre
con ottimi risultati, cioè farli sentire in colpa al punto di fare qualunque
cosa per lei… E anche questa volta non desiderava diversamente, voleva che
tutti facessero quello che lei desiderava…
“Io…
Io voglio solo tornare a casa!” Finse di implorare sforzandosi di rendere i
suoi occhi il più lucidi e compassionevoli possibili.
Per
tutta risposta la ragazza che ancora stava suonando quel suo nastro di raso
nero si lasciò sfuggire un risolino sarcastico, quasi un ghigno, che fu
comunque quanto di più emotivo provenne dal quartetto in risposta alla sua
scena
“…Davvero?”
Chiese con tono sarcastico non appena la sua risata si dissolse echeggiando tra
i muri delle vie, fuggendo via, come per portare notizia di quella buffa scena
a tutto quel posto lugubre “…Davvero vuoi tornare a casa?”
“Sì!”
continuò a sceneggiare lei costringendosi ad un atteggiamento spaurito ed
infantile
“Ah…
Non ti piacerebbe rimanere qui? Questo posto non ti piace?” Chiese l’altra
mentre appoggiava la guancia alla mano, come se fosse incuriosita di vedere
fino a che punto si sarebbe spinta la recita dell’altra. Adirata per questa
assoluta disattenzione alla vulnerabilità che aveva mostrato, la ragazza gettò
infine la maschera, gridando e quasi digrignando i denti
“E
chi vorrebbe mai rimanere in questo squallido buco dimenticato da tutti?! A
parte voi… Voi… Voi mummie che passate le vostre serate sedute davanti ad un
bistrot chiuso! Svegliatevi, siamo nel Ventunesimo Secolo !” Ci fu un
attimo in cui tutto il posto sembrò essersi fermato per ascoltare quell’eco
impudente rimbalzare senza ritegno ovunque, poi la rossa si sollevò e l’eco
sembrò spegnersi come per rispetto
“Io
sono sveglia… Siete voi che state dormendo…” Commentò con tono appena
udibile, voltandole le spalle apparentemente per guardare le serrande del
locale dietro di lei, dicendo ciò con la voce di chi parla più a se stesso che
a qualcun altro
“Ma
senti che…” Cominciò la ragazza, ma non appena le Notturne parole ebbero
echeggiato una volta, la ragazza dai capelli verdi la stuzzicò nuovamente con
quel tono sarcastico
“Che
tono… Sembri sicura del fatto tuo…”
“Lo
sono!” Le abbaiò di rimando lei. Avrebbe voluto continuare, ma l’altra non le
badò e proseguì.
“…Eppure
non era cominciata così, la serata, vero?…” Ancora una volta, la ragazza
avrebbe voluto avere la risposta pronta per mettere a posto quella impudente,
ma si soffermò troppo a lungo a cercare il senso d quelle parole, corrugando le
sopracciglia, come se potesse aguzzare la vista per vedere meglio il
significato. “E non erano cominciate così neanche quelle prima, vero? Posso
dirlo perché mi è sembrato di vedere la faccia di una persona felice di avere
trovato una scusa per non presentarsi a quel “diciottesimo”, quando hai capito
di essere davvero lontana…”
“Ma…
Ma di cosa stai parlando? Secondo te qualcuno potrebbe mai preferire di
trovarsi di notte in un posto così spettrale e vuoto anziché stare con i suoi
amici?!”
“No…
Se uno avesse gli amici li avesse, però…” Commentò secca la
Gelida figura che fino a quel momento era rimasta immobile come una statua di
ghiaccio, senza nemmeno dare l’impressione di essere viva.
“Come
ti permetti?! Io ho un sacco di amici, ho dovuto comprare due schede per il
cellulare, perché la rubrica di una l’avevo riempita tutta! Non sono certo una
che passa le sue serate ad “Ascoltare il Silenzio” perché non conosce nessuno!”
Pensò di aver segnato un punto definitivo con quella stoccata, ma per tutta
risposta la ragazza coi capelli verdi continuò a sorriderle e lanciò un
commento affilato come una lama di damasco.
“Che
modo singolare di valutare il volume delle proprie amicizie… Rubriche di
cellulari riempite…”
“Io…”
“Non
fraintendermi… Non voglio offenderti… Non fino a questo punto almeno… Ma credo
che la mia amica abbia ragione… Proprio perché mi sembri una ragazza
intelligente… Proprio perché mi sembri una ragazza curiosa… E una ragazza
curiosa… Finisce sempre per fare domande… E alla fine non può fare a meno di
farle anche a se stessa…”
“…Come
per esempio… E se i miei amici non facessero che finta di essere miei amici?”
Concluse la ragazza dai capelli blu in perfetta sincronia con la compagna.
“Se…
Sei solo invidiosa! Io e i miei amici siamo molto legati! L’amicizia per noi
viene prima di tutto!”
“Ti
vogliono bene i tuoi amici?” Chiese con semplicità la più espressiva delle sue
quattro interlocutrici
“Certo!”
Rispose prontamente lei, ma un fremito le percorse la voce, riverberando dalla
sua anima.
“…Quanto
tu ne vuoi a loro?…” Punse nuovamente l’amica dal viso lunare.
“…E’
questo che ti sei chiesta, no?…” Continuò l’altra
“…Mentono
a me con la stessa facilità con cui io mento a loro?…” Concluse l’amica senza
pietà.
Trasalì,
quasi si sentì impallidire, mentre il suo sguardo si volgeva a terra e il suo
braccio seguiva lo sguardo, come avesse perso la forza di tenerle sollevate
entrambe. Deglutì cercando di dare sollievo alla sua gola secca riarsa più da
una terribile ansia che dalla sete: sarebbe stato semplice farle smettere,
sarebbe stato semplice vincere quella conversazione… Sarebbe bastato solo dire
“Io non mento mai, né ai miei amici né agli altri” per non dare modo a quelle
quattro di umiliarla ancora… Sarebbe in fondo bastato dire… una piccola bugia…
come ne aveva dette tante… per guadagnarsi dei regali… o dei favori… o dei
perdoni…….O degli Amici… Ma poi… perché stava a quell’ora della notte discutere
con quelle strane figure, in quel posto così dimenticato da tutto e tutti?
Perché non si era già da tempo voltata e non era scappata da quella gabbia di
matti, per tornare al suo mondo così normale e abituale?
“Perché
non vuoi” Le rispose ad alta voce la
Notturna ragazza, destandosi dalla sua contemplazione e volgendole di nuovo lo
sguardo “Perché sai di non aver più nessun posto dove fare ritorno…” Il suo
capo tornò con uno scatto a fissare le quattro figure davanti a lei, le labbra
dischiuse come per voler chiedere spiegazioni, ma troppo stupite per proferire
alcunché. “Per questo hai desiderato di non giungere a questa ennesima
sceneggiata che fino ad ora hai sempre chiamato “festa”… Perché sei stanca di
dover sempre mentire per non ricevere altro in cambio che altre menzogne…”
“Perché
ti sei chiesta… C’è mai stata nella mia vita almeno una sola persona che non mi
abbia mentito… O a cui IO non abbia mentito?” Aggiunse la
Gelida amica senza alcun riguardo per il suo ego già sanguinante
“Sono
mai Piaciuta a qualcuno per quello che sono e non per le bugie che ho detto e
fatto?” Aggiunse quasi controvoglia la sua Domina, senza darsi troppa pena di
quanto potesse ferirla
“E
quando mi hanno tanto elogiata e ammirata… Non avranno, come io ho sempre
fatto, forse mentito per avere da me qualcosa?” La finì Gelida con
un’implacabile fendente. I suoi occhi si sgranarono e ora anche la sua schiena
era curva, come se il peso delle accuse fosse tale da gravare sul corpo quanto
sull’anima: avrebbe voluto gridare “No!” per ricacciare indietro tutte quelle
cose, tutti quei pensieri… ma non ci riuscì… perché sapeva che, se anche loro
le avessero creduto, lei stessa non l’avrebbe fatto… Oramai conosceva così bene
le bugie che le era impossibile non riconoscere il suono che avevano quando
uscivano dalle sue labbra.
Ora…
Ora sì che voleva piangere… Ora sì che le lacrime avrebbero voluto affacciarsi
ai suoi occhi… ma era passato così tanto tempo dall’ultima volta che aveva
pianto in modo spontaneo, che sembrava non ricordarsi più come si faceva.
Allora la ragazza dai capelli verdi riprese a giocare con il nastro nero e si
sollevò dal suo seggio, andandole incontro, come fa un guerriero per finire il
proprio avversario.
“Per
questo fino ad oggi hai tanto amato quel “bel posto” da cui vieni… Perché con
tutto quel rumore che ti circondava e al ritmo del quale fingevi di ballare,
potevi non ascoltare i tuoi pensieri… le tue domande… Perché con tutte quelle
luci colorate che ti sfavillavano attorno… potevi non vedere che la notte è già
calata… ed intorno a te c’è solo il buio… Perché con tutte quelle persone che
ti circondavano e con cui fingevi di parlare… potevi ignorare la verità…… Che
sei assolutamente Sola…” E le sue parole l’avevano portata a sovrastarla
ormai anche fisicamente, giunta a guardarla dall’alto, tacque, fissandola solo
con occhi quasi divertiti, lasciando che la ragazza dai capelli rossi finisse
il pensiero
“Per
questo il luogo in cui sei giunta ti fa tanto terrore… Perché ti è estraneo…
Perché è come tutto ciò che ti ha finora circondato non è mai stato… Perché non
ti mente… Né ti illude… Né ti tiene prigioniera con degli inganni… Perché è Sincero…
Perché qui puoi vedere quello che finora hai fatto tanto per non vedere… Che
non c’è nessuna voce che voglia veramente dirti qualcosa… che non c’è
null’altro che un tetro buio nella tua vita, priva di qualunque luce ad
illuminarne l’esistenza…” Con l’ultimo colpo, la ragazza cadde in ginocchio, le
braccia a sorreggere il corpo, il capo chino in un singhiozzo strozzato “…
Ecco, ascolta…” disse solo per poi lasciare che il silenzio del luogo fosse
riempito solo dai singhiozzi della nuova arrivata “Questo è l’unico suono vero
della tua vita… quello che tanto hai fatto per non sentire… per tutto questo
tempo… hai impedito che il tuo richiamo d’aiuto fosse udito dalla persona più
importante… Te Stessa…” Dopo queste parole, tutte e quattro tornarono silenti,
come se stessero assaporando quel momento tanto tragico… tanto sincero… Niente
giungeva ad interrompere l’ordalia che la ragazza stava affrontando e l’intero
luogo sembrava condividere il desiderio di quelle quattro dame
“E’…
E’ terribile…” Riuscì solo a mormorare tra i respiri spezzati la ragazza “Che
luogo terribile… E’ troppo buio, silenzioso e vuoto! Come potete
sopportare tutto questo? Come potete…” Non riuscì a formulare altro, le lacrime
cominciarono infine a scorrere, ritrovato il sentiero sincero verso i suoi
occhi. La sua Notturna maestra si chinò su di lei sollevandole il mento, perché
potesse udire con chiarezza le parole che avrebbero per sempre cambiato la sua
vita…
“Tu…
Voi… Vedete questo luogo buio, silenzioso e vuoto… Come se fosse morto… Per una
semplice ragione… Siete Morti voi stessi… Non sentite questo luogo dire
nulla perché voi non avete nulla da dire e la poesia della vostra anima
non viene più recitata da troppo tempo, l’avete dimenticata… Vedete questo
luogo ammantato da questa notte che credete ostile solo perché siete voi stessi
a non risplendere… Siete come una flebile candela che fatica a bruciare quel
poco che basta a fare sì che la notte non cali nera come la pece, ma lo sforzo
vi consuma… Ogni giorno che passa la cera si consuma e vi avvicinate sempre più
al momento in cui vi estinguerete… Dove voi udite solo un terrificante
silenzio, io odo il dolce canto di un’anima che può tutto, di un’anima libera…
Dove voi vedete un Mondo buio e ostile, io vedo un luogo meraviglioso dove
nulla è fasullo e dove la luce non mente su dove l’ombra si nasconde… Dove
vedete un Mondo Morto, io vedo un Mondo Sincero. Mentre voi, ogni giorno che
passa, avete un giorno in meno da vivere, Io ho vissuto un giorno di
più!”
Come
la descrizione di una terra promessa, quella visione Notturna ridiede come
fiato all’animo schiacciato della ragazza che con occhi non più terrorizzati,
ma speranzosi, fissava l’artefice della sua caduta e di quella che avrebbe
voluto fosse la sua resurrezione…
“Come…
Come posso… Come posso anche io vedere?” La sacerdotessa di quel mondo
oscuro si risollevò e fece un passo indietro, osservandola con sguardo serio,
consapevole che la sfida della ragazza era giunta al nodo focale…
“E’
semplice” Proferì solo voltandosi e dandole le spalle “…Ma se pensi che io o
qualcun altro possa salvarti, fallirai di per certo… Se pensi che io possa
portarti dall’altra parte, non potrai mai giungervi… Tutto quello che
devi far è smettere di mentire… Ma non agli altri, questa non sarà che una conseguenza:
devi smettere di mentire a te stessa… Smettila di celarti dentro ad un
bozzolo di menzogne per ignorare il dolore che questa oscurità, che questo
silenzio, che questa solitudine, che questa vita ti causano… E affronta
il buio e il vuoto… Allora potrai vedere che essi non sono un ingombrante peso
che ti opprime, ma una bellissima tela che puoi riempire con la tua anima…
Allora sarai felice di questo mondo… Allora sarai felice di te stessa… Smetti
di fingerti Perfetta… e sii Perfetta” Estasiata, la ragazza riguadagnò
la forza di alzarsi e annuendo con occhi finalmente vivi, sembrava attendere un
cenno per iniziare un viaggio lungo un’eternità. Con la coda dell’occhio la
Rossa Tutrice osservò l’inizio della metamorfosi
“Sei
sicura?” Le chiese un’ultima volta “La strada per cui vuoi incamminarti
attraversa una piana che ti ferirà ripetutamente, la piana della tua mortalità
e dei tuoi limiti… Solo accettandoli, potrai oltrepassarli…” Ma oramai le
domande erano solo retoriche, la decisione della ragazza era già stata presa
quando aveva riconosciuto le sue stesse bugie. Sollevando il braccio con un
gesto solenne, quasi rituale, la dama rossa fece ondeggiare i suoi capelli
lunghissimi e lì dove questi fluttuarono, il terreno venne solcato da una
fenditura stretta da cui sgorgava una luce brillante, tracciando una linea che
separava le due ragazze. “Vieni da me, allora… Oltrepassa la
Linea…”
Trepidante,
ma solo per l’emozione, non per la paura o l’incertezza, mosse il suo passo;
mentre abbandonava ciò che rimaneva in lei di quel desiderio di celarsi e
mascherarsi per non soffrire, sentendo di odiare quelle menzogne a cui si era
fino a quel momento costretta più di quanto avesse paura di soffrire per
costruire qualche cosa di vero, oltrepassò il confine che l’altra aveva per lei
tracciato. Fu come immergere il viso nell’acqua: una velata sensazione sulla
pelle mentre si tengono gli occhi chiusi cercando di abituarsi all’idea della
sensazione che incontreranno quando le palpebre si schiuderanno ed infine… Si
vede al di là dello specchio d’acqua in un nuovo mondo…
Immersa
in una nuova dimensione, non poteva, non sapeva più chiudere gli occhi, fissati
nello spettacolo che improvvisamente era nato intorno a lei e che ora vibrava
riflettendo la luce di un’anima che era risorta al suo originario splendore:
uno spettacolo che nemmeno nelle sue più recondite fantasie, ma soprattutto
nemmeno nelle sue più spregiudicate bugie, aveva mai saputo immaginare… Era
tanto luminosa la sua Anima senza quei paravanti di bugie e autocompiacimento
con cui si era schermata?
“Ora
vedi questo mondo come lo vedo io… Dimmi… Cosa vedi dall’Altra Parte?”
Le chiese Notturna, osservando lo sguardo estatico che aveva abbracciato il
viso della nuova nata. Ma non c’erano sufficienti parole per poter definire un
simile mondo, non almeno per lei, che nella vita non aveva imparato che a
mentire…
“Avrebbero
dovuto mandare un poeta…” Echeggiò la sua risposta immersa nella luce e nel
bellissimo suono di un mondo che ogni giorno conosce la sua prima alba…
Per
istanti che sembravano interminabili, la ragazza viaggiò tuffandosi in
quell’esplosione di luce che fino a poco prima era stato il suo incubo buio,
lasciando che la luce le strappasse di dosso anche l’ultimo dei suoi dubbi; poi
la Linea fu oltrepassata del tutto e il mondo le rimase per sempre
davanti agli occhi e dentro al cuore, lasciando che, una volta per sempre
immersa in quel lago di luce, la nuova forma del suo cuore desse nuova forma
anche al suo corpo, riforgiandolo in una forma più adatta a quel mondo che a
tanti pareva nero e silenzioso e vuoto.
Le
Quattro Creature della notte fissarono la loro nuova compagna, poi la loro
Notturna guida la accolse tendendole la mano e osservandone la nuova forma,
compiaciuta:
“Bentornata…
Ora sei davvero…
…Viva…
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